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Autore: Signorina Granger    07/10/2020    9 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
In un mondo dove il Ministro della Magia detiene un potere quasi assoluto e la sua carica è ereditaria, i Cavendish e i Saint-Clair, La Rosa Bianca e La Rosa Rossa, rappresentano le famiglie più potenti della società magica e per questo sono in competizione e conflitto quasi perenne. La faida durata secoli raggiunge uno stallo solo quando, nel 1865, George Cavendish, futuro Ministro, sposa una Saint-Clair, ma i conflitti si riaccendono pochi decenni dopo, quando nel 1900 egli disereda il suo unico figlio per motivi sconosciuti e nomina suo erede Rodulphus Saint-Clair, scatenando le ire della famiglia.
Dieci anni dopo Rodulphus viene rinvenuto morto per un apparente - ma inscenato - suicidio. La sua famiglia punta il dito contro i Cavendish: la guerra delle due rose è aperta.
Genere: Introspettivo, Noir, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Capitolo 4

 
 “Quando sarò grande voglio farò il tuo lavoro, zio!”
“Quindi vuoi fare il Ministro della Magia? Ma davvero?”
“Sì.”
 
Clara, i lunghi capelli castani tendenti al riccio raccolti in un delicato chignon sulla nuca e gli occhi scuri pieni di determinazione, annuì mentre si dondolava sulla sedia dello zio materno, che le sorrise e incrociò le braccia al petto standosene appoggiato alla robusta e antica scrivania di quercia che veniva utilizzata dal Ministro in carica da più di cinquant’anni.
 
“Tesoro, sai che dovrebbe diventarlo Riocard, vero? Anche se non metto in dubbio che saresti bravissima.”
“Mamma dice che non è giusto che solo i maschi possano fare i Ministri! Dice che le più grandi regine che l’Inghilterra abbia avuto sono state due donne, e che quindi anche una strega potrebbe fare la Ministra!”
“Ah davvero, la mamma dice così? Clara, sai perché la mamma pensa queste cose?”
Rodulphus si chinò leggermente verso la nipote, che scosse vigorosamente il capo senza smettere di ricambiare lo sguardo dello zio, che distese le labbra in un sorriso prima di darle un colpetto sul naso con un dito:
“Perché la tua mamma è come te, ossia molto intelligente.”
“Allora farai fare la Ministra a me, zio Rod?”
“Temo di non potertelo promettere, Clara. Ma sono sicuro che Ric, se diventerà Ministro, vorrà sempre averti al suo fianco. Vieni, è ora di andare.”
Rodulphus sorrise alla nipote, che sbuffò mentre si lasciava scivolare giù dalla sedia.
“L’anno prossimo andrò ad Hogwarts, non vedo l’ora! Ambrose, Thomas e Ric sanno fare un sacco di cose. Perché non sono potuta andare con Cassy e Lizzy quest’anno?”
“Perché non avevi ancora 11 anni, Clara. E poi cosa volevi fare, lasciare Cherry da sola prima del tempo e privarmi della mia piccola assistente?”
Clara assunse un’espressione pensierosa, quasi stesse sinceramente riflettendo sulla domanda dello zio, che roteò gli occhi mentre le metteva una mano sulla spalla, conducendola versi gli ascensori mentre maghi indaffarati sfrecciavano accanto a loro salutandolo fugacemente:
 
“Devo ricordarti che quando vieni il tuo adorato zio ti fa fare merenda con tutto quello che vuoi?”
Un sorriso furbo attraversò il viso della bambina, che ridacchiò prima di scorgere la madre avanzare verso di loro, sorridendole allegra:
“Ciao mamma!”
“Ciao tesoro.. hai disturbato abbastanza lo zio, oggi? E tu, smettila di darle tutte quelle caramelle, si rovinerà i denti!”
Clara lanciò un’occhiata preoccupata alla sua borsetta – l’ultimo regalo fattole dalla madre a Natale – e si affrettò a nascondere il gran numero di Cioccorane che ci aveva infilato dentro mentre Amethyst assestava un colpetto sulla spalla del fratello.
La ragazzina si voltò verso l’Auror vestito di nero che seguiva suo zio ovunque andasse e si chiese se per caso non avrebbe Schiantato sua madre, ma il mago non si mosse di un millimetro e restò impettito nel suo completo scuro con tanto di cappello in testa.
 
