Anime & Manga > Lupin III
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Autore: Desma    02/10/2020    1 recensioni
Raccolta di situazioni più o meno domestiche per mostrare quel lato buffo e umano che i nostri ladri (e ispettore) preferiti solitamente non lasciano intravedere. Raccolta di one-shots in 20 capitoli.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Warning: questa one shot ha un rating arancione per la descrizione di atti di violenza 

Le era sempre piaciuto ridere, ma soprattutto le piaceva quando gli altri pensavano che la sua risata fosse suscitata da una loro battuta. E invece, molto più frequentemente, era dovuta al pensiero dell'ingenuità dei suoi interlocutori. 

Così era stato per Sosuke Watanabe, giovane medico in una clinica privata e ricco ereditiere della famiglia Watanabe, famosa per la fortuna accumulata per il brevetto, la produzione e la vendita di diverse attrezzature mediche. 

Fujiko camminava a braccetto con il giovane Watanabe, ascoltando con attenzione quello che aveva da dire e ridendo al momento opportuno. 

Insomma, l'ordinaria amministrazione di una ladra che sa sfruttare il suo fascino a proprio vantaggio. 

I lampioni lungo la riva pedonale del fiume Tama illuminavano praticamente a giorno la sera limpida e impreziosita dalle stelle, ma gli occhi di Watanabe erano solo per lei, unica stella che camminava per le strade di Tokyo. 

Fujiko era perfettamente consapevole delle attenzioni del medico e ogni sfumatura del suo atteggiamento era volta a convincerlo del suo interesse nei confronti delle sue parole e della sua persona. 

Atteggiamento nemmeno troppo forzato, dato che il giovane uomo, rispetto allo standard degli uomini avidi, egocentrici e pieni di boria con cui Fujiko aveva normalmente a che fare, era una compagnia piuttosto piacevole. 

Stava ridendo a un evento buffo che Watanabe aveva raccontato e che era successo nella sua clinica, quando la vista periferica della ladra colse qualcosa che la mise in allerta. 

Voltò la testa di scatto per vedere meglio quello che stava emergendo dal Tama e pochi istanti le bastarono per capire due cose: 1. Che la figura nera e allungata che si stava trascinando a fatica fuori dal letto del fiume era nient'altro che Daisuke Jigen; 2. Che i rantoli che produceva e la visibile fatica che gli richiedeva muoversi erano i segnali che era ferito e anche piuttosto gravemente. 

Senza pensarci due volte, Fujiko si lanciò nella discesa oltre il parapetto che definiva il confine della strada pedonale e poi giù verso il letto del fiume, ignorando il fango che le inzaccherava le prestigiose scarpe di Dior e i richiami di Watanabe. 

Quando ebbe raggiunto l'uomo, Fujiko notò le estese macchie di sangue che gli imporporavano gli abiti ed ebbe un tuffo al cuore. 

-Sosuke!- chiamò a gran voce -Vieni a darmi una mano! 

Mentre il medico la raggiungeva, Fujiko tirò il pistolero fuori dall'acqua e gli prese il viso tra le mani per capire se fosse ancora cosciente. 

Gli occhi di Jigen erano pesti e gonfi, ma uno era ancora abbastanza aperto da poter vedere il mondo e la sua iride scura agganciò quella castana di Fujiko. 

-Fu… ji… ko…- scandì a fatica il pistolero.

-Tranquillo, Jigen- lo rassicurò lei, rincuorata dal fatto che l'uomo fosse ancora abbastanza cosciente da riconoscerla -Mi occuperò io di te, è tutto finito. 

-No!- disse Jigen con maggiore foga, usando quello che rimaneva delle sue forze per afferrarle il braccio -Ta… na… ka! 

Negli occhi del pistolero, mentre pronunciava quel nome, la ladra lesse un miscuglio inquietante di emozioni, che comprendevano furia, odio e paura. 

Capì allora che, in qualunque brutta storia si fosse cacciato Jigen, non era ancora finita. 

