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Autore: Juliet8198    23/09/2020    1 recensioni
Vivevano in un sogno meraviglioso. In quel mondo fittizio, i due ragazzi potevano fare quello che volevano ed essere quello che volevano. Potevano toccare le stelle e vivere in fondo al mare. L'unico limite era la loro immaginazione.
Ma i sogni nascondono ciò che temiamo di più. Essi liberano le ombre che cerchiamo di reprimere nella parte più nascosta della nostra psiche.
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-Tutto questo...non è reale.-
-Lo so, ma tu lo sei. Noi lo siamo. Questo mi basta. Questa può essere la nostra realtà.-
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Park Jimin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando aprì finalmente gli occhi, Jaehee ebbe l'impressione di essere ancora nel sogno. Il bianco accecante della stanza in cui si trovava sembrava un prolungamento di quello che l'aveva strappata via. Via da lui. 

 

Il corpo della ragazza non voleva rispondere ai suoi richiami, perciò mosse gli occhi freneticamente attorno a sé. 

 

Dove l'aveva portata quella mano invisibile? In quale nuovo, estraneo ambiente era stata trascinata? 

 

Jihun. 

 

Dov'era Jihun? 

 

Il suo sguardo trasudante di panico non l'aveva abbandonata neanche quando la stretta invisibile l'aveva spremuta fino a farle perdere i sensi. 

 

Jihun era rimasto bloccato lì. 

 

Doveva andare da lui. 

 

Il bianco attorno a lei però non rivelava altro che una finestra al suo fianco e una ragazza addormentata vicino al suo ventre. La sua migliore amica miagolava sommessamente come un felino, probabilmente a causa della scomodità della posizione, ma sembrava non avere intenzione di svegliarsi. 

 

Le dita di Jaehee si mossero di qualche millimetro e il breve spostamento sembrò provocare un effetto farfalla in tutto il suo corpo. Nella sua testa si scatenò un tornado. Nonostante ciò, tentò un movimento più consistente e riuscì a spostare il braccio fino a portare la mano al suo viso. Aveva qualcosa in bocca che le dava fastidio. Non riusciva a deglutire bene. E la maschera trasparente fissata sulla sua faccia le impediva di avere una visione completa dell'ambiente circostante. 

 

-Jaehee!- 

 

La sua migliore amica si era svegliata. Prima che la ragazza potesse accorgersene, si ritrovò la figura corvina a centimetri dal suo viso con il respiro tremante e gli occhi offuscati dal sonno e dalle lacrime. 

 

"Dov'è Jihun?" 

 

La sua bocca non si mosse. Doveva avere una sorta di tubo infilato in gola perché non riusciva ad unire le labbra, le quali erano spiacevolmente screpolate e leggermente bagnate di saliva. 

 

Jaehee sentiva gli occhi pizzicare. La sua testa sembrava processare le informazioni ad un lentezza spaventosa, tanto che ci mise qualche istante per considerare l'avvenuto ingresso di due figure. Quando si avvicinarono al suo campo visivo, poté pallidamente riconoscerle come un dottore e un infermiere. 

 

-Signorina, adesso dovrebbe respirare col naso per un minuto circa. Dobbiamo toglierle il respiratore e il sondino. Sarà un po' fastidioso ma se segue le nostre istruzioni ci metteremo poco.- 

 

Jaehee non poteva fare altro che guardarli e sbattere le palpebre. 

 

-Se ha capito quello che ho detto, sbatta le palpebre due volte per favore.- 

 

E così fece. Quando iniziarono l'estrazione, la giovane dovette forzare il respiro fuori dalle sue narici infuocate. Il viscido scorrere del tubo che le percorreva la gola le dava la voglia pressante di rimettere. Un principio di lacrime le bagnò gli angoli degli occhi mentre sentiva un lieve sapore di sangue stuzzicare le sue papille. 

 

I due uomini la liberarono dall'impedimento visivo che fino a prima le aveva ostruito la visuale e la invitarono a muoversi solo quando se la sarebbe sentita. 

 

Jaehee mosse la testa a destra. Poi a sinistra. 

 

Jihun non c'era. 

 

Era nella sua testa. 

 

Era rimasto intrappolato lì. 

 

Una singola lacrima, solitaria viaggiatrice in una terra arida, si avventurò sulla sua guancia mentre fissava il soffitto. 

 

Jihun non c'era. 

