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Autore: Emmastory    05/10/2020    3 recensioni
Muovendosi lentamente, anche ad Eltaria il tempo ha continuato a scorrere, dettando legge nella selva, al villaggio e nelle vite dei suoi abitanti. Il freddo inverno ha fatto visita a sua volta, e solo pochi giorni dopo un lieto evento che cambierà le loro vite per sempre, in modi che solo il futuro potrà rivelare, la giovane fata Kaleia e Christopher, suo amato protettore, si preparano ad affrontare mano nella mano il resto della loro esistenza insieme, costellata per loro fortuna di visi amici in una comunità fiorente. Ad ogni modo, luci e ombre si impegnano in una lotta costante, mentre eventi inaspettati attendono un'occasione, sperando di poter dar vita, voce e volto al vero e proprio rovescio di una sempre aurea medaglia. Si può riscrivere il proprio destino? Cosa accadrà? Addentratevi di nuovo nella foresta, camminate assieme ai protagonisti e seguiteli in un nuovo viaggio fatto di novità, cambiamenti, e coraggiose scelte.
(Seguito di: Luce e ombra: Il Giardino segreto di Eltaria
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-IV-mod
 
 
 
Capitolo XVI 
 
Il Maggiore di due mali  
 
Qualche giorno dopo, mi ritrovavo di nuovo a casa, comodamente sdraiata a letto. Chiusa nel mio solito silenzio, non facevo altro che fissare il soffitto, bianco e quasi completamente spoglio, eccezione fatta per il lampadario e le sue luci accese. Colta alla sprovvista, dovetti coprirmi gli occhi e poi voltarmi, e nel farlo, sentii qualcosa. Solo la freschezza del mio cuscino, comodo e morbido come lo ricordavo. Sospirando lievemente, sentii un peso svanirmi piano dalle spalle e dal cuore, e con il silenzio che aleggiava nella stanza rotto solo dal suono del mio respiro, ben presto ne udii un altro. Fino a pochi attimi prima ero convinta di essere da solo, ma appena oltre la finestra, chiusa nel tentativo di proteggere me stessa e i bambini dal freddo, un ticchettio. Seccata, mi voltai di malavoglia, pensando che si trattasse di nuovo di Midnight come molto tempo fa, ma per fortuna si tratta di Willow. Il solo pensiero mi fa sorridere, e più tranquilla di prima, mi alzo per lasciarla entrare. Lenta, le apro la finestra, e abbastanza vicina da toccarla, le sfioro appena il pelo. Corto, setoso e lucente, forse perfino più morbido del cuscino, nonché il risultato dei mille trattamenti di bellezza a cui si sottoponeva regolarmente. Ricordavo bene di aver promesso a Marisa di prendermi cura di lei quando l’avevo adottata, così da renderle la vita che sembrava aver perso e salvarla dalle grinfie di sua madre Zaria. Grata, lei aveva accettato, e dopo averla salutata, aveva lasciato che le dessi una nuova casa, del buon cibo, qualche carezza e soprattutto tanto amore. Ora di lei avevo soltanto il cesto di fiori e frutta che mi aveva regalato, nonché il biglietto che ancora conservavo, ma almeno al momento, nulla di più. Chiudendo gli occhi per qualche istante, l’allontanai dai miei pensieri, e spostando l’attenzione sulla gatta, la vidi quasi ignorarmi. Altezzosa come al solito, si distese sul davanzale anziché entrare, del tutto disinteressata all’aria fredda che intanto aveva iniziato a spirare, gelandomi le mani e il viso. “Willow, entri o no? Dai, fa freddo!” mi lamentai, seccata e stizzita dal suo comportamento. In quanto gatta, era come nata per essere menefreghista, e nonostante sapesse essere dolce e sensibile, un aspetto che in lei apprezzavo ogni volta che la vedevo lasciarsi accarezzare facendo le fusa, ma che ora sembrava totalmente assente. “Allora, entri? Non verrai a dirmi che volevi solo che aprissi la finestra?” le chiesi, più nervosa di prima. Per tutta risposta un’occhiata veloce e disinteressata, seguita poi da un solo miagolio. “E ora che significa questo? Insomma, che vuol dire miao?” azzardai, per poi serrare le labbra, confusa e tesa al tempo stesso. Limitandosi a