 

*

Lo spostamento del corpo inerme di Jigen era stata una fatica degna di Ercole, soprattutto per via dell’insistenza di Watanabe nel volerlo portare in ospedale. Alla fine, dopo interminabili (e inutili) discussioni, il medico aveva acconsentito ad aiutarla a portare Jigen nella sua camera d’albergo e a prendersi cura di lui.

Gli ci erano volute quasi due ore e diversi asciugamani puliti per arginare le emorragie, ma al termine di un tempo che per Fujiko, costretta ad osservare senza poter fare poco o niente, era stato un’agonia, Watanabe aveva estratto due proiettili, chiuso cinque tagli da arma bianca e medicato un’infinità di contusioni. 

Per fortuna, aveva dichiarato il giovane medico, non sembravano esserci particolari danni agli organi interni, sebbene il paziente avesse perso molto sangue.

-Avrà sicuramente bisogno di una trasfusione- aveva commentato Watanabe, prendendo il polso debole, ma costante, e osservando il pallore quasi cadaverico della sua carnagione.

-B negativo.

-Come?- chiese il medico.

-Il suo gruppo sanguigno è B negativo- aveva risposto Fujiko, sul cui volto erano improvvisamente apparse delle piccole rughe sulla fronte e attorno agli occhi che Watanabe non aveva notato.

-Molto bene- sospirò Watanabe -Dato che per qualche ragione non si può portare quest’uomo in ospedale, farò qualche telefonata e mi farò portare il necessario per la trasfusione.

Il sorriso sul volto di Fujiko a quella notizia, pensò il medico, avrebbe potuto sciogliere anche il più imponente degli iceberg e si sentì quasi in imbarazzo: -Grazie Sosuke- rispose la donna -Sei un brav’uomo.

Assicuratasi che il pistolero fosse in buone mani, la donna uscì dalla stanza, adducendo la scusa di avere bisogno del bagno, e cercò il cellulare nella borsetta.

Trovatolo, digitò un numero di telefono e attese che la persona dall’altra parte rispondesse: -Chérie!- sentì chiamare dopo un paio di squilli a vuoto.

-Ciao Lupin!- cinguettò lei, sfoderando la sua voce da seduttrice -Come stai? Mi manchi tanto!

-Anche tu mi manchi, chérie!- rispose Lupin con trasporto.

-Dove sei, mio caro?

-In questo momento mi trovo a San Diego. Vuoi venire a farmi una visitina?

-Oh, magari, tesoro! Magari!- esclamò Fujiko, riuscendo a immaginare con facilità il sorriso rapito che il ladro doveva avere in quel momento sul volto -Sai, ti stavo pensando e mi sono chiesta: chissà se Lupin ha fatto qualche bel lavoro interessante di recente? Senza di te è una noia mortale! 

-Mia cara Fujiko, anche per me è lo stesso! Nemmeno io ho fatto granché ultimamente, giusto un colpetto qualche settimana fa a Nagoya, ma niente di che. 

-Cosa ci sei andato a fare a Nagoya?- lo incalzò Fujiko, nascondendo dietro il miele della sua voce l'impazienza che provava. 

-Io e Jigen abbiamo alleggerito le casse di un casinò, poi siamo venuti in California per rilassarci un po’, ma lui ha preferito tornare in Giappone dopo qualche giorno e ora sono solo soletto. Che casinò era? Il Tanaka. 

A quel nome la schiena di Fujiko venne percorsa da un brivido e la sua mente le restituì l’immagine del volto di Jigen, tumefatto e coperto di sangue, contratto nel tentativo di parlarle.

Chiuse le telefonata promettendo a Lupin che sarebbe andata a trovarlo a San Diego, ma la sua mente non registrò i calorosi saluti e i baci che l’uomo le aveva mandato attraverso la cornetta: il suo cervello, infatti, aveva iniziato a mettere insieme i pezzi e a creare collegamenti tra i fatti.

