Disclaimer: I personaggi non mi appartengono,
Ma sono di proprietà dei rispettivi autori.
Through So Much Pain
Hogwarts,
Dormitorio
dei Grifondoro
"Non dico che avresti dovuto raccontarcelo fin da subito,
ma..."
Remus alza gli occhi al cielo, una mano a nascondere
l'occhio destro ed un mal di testa incessante che dalla fronte gli
cinge il capo fino alla nuca.
"Sirius." tenta, ma l'altro alza la mano a
bloccare ogni replica.
"Siamo tuoi amici."
"Non ho mai detto il contrario."
"Però non ti sei fidato di noi."
Il giovane Lupin vorrebbe urlare, ma si trattiene. Non
lo fa per rispetto nei confronti dell'altro, bensì perché è
consapevole di come il cranio non reggerebbe ulteriori scossoni oltre
alla voce sorprendentemente acuta di James, gli squittii di Peter e
lo sbuffare da contralto di Sirius. Per fortuna che quest'ultimo ha
convinto gli altri due ad andare a sgraffignare qualcosa dalle cucine
-Non è totale silenzio, quello che si è creato dopo, ma è servito
ad attenuare un poco la sensazione di oppressione alle orecchie.
Gli esce un verso che, a memoria della recente
trasformazione, ricorda un po' un ringhio, un po' un guaito
sconnesso.
"Sirius, ascoltami, io non potevo dirvelo. Non
potevo dirlo a nessuno."
"Perché?"
Remus allarga le braccia, sperando che il gesto sia
abbastanza perché l'amico capisca al volo la risposta.
Ovviamente, non è così.
O meglio, Sirius finge
che non sia così.
Sirius è molto più acuto di quanto voglia far credere
ed i suoi ragionamenti vanno ben al di là dello scherzo giornaliero
da tirare alla prima vittima designata.
Sirius è intelligente ed è dannatamente irritante
quando vuole -In quel momento, Remus ne è sicuro, vuole esserlo con
tutta l'anima.
"Perché se guardi nel manuale di Difesa Contro Le
Arti Oscure io sono la creatura da cui ti mettono in guardia a pagina
trecentonovantaquattro."
"Andiamo, Remus, mica sei così famoso da avere la
tua xilografia su qualche vecchio volume scolastico."
Tipico di Black.
Farlo ridere quando vorrebbe soltanto mettergli le mani
al collo.
"Ascoltami bene,
Remus Lunatico
Lupin--"
L'altro inarca il sopracciglio.
"Lunatico?"
Sirius fa un gesto per dire che non è importante.
"Il tuo umore cambia quando c'è la luna piena, no?
Quindi sei Lunatico."
"Questa è una semplificazione della faccenda
oltremodo imbarazzante."
"La smetti di
interrompermi?"
"Stai facendo tutto da solo. In questo
momento preferirei sotterrarmi piuttosto che ascoltare il tuo
ennesimo sproloquio. Mi faresti un riassunto?"
L'altro assottiglia gli occhi e si tende a pungolarlo
sulla guancia con la punta della bacchetta.
"Il riassunto,
sapientone, è che da questo momento in poi non devi più tenerci più
nascosto nulla. Niente segreti, niente zie che si ammalano una volta
al mese. Puoi fidarti di noi. Puoi fidarti di me."
Remus prende la punta della bacchetta tra le dita e la
scosta, rivelando un sorriso -Il primo vero, forse, dacché è
tornato dall'ennesima scusa campata per aria, dall'ennesima notte
trascorsa a mordere, graffiare, ululare, gemere, piangere, gridare,
urlare, soffrire.
"Perché la tua persona costituisce un inciso a
parte, nella frase?"
"Perché." eccolo, lo sguardo mortalmente
serio indice di un'affermazione incredibilmente importante "Io
non ti tradirò mai, Remus. Fammi giurare su quello che vuoi, qui e
ora, sulla mia testa o su quella di James, adesso—Non ti tradirò,
non ti mentirò mai! Ti sarò sempre fedele."
"Grazie, Sirius."
Remus cerca di nascondere commozione ed imbarazzo dietro una pacca
amichevole sul ginocchio dell'altro "Te ne sono davvero grato.
Anche se, permettimi di dirlo, la dichiarazione finale più che una
persona ti fa sembrare un cane."
Grimmauld Place 12,
Stanza
di Remus Sirius
Comune
"Non mi caverai niente di bocca, anche se mi guardi
così."
"Ah, no?"
"No. E sai perché?"
"Illuminami."
"Perché, apri le
tue dannate orecchie canine, Pads, non hai niente, niente
da cavarmi di bocca."
Remus non lesinava mai,
mai sulle lavate di
capo -Non quando si trattava di Sirius.