“E’ una bambina Amiee, devo ricordarti quante ne mangiavamo noi, da piccoli?”
“MAMMA, ma a noi dici sempre che la nonna non ti permetteva di mangiarle!”
Clara sgranò gli occhi castani e puntò un dito accusatorio contro la donna, che le ricordò quanto additare la gente in pubblico fosse sgarbato mentre Rod, ridacchiando, si chinava per dire qualcosa a bassa voce alla nipote sotto agli occhi scocciati della sorella minore:
“E infatti era così, ce le dava zia Gwen. Gli zii sono fantastici, non trovi Clara?”
“Sì zio. Ti viglio bene.”
Clara lo abbracciò per salutarlo e Rodulphus sorrise, asserendo che anche lui voleva bene alla sua futura assistente personale.
 
 
“Clara? Mi stai ascoltando?”
Clara, seduta su uno dei rossi divani foderati del salotto, sollevò di scatto la testa verso sua cugina Elizabeth prima di sforzarsi di sorridere, annuendo:
“Scusa Lizzy, mi sono distratta per un momento. Comunque grazie, ma oggi non credo di venire… Voi andate, però.”
“D’accordo… va tutto bene?”    Elizabeth inclinò leggermente la testa e rivolse un’occhiata dubbiosa alla cugina, che annuì senza smettere di sorridere:
“Certo, ero solo sovrappensiero… Salutami Ric, comunque.”
“Certo, e tu i tuoi fratelli.. Ambrose è al lavoro, ma Cassy e Cherry dove sono?”
“Sono uscite con la mamma, le hai mancate di poco.”
Clara si strinse debolmente nelle spalle e la cugina annuì, stringendosi il colletto del suo mantello – privo di maniche, ma dotato di due larghe fessure che le permettevano di muovere liberamente le braccia – prima di salutarla con un sorriso:
“Allora a presto, cugina… Non mangiarti tutte le Cioccorane!”
 
Elizabeth-Rose accennò con un sorriso divertito alle numerose confezioni dei noti dolcetti disseminati sul tavolino posto davanti a dov’era seduta Clara, che annuì con un debole cenno prima di abbassare lo sguardo su ciò che stringeva tra le mani: la figurina che aveva appena trovato.
Da piccoli lei, i suoi fratelli e i suoi cugini le collezionavano, barattandole tra loro per cercare di averne il più possibile. Quel giorno Clara ne aveva trovata una che non le capitava tra le mani da più di due anni.
 
Rodulphus Saint-Clair, Ministro della Magia
 
L’immagine dello zio le rivolse un sorriso, causandole un fastidioso nodo alla gola che non sarebbe riuscita a scacciare facilmente.
 
*
 
Gwendoline stava giocando a carte contro Egan e Neit – continuando a sottolineare come li avrebbe entrambi prosciugati dei loro averi se avessero fatto una partita mettendo del denaro in palio – mentre Clio, rannicchiata nell’angolo che in assoluto preferiva della casa nel Derbyshire della nonna, ossia la finestra per leggere adornata da morbidi cuscini bianchi e grigi a fiori, si dedicava alla scrittura.
 