guardarmi, la gatta non disse altro, e la gelida aria del mattino rischiò di ferirmi il viso. “Come cosa vuol dire? Non sei tu la fata capace di parlare con gli animali?” in quell’istante, una voce proveniente da un’altra stanza, e avrei dovuto aspettarmelo, dalla camera degli ospiti. “Sky, per favore, non è proprio il momento.” Replicai, sicura che non potesse trattarsi di nessun altro se non proprio di lei. “Cielo, siamo suscettibili, oggi, vero, piantina?” sarcastica e pungente come al solito, la sua unica risposta, che massaggiandomi le tempie, già dolenti a causa di un principio di mal di testa, mi sforzai di ignorare. Già stremata, gettai completamente la spugna, e decisa a mettere fine a quella farsa, presi in braccio la gatta. Colta alla sprovvista, si lamentò, tentando anche di scalciare per liberarsi, ma più testarda di lei, non osai demordere. A lavoro finito, la rimisi a terra, e comportandosi come se nulla fosse accaduto, lei si sistemò sul pavimento, comoda e tranquilla. Sfinita dal nostro battibecco e dalle sue resistenze unite all’ormai solito sarcasmo di mia sorella, tornai subito a letto, poi richiusi gli occhi, nella speranza che un buon sonno ristoratore potesse aiutarmi e schiarirmi le idee. Ora la camera era gelata, sulla pelle non avvertivo altro che una strana sensazione di freddo, e più che lieta di vedere nero, espirai. Di lì a poco, un quieto e perfetto silenzio mi accolse, permeando la stanza come la nebbia che di questi tempi scorgevo spesso all’orizzonte. Scoprendomi libera delle coperte, me le tirai fin quasi sopra al mento, e poi, finalmente, fui più tranquilla. Andando alla ricerca di una posizione comoda, mi girai e rigirai più volte, e proprio allora, vidi Christopher. Calmo e silenzioso, mi sorrideva appena, e poco prima di avvicinarsi, si richiuse la porta alle spalle. Piano, così che non cigolasse producendo l’unico rumore che in quel momento non avevo alcuna voglia di sentire. Ricambiando il suo sorriso, lo invitai a sdraiarsi con me sfiorando la parte del letto che di solito occupava, e annuendo, lui non si fece attendere. Fu questione d’istanti, e al sicuro fra le sue braccia, mi rilassai completamente. “Il mattino ha l’oro in bocca, vedo.” Scherzò, attraversando cautamente il metaforico campo minato delle mie emozioni fuori posto. “Già, oro falso.” Risposi, stando al suo gioco e stringendomi a lui fin quasi a far male ad entrambi, per poi acquietarmi e posare la testa sul suo petto e ascoltare il battito del suo cuore. Paziente, lui mi lasciò fare, e scostandosi solo per stare più comodo, mi accarezzò piano la schiena e i capelli. “Proprio non ti va di alzarti?” chiese, premuroso come al solito. Mantenendo il silenzio, mi limitai a un semplice cenno di diniego, poi lo baciai, sfiorandogli piano la guancia con le labbra. Innamorato, lui non osò opporsi, e così com’era iniziato, quel contatto ebbe fine. “No, e tu?” chiesi poco dopo, parlando a bassa voce non appena mi staccai. “Io sono in piedi da un bel pezzo, tesoro. Chi credi che abbia strigliato Sky al tuo posto?” sincera ma piena d’umorismo, una replica che mi fece ridere di gusto, e che ignorando un’altra fitta alle tempie, ascoltai senza interrompere. “Davvero? E che le hai detto, sentiamo.” Azzardai poi, curiosa. Ovvio era che si trattasse soltanto di Sky, mia sorella e non certo una nemica, di quelli non volevo certo sentir parlare di primo mattino, ma nonostante tutto, sapere che facesse le mie veci o prendesse le mie difese mi riempiva il cuore di gioia e d’orgoglio. Ancora una volta avevo la conferma di ciò che già sapevo e pensavo, secondo la quale avrebbe fatto di tutto pur di vedermi sorridere e rendermi felice. Così, ora restavo docilmente stretta a lui aspettando di ascoltare quella storia, come una bambina con un libro di favole. “Semplice, cara. Che eri stanca e preferivi riposare, e che parlerete quando anche lei si sarà calmata.” Disse soltanto, per poi scivolare nel