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Autore: Chiara PuroLuce    22/09/2020    9 recensioni
Patty è sempre stata gelosa del rapporto di amicizia che lega Holly ad Amy, ma ora ha deciso di cambiare rotta.
Amy ha sempre cercato di avvicinare Patty, ma lei le si era sempre negata e con che grinta, ma se un bel giorno...
Una storia che tratta di un legame di amicizia, tanto insolito quanto vero che riserverà non poche sorprese alle due ragazze e non solo a loro.
Tratto dal prologo:
Cosa ci azzeccavano loro due insieme? Niente, eppure…
«Amy, lasciamelo dire, ho l’impressione che da oggi si scriverà un nuovo inizio per noi due. Ma che non lo sappia nessuno, mi raccomando.»
«Come? E perché?»
«Perché io non ti sopporto, ufficialmente. Lo sanno tutti. E così dovrà continuare a essere.»
Genere: Romantico, Sentimentale, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Yayoi Aoba/Amy
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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«Mi sono sempre chiesto se non ti interessassi io o il mondo maschile in generale e oggi ho avuto la risposta.»

«Oddio, che spavento Bruce. Mi fai gli appostamenti adesso?» esclamò Eve portandosi una mano al cuore e facendo un balzo indietro.

«E anche se fosse?» le rispose «Tu incomincia a rispondermi. Allora, qual è la verità?»

«Come dici? Ma che razza di discorsi fai. Ti sei ammattito? E pretendi pure che ti risponda?»

Bruce aveva aspettato Eve nel parchetto vicino al ritiro della Nazionale, dove sapeva che lei sarebbe passata per dirigersi dai suoi.
 
«Sì, lo esigo e sono lucidissimo. Sono anni che ti conosco e non ho mai visto nessuno uscire con te o te stessa chiederlo a qualcuno. In compenso è bastato che comparisse il vichingo poco fa e ti sei rianimata, come se fossi uscita da un lungo letargo. E allora ho capito, sei una dai gusti difficili, tu e non ti accontenti facilmente.»

«Be’, mi sembra il minimo. Se devo uscire con qualcuno, quella persona deve colpirmi e che posso farci io se questo mi ha precluso di accettare diversi inviti che mi hanno rivolto? Oh sì, Bruce, qualcuno l’ha fatto. E, per tua informazione, sono uscita varie volte con dei bei ragazzi, ma non ho messo i cartelli in giro. Sono piuttosto riservata, lo sai» gli disse e poi le sorse un dubbio «scusa, ma… a te che importa?»

E fu allora che il difensore si fece coraggio. Scese dal muretto dove era seduto e le si avvicinò.
 
«Mi importa. Potrò sembrare anche un tontolone, ai più, un impiastro, ma non lo sono. E non sono neanche Holly che si è lasciato sfuggire la donna che ama per fare il cretino con le altre e ora la rivuole. E così ti parlerò chiaro, ok?»

«Fa’ pure. Sei sicuro di stare bene oggi, Bruce?»

«Come non mai. Vedi, anch’io sono uscito da un lungo letargo e ho capito che troppo a lungo ho rimandato una cosa che dovevo fare già anni fa.»

«Ah, sì? E sareb…»

Ma Eve non riuscì a finire la frase, perché lui, Bruce Harper – difensore della Nazionale che presto avrebbe sostenuto un provino per entrare nelle fila della Jubilo Iwata insieme a Tom e Jack – le si avvicinò, la trasse a sé con impeto e s’impossessò delle sue labbra. All’iniziò, sicuramente presa in contropiede, Eve non si mosse, ma poi… oh, poi gli fece passare le braccia attorno al collo e approfondì il bacio con passione, aderendo il suo bel corpo al suo.
 
«Ti amo, Eve, ti amo! Non ho più voglia di fingere che non sia così. Vuoi ancora andare dai tuoi o vuoi passare il resto della giornata con me, in un posto tranquillo, lontano da tutto e tutti?» le disse una volta ripreso fiato.

Con soddisfazione, vide una Eve sconvolta, riflettere su quelle parole e su quella proposta e capì la risposta ancora prima che lei parlasse, ci avevano pensato il suo sorriso e i suoi occhi a farlo per lei.
 
«Fammi strada, amore mio» gli disse infatti «e vedi che non debba pentirmene» concluse poi con finta serietà nella voce.

«Sul serio? Davvero… davvero tu…»

Ma questa volta fu lui a rimanere a corto di parole, quando Eve si alzò sulle punte e lo baciò con dolcezza, prima di appoggiarsi al suo petto.
 
