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Autore: Aya88    03/10/2020    0 recensioni
A volte comprendere i propri sentimenti può rivelarsi molto difficile e complicare relazioni e amicizie.
Sakura, Kakashi e Tenzo si troveranno costretti a dover fare i conti con se stessi e a prendere decisioni importanti.
"Qualsiasi parola le morì in gola appena incrociò lo sguardo di Tenzo. [...] Qualche mese prima, durante una festa, complice una quantità eccessiva di alcool, gli aveva accidentalmente confessato il turbamento per la possibilità, fin troppo concreta, di essersi innamorata di Kakashi. Era stata la stessa sera in cui lui le aveva rivelato il suo vero nome, senza un chiaro motivo se non i numerosi bicchieri di sakè bevuti."
Paring: KakashiSakuraTenzo
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Sakura Haruno, Yamato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Capitolo 3 - Complicazioni

CAPITOLO III


Complicazioni


Dopo quella sera, come per un tacito accordo, non si videro per diversi giorni, consapevoli di aver bisogno del proprio spazio per riflettere con calma sul loro rapporto.
Anche quando si incontrarono casualmente al negozio di alimentari, Tenzo di ritorno da una breve missione, Sakura dal turno in ospedale, pensarono che si sarebbero semplicemente salutati, avrebbero scambiato qualche parola e sarebbero tornati ognuno a casa propria.
Ma la strada per l’Inferno è spesso lastricata di buone intenzioni.
Bastò davvero poco: che le loro braccia e le loro mani si sfiorassero, quando il jounin l’aiutò a prendere una scatola, per risvegliare il vortice di sensazioni memorizzato nei loro corpi.
Pochi minuti dopo, erano nella stradina retrostante il negozio, abbracciati e con le labbra che si cercavano e si assaporavano avide, mentre la spesa giaceva abbandonata in un angolo.
Inebriata da baci inaspettati, Sakura nascose alla fine il viso contro il suo petto, stringendo le mani  sulla sua maglia; Tenzo ricordò che poche sere prime si erano ritrovati in una situazione molto simile ed emise un sospiro profondo, a metà tra la stanchezza e l’apprensione.
Ci aveva provato per giorni a trovare una soluzione, a capire quale fosse la cosa più giusta da fare, con la ragazza stretta nel suo abbraccio, con Kakashi da poco dimesso dall’ospedale e con i prepotenti sentimenti che non riusciva più a reprimere.
Ma era stato tutto inutile.
La kunoichi percepì la sua agitazione, o forse solo il suo respirò che le scompigliava appena i capelli, perché si allontanò da lui e lo guardò con gli occhi verdi resi meno limpidi da una sfumatura di inquietudine.
Era la preoccupazione per la rapida trasformazione dei suoi sentimenti a turbarla?
Sperò che dicesse qualcosa per confermare quella sua speranza e spegnesse il timore che da giorni palpitava nel suo petto, rubandogli l’aria: che fosse solo il desiderio fisico di cancellare una passione scomoda a spingerla tra le sue braccia, confondendo l’amicizia con l’amore. 
"Io devo andare, ho alcune cose da mettere in frigo," gli disse, con la voce incrinata da una lieve vibrazione di incertezza.
Era davvero una buona scusa, pensò il jounin, mentre la osservava recuperare la spesa e andare via veloce senza guardarlo.
Forse era veramente quella la strada giusta: avrebbero dovuto fermarsi prima di compromettere davvero l'amicizia tra di loro. E nel suo caso, anche quella con Kakashi.
Fu quello l'ultimo pensiero razionale che attraversò la sua mente, prima del ciclone di istinti impulsivi, desiderio ed emozioni che li travolse nelle settimane successive, attirandoli l’uno verso l’altro.
Dopo l’incontro al negozio di alimentari, ce ne furono molti altri, dapprima fortuiti poi sempre più intenzionali, finché non poterono addebitare ancora al caso la forza che, ogni volta, li trascinava a baciarsi con slancio, tra una carezza gentile e un’altra più audace, in un angolo nascosto da occhi indiscreti, alla fresca penombra di un albero, tra le quattro pareti di un appartamento.    