silenzio in attesa di una risposta. Confusa, risi ancora, poi realizzai. “Aspetta, che vuoi dire con quello?” non potei evitare di chiedere, fingendo rabbia e risentimento realmente non provati. “Ancora più semplice. Tu sei nervosa perché è mattina presto, lei... avrà i suoi motivi.” Divertito dalla mia reazione, lui non perse tempo nel rispondermi e illuminandomi ancora, mi picchiettò il naso con un dito con fare giocoso. Alzando gli occhi al cielo, non osai replicare, ma poi, nello spazio di un momento, capii ogni cosa. “Un momento, Chris, hai detto...” balbettai, quasi senza fiato né parole. Colto alla sprovvista, lui si scostò da me, e annuendo, mi lasciò lo spazio che credeva meritassi in quel momento. “Kia, ti senti bene?” in un attimo, le sue parole mi giunsero ovattate, e non riuscendo a vedere nulla, mi sforzai per respirare. Un improvviso dolore al petto mi costrinse fra le coperte, e per lunghi, anzi, interminabili secondi, non udii altro che una voce nella mia testa. “Salvarla... vuoi salvarla, e con lei loro, ma non ci riuscirai...” diceva, allungando appositamente quelle ultime parole. Spaventata e con il cuore in gola, mi drizzai a sedere, e reagendo alle mie emozioni, il mio ciondolo prese a brillare come al solito di luce propria. “Kaleia!” Gridò il mio amato, la voce corrotta da un misto di apprensione e spavento. Seppur con le aride movenze di un automa, riuscii a malapena ad annuire, e sconvolta da un ennesimo capogiro, mi presi per qualche attimo la testa fra le mani. “No, no, vattene! Non sei vera, vattene via!” cantilenai, già esausta. Paralizzato dal terrore, Christopher quasi non si mosse, ma poi, animato da una forza che osservai ma alla quale quasi non credetti, mi strinse forte prima un polso, poi entrambi. Me ne stavo lì, quasi immobile e sconvolta da una sorta di visione, in realtà solo l’eco di quella dannata voce e della tetra, spaventosa frase che stavolta aveva portato con sé. Con uno sforzo che mi parve immane, sbattei più volte le palpebre, e finalmente, tornai ad essere me stessa. “Santo cielo, cos’è stato?” provai a chiedere, confusa e senza forze. “Stavi avendo uno di quei soliti episodi. Dimmi, hai sentito qualcosa, stavolta?” legittima eppure enigmatica, una domanda che ascoltai in silenzio, e alla quale, seppur fuori di me per lo sforzo, non esitai a rispondere. “Sì, ed erano quelle dannate voci. Ce n’era solo una, però, ne sono sicura.” Gli dissi, volendo soltanto liberarmi del nuovo peso che mi opprimeva. “A questo punto è più grave di quanto credessimo. Sono sempre qui che ci ascoltano, te ne rendi conto?” commentò lui in risposta, nella voce un’ormai solita ed evidente vena di preoccupazione. “Certo, ed è questo a spaventarmi. Parlano di me, e di come non riuscirò ad aiutare chi mi sta accanto.” Spiegai, sentendo la voce tremare e minacciare di spezzarsi come un fuscello. “Come se non bastasse ho mille pensieri, e ogni volta che accade qualcosa di bello, ogni volta, loro sono qui a rovinare tutto. Non potevano ignorarmi come prima?” spiegai, con il corpo scosso da tremiti sempre più evidenti. Senza volerlo, finii per piagnucolare e farmi pena, ma facendomi forza, mi concentrai sul presente. Non c’era tempo di badare a certe cose. Non volevo crederci, ma quelle voci avevano occhi e orecchie ovunque, e nonostante parte di me fosse convinta della loro identità di spiriti incorporei, la paura aveva già iniziato a giocarmi brutti scherzi, e ora eccomi lì. A letto, alla ricerca di riposo e conforto, ma al contrario intrappolata nella tela di uno o forse perfino più mostri, tutti pronti ad attaccarmi e straziare le mie carni come avevano fatto in passato, in uno che mi inseguiva e dal quale ora non volevo che fuggire. Terrorizzata, lottai per alzarmi, e per qualche istante, mi guardai allo specchio. Fermo e immobile, Christopher non provò a fermarmi, salvo avvicinarsi solo quando alcune lacrime mi pizzicarono gli occhi, facendoli bruciare. Che