«Stupido» gli disse «Steffen sarà anche un ragazzo stupendo, di quelli che ti sconvolgono anche se stanno zitti, ma tu…tu mi hai conquistata la prima volta che ti ho visto. Perché credi che ti abbia sempre trattato male? Perché era l’unico modo per rapportarmi a te senza scoprirmi. E ora che ci siamo chiariti, che ne diresti di mantenere la tua promessa? La mia famiglia capirà.»

«Con immenso piacere. Ma prima…» le disse scostandola da sé e fissandola negli occhi «lascia che ti dimostri tutto il mio amore e il mio desiderio per te.»

E dopo averle dato l’ennesimo lungo bacio – ora che aveva iniziato, non riusciva più a farne a meno – la prese per mano e la condusse nel suo bilocale, all’ultimo piano di una palazzina, intenzionato a trascorrere con lei moltissime ore piacevoli e, sperava, indimenticabili.
 
 


 
Patricia era pensierosa. Stava seduta sul divanetto bianco in vimini per esterno che lui aveva comprato a una svendita e fissava il vuoto. La stava fissando da cinque minuti buoni e lei non si era mossa di un millimetro. Patricia aveva adorato quel divanetto e quando l’aveva visto, l’aveva abbracciato di slancio.
 

 
«Oh, Steffen, è meraviglioso, perfetto e adoro anche il colore. Che pensiero gentile e carino hai avuto. Era questa la sorpresa di cui parlavi da basso?»

«Non proprio, ma sono felice che ti piaccia, Patricia. Sai, ho pensato che, se questo doveva diventare il luogo dei nostri incontri, come minimo doveva essere comodo. E poi…»

«E poi… cosa? Cos’hai fatto, di ancora più eclatante?»

«Ti ho preparato… questi!»

E, sotto il suo sguardo attento, aveva preso un contenitore da dietro il divanetto. Una volta aperto aveva riso della faccia curiosa della ragazza, mentre si serviva di un dolcetto e lo mordeva con cautela.
 
«Ehi, ma è divino! Dimmi che sono tutti per me, qualsiasi cosa siano.»

«Si chiamano Skillingsboller e sono delle brioche norvegesi alla cannella. Le ho fatte per te e per Amy, ovvio, quindi lasciagliene qualcuna.»

«Se volevi che le avesse anche lei dovevi lasciarle in cucina queste schilinboer»

E lui aveva riso.
 
«No. Skillingsboller» la corresse.

«E io che ho detto? Scilinboer. E smettila di ridere, è difficile pronunciarlo bene. Facciamo così, io imparo la pronuncia corretta e tu… be’, pensa a qualcosa perché non ho voglia di fare fatica per niente. Voglio un premio.»

Lui era stato in silenzio per un po’ e poi aveva annuito, dicendole che aveva il premio adatto per lei e si era prodigato per farglielo imparare bene in breve tempo e… diamine, ce l’aveva fatta.
 
«Skillingsboller! Evvai ce l’ho fatta! Ok, Steffen, paga pegno. Adesso ti toccherà scucire il mio…»

E lui l’aveva fatto. L’aveva baciata! E Patty che al loro primo bacio veloce ed esplorativo, era rimasta come paralizzata dallo stupore, al secondo… aveva risposto con entusiasmo, mettendogli le mani nei riccioli biondi, slegandogli la piccola coda che aveva fatto e attirandolo più vicino a sé.
 
«… premio! Io… wow!»

«Concordo, Patricia… wow!»

«E che ne è stato del tuo volere aspettare e non metterci fretta?» gli aveva chiesto accarezzandogli il viso.

«Tesoro, anch’io ho dei limiti di sopportazione e li avevo superati già da un pezzo.»

Lei aveva riso e poi avevano passato il successivo quarto d’ora a rifarlo, fino a che lei… vi pose fine, con riluttanza. Steffen esultò in cuor suo per quello. Lo capì da come Patricia si staccò lentamente da lui. Non voleva smettere, ne era certo, ma qualcosa l’aveva frenata.
 
«Io… io lo so che li ho tanto desiderati questi baci e tu anche, ma… ti devo confessare una cosa. So che non è il momento per parlarne questo e so anche che non ti piacerà, ma…»

«Dimmi tutto, tesoro mio.»

Avrebbe tanto volto tenerla abbracciata mentre gli parlava, ma lei si era alzata e aveva preso a camminare su e giù, mentre gli confessava di quanto successo quel pomeriggio in casa sua con Oliver Hutton e della sua storia di amicizia prima e odio poi, che in quel momento era confusa più che mai.
 