Una sera erano a casa di Tenzo, sdraiati sul divano e finalmente liberi di non reprimere la voglia di stare vicini; quando erano seduti al tavolino del pub in cui si erano dati appuntamento, si erano sfiorati solo con gesti furtivi e veloci, chiacchierando in modo amichevole. 
Dopo un lungo e intenso bacio, Sakura reclinò il capo sulla spalla del jounin e fece scorrere la mano sui suoi pettorali, coperti dal tessuto leggero della canotta: la sua maglia era caduta a terra, insieme al proprio cardigan verde, nei momenti concitati prima di finire sul divano.
Si domandò cosa stesse pensando, soprattutto quando l’uomo intrecciò le dita alle sue, accostando i loro palmi, mentre l’altro braccio continuava a circondarle un fianco.
Guardò le loro mani unite, provando una dolce e piacevole sensazione.
Inizialmente, aveva cercato di resistere agli impulsi del proprio corpo, sempre più pressanti, per  ragionare sui propri reali sentimenti, ma era stata una lotta impari, tra il calore che la invadeva tra le sue braccia e i dubbi insinuati dalla propria coscienza.
Eppure sentiva ormai che quella lotta si era conclusa per la ritirata di uno dei due contendenti: il turbamento dei primi giorni, dovuto alla paura che tutto fosse solo un abbaglio consolatorio, aveva indietreggiato lentamente ad ogni loro nuovo incontro. 
Trascorre il tempo con lui la rendeva tranquilla: stare al suo fianco la faceva sentire sicura e ogni cosa sembrava nel posto giusto. Anche se i brividi suscitati dalla sua vicinanza fisica erano qualcosa di totalmente nuovo e inebriante, parole e gesti erano tornati ad essere spontanei e naturali e la scoperta di  averne sentito intensamente la mancanza la sorprendeva tutte le volte che ci pensava.
Strinse più forte le dita di Tenzo e spostò un po’ il viso per incontrare la piacevole solidità del suo petto, inspirando con calma il suo profumo; sentì le sue labbra sfiorarle i capelli e poi baciarle delicatamente una tempia.
Emise un sospiro leggero, desiderando che quei momenti durassero per sempre.
“Perché continuiamo a nasconderci?” chiese all’improvviso, dando voce ad un pensiero che da un paio di giorni si era intrufolato nella sua testa.
Alla sua domanda il jounin avvertì brevi ma diffuse fitte nello stomaco; investito dalla confusione emotiva delle ultime settimane, si era illuso che non gliel’avrebbe mai posta.
Sakura percepì il suo corpo irrigidirsi e la stretta della sua mano allentarsi; puntellandosi con un braccio sulla seduta del divano, si sollevò abbastanza per guardarlo.
“Qual è il problema?” domandò, inarcando appena le sopracciglia, incapace di comprendere la sua reazione.
Anche se qualcuno avrebbe potuto storcere il naso, non avevano nessun motivo per mantenere segreta la loro storia, una volta sicuri di se stessi: non era stato il suo maestro, ma solo il suo caposquadra e per poco tempo.
Soppresse la lieve agitazione legata al pensiero di Kakashi e di una relazione vissuta nell’ombra e scrutò il volto di Tenzo con attenzione, cercando di cogliere negli occhi marroni un indizio dei suoi pensieri.
Incerto su cosa dire, l’uomo rimase immobile sotto il suo sguardo indagatore, con le labbra strette in una linea di tensione, poi liberò la mano di Sakura, lasciando ricadere il braccio lungo il fianco, con il pugno leggermente chiuso.
Era conscio di non poter eludere la questione di Kakashi per sempre e nemmeno era stata sua intenzione farlo, ma con una domanda così diretta non aveva più nessuna via di fuga; si sentiva momentaneamente messo alle strette, soprattutto dal pugnale affilato del proprio senso di colpa che minacciava di conficcarsi dolorosamente nel petto.