La conclusione era una soltanto: qualcuno avrebbe pagato per quello che era stato fatto a Jigen.

Si assicurò che Watanabe si occupasse del suo amico, poi andò nella sua stanza da letto e si sfilò l'abito griffato che aveva indossato per l'appuntamento della serata, sostituendolo con una tuta da combattimento nera. Le scarpe con il tacco vennero rimpiazzate con quelle tattiche e i capelli vennero raccolti in una pratica coda. 

Uscì con il casco sottobraccio e la pistola assicurata al suo fianco. 

Watanabe non fece domande e Fujiko gliene fu grata. 

*

La corsa in motocicletta da Tokyo a Nagoya fu veloce e frenetica, nella totale indifferenza nei confronti delle regole stradali, ma la donna non era nuova a questo tipo di guida e a nulla valsero gli inseguimenti di una volante della polizia. In un battito di ciglia, Fujiko era sparita alla vista. 

Arrivò nei pressi del casinò che era l'alba e si soffermò a studiare l'edificio: le luci al neon intermittenti, seducenti e multicolore come sirene silenziose, erano accese e invitavano la clientela ad entrare in quella bolgia senza orologi, dove le slot machine e i croupier lavorano 24/7.

Non aveva tempo di mescolarsi tra la folla dei clienti, doveva assolutamente trovare il proprietario. Parcheggiò la moto tra un gruppo di cespugli del giardino, dove avrebbe potuto prenderla senza farsi notare, e aggirò l'edificio. 

Dopo la rapina di Lupin, che aveva completamente svuotato le casse del casinò lasciando ad eventuali i altri ladri solo le briciole, la sorveglianza si era ridotta parecchio e Fujiko aveva potuto salire le scale anti incendio senza difficoltà. Sbirciando attraverso le finestre identificò degli uffici all'ultimo piano e, facendo leva sul telaio di una di esse con un coltello, entrò. 

La stanza era buia e vuota e la donna si mise in ascolto: se faceva attenzione riusciva a percepire i rumori e le risate delle sale da gioco ai piani inferiori, il tintinnio dei bicchieri e delle bottiglie al piano bar e qualcuno parlottare nella stanza a fianco. 

"Bingo!" pensò la donna e con passo felpato si appoggiò alla parete con l'orecchio schiacciato contro il muro. 

-Mi dispiace, illustre Mishimoto, mi perdoni!- stava piagnucolando un uomo, probabilmente al telefono dato che Fujiko non riuscì a percepire la presenza di altre persone nella stanza.

-Sì ho fatto uccidere uno dei ladri, il suo sicario di fiducia è stato molto in gamba!- continuò l'uomo che Fujiko ritenne essere Tanaka -No sono desolato, non ha detto dove si trovano i soldi… Ho usato le maniere forti, anche se non sono a mio agio con la tortura…. Se n'è occupato il suo giovane sicario. Non c'è traccia del secondo uomo… Li troveremo, signore, troveremo i suoi soldi. Sì, avrò buone notizie la prossima volta. Arrivederci. 

La telefonata venne conclusa e a Fujiko non servì un secondo segnale per intervenire. Uscì cautamente nel corridoio, assicurandosi che non ci fosse nessuno ad osservarla, e aprì la porta della stanza a fianco. 

-Ho detto che non voglio essere disturbato!- abbaiò rabbioso Tanaka, ma l'uomo si ammutolì di colpo quando vide la canna della pistola puntata contro di lui da una donna di ineffabile bellezza, che gli faceva gesti con un dito di tacere. 

-Ora noi due faremo una chiacchierata e poi farai una telefonata per me. 

*

Izumo era stanco e in quanto tale era anche nervoso: aveva concluso un lavoro con successo, pur non riuscendo ad ottenere le informazioni che il capo desiderava, e tutto ciò che voleva era mangiare, trovare un po' di compagnia femminile a buon prezzo e andare a dormire. 