E ora, a una settimana di distanza, le cose tra loro erano in stallo. Non si erano più baciati, ma Steffen aveva capito che Patricia aveva bisogno di spazio per riflettere e gli era stato ugualmente vicino, come amico. Insomma, Patricia in un giorno aveva baciato due ragazzi diversi. Uno proveniente dal suo passato e uno dal presente, c’era da crederle quando diceva di essere andata in tilt completo.
Steffen lo sapeva, anche senza che lei gli descrivesse il suo rapporto con quel ragazzo. L’aveva capito dalla prima volta che aveva visto quel tale, Hutton. Patricia era attratta da lui e forse era proprio a lui che si era riferita il giorno della loro cena in terrazza, parlando di qualcuno che non le aveva mai detto di desiderarla. Ma il rapporto tra i due era complicato, lo capiva dagli sguardi e dalle parole che si lanciavano, c’era del risentimento dietro, ma non sapeva a cos’era dovuto. E poi c’era quel bacio con il calciatore che complicava tutto.
Poco prima che entrasse nel salone dove le sue vicine erano riunite con tutta la squadra, lui aveva notato quel tizio accanto a Patricia, vicino, troppo vicino per i suoi gusti e aveva visto lo sguardo di lei. Era confuso, sì, ma era anche imbarazzato ed eccitato. Il sorriso che gli aveva rivolto quando le si era avvicinato era genuino e quando Hutton aveva accorciato le distanze e lei era arrossita... aveva deciso che era ora di intervenire.
Sì, poteva farlo anche qualche minuto prima, ma si era trattenuto apposta per poterli osservare insieme senza che lo sapessero.
E così adesso sapeva chi era il suo avversario. Ed era uno molto determinato.
Carina la frase con cui gli aveva detto di ritornarsene in Norvegia. Anche se aveva fatto arrabbiare Patricia, era stato furbo. Hutton aveva messo le carte in tavola fin da subito e davanti a tutti. Tanto di cappello per il coraggio.
Lui, Steffen, generalmente era buono e gentile sì, ma scemo no.
Gli tornò in mente la frase che la sua venere giapponese gli aveva detto al ritiro, in tono scherzoso per tutti, ma non per lui, per fargli capire come mai non voleva che partisse.  

 
«No, perché voglio mangiare ancora gli Skillingsboller. L’ho detto bene?»

Benissimo, tanto che per poco non l’aveva presa e baciata lì sul posto. Perché solo loro due sapevano il vero significato di quelle parole e la cosa lo aveva galvanizzato oltre modo. E così, Patricia, aveva dichiarato pubblicamente che avrebbe tanto voluto baciarlo ancora e nessuno l’avrebbe mai saputo, nemmeno Hutton lì accanto a lei.
Invece, a discapito di quelle parole, quella sera, seduta lì in terrazza da sola e triste… Patricia non si era accorta neanche di avere compagnia. Così le si avvicinò.

 
«Ciao, tesoro» esordì sedendosi accanto a lei.

«Ah, sì, ciao a te.»

Wow, che entusiasmo, si disse.
 
«Da quando siamo tornati, sei pensierosa. Non hai voluto nemmeno che ti aiutassi con gli ultimi scatoloni.»

«Sì, scusa» gli rispose lei dopo un breve attimo di silenzio «troppi pensieri.»

«Rivederlo ti fa sempre questo effetto?»

Patricia capì di chi stesse parlando senza bisogno che lui ne facesse il nome.
 
«No», disse «non sempre. O meglio, una volta mi dava solo sui nervi e litigavamo di brutto, ci ignoravamo a vicenda, ed era tutto così semplice e… e sì, anche tristemente normale e ora… è cambiato tutto. Se non ti spiace vorrei rimanere sola ancora per un po’.»

«Certo, nessun problema» le disse «ti confesso che mi piacerebbe alleviare le tue preoccupazioni con un bacio, ma so che risulterei meschino e insensibile in quel caso, oltre che un approfittatore e allora, se permetti…»

E la strinse a sé, poi la baciò sulla fronte prima di alzarsi e andarsene. Prima di fare qualcosa di stupido. Prima di cancellarle quell’espressione malinconica e meditabonda dal volto a suon di carezze e di baci. Prima di… sì, prima di confessarle il suo amore.
 
 


 
Patty non sapeva più a cosa pensare.
Rivedere Holly, ultimamente, era sempre emozionante. Che diamine stava succedendo tra di loro? E com’era stato possibile che fosse cambiato tutto in così poco tempo.
Erano passati dai litigi, alle battutine, dagli sguardi astiosi a quelli complici di due amanti, dalla rabbia, ai baci. Dal disprezzo a…

 
«Mi sei mancata»

Ah, Holly, che cosa mi stai facendo.
 