La strega stava gettando una rapida occhiata fuori dalla finestra, in cerca di ispirazione per continuare, quando scorse qualcosa che la stupì non poco: due persone, entrambe a cavallo, si stavano avvicinando proprio all’antica casa di sua nonna, un grande cottage situato nel Derbyshire circondato da alberi, fiori e piante a cui Gwendoline era particolarmente affezionata e dove si “rifugiava” di frequente.
 La casa era sprovvista di una recinzione a delimitare i confini della proprietà, e malgrado suo padre ripetesse spesso a sua nonna che in quel modo chiunque poteva avvicinarsi alla casa e che quindi non fosse sicuro, Gwendoline si ostinava a lasciare tutto così com’era.
Scorgendo i volti dei due cavallerizzi, un debole sorriso amaro increspò e labbra di Clio: chissà, forse erano proprio quel genere di visite ad infastidire suo padre.
 
 
“Mi dispiace che Tommy non sia venuto con noi… Come sta?”
“Dispiace anche a lui, ma doveva lavorare… lo conosci, gli animali prima di tutto!”
“Che ti succede, comunque, cara Lizzy? Ti vedo un po’ lenta oggi.”
 
Un sorrisetto beffardo fece capolino sul bel volto di Riocard mentre, in sella alla sua cavalla dal manto nero, procedeva al passo in sincro con la cugina, disegnando una circonferenza in modo da parlarsi guardandosi in faccia e da far cadere sul prato un po’ di terra rimasta intrappolata negli zoccoli dei due cavalli.
Elizabeth per tutta risposta sorrise amabile, accennando col frustino al suo abbigliamento e poi al cugino:
 
“Ne riparleremo al prossima volta, Ric, quando anche tu cavalcherai all’amazzone e con un vestito del genere.”
“In effetti non capisco perché non cavalchi normalmente anche se porti la gonna, chi vuoi che ci veda qui? Ma, certo, ovviamente sei troppo elegante per farlo…”
“Di solito mi metto i pantaloni, ma non volevo presentarmi in disordine a casa della zia, anche lei ci tiene a queste cose.”
Elizabeth-Rose sbuffò e si spolverò distrattamente la gonna blu con minuscoli fiori bianchi ricamati mentre Riocard, dando delle leggere pacche sul collo nero e lucido della sua cavalla, sorrideva all’animale con affetto.
 
 
Egan stava protestando, accusando la nonna paterna di barare contando le carte mentre Clio, assorta, studiava Riocard e sua cugina scendere da cavallo.
 
“Egan, come ti permetti di insinuare che tua nonna bari a carte? Non ti ho insegnato ad essere irrispettoso!”
“Nonna, non prendi in giro nessuno, ti ha vista anche Neit. Diglielo, Neit!”
 
Clio Guardò Elizabeth-Rose Saint-Clair scivolare con grazia e disinvoltura dal garrese del suo magnifico cavallo baio, sicuramente un esemplare di razza pura, e rassettarsi distrattamente il mantello grigio-blu.
Sia lei che il cugino montavano come se non avessero fatto altro dalla nascita, sfoggiando un invidiabile galoppo seduto con testa alta e schiena perfettamente dritta, che disegnava con il garrese del cavallo un perfetto angolo retto.
Clio non potè fare a meno di osservare come i lunghi capelli castano chiaro della strega fossero ancora perfettamente in ordine e acconciati, e si chiese come facesse ad essere così composta ed elegante anche appena scesa da cavallo.
Riocard, le redini della sua cavalla nera in mano, si avvicinò alla cugina e le disse qualcosa che fece ridere la ragazza mentre consegnavano le redini dei cavalli ad un elfo per farli sistemare nella stalla. Riocard indossava pantaloni beige, stivali alti di cuoio e una giacca marrone scuro, e nel guardare i due Clio pensò a sua cugina Caroline e a come anche lei fosse sempre – apparentemente, almeno – a proprio agio, rilassata, in ordine e aggraziata.
Probabilmente, si ritrovò a pensare con amarezza, era quello il genere di figlia che tutti si aspettavano che lei fosse. Probabilmente era quello che la gente si sarebbe aspettata dalla figlia di una donna posata e magnifica, sempre a modo, come Estelle Cavendish.
 