Era riuscito a malapena a consumare un pasto quando il suo cellulare di lavoro aveva iniziato a suonare e sullo schermo era apparso il nome del proprietario del casinò. Gli disse di volerlo premiare personalmente per l'ottimo lavoro svolto e a nulla era valso ripetergli di trasferire la cifra sul suo conto in banca: il vecchio Tanaka aveva voluto incontrarlo. 

In una circostanza diversa avrebbe diffidato da un simile invito, ma Tanaka era un uomo anziano e debole, sia di corpo che di spirito, spaventato persino dalla propria ombra e che si era indebitato con la criminalità organizzata nella speranza di mantenere aperto il suo casinò. 

Izumo ridacchiò al pensiero della faccia terrorizzata del vecchio quando l'aveva visto entrare nel suo ufficio, convinto che Mishimoto, il suo capo e creditore del signor Tanaka, l'avesse mandato per lui.

Arrivò davanti alla porta dell’ufficio e bussò.

-Avanti- chiamarono dall’altra parte della porta e Izumo entrò. La stanza era completamente al buio e a malapena riusciva a distinguere la sagoma dell’uomo nella poca luce che filtrava dalla finestra.

-Tanaka, ti hanno già tagliato la luce?- chiese il sicario con una punta di cattiveria nella voce, ma ebbe un sussulto quando sentì la porta chiudersi alle sue spalle.

Le luci si accesero e gli occhi del sicario impiegarono qualche istante per abituarsi alla nuova condizione di luce, ma quando le pupille gli si furono ristrette riuscì a distinguere più nitidamente l’anziano uomo alla scrivania.

Il suo corpo era accomodato sulla sedia dietro alla scrivania, ma la sua testa era innaturalmente reclinata all’indietro e sulla tempia destra scorreva un rivolo rosso, mentre il pavimento alla sua sinistra era inzaccherato di sangue e cervella.

Istintivamente Izumo girò i tacchi e fece per andarsene, ma la canna di una pistola puntata alla fronte lo costrinse a fermarsi. 

-Izumo Nakamura- la donna che impugnava la pistola era la creatura più affascinante su cui gli occhi del sicario si erano mai posati e sentire il suo nome venire pronunciato dalla voce soave di quell’angelo gli provocò un mix di emozioni contrastanti.

-Tu sei il sicario che Tanaka ha assoldato per torturare ed eliminare Jigen Daisuke- continuò quella donna meravigliosa e Izumo non fu certo se gli avesse posto una domanda o se avesse semplicemente annunciato un fatto.

-Chi vuole saperlo?- chiese alla fine il sicario, cercando di mostrarsi indifferente davanti alla bocca scura della pistola puntata su di lui.

-Mi chiamo Fujiko Mine e sarò l’ultimo volto che vedrai- rispose la donna e nei suoi profondi e sensuali occhi scuri Izumo vide una furia bruciante che diede conferma delle sue parole.

-Quanto sforzo per un avanzo di fogna come quel Jigen- commentò il sicario, indicando con il pollice il cadavere di Tanaka alle sue spalle -Mishimoto verrà a sapere di tutta questa storia, ti troverà e ucciderà prima te e poi il tuo caro Jigen.

Il disprezzo con cui il sicario aveva pronunciato quella parola le fece salire il sapore della bile alla gola e dovette trattenersi dallo svuotare il caricatore della pistola contro la sua testa.

No, non doveva permettergli di farle perdere la concentrazione.

Fujiko conosceva la fama di Mishimoto e sapeva che Izumo aveva ragione: se avesse commesso un passo falso, sarebbero stati perseguitati a vita dalla sanguinaria banda del boss e nulla di quello che aveva fatto sarebbe servito.

Doveva rimanere concentrata.