Il modo in cui lo faceva sottintendeva sempre una
complicità silenziosa, un gioco, una maniera per stuzzicarsi, un
modo bonario per darsi quasi un pizzicotto.
Ma quello...
Quello era ben
diverso.
Oh, Sirius le aveva
notate, le aveva notate eccome.
Le occhiate.
I gesti.
Lo scansarsi.
La diminuzione del contatto fisico.
Il modo in cui Remus smetteva di parlare quando lo
vedeva avvicinarsi.
Sirius si ritrovò a sorridere, di un sorriso così
freddo che quasi non lo riconobbe nel vederlo riflesso, di sfuggita,
allo specchio.
“Allora dimmi dove sei stato. Cosa hai fatto nelle
ultime settimane, a quali missioni dell'Ordine hai dedicato anima e
corpo!”
Forse Remus fece per ribattere, ma si zittì, spezzando
il contatto visivo tra loro.
Senza gli occhi verdi
di Moony nei suoi, Sirius si sentì d'improvviso in caduta libera,
senza manico di scopa, a bocca aperta in un infinito vuoto d'aria. Si
portò la mano alla gola, dissimulando il gesto con la pretesa di
aggiustare il colletto della camicia.
“Io non lavoro per lui,
Sirius. Ti stai comportando da idiota.”
“Sei tu che mi tratti da idiota, dannazione!”
Sirius si era alzato, era in piedi, era furia, era
rabbia, era dolore. Era tutto, tutto,
spinto da dentro il cuore, da dentro lo stomaco, da dentro i polmoni
fuori, fuori, fuori, fuori. Fuori.
Messo a nudo. Carne,
sangue, muscoli, ossa, nervi. L'essenza stessa di Sirius
Black, negli i sbagli,
i traguardi, i colpi di testa, ogni risata, ogni lacrima, ogni parola
buona, ogni insulto, ogni volta che aveva portato a termine un tema e
ogni volta lo aveva copiato, ogni volta che aveva accettato una mano
tesa ed ogni volta l'aveva tesa per primo, ogni speranza, ogni
dolore, ogni attimo in cui aveva sfiorato le stelle ed il momento in
cui era caduto di nuovo sulla Terra.
Mi sto rivelando a
te, pareva dire, in un ogni cono di luce ed in ogni ombra.
Fa' lo stesso con
me.
Ma gli occhi di
Remus stavano guardando da un'altra parte.
“Chi ti ha messo
queste idee in testa, Pads? E' stato Peter? Lo vedo, ti gironzola
sempre in giro...”
“Smettila di
cambiare argomento. E rispondi.”
“Lo sai che non
posso! Tu mi conosci come nessuno, Sirius. Tu sei il solo—Devi
fidarti...”
“No.”
Un passo, distante
tra loro due al pari di un baratro.
“Non mi fido più
di te. E' meglio...” la sua voce un'eco nel silenzio spalancatosi
ad ingoiare il cuore di entrambi “E' meglio per tutti due se la
finiamo qui.”
1 Novembre 1981
Fatemi parlare con lui.
Mi dispiace, Remus. Non è possibile.
Ci deve essere un errore! Fatemi parlare con lui!
Lo hanno portato via.
Via? Ad Azkaban?
Lily e James sono morti per colpa sua. Ha ucciso Peter. Lui...
Vi prego—Fatemi—Voglio solo sapere--
E' pazzo. Sirius è pazzo ed è un traditore.
Ha riso, Remus, ha riso quando sono venuti a prenderlo.
Non ha opposto resistenza. Ha continuato a ridere.
E' meglio se lo dimentichi. Non è più il ragazzo che conoscevi.
Forse non lo è mai stato.
Vi prego.
Fatemi parlare con lui.
Devo parlare con lui.
Ho bisogno di parlare con lui.
Azkaban
Pensieri complessi.
Loro si nutrono di
pensieri complessi, di emozioni complesse, concatenazioni di
odori-rumori-parole, ricordi complessi scaturiti da gesti complessi,
ogni nodo, trama, intreccio, ogni sfumatura che non sia un colore, un
singolo
colore, una campitura perfetta, piena, lineare, che riempie le forme
fino ai bordi e non lascia spazio ad interpretazioni non lascia
spazio né aperture alle loro bocche fameliche che tutto divorano e
succhiano e assorbono—Troppo, Sirius, troppo.
Troppi vortici,
nella tua testa.
Troppe ricordi.
Troppi pensieri.
Troppe emozioni.
Non dare loro ciò
che bramano, non servire loro un piatto d'argento col tuo cuore come
prima portata.
Loro sono affamati
del complesso gioco di luci dell'animo umano.
Loro sono schietti,
primordiali, sono la paura atavica, sono l'istinto preistorico che si
muove spinto unicamente dalla fame.
Gli altri
impazziscono perché rimescolano la zuppa fumante della loro
esistenza, spezie poliedriche di rammarico e speranza.