 
“Clio, che cosa guardi?”
La voce di suo fratello la riportò improvvisamente al presente, e la bionda si rese conto di aver guardato fuori dalla finestra per parecchi minuti mentre si voltava di scatto verso i parenti, abbozzando un debole sorriso mentre Egan la guardava con un sopracciglio inarcato.
“Ecco… Nonna, credo che tu abbia visite.”
“Davvero? Che genere di visite?”
Gwendoline sorrise mentre mischiava le carta con la magia, apparentemente allegra all’idea di aver ricevuto altri ospiti. O almeno lo era finchè un Elfo Domestico non si Materializzò nella stanza per annunciare il Signor Riocard e la Signorina Elizabeth desideravano vederla.
 
“E’ uno scherzo? Che ci fa qui adesso? Da non credere…”
 
Egan si alzò in piedi e si diresse verso la porta della stanza a passo di marcia, le braccia rigide lungo i fianchi e le mani strette a pugno mentre Gwendoline si alzava con un sospiro, seguendolo.
“Pensi che dovremmo… andare anche noi?”
Clio rivolse un’occhiata dubbiosa al gemello, che alzò gli occhi al cielo mentre si alzava in piedi, rivolgendole un cenno:
“Forse è meglio, anche se non impazzisco dall’entusiasmo per questa visita. Vieni Clio.”
 
La ragazza esitò, ma lasciò il suo rotolo di pergamena e la penna sul divanetto creato a ridosso della finestra a bovindo e si alzò per seguire il fratello fuori dalla stanza, sperando vivamente che Egan e Riocard non finissero con lo sfidarsi a duello nel giardino di sua nonna.
 
*
 
“Si può sapere che ci fai qui? Sei venuto a chiedere a mia nonna di darti anche questa casa?”
 
Egan scese i pochi gradini del patio senza staccare gli occhi azzurri dalla figura di Riocard, ancora in piedi davanti alla casa insieme ad Elizabeth in attesa di essere fatti entrare.
Nemmeno il figlio di Rodulphus parve felice di vedere l’ex compagno di Casa, accennando una smorfia appena percettibile con le labbra mentre roteava agli occhi:
 
“Santo Godric, ci mancava questa adesso… No Cavendish, sono venuto qui per il tuo stesso motivo, immagino, ossia salutare Gwendoline, visto che l’unica cosa che tutti noi abbiamo in comune è che le vogliamo bene.”
Nessuno vi ha invitati.”
Gli occhi azzurri di Egan si ridussero a due fessure mentre scrutava il coetaneo, parlando a denti stretti mentre Clio, raggiungendolo a pochi metri dai due Saint-Clair, gli appoggiava una mano sulla spalla:
 
“Egan, non c’è niente di male…”
“Ti prego, probabilmente sapeva che eravamo qui ed è venuto per mettersi in mostra.”
Clio si voltò verso Neit, in cerca di supporto, ma il gemello non aprì bocca e si limitò ad osservare i due cugini a braccia conserte, forse, almeno in parte, d’accordo con il fratello minore.
 
Riocard stava per dire qualcos’latro, facendo un passo avanti, ma Elizabeth allungò una mano e lo prese per un braccio, interrompendolo senza smettere di scrutare con irritazione la figura di Egan:
 
“Mio cugino non ha intenzione di mettersi in mostra, e comunque non ne avrebbe bisogno. Siamo passati per salutare nostra zia e vedere come sta, visto che ha appena subito un lutto, e non ce ne andremo finchè non sarà la padrona di casa ad invitarci a farlo. Non certo per i tuoi capricci.”
“Non ti permettere…”
Egan strabuzzò gli occhi, sconcertato, ma venne interrotto dalla nonna, che raggiunse il nipote e gli mise con delicatezza una mano sul braccio destro – quasi temesse che potesse andare a finire nella tasca interna della giacca per prendere la bacchetta – e parlò con tono risoluto, senza sorridere come suo solito:
“Egan. Ci penso io. I miei nipoti sono sempre i benvenuti qui. TUTTI i miei nipoti. Ma di sicuro Elizabeth e Riocard converranno che questo non è il momento migliore. Sarò felice di vedervi domani, cari.”
 