 

 

La sua migliore amica le svolazzava attorno come un colibrì mentre la osservava mangiare. Cicalecciava sommessamente, distribuendo generosi sorrisi e risate al termine di ogni frase, che pronunciava mentre studiava Jaehee portare lentamente il cucchiaio alla bocca. La ragazza aveva gli occhi sull'obbiettivo, che conduceva tremolante la sbobba insipida. Ma non vedeva. Le orecchie sentivano, ma non ascoltavano. Le dita percepivano ma non affondavano nella sensazione tattile della coperta sterile. 

 

Appoggiò il cucchiaio al piatto. Lo stomaco non avrebbe accettato altro per quel pasto. O forse per l'intero giorno. I blandi rimproveri dell'amica erano un ronzio lontano, non potevano perforare la barriera insonorizzata che la sua mente aveva sollevato. 

 

Che senso aveva? Quale scopo poteva avere vincere la guerra se tutto ciò che essa seguiva era un infinito, divorante senso di sconfitta? Di perdita? Di mancanza? 

 

Non erano i sentimenti di un vincitore, quelli. 

 

No, lei non era una vincitrice. Aveva sconfitto i suoi demoni ma in cambio che cosa aveva? 

 

Nulla. 

 

Il vuoto. 

 

Una sagoma buia allora occupata da lui. 

 

Ma lui non esisteva. Giusto? 

 

 

La porta socchiusa della camera d'ospedale faceva penetrare i suoni del corridoio nell'ambiente. Non che a Jaehee importasse. Era sorda. Sorda al mondo e alle persone che lo popolavano. Forse era perché aveva passato così tanto tempo a seguire la voce dei suoi pensieri, durante quelle settimane assorbite dal coma. Forse per quel motivo non sapeva più come ascoltare. 

 

-Il paziente della trecentosei è in fibrillazione! Portate il kit di rianimazione, subito!- 

 

Le voci concitate degli infermieri si trascinavano nella periferia della percezione della ragazza, senza riuscire a distoglierla totalmente dall'ipnosi in cui si era autoindotta. 

 

-Qual è il nome del paziente?- 

 

Jaehee sbatté brevemente le palpebre per lubrificare gli occhi, placidamente appoggiati sulla televisione. 

 

-Lee Jihun.- 

 

 

Che senso aveva? 

 

Non ne aveva, questa era la risposta. 

 

Non lo avrebbe mai saputo. Non gli avrebbe mai potuto chiedere se anche lui ricordava quello che era successo o se era solo frutto del suo cervello troppo fantasioso. 

 

Forse era così. Forse era davvero frutto del suo cervello e quello che stava facendo era follia pura. 

 

Probabile. Ma la mente solitamente razionale di Jaehee era ormai andata in blackout. Non guidava più le sue azioni. Esse erano ormai in balia dei suoi sentimenti, veri o fasulli che fossero. 

 

Con le ginocchia piantate nel terreno umido, la ragazza guardò il volto della persona ancora seduta nella sua mente. L'immagine era molto bella. Riprendeva il suo sorriso allegro, il suo dolce viso incorniciato dai capelli scuri. Gli occhi brillanti e scherzosi. Il naso dalla curva delicata. 

 

Jaehee si portò le mani tremanti al viso quando si rese conto delle lacrime che avevano iniziato ad uscire dai suoi occhi. Arrivarono i singhiozzi. Arrivò un lamentoso mugolio dalle profondità della sua gola. 

 

Era ridicola, ma non poteva farci niente. L'orma lasciata nella sua anima era indelebile e inequivocabile. Lui era stato lì. Aveva lasciato il suo segno e al suo posto rimaneva solo uno spazio vuoto. E per quanto Jaehee tentasse di soffocarlo con palate di terra sembrava non colmarsi mai. 

 

La ragazza riuscì a porre fine ai singulti. Si accovacciò davanti alla lapide, abbracciandosi le ginocchia al petto e beandosi del magnifico silenzio che ricopriva il cimitero. 

 

E guardò l'immagine. 

 

L'aveva incontrato. L'aveva conosciuto e l'aveva amato. 

 

E da quel momento in poi l'avrebbe lasciato continuare a vivere dentro di lei. 

 

 

Suji chiuse il libro con così tanta violenza da provocare uno schianto sordo. Strinse la copertina fra le dita, increspando lievemente le lettere del titolo. Dreamland.

 

La giovane posò l'oggetto sul letto, fissandolo con circospezione come un predatore intento a studiare la sua vittima. Se non fosse stato per quel dannatissimo ultimo capitolo...

 

Perché? 