“Tenzo?”
La voce della kunoichi aveva una nota d’urgenza e i suoi occhi verdi erano un mare aperto che avrebbe potuto inghiottirlo, se avesse continuato a tacere.
“È solo successo tutto molto in fretta e forse è meglio esserne sicuri... prima di ferire inutilmente qualcuno,” disse, incapace di affrontare in modo chiaro e diretto il problema.
Riversando su di lei i suoi timori e la sua debolezza, si sentì un codardo più di quanto non si fosse sentito fino a quel momento.
“Non sei sicuro?” chiese Sakura confusa, avvertendo un vuoto improvviso.
Come per sorreggersi ed evitare di cadere, accentuò la pressione del proprio braccio sul divano e strinse il pugno contro il petto del jounin.
A Tenzo sembrò che quelle parole tremanti accostassero la lama del rimorso al suo torace: d’istinto le circondò con le mani il viso avvicinandolo al suo.
“Io lo sono, ma tu?” replicò incatenando i loro sguardi. “Come reagiresti se Kakashi ti confessasse di provare qualcosa per te?”
La giovane lo fissò ancora più disorientata, con l’impressione che la propria determinazione vacillasse: la fitta provocata dalla sua insensata ipotesi riscuoteva dubbi che solo poco prima credeva sepolti.
“Perché me lo stai chiedendo?”
Si sforzò di mantenere la voce ferma, mentre l’irritazione formava silenziose lacrime agli angoli dei suoi occhi: gli aveva già detto che un qualcosa tra lei e Kakashi era irrealizzabile, perché doveva tirarlo fuori di nuovo, ora che ci aveva messo una pietra sopra?
“Per lo stesso motivo per cui non mi stai rispondendo.”
L’uomo pronunciò quella frase con un groppo in gola: le ombre che le offuscavano gli occhi e i lineamenti delicati lo ferivano più profondamente di quanto pensasse, eppure non potevano più ignorarle, come se non fossero ogni momento alle loro spalle.
Quando alcune lacrime gli bagnarono il dorso della mano, lasciò scivolare le dita via dalle sue guance, dispiaciuto per averla fatta piangere; avrebbe voluto asciugarle quelle lacrime e abbracciarla stretta tutta la notte, ma sapeva di non poterselo permettere.
Girò il volto, distogliendo lo sguardo da lei e rivolgendolo nel vuoto, raccogliendo il coraggio per parlare di nuovo; Sakura si era seduta in ginocchio sul divano, perché ne sentiva il peso leggero sulle gambe.
Respirò profondamente, poi buttò fuori tutto d’un fiato ciò che avrebbe dovuto rivelarle molto prima, appena il loro rapporto si era improvvisamente complicato.
“Non era solo una possibilità… Kakashi ti ama, Sakura, ma sta reprimendo quel sentimento.”
Le sue parole vibrarono nel silenzio assordante dell’appartamento, mentre una pugnalata rapida e profonda lo trafiggeva inclemente.
Avrebbe preferito che la kunoichi gli urlasse contro i peggiori insulti, che lo prendesse violentemente a pugni o che reagisse in qualsiasi altro modo per lei abituale, piuttosto che alzarsi senza dire una parola e andarsene, lasciando un freddo desolante al posto del calore del suo corpo.    


Quando le sue condizioni fisiche si ristabilirono del tutto, Kakashi fu dimesso dall’ospedale, con le solite raccomandazioni di Sakura, dettagliate e perentorie.
“Una settimana di completo riposo, evitando qualsiasi tipo di sforzo, il che significa esattamente: non uscire di casa, salvo se strettamente necessario, non scorazzare in giro per il villaggio e, soprattutto, nessuna missione!” disse la giovane dottoressa con un cipiglio minaccioso, scandendo lentamente tutto ciò che non doveva fare, come ad un bambino disubbidiente e dispettoso a cui ribadire le cose più ovvie.