stava succedendo? Cosa volevano quegli spiriti da me? Era ormai passato circa un anno, forse anche di più, e nonostante gli sforzi, ancora non capivo. Che sarebbe successo da ora in poi? Si sarebbero concentrate solo su di me o sarebbero presto passati anche ai miei cari e a coloro che amavo? Mi stavano forse punendo per quelli che credevano crimini? I loro messaggi al riguardo erano chiari e criptici al tempo stesso, e frustrata, mi liberai dalla stretta di Christopher e lasciai la stanza. Tutt’altro che felice all’idea di essere disturbata, Willow soffiò e mostrò gli artigli, e guardandola con gli occhi colmi di un misto di dolore e disprezzo, non indifferenti, strinsi la mano a pugno, poi la ignorai. I suoi capricci da diva non m’importavano affatto al momento, e asciugandomi le lacrime, andai dritta verso la camera degli ospiti. Forse scusarmi con lei per quel finto diverbio sarebbe stato il primo passo verso il silenzio di quei maledetti spiriti, non ne ero sicura, ma se davvero mi osservavano, valeva la pena tentare. Già decisa sul da farsi, entrai senza neanche bussare, e proprio allora, l’ultima cosa che avrei voluto vedere. Il suo corpo sul letto ancora sfatto, le coperte fuori posto, e al suo fianco, ancora aperto, un diario che avevo già visto. Sulla pagina che mi ritrovai davanti, un messaggio, stranamente scritto con una calligrafia diversa dalla sua. “Hai bisogno di tempo per capire cosa ti sta succedendo e dove la tua lealtà arriva e si ferma. Ti lascio lo spazio che mi chiedi, e fino ad allora, considerati priva di un protettore. Sincero ma professionale, e freddo come spesso mi descrivi, M.” Breve e conciso, un documento che lessi con delle fresche lacrime agli occhi, per poi strapparlo dal diario a cui apparteneva e conservarlo, così che Sky, già addormentata e apparentemente incosciente, non dovesse vederlo ancora. Preoccupata, le afferrai un polso e cercai il suo battito, sospirando di sollievo quando scoprii che c’era. Era debole, ma c’era. Nervosa come non mai, mi morsi e torturai un labbro lasciandovi i segni dei denti, e agendo in fretta, quasi senza pensare, sussurrai più volte uno stesso incantesimo. La mia magia era prevalentemente curativa, lo ricordavo bene, ma debole com’ero, non sapevo se avrebbe funzionato. Sempre più ansiosa con ogni minuto che passava, continuai a provare e a rigarmi il viso di lacrime, finché, dopo innumerevoli tentativi, la vidi muoversi e provare a respirare. Ringraziando il cielo e qualcuno più in alto di me, inclusa la Dea, tirai un sospiro di sollievo. “Sky! Chiamai, sopraffatta dall’emozione. “Kia...” sussurrò lei, frastornata e confusa. “No, non parlare. Risparmia le forze, ti prego.” Le risposi, la voce irrimediabilmente spezzata. Sforzandosi, lei annuì lievemente, e preso un ampio respiro, provò ancora. M-Mage ha... ha deciso di...” ancora una volta, parole sibilate a mezza voce, messe insieme in una frase che non conobbe mai una vera fine. Disperata, scoppiai in un pianto silenzioso, sdraiandomi lì con lei e tenendole la mano per mantenere viva quella magia. Di lì a poco, tutto fu quieto, ma il suo cuore riprese a battere, e in un mattino che lentamente diventava un pomeriggio denso d’eventi, tutte e due brancolavamo nel buio, incapaci di comprendere quale fosse il maggiore di due mali. 




Una buonasera a tutti voi lettori. Finalmente, dopo tanta attesa, riesco a tornare a questa storia e pubblicare questo capitolo, in cui le cose sembrano volgere al peggio per le nostre due sorelle fate. Ognuna ha i propri problemi, e demoni, o meglio, spiriti da affrontare, ma cosa succederà ora? Staremo a vedere. Il tempo conosce già la risposta, e voi dovrete attendere per scoprirla, e anche se non vi assicuro la solita puntualità nello scrivere, sappiate che farò del mio meglio. Al prossimo capitolo, e fino ad allora grazie a tutti di tanto supporto,


Emmastory :)
   
 
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