-Non ti preoccupare di questo- Fujiko sfoggiò il un sorriso ferino e Izumo sentì una goccia gelata scorrere lungo la linea della sua colonna vertebrale -Piuttosto, spiegami una cosa. Tanaka mi ha raccontato di come hai torturato Jigen e di come gli hai sparato, per poi gettarlo nel Tama come un sacco di immondizia. Quello che non capisco è come sia stato possibile che un pivello imberbe come te abbia potuto mettere nel sacco un pistolero esperto del calibro di Jigen.

La pistola era perfettamente immobile nella mano della donna e Izumo, che riusciva a prevedere con facilità che non sarebbe vissuto abbastanza da vedere il nuovo giorno, pensò che non ci sarebbe stato modo di cambiare il suo destino e decise di accontentarla: -Ho pagato una prostituta perché recitasse il ruolo della povera ragazza indifesa che chiedeva aiuto per salvare un’amica in difficoltà. Conoscendo la fama di Jigen, mi ha sorpreso che ci sia cascato tanto facilmente. Sentirlo grugnire come un maiale ogni volta che lo colpivo è stato un piacere impagabile.

Lo sta facendo di nuovo, pensò Fujiko, vuole provocarmi perché sa che morirà e spera di farmi distrarre per crearsi una via di fuga.

-Un maiale che non ti ha dato comunque quello che desideravi- ribatté Fujiko, il cui sorriso si era fatto più affilato.

-Gliene rendo atto- ammise Izumo -Ma sta invecchiando. Si è fatto lento. E morbido.

-Può darsi- concesse Fujiko, pensando a come il pistolero si fosse lasciato ingannare da quel pivello -Ma tu non avrai l’occasione di vederlo morire. 

Quelle parole lasciarono Izumo perplesso: -Jigen Daisuke è morto- disse -L'ho ucciso personalmente. 

-No- ribatté Fujiko in un sibilo che la fece assomigliare a un gatto infuriato -È sopravvissuto e questo ti dimostra l'abisso che vi separa: un vero professionista non avrebbe mai considerato eliminato un obiettivo senza essersene accertato personalmente, lasciando che la propria arroganza lo rendesse superficiale. Inoltre- continuò la donna, compiendo un arco attorno all'uomo fino a frapporsi tra lui e Tanaka -Se tu l'avessi ucciso davvero, non ti avrei lasciato tutti questi minuti di vita. 

Le bastò premere il grilletto una volta sola per centrare l'obiettivo e il corpo di Izumo Nakamura cadde senza vita sul pavimento, mentre il suo sangue si mescolava a quello del proprietario del casinò. 

Fuori dall'ufficio iniziò a crearsi del trambusto. Era ora di andare. 

Fujiko pose la pistola, che aveva maneggiato per tutto il tempo con i guanti, nella mano destra di Tanaka e fuggì dalla finestra, facendola scattare dietro si sé non appena fu fuori. 

Si lanciò nel giardino e svanì nella mattina appena sorta a cavallo della sua moto, mentre nel casinò qualcuno urlava a gran voce che si chiamasse un'ambulanza.

*

Vedere Jigen lucido e sveglio, sebbene avvolto di bende come una mummia, bastò a farle passare la stanchezza di quella notte.

-Non mi è piaciuto il modo in cui quel medico mi esaminava- le disse il pistolero, prendendo una sigaretta dal pacchetto che Fujiko, seduta sul letto accanto a lui, gli offriva -Ti eri messa d'accordo con lui per vendergli i miei organi? 

-Quali?- domandò la ladra, aspirando il fumo della sigaretta accesa e rilasciandolo con eleganza dalle labbra carnose -I polmoni o il fegato? 

Jigen sorrise e nel silenzio che si creò ascoltò la televisione accesa sul telegiornale. 

-Sono stati trovati, nelle prime ore del giorno- stava annunciando il giornalista -Due cadaveri nel casinò Tanaka di Nagoya. Uno di questi è il proprietario del casinò, mentre il secondo non è stato ancora identificato. Dalle prime indiscrezioni, sembrerebbe che il proprietario del casinò abbia sparato alla vittima, per poi rivolgere l'arma contro di sé per via di debiti di grosse somme di denaro, che stavano portando il casinò al fallimento. 