“Ah, tutto ciò è molto crudele!” scherzò il jounin, nascondendo un sorriso sotto la maschera.
Lei gli scoccò un’occhiataccia seria che, di fronte alle sue braccia alzate in segno di resa, si trasformò in un’espressione soddisfatta.
Quando fu costretta a tornare al lavoro per un’emergenza, Kakashi emise un profondo sospiro di sollievo, sentendosi più sereno: dopo l’errore commesso qualche giorno prima, nella confusione del risveglio, la familiarità del suoi rimproveri era un toccasana confortante.
Nonostante i tentativi di cancellarle, le sensazioni suscitate dalla vicinanza del suo corpo erano ancora vividamente impresse dentro di lui e lo sarebbero rimaste sicuramente anche dopo; tuttavia, gli sembrava che Sakura avesse accantonato l’episodio con tranquillità, senza intuire fortunatamente nulla sotto la sua finzione.
Nei giorni immediatamente successivi alle sue dimissioni, l’uomo continuò ad avere quell’impressione, credendo che la normalità del loro rapporto sarebbe stata conservata intatta, se non si fosse lasciato trasportare di nuovo.  
Improvvisamente, però, qualcosa cambiò senza una motivazione apparente: anche se non sparì la naturalezza negli atteggiamenti e nelle parole della sua ex-allieva, tra di loro comparve una certa distanza; sembrò indebolirsi di colpo la leggera ma intensa vibrazione che di solito aleggiava silenziosa, avvicinandola a lui, molto più di una semplice amica.
Aveva sempre pensato che non si rendesse davvero conto di palesarla in modo abbastanza evidente; e, per alcune settimane, si chiese più volte se almeno si fosse accorta di quel mutamento inaspettato.
La sua domanda non aveva ancora ottenuto una risposta quando la sua sensazione trovò alla fine una giustificazione più che motivata: un pomeriggio, passeggiando nei pressi dei campi di allenamento, intravide Sakura che baciava un ninja, all’ombra di alcuni alberi, e sentì subito un pugno forte e deciso nella parte bassa dell’addome.  
Aveva messo in conto che prima o poi sarebbe potuto capitare, che la kunoichi avrebbe potuto un giorno o l’altro innamorarsi di qualcun altro, senza rimanere per sempre ad aspettare qualcosa di difficile se non addirittura impossibile; eppure, vederla con un altro in atteggiamenti così intimi gli fece, per un attimo, perdere l’equilibrio.
L’unica cosa che avrebbe dovuto fare era andarsene, però la curiosità fu più intesa spingendolo a scoprire chi fosse l’uomo. Quando fu abbastanza vicino da scorgerne il volto, a Kakashi sembrò che il mondo si fermasse di botto, attutendo ogni suono ed oscurando ogni cosa: lì, a pochi passi da lui, a stringere la giovane tra le braccia, c’era quello che reputava il suo migliore amico e che era perfettamente a conoscenza dei suoi sentimenti per lei.
Dapprima rimase talmente sconcertato da non riuscire a muovere nemmeno un muscolo, poi la rabbia esplose violentemente dentro il suo petto; non avrebbe saputo dire come ci riuscì, ma racimolò gli ultimi brandelli di lucidità rimasti e, prima di compiere un gesto impulsivo di cui avrebbe potuto pentirsi, saltò via, passando da un albero all’altro, reprimendo a stento la voglia di tornare indietro e prenderlo a pugni. 
Nei giorni successivi all’amara scoperta, Kakashi si era sforzato di calmarsi e capire perché Tenzo non gli avesse mai detto nulla, finché non si era deciso ad affrontarlo per ottenere una spiegazione sensata dalla sua voce.
Prima di raggiungere il suo appartamento, si era ripromesso di controllarsi per condurre una discussione civile, da uomini adulti e da ninja addestrati a combattere in modo freddo e calcolato quali erano. Quando però vide Sakura uscire dalla porta sconvolta e, dopo un attimo di esitazione, scappare via correndo con le lacrime agli occhi, ogni buona intenzione si dissolse nel nulla.