 

Perché Jihun doveva morire? 

 

Che razza di schifo era? 

 

Suji fece un lungo respiro. Doveva calmarsi. Se avesse continuato a rimuginare a quel modo avrebbe preso a parolacce l'autrice e probabilmente sarebbe stata sbattuta fuori dall'evento. In effetti, non era stata una grande idea quella di rileggere l'ultimo capitolo del libro poche ore prima di andare al firmacopie. La sua intenzione era solo prepararsi mentalmente per l'incontro ma aveva finito per inveire contro Chang Jein, contro le ingiustizie del mondo, contro la vita e contro se stessa. 

 

Non aveva senso sprecare tutte quelle energie. 

 

Prese un altro respiro e, infine, infilò il libro nella borsa. 

 

 

La sala in cui era stata condotta non era particolarmente spaziosa. Avrebbe potuto contenere all'incirca una trentina di persone e, dato il numero di astanti in piedi contro le pareti, era evidente che l'audience aveva superato la capienza massima. 

 

Quando finalmente il tavolo di fronte a lei si riempì con tre persone, i nervi di Suji iniziarono a crepitare come fuochi d'artificio, facendole dondolare le gambe nel tentativo di sciogliere la tensione. Chang Jein non appariva molto diversa dalla foto sul retrocopertina del libro. Nella fascia di ragazze dall'aspetto mediocre, lei probabilmente ricadeva più sull'attraente, grazie ai suoi occhi espressivi e al carisma che trasudava dalla sua persona. 

 

Nel rivolgersi all'intervistatrice e nel richiedere l'assistenza della sua editrice, quest'ultima qualità trasudava in modo pungente. Era singolare. Attraeva l'attenzione dei presenti come una calamita grazie al suo modo di fare spontaneo e giocoso, ma per qualche motivo dava allo stesso tempo una sensazione di distacco. Attirava le persone pur mantenendole a distanza. 

 

-Adesso abbiamo lasciato una decina di minuti liberi per le domande del pubblico prima di procedere col firmacopie. C'è qualcuno che vuole fare qualche domanda a Jein-ssi?- 

 

La mano di Suji era dritta come un portabandiera, orgogliosa nella sua determinazione. 

 

-La ragazza dell'ultima fila, prego.- 

 

Il microfono fu passato fra le mani di una ragazzina che non doveva avere più di quattordici anni e che indossava ancora l'uniforme scolastica. 

 

-Ecco... Io volevo sapere... è vero che la storia è basata sulla sua esperienza personale?- 

 

La giovane seduta al centro sorrise con misurata compostezza. 

 

-È vero, in una certa misura.- 

 

Le mani sembrarono scatenarsi ancora più numerose, ma Suji non aveva intenzione di demordere. 

 

-Sì, la ragazza qua in seconda fila.- 

 

-Quindi esiste davvero Jihun? Si chiama così nella vita reale? Dove si trova? È riuscita ad incontrarlo?- 

 

Al fuoco di domande sparato dalla giovane con i capelli color verde acqua, Suji fece una smorfia contrariata. Certo, capiva la curiosità. Anche lei avrebbe voluto sapere se Jihun esisteva veramente. Ma questo non autorizzava a sottoporre l'autrice ad un interrogatorio  e a ficcanasare in quel modo nella sua vita privata.

 

Ancora una volta, Chang Jein guardò l'interlocutrice con un sorriso cordiale, seppur leggermente meno aperto. 

 

-La risposta a tutte le tue domande è... forse.- 

 

La frase si concluse con un misterioso sorrisetto che scatenò un turbinio di voci e di richiami. Suji però vide i suoi occhi. La giovane donna non sorrideva con gli occhi. Solo con la bocca. 

 

-La signorina al centro, prego.- 

 

Non appena le fu passato il microfono, Suji lo strinse in mano per un istante, sperando che la determinazione incrollabile che fino a prima l'aveva infuocata le permettesse di non tremare mentre parlava. 

 

-Perché Jihun è morto?- 

 

L'autrice alzò lo sguardo verso di lei, rivolgendole tutta la sua attenzione. Ancora una volta, mostrando un sorriso di circostanza sotto ad occhi vitrei. 