Loro non aspettano
altro.
Assottigliati,
Sirius.
Niente emozioni
complesse.
Diventa una
campitura nera.
Odio.
L'odio è basico,
l'odio per Peter, l'odio per quel ratto, l'odio per quel topo,
codardo, viscido, mentitore, falso, assassino.
Niente pensieri
complessi.
Diventa
bidimensionale.
Vendetta.
La vendetta ti porta
da un Punto A ad un Punto B. Trova l'obiettivo. Uccidi l'obiettivo.
E' una linea retta, un cammino dritto, niente deviazioni, niente
rimostranze, niente se, niente ma.
Niente ricordi
complessi.
Remus.
L'odore di Remus.
Istintivo.
Immediato.
Remus sa di erba
bagnata, di sudore, di luna, di Cioccorana.
Remus ha l'odore di
un ululato a mezzanotte, di inchiostro, di legno, delle piume di gufo
e delle lettere scritte, delle camicie strappate, delle lenzuola
rifatte, ha l'odore della cioccolata al mattino e della puntina del
giradischi, ha l'odore di un ballo improvvisato in salotto, di un
incantesimo per lavare le stoviglie, di un libro sfogliato, di libro
nuovo, di libro vecchio.
Remus ha l'odore
delle mie mani e della mia bocca e dei miei capelli sparsi sul suo petto e
della mia giacca indossata per sbaglio e di un viaggio in moto e di
una risata sulla pelle e di una coperta gettata sul prato e del
tramonto che gli sfiora la guancia.
Remus ha l'odore di
tutti gli odori.
L'odore della
dolcezza sopra la vendetta.
L'odore
dell'innocenza.
E dell'amore sopra
l'odio.
1993
“Oh, ma guarda.
Topi! Li hai cacciati per me? Che pensiero gentile!”
Remus ride e
sussulta appena -Dà la colpa all'Ippogrifo spanciato davanti a lui,
quando in realtà è il suono stesso della propria risalta a
stupirlo.
Saranno almeno
dodici anni che non ride per davvero.
“Sono per
Fierobecco, Pads. Al massimo a te posso portare un po' di pane
annegato nel latte.”
Sirius ride, di una
risata che è per metà un latrato e per metà un bolo di catrame
incastrato nella gola.
Nella Stamberga
Strillante non ha avuto il tempo di osservarlo come dovrebbe e, nella
concitazione che ne è seguita, scandagliarlo da capo a piedi non è
stato il suo primo pensiero.
Gli si serra lo
stomaco a pensare come, da ragazzo, gli occhi di Sirius fossero la
sua ancora prima di trasformarsi ed il suo sollievo allo spuntare
dell'alba.
Le cose cambiano, lo
sanno tutti, eppure per qualche strano, sciocco motivo, il
Remus-Ragazzo era convinto che lui e Sirius, nella loro personale
equazione, non sarebbero mai cambiati, nemmeno una volta che lui
fosse diventato un Remus-Adulto.
“Hai intenzione di
impersonare un gargoyle tutto il giorno?”
Sirius ha steso una
coperta acanto a Fierobecco, tutto intento a smembrare e dilaniare il
pranzo a base di topolini. Ora lo sta fissando, magro, smunto,
scheletrico, con la pelle ingrigita dai risucchi animali dei
Dissennatori, le nocche ispessite, grinzose, le caviglie ossute, i
polsi affilati, la fronte sporgente sugli occhi—Il Remus-Ragazzo dà
un colpo di gomito al Remus-Adulto.
Gli occhi di Sirius
sono invecchiati, hanno visto l'orrore e si sono imbevuti di follia,
però...Però sono sempre i suoi, tanto farlo sospirare di sollievo,
come dopo una notte di plenilunio particolarmente brutale.
“Ho sentito che
hai lasciato Hogwarts.” esordisce Sirius, mentre Remus gli si
accomoda accanto “Hai già un'idea di dove andare?”
“Non ancora. E
tu?”
“Mah, io e il mio
nuovo amico pensavamo ai tropici. A entrambi serve un po' di sole.”
Remus si ritrova a
sorridere all'idea di un grosso cane nero steso in qualche villaggio
vacanze Babbano, mentre frusta con la coda la sabbia bianca e
bollente o rincorre allegro qualche granchio sfuggito alla spuma
delle onde.
“Posso farvi
compagnia finché non trovo la mia strada.”
Sirius ingigantisce
gli occhi e dalla bocca gli prorompe una risata che è più un
ululato di gioia.
“Sentito, Fierobecco? Zio Moony viene con
noi!”
“Zio
Moony?”
“Mamma
Moony mi sembrava schifosamente allitterato.”
Tipico di Black.
Farlo ridere quando
vorrebbe soltanto mettergli le mani al collo.