Il jounin inspirò profondamente dalle narici, le labbra tese e le braccia rigide lungo i fianchi, poi percorse l’ultimo breve tratto di strada che lo separava dalla casa dell’amico e suonò il campanello, diffondendo nel silenzio serale il suono familiare.
Dopo minuti che gli parvero interminabili, Tenzo comparve finalmente sulla soglia, con addosso solo una canotta scura sopra i jeans e sul viso un’espressione inquieta attenuata da una lieve speranza; appena lo riconobbe, richiuse la bocca ricacciando indietro il nome che con ogni probabilità voleva pronunciare.
Kakashi non aveva affatto bisogno di una conferma, ma l’aspetto dell’Anbu rendeva chiaramente l’idea del rapporto confidenziale con la kunoichi e del litigio che doveva essere avvenuto tra i due. La rabbia increspò forse la superficie di solito sempre calma dei suoi occhi, perché notò Tenzo irrigidirsi e fare istintivamente un piccolo passo indietro, con l’incertezza più che evidente sui suoi lineamenti.
La sua reazione sortì l’unico effetto di esacerbare i sentimenti che lo pervadevano.  
“No, non sono Sakura,” affermò in tono secco.
Entrò senza tante cerimonie e attese che l’altro chiudesse di nuovo la porta, poi si girò rapido e gli sferrò un pugno sulla guancia, ignorando la domanda che aveva percepito solo in modo indistinto.
Sotto il colpo improvviso e violento, Tenzo barcollò urtando con un tonfo sordo contro uno stipite e una scarica di dolore corse lungo la sua schiena, strappandogli un lamento soffocato; appoggiato al muro, si portò di riflesso una mano sul viso dolorante, consapevole di meritare quella sofferenza appieno, poi accantonò il momento di confusione iniziale e sollevò lo sguardo pronto ad affrontare qualsiasi cosa l’uomo davanti a sé avrebbe detto o fatto.
“Quando avevi intenzione di dirmelo?”
La voce di Kakashi era dura e asciutta e l’intensa irritazione trapelava sotto il suo atteggiamento misuratamente controllato; avevano combattuto a fianco a fianco negli Anbu abbastanza a lungo da sapere perfettamente che doveva attendersi un discussione tutt’altro che piacevole, ma gli rispose ugualmente con tono fermo e deciso. 
“Non era affatto semplice trovare il modo giusto.”
“No, a quanto pare, ti risultano più semplici i consigli rispetto ai fatti.”
La frecciata dell’amico lo colpì con la stessa forza dei suoi occhi penetranti fissi su di lui, costringendolo a mordersi la lingua per il nervosismo, tuttavia non arretrò di fronte alla chiara provocazione e proseguì ignorandola.
“Volevo essere sicuro prima di…”
“Prima di cosa esattamente? Prima di baciarla in giro per Konoha o prima di farla piangere?” lo interruppe freddamente Kakashi, aggrottando le sopracciglia con aria critica e stringendo i pungi lungo i fianchi.
Udendo i suoi rimproveri, a Tenzo sembrò di ricevere due schiaffi successivi che gli lasciarono una sensazione di oppressione all’altezza dello sterno, sottraendogli per un istante l’aria necessaria per respirare. Fin dalle prime parole era stato evidente che avesse scoperto in qualche modo la sua frequentazione con Sakura, oltre che averla vista uscire da casa sua poco prima; tuttavia, l’idea che li avessi colti in una situazione inequivocabile e che, peggio ancora, avesse scorto le lacrime sul viso della kunoichi rendeva maledettamente concreti i suoi errori.
Abbassò lo sguardo, avvertendo il senso di colpa percuotere con colpi silenziosi il suo petto, ma non era l’unico sentimento suscitato dalle accuse dell’amico che per la prima volta alzò il tono di voce.
“Perché la prima cosa doveva essere successiva e la seconda evitabile!” gli rinfacciò.