«Ti chiedo scusa… perdonami… voglio ricominciare da capo»

Devo crederti? Eppure, i tuoi occhi erano così sinceri quando mi hanno affrontata.
 
«Ah, il bacio. A me è piaciuto e a te anche, non negarlo»

Negarlo? E come posso anche solo pensare di farlo… mentirei. Non te l’ho neanche detto. Dio, come baci bene Oliver Hutton! L’avessi saputo prima, avrei passato la mia adolescenza a baciarti e spesso anche.
 
«Sai, volevo tanto chiamarti in questi giorni, ma… non ho più il tuo numero di cellulare e… e così, mi chiedevo se tu potessi… ecco sì, darmelo.»

E lei l’aveva fatto per davvero, cazzo, gli aveva dato il suo numero! E quando l’aveva fatto? Dopo essersene andata con Steffen, mentre lui era impegnato in una telefonata con lo chef del locale e dopo che lui, Holly, l’aveva insultato apertamente.
Ma cosa gli era preso a quel ragazzo? Holly era… era forse geloso? Cosa? No, ma che andava a pensare adesso. Ah, ma perché l’amore era sempre così complicato.
Ehi… amore? No, un momento... Amore? Lei non era più innamorata di Holly e… e lui non era mai stato innamorato di lei. Era strano e assurdo anche solo pensarlo. No, Holly aveva capito che Steffen era importante per lei e voleva marcare il territorio. Chissà per quale motivo poi. Un territorio che aveva perso molti anni prima e che non gli era mai appartenuto, visto e considerato il trattamento che le aveva sempre riservato.
Ma allora… allora perché le batteva forte il cuore ogni volta che gli era vicino? Perché non riusciva a dimenticare i baci che si erano scambiati? O i suoi occhi, che avevano iniziato a guardarla in modo diverso e più intimo?
E poi… poi c’era Steffen.
Sempre così dolce e gentile con lei. Dopo i baci della settimana precedente, aveva capito la sua confusione e non aveva più cercato di approfittarsi di lei.
I baci di Steffen erano stati… fantastici. L’avevano fatta emozionare e sentire importante. Ma non le erano venute le gambe molli e il cuore non le era schizzato fuori dalle orbite come con quelli che aveva ricevuto dal numero 10 della Nazionale. Era assurdo. Aveva un ragazzo bellissimo, dolcissimo e preso da lei a due passi da casa e lei… e lei andava a complicarsi l’esistenza per…

 
«Aaaarggghhh che casinooo!» urlò.

«Oddio, che c’è. Patty, tutto bene? Sono arrivata poco fa e ti ho sentita urlare.»

A quella frase Patty saltò per aria. Amy. Quella ragazza aveva il dono di comparire quando più ne aveva bisogno. Oh, cazzo, se l’aveva sentita lei… si guardò in giro, ma del suo vichingo preferito, e unico, neanche l’ombra, per fortuna.

«Tranquilla, Steffen non ti ha sentita – perché è lui che cerchi, vero? – sta ascoltando musica rock a palla.»

Per fortuna!, si disse. E io, tutta presa dai miei pensieri, non mi sono neanche accorta che ha acceso lo stereo.
 
«Sì, amica mia, tutto ok. Sono solo… no, non è ok proprio niente, invece» le confessò scuotendo la testa «Amy, tu hai un’amica che sa solo combinare casini a iosa e complicarsi la vita.»

«E mi sei simpatica proprio per questo, ah, e ti voglio bene. Vuoi parlarmene? Sai che io so ascoltare» le ricordò raggiungendola sul divanetto e circondandole le spalle con un braccio.

Lei si prese del tempo per raccogliere le idee e poi, appoggiando la testa alla sua spalla, parlò.
 
«Amy, sono una brutta persona se bacio due ragazzi diversi, a distanza di poche ore e se continuo a non togliermeli dalla testa?»

Sentì l’amica trattenere il fiato dallo stupore e poi ridacchiare.
 
«No. Sei solo… confusa e travolta dagli eventi. Non ti aspettavi così tanti cambiamenti nella tua vita e in così poco tempo. Visto che sono anche una tipa curiosa, devi dirmi come sono stati.»

«Bellissimi. Cioè, spiego meglio. I baci di Steffen sono stati molto dolci ed emozionanti. Quelli di Holly…» fece una pausa, sospirò, sorrise tra sé e poi riprese «semplicemente sublimi e travolgenti.»