-Tu non ne sai niente, vero?- domandò Jigen, mentre il giornalista rimandava a ulteriori chiarimenti quando la polizia avrebbe potuto svolgere indagini più approfondite. 

Fujiko lanciò un'occhiata distratta al televisore per poi prendere il telecomando e spegnerla: -È perché dovrei?- rispose, spegnendo la sigaretta nel posacenere -Che vantaggio ne avrei tratto? 

Jigen parve riflettere sulle sue parole per qualche istante, per poi accettarle: -Beh, qualunque cosa sia successa- disse il pistolero  -Quel maledetto bastardo se l'è meritata. 

Buttò la sigaretta nel posacenere e si lasciò cadere sul cuscino emettendo un lungo sospiro, interrotto da un ringhio di dolore quando la schiena toccò il materasso. 

Fujiko lo studiò per qualche istante, tornando con la memoria al momento in cui aveva premuto il grilletto contro il sicario e il proprietario del casinò ogni volta che il suo sguardo incontrava un ematoma o una ferita. 

Il suo viso, sebbene gonfio e segnato dalle botte, aveva un aspetto calmo e rilassato e, dopo qualche minuto di silenzio, Fujiko ritenne che si fosse addormentato, così fece per alzarsi, ma il pistolero la trattenne afferrandola per un polso. 

La donna si bloccò, sorpresa dal tocco delicato e gentile che l'uomo le stava riservando, disegnando con il pollice dei piccoli cerchi sulla pelle del suo polso. 

-Grazie, Fujiko. 

Le sue parole furono poco più di un sussurro, ma alle orecchie della donna suonarono quasi come un grido e ne fu spiazzata. 

-Non devi ringraziarmi- rispose -Non saresti molto utile da morto. 

Jigen annuì con il capo e la lasciò andare, ma appena prima che Fujiko potesse uscire dalla camera esclamò: -Quel giovane medico con cui eri ieri sera ha lasciato un biglietto per te sul comò. Magari la mia "visita a sorpresa" non ha rovinato del tutto i tuoi piani. 

Fujiko guardò dove le veniva indicato e trovò un biglietto di spessa carta filigranata con impresso lo stemma della catena di alberghi. 

Watanabe vi aveva scritto sopra con un'elegante calligrafia: "Mi sono occupato del tuo amico come meglio ho potuto. È un uomo straordinariamente coriaceo e si riprenderà. Conoscerti è stata una delle esperienze più piacevoli e intense della mia vita, che porterò sempre con me (che mi piaccia o meno), ma so riconoscere quando vengo sconfitto e spero che quest'uomo misterioso sia in grado di darti ciò di cui hai bisogno. Stammi bene, Sosuke".

-Cattive notizie?- chiese Jigen, che la osservava leggere. 

-Niente da fare con il medico- ammise la ladra - Peccato, perché la sua famiglia è diventata milionaria con la produzione di presidi medici. 

-Ce ne saranno altri- commentò il pistolero, aggiustandosi a fatica sul materasso. 

-Senza dubbio. Ma ora riposati. Puoi stare qui tutto il tempo che ti serve. 

Lasciò la stanza affinché l'uomo potesse riposare, ma prima di chiudere la porta dietro di sé e andare a farsi una doccia, indugiò a guardare la figura del pistolero sul letto ancora per un istante.

 

 

Nota dell’autrice: Ciao a tutt* e grazie per aver letto questo capitolo di Slices of Life! Siamo arrivat* all’ultima parte, di quattro, di questa raccolta nella raccolta e abbiamo visto Fujiko all’opera. Cosa ne pensate? Come sempre, un grosso abbraccio va a Fujikofran che mi omaggia dei suoi commenti a fine capitolo e anche in quello scorso non si è fatta attendere. Grazie di cuore!

Ci vediamo con il prossimo capitolo che si intitolerà Shoulder rubs!

A presto,

Desma

   
 
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