Tenzo si rese conto dell’energia con cui stringeva le mani solo quando lo scrocchiare delle proprie nocche riecheggiò l’intenso fastidio provocato dalle sue parole.  
“Non considerarmi l’unico responsabile di tutta questa storia!” sbottò.
Un secondo dopo si slanciò in avanti per ricambiare il pugno ricevuto poco prima senza preavviso, ma Kakashi non ebbe difficoltà a prevedere il suo movimento per quanto rapido e imprevisto; l’ex-Anbu schivò il colpo, afferrò il polso dell’amico, tirandolo verso di sé, e con l’altra mano gli strinse una spalla per poi spingerlo contro il muro, piegandogli un braccio dietro la schiena e bloccandogli l’altro contro la parete.   
Tenzo pensò che la sua presa era solida e ferma, più di quanto si sarebbe aspettato; nonostante l’attimo di perplessità che aveva colto nei suoi occhi di fronte alle proprie parole, nessuna esitazione c’era in quel momento nella pressione che esercitava sul suo corpo, procurandogli un seppure leggero dolore alle articolazioni tese. 
 “Non sono io ad aver nascosto cose importanti ad un amico,” ribatté il jounin alla sua affermazione, soffiando contro il suo orecchio una risposta secca e concisa che gli confermava che non aveva in realtà compreso il senso della sua frase.    
“No, più semplicemente le ignori,” lo accusò con una certa asprezza nella voce, pronunciando con particolare enfasi la parola ‘semplicemente’ per ricalcare la sua precedente insinuazione.
Provò una lieve soddisfazione quando la stretta sulle proprie braccia si allentò, facendogli intuire la sorpresa e il disorientamento dell’amico.
Non tardò ad approfittarne: tese una gamba all’indietro per assestare un calcio contro le sue ginocchia, inducendo Kakashi ad arretrare per evitarlo, abbastanza per permettergli di liberarsi con uno brusco strattone e girarsi di nuovo per sferrargli alcuni veloci pugni.    
Quella volta, il suo ex-caposquadra fu costretto ad impegnarsi di più per schivare i suoi colpi.
“Hai la minima idea di quanto la tormentassero i sentimenti per te?” gli domandò con un pizzico di malizia, appena riuscì a colpirlo nello stomaco e a farlo barcollare all’indietro.  Anche se era consapevole di essere il primo ad aver sbagliato, la sofferenza di Sakura non dipendeva solo da lui ma in parte anche da Kakashi ed era forse il caso che aprisse gli occhi. Dopotutto, per quanto gli facesse ancora male ammetterlo, era stato prima di tutto il turbamento per quell’amore impossibile a spingerla verso di lui e, probabilmente, era ancora presente dentro di lei, come sembravano dimostrare le lacrime che gli avevano inumidito le mani.
Ingoiò la frustrazione causata da quel pensiero e per alleviarla in qualche modo provò a picchiare di nuovo l’ex-Anbu. Quest’ultimo non si fece però cogliere impreparato, ma bloccò la sua mano e lo colpì, prima su un fianco poi sulla mascella; Tenzo perse l’equilibrio e cadde rumorosamente a terra, ritrovandosi seduto sul pavimento freddo.   
Fermo a pochi passi da lui, l’amico lo guardò riprendendo fiato, chiedendosi confuso dove volesse andare a parare mentre la rabbia, da cui il combattimento corpo a corpo lo avrebbe dovuto in parte liberare, ritornava a scalpitare. 
Erano concordi entrambi che mantenere le distanze avrebbe evitato proprio quello, che Sakura soffrisse per una relazione agli occhi di tutti discutibile, qualcosa che non sarebbe mai riuscito a perdonarsi. Perché allora lo stava incolpando di aver ignorato i suoi sentimenti? 
All’improvviso, un sospetto malevolo si insinuò nella sua mente, passando oltre quel quesito irrisolto e ponendone un altro più urgente: come faceva Tenzo a sapere così bene cosa l’avesse tormentata?