«Wow, hai molto su che riflettere, hai ragione a essere pensierosa. Io una mia idea su quelli che ti hanno coinvolta di più ce l’ho, ma non te la dico o ti condiziono. Però ti consiglio di baciarli nuovamente entrambi.»

Patty si raddrizzò sul divano e la fissò, basita.
 
«Come? Ti dico che già sto confusa così e tu che fai? Mi consigli di rifarlo con tutti e due? Brava, così il mio cervello va in poltiglia del tutto.»

«Ahahah. È un rischio che devi correre. Non puoi basare il tuo giudizio o la tua scelta su una singola esperienza. Questo non vuol dire che la prima volta che li rivedi, devi saltargli addosso. Ma devi solo attendere che accadano spontaneamente. Ci vorrà tempo? Certo. Ma tu hai fretta? No. E allora che ti costa aspettare? Nulla.»

«Oddio, Amy, quando inizi a fare domande e a dare risposte subito dopo, è preoccupante!» le disse, fingendosi terrorizzata e facendola ridere.

«E smettila, hai capito cosa intendo, no?»

«Credo di sì. Vuoi dirmi che il mio cuore sceglierà da solo, col tempo e che, per il momento, devo solo godermi tutto quello che mi accadrà.»

«Sì, ma non solo. Devi anche essere sempre sincera con te stessa e ammettere ciò che provi per entrambi. Non sarà facile, Patty, ma devi farlo. Ne va della tua felicità e… sì, anche della tua salute mentale che, al momento, è un pochino compromessa. Ma ci sta. È normale, tranquilla, ok?»

Patty si disse fortunata ad avere trovato un’amica speciale come Amy e più passava il tempo, più non riusciva a capacitarsi di come aveva fatto a odiarla. Amy era dolcissima, empatica, spiritosa, intelligente e… fortunata in amore.
Lei, invece? Be’… a volerla dire tutta, lei era sanguigna, impulsiva, intelligente sì ci stava, e… incasinata all’ennesima potenza sul piano sentimentale.

 
«Grazie, amica mia, grazie. Sei sempre la migliore» le disse abbracciandola di slancio. «Ora, scusa, ma vado un attimo in camera a finire di sistemare l’ultimo scatolone e a mettermi il pigiama. Perché…»

«Oh, mio, Dio, non starai per dirmi quello che penso, vero?» le chiese una Amy tutta emozionata.

«Sì», confermò lei, ricevendo un urlo eccitato dall’amica «Pigiama Party! Sei fortunata che oggi, rientrando, io e Thor ci siamo fermati al supermercato. Ebbene, sì, è a dir poco inorridito per il carrello che ho riempito quindi, questo vuol dire che…»

«… abbiamo ogni genere di schifezza commestibile in casa!» rispose lei, alzandosi dal divanetto e iniziando a saltare su e giù, battendo le mani.

«E che adesso ce ne mangeremo la gran parte, mentre ci guardiamo un film a tua scelta – visto che hai portato qua tanti di quei dvd romantici da fare invidia a chiunque li adori e che mi hai aiutata, è il minimo che possa fare – e poi balleremo fino allo sfinimento, anche se facciamo pena entrambe. Ma prima, dammi mezz’ora tutta per me. Ci vediamo in salotto» disse infine correndo via con un gran sorriso sul volto.

Sì, era la soluzione ideale un Pigiama Party improvvisato. L’avrebbe aiutata a svagare la mente da tutta quella situazione assurda.
Stava ancora sorridendo quando entrò in camera. Stava ancora sorridendo, quando decise di calciare lo scatolone sotto il letto e pensarci l’indomani. Stava ancora sorridendo quando si fiondò nel suo bagno privato per farsi una veloce doccia e prepararsi per la festicciola con Amy. Stava ancora sorridendo quando prese a girare su se stessa in mezzo alla stanza. Non stava più sorridendo quando si bloccò all’improvviso e lanciò un urlo talmente potente da farle vibrare i timpani e bruciare i polmoni. Stava di nuovo sorridendo quando uscì dalla stanza, vide Amy nel suo pigiamino rosa con in braccio diversi pacchetti di patatine che lanciò per terra insieme ad alcuni cuscinoni e la raggiunse, pronta per la serata.
Lei, la sua migliore amica, Tom Hanks e Meg Ryan in C’è posta per te, patatine, cioccolato, gelato e pizza a fare da contorno alla loro serata. Cosa poteva volere di più?
   
 
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