 

-Nella storia Jihun era malato di tumore al cervello e, purtroppo, non aveva molte speranze di sopravvivere. Nella vita capita spesso di sperare nel classico "Per sempre felici e contenti" e nella letteratura di solito troviamo quella soddisfazione che cerchiamo ma che ci viene sempre inesorabilmente negata. Ho voluto, per una volta, dare un finale che rispecchia la realtà. Jaehee ha vinto in un senso, riuscendo ad abbracciare se stessa in tutta la sua interezza e ad accettarsi per quella che era. Ma doveva perdere in un altro. E ha perso Jihun, pur con la consapevolezza che il loro legame era vero. Questo, purtroppo, è quello che succede nella vita reale.- 

 

Chang Jein sollevò sempre più gli angoli della bocca man mano che abbassava il microfono e, dopo aver fissato per un attimo Suji, distolse lo sguardo privo di emozione. 

 

 

I piedi della ragazza dolevano a causa della mezz'ora passata in fila. Ormai era rimasta solo una persona a separarla dal tavolo a cui l'autrice era seduta. 

 

Suji prese, per l'ennesima volta, a mordicchiarsi le pellicine delle dita. Il lieve bruciore che il gesto provocò la distolse per un attimo dal nervosismo e riuscì a calmare la sua mente, per quanto il suo stomaco sembrava sfarfallare imperturbato. 

 

-Ciao, come ti chiami?- 

 

L'autrice le sorrise, sollevando gli occhi scuri su di lei e increspando brevemente le sopracciglia. 

 

-Suji.- borbottò in risposta la più giovane. 

 

Mentre il pennarello indelebile tracciava una breve dedica sulla prima pagina della sua copia, la ragazza cercava di vomitare le parole che serbava nella sua testa. 

 

No, non ne aveva il coraggio. 

 

La punta scura lasciò la superficie pallida e l'oggetto scivolò nuovamente fra le sue mani. 

 

-Ti ringrazio per essere venuta, Suji.- 

 

Chang Jein la guardava con un sorriso diplomatico mentre riprendeva in mano il suo libro e lo stringeva al petto. 

 

"Ora o mai più." 

 

-Io... spero che Jaehee e Jihun possano comunque stare insieme, in un modo o nell'altro. Loro... il loro legame è forte.-

 

Nascondendo il viso con un profondo inchino, Suji trotterellò via senza guardare l'espressione della sua interlocutrice. 

 

 

-Sei stanca?- 

 

Kippeum sghignazzò brevemente al suono del brontolio contrariato che uscì dalla sua amica. 

 

-Non ne potevo più... odio fare queste cose.- 

 

La giovane pose davanti al viso di Jein un americano ghiacciato mentre la osservava sbuffare sommessamente. 

 

-Lo so. Ma le pubbliche relazioni sono importanti se vuoi continuare a vendere libri. Così poi potrai ripagare la tua migliore amica di tutti i sacrifici che ha fatto in questi mesi.- 

 

La ragazza stravaccata sul divanetto scoppiò a ridere, posando gli occhi stanchi su Kippeum. 

 

-Hai ragione. Ti avevo promesso una vacanza a Maui in un resort cinque stelle, devo vendere almeno un altro migliaio di copie.- replicò ridacchiando. 

 

Di punto in bianco la porta della stanza si scostò leggermente, rompendo la quiete in cui erano immerse le due amiche. Oltre l'uscio comparve il viso dell'editrice che aveva seguito Jein nel processo di pubblicazione. 

 

-Chiedo scusa, Jein-ssi, ma ci sarebbero dei lettori che vorrebbero incontrarti. A causa di circostanze particolari non hanno potuto partecipare all'evento.- 

 

Jein guardò la donna con un sopracciglio sollevato. 

 

"Seriamente?"

 

-Per favore, Jein-ssi, so che è stata una lunga giornata, ma hanno detto che ci tengono molto ad incontrarti.- 

 

La giovane si morse l'interno della guancia annuendo distrattamente mentre si rimetteva seduta in modo composto. Quando si fu accomodata ed ebbe appoggiato l'americano sul basso tavolino da caffè di fronte a lei, si voltò nuovamente verso la porta. 

 

Fissò due figure entrare nella stanza e chiudersi la porta alle spalle. 

 

E Jein ebbe un'indomabile bisogno di aria.

 

 

DAN DAN DAAAAAAAAN

 

Chi sarai mai entrato? Lo scopriremo nel prossimo episodio! 

Curiosi? Fate bene, perché la prossima settimana avremo il tanto atteso epilogo! 

Questa storia mi sembra davvero volata e nonostante ciò ho una gran voglia di ricominciare a scrivere. Perciò preparatevi perché sto già iniziando a mescolare gli ingredienti per la nuova creatura!

   
 
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