Da un momento all’altro, nel suo petto prevalsero una viva sensazione di tradimento e un sentimento che doveva essere gelosia, anche se si era sforzando di negarlo a se stesso fin dal pomeriggio in cui li aveva visti baciarsi. 
Prima che l’altro potesse alzarsi, con un rapido movimento si abbassò appoggiandosi su un ginocchio e si chinò verso di lui, afferrando tra le dita il tessuto della sua canotta e avvicinando il suo viso al proprio.  
“Da quanto va avanti tra di voi?” gli chiese bruscamente, incalzato dal dubbio che si frequentassero da molto più tempo di quello che aveva creduto all’inizio.
Colto alla sprovvista Tenzo non rispose, ma rimase in silenzio guardandolo sorpreso, incapace di capire da dove precisamente saltasse fuori la domanda.
“Rispondimi, accidenti!” gli intimò Kakashi.
Avvertiva l’urgenza di ascoltare una parola che allontanasse l’atroce possibilità che la reciproca fiducia, su cui si era sempre basato il loro rapporto, fosse davvero compromessa.
“Da qualche settimana,” rispose l’altro, senza più tracce nella voce della precedente acredine ma solo una leggera sorpresa.
Niente lo obbligava in quel frangente, considerato il trattamento che gli aveva riservato, eppure era un po’ preoccupato dall’espressione tesa dell’amico che dopo la sua risposta sembrò fortunatamente rilassarsi.
Per un attimo continuò a non comprendere la sua reazione, poi una realizzazione improvvisa lo colpì con violenza e solo a stento represse l’impulso di picchiarlo ancora una volta.
“Perché cosa diavolo stavi pensando?” disse alterato e offeso dall’idea che aveva attraversato la testa dell’ex-Anbu. “Davvero mi credi così spregevole da nasconderti a lungo qualcosa di talmente importante?”
Kakashi si sentì preso in contropiede dal suo tono risentito e accusatorio, ma l’incertezza durò solo qualche istante.  
“Fino a prova contraria, non staremmo avendo questa conversazione se non vi avessi scoperto io,” obiettò in modo asciutto, non lasciando andare la sua maglia e fissandolo ancora negli occhi, anche se percepiva la collera nei suoi confronti sfumare pian piano.
“E poi come fai a essere sicuro che i sentimenti per me la tormentavano così tanto?” chiese per ottenere una risposta alla domanda che gli ronzava in testa, ma lo sguardo perplesso dell’amico lo fece sentire uno stupido per averlo fatto.  
“Perché me l’ha confidato, idiota, quale altro motivo avrebbe dovuto esserci?” replicò Tenzo istintivamente, sottolineando l’ovvietà della situazione, per poi pentirsene un secondo dopo.
E se Kakashi considerasse altrettanto grave l’omissione di quelle confidenze, pensò, seppure prevedibili e precedenti all’inizio della sua relazione con Sakura?
Ma quello non era uno dei pensieri del jounin, già consapevole da un pezzo degli evidenti sentimenti della kunoichi; piuttosto, si stupì della familiarità che la sua ex-allieva aveva con l’amico per condividere qualcosa di così personale, ricevendo all’istante il morso irrazionale della gelosia. 
“Comunque, non ho trovato il coraggio di dirtelo subito, solo perché il senso di colpa lo rendeva difficile, non perché volevo nascondertelo,” precisò Tenzo, formulando con calma ciò che gli avrebbe detto immediatamente se non l’avesse preso a pugni. 
“Inoltre non volevo ferirti inutilmente, soprattutto se… se è te che ama e non me,” concluse dopo qualche istante, abbassando lo sguardo mentre pronunciava le ultime parole.
Nella sua voce, Kakashi percepì una sincera pena, aggravata dall’amarezza e dall’incertezza; di riflesso, lo liberò dalla sua presa e si sedette anche lui a terra, di fronte all’amico, puntellandosi con le mani al pavimento e chiudendo per un po’ gli occhi, il capo leggermente reclinato all’indietro. 
Tra i due jounin calò un improvviso silenzio, riempito solo dai loro respiri e dalle loro riflessioni.
“La ami davvero?” disse ad un certo punto l’ex-Anbu.
Aveva ricorso ad un tono interrogativo, ma in realtà non aveva bisogno di una conferma: voleva solo sentirlo in modo chiaro dalla sua voce.
L’altro ninja strinse i pugni sulle ginocchia, poi emise un sospiro in qualche modo liberatorio.
“Credo proprio di sì,” mormorò.
Kakashi pensò che il colore limpido dei suoi occhi marroni non desse adito a dubbi.
“Perché non mi hai mai detto nulla?” proseguì con una certa curiosità.
Per un attimo, quella sorta di interrogatorio infastidì Tenzo, tuttavia sapeva che era quasi inevitabile, ora soprattutto che riuscivano a parlare in modo civile.  
“Come avrei potuto rivelarti che amavamo la stessa persona, senza compromettere la naturalezza del nostro rapporto?” rispose pacato, lasciando però trapelare dalle sue parole una sfumatura di amara constatazione.
“Avevo creduto di poter reprimere quel sentimento e basta,” aggiunse distogliendo di nuovo lo sguardo, poi si alzò e andò a sedersi sul divano.
L’amico lo osservò massaggiarsi il viso e la schiena doloranti, vittime del loro breve scontro, e si ritrovò a riflettere su quanto la ricerca di una presunta normalità fosse stata la preoccupazione di entrambi, nella speranza di proteggere la loro amicizia e quella che li legava a Sakura.
Ma alla fine a cosa li aveva condotti? Non di certo a quella che poteva definirsi serenità, per quanto precaria nel mondo in cui vivevano.
“Non so se mi ama, come credi,” iniziò, incerto sulla fondatezza di quella affermazione.
Non avrebbe saputo come spiegargli la distanza che da qualche tempo sentiva tra lui e Sakura; quindi, anche se quella sensazione si era rivelata alla fine veritiera, preferì soffermarsi su qualcosa di più concreto.
“Ma in ogni caso, cosa potremmo ottenere di buono da una relazione già dall’inizio complicata?” continuò, non riuscendo a trattenere la frustrazione per i pregiudizi che avrebbero rischiato di danneggiare a lungo andare un rapporto.
Tenzo interruppe il tentativo di sgranchirsi i muscoli tesi del collo e lasciò ricadere su una gamba la mano, poi incrociò il suo sguardo e lo scrutò con attenzione, come a soppesare il peso della sua domanda o forse semplicemente una sua eventuale reazione.
“Non lo so, cercala e scoprilo,” lo esortò serio con un’espressione difficilmente decifrabile.
Si alzò e si voltò per recuperare un maglioncino verde adagiato su un bracciolo del divano.
“Prima che scappasse piangendo, le avevo rivelato che la amavi,” spiegò con le spalle ancora rivolte all’amico, utilizzando un tono apparentemente neutro, ma soffocando in realtà tristezza, rammarico e senso di impotenza.
Si girò infine verso di lui lanciandogli l’indumento; ancora seduto sul pavimento, Kakashi lo afferrò al volo, intuendo facilmente a chi appartenesse senza bisogno che glielo dicesse. 
Solo in quegli istanti, comprese perché lo avesse incolpato di ignorare i sentimenti di Sakura: se la causa delle sue lacrime era stata in parte la rivelazione di Tenzo, indubbiamente ne era anche lui in qualche modo responsabile, senza saperlo. 
Si alzò da terra, stringendo tra le mani il cardigan, poi guardò un’ultima volta negli occhi Tenzo e lasciò l’appartamento, pur non avendo ancora un’idea precisa su cosa dire quando avrebbe incontrato la kunoichi. 



Note dell'autrice

E niente, per essere brevi, ora la palla passa tutta a Sakura. Ho ancora dubbi sui lunghi dialoghi di questo capitolo, sopratutto sul sesondo, ma spero che fili lo stesso tutto^^



  
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