L’anziana strega si rivolse a Riocard ed Elizabeth con uno sguardo eloquente, e Elizabeth mormorò che sarebbero tornati il giorno successivo senza smettere di tenere la mano sul braccio del cugino, che invece scrutava Egan di rimando.
“Ric… andiamo.”

Riocard sembrò esitare, ma alla fine diede ascolto alla cugina, dirigendosi insieme a lei verso la stalla per riprendere i cavalli dopo aver lanciato un'ultima occhiata in direzione dei Cavendish. 

“Non capisco perché tutti siate… fissati con quel tipo. E’ insopportabile.”
Egan si divincolò dalla presa della nonna, furente, e la strega scosse il capo con un debole cenno, sospirando:
“Egan, sai che non faccio preferenze tra voi e loro. Siete tutti miei nipoti.”
“Parlo anche del nonno. Passava tutto quel tempo con LUI, invece che con NOI. NOI eravamo i sui nipoti, NOI eravamo i suoi eredi, o almeno avremmo dovuto esserlo. NOI abbiamo il suo sangue nelle vene, non Riocard Saint-Clair.”
 
Il ragazzo si voltò, si infilò le mani nelle tasche e si incamminò a passo di marcia verso il bosco che costeggiava la casa della nonna, chiamando con un fischio la sua lupa dal lungo pelo color ebano, Herbst, che immediatamente comparve accanto al padrone seguendolo fedelmente trotterellandogli accanto.
Gwendoline sospirò e asserì che andava a far preparare il thè prima di tornare dentro casa mentre Clio, dubbiosa, si voltava verso il gemello:
 
“Ci parli tu?”
“No Clio, forse è meglio che lo faccia tu. Non ha tutti i torti, comunque. Il nonno adorava quel ragazzo. E credo che la cosa infastidisse molto anche nostro padre. Non è facile sapere che tuo padre prima ha preferito un Saint-Clair a te, e poi fa lo stesso anche con i suoi nipoti.”
“Il nonno ci voleva bene, Neit.”
Neit sorrise alla sorella e annuì, sollevando una mano per appoggiargliela sulla spalla mentre la guardava con affetto:
“Lo so Clio, certo che ci voleva bene. Ma non era la stessa cosa. Passava tanto tempo con lui, lo riceveva per ore nel suo studio, parlavano, parlavano e parlavano… Non ha mai fatto questo per me o Egan, e lo sai anche tu. Lo sa anche la nonna. E a volte fa un po’ male.”
Neit lanciò un’ultima occhiata in direzione del punto in cui il fratello era sparito dietro agli alberi prima di voltarsi e tornare a sua volta dentro casa.
Clio, invece, si volse verso la prateria, dove probabilmente Riocard ed Elizabeth-Rose stavano ancora cavalcando per tornare nelle rispettive dimore, prima di seguire il gemello, chiedendosi, in cuor suo, quale fosse la vera radice di tutti quelle diatribe.
 
*
 
“Oh no, ancora Ezra Cavendish, l’ho incontrato anche quando ho portato Ophelia e Klaus da Thomas…”
“Perché non ce l’hai detto, scusa? Se ti ha importunata come a scuola, dimmelo e lo affatturo!”
Cassiopea stava per prendere seriamente la bacchetta, ma Colleen, seduta accanto a lei ad un tavolo della storica gelateria Fortebraccio, la pregò con un sussurro di non fare pazzie: il suddetto Ezra, che stava facendo delle commissioni sotto minaccia della madre, che lo aveva spedito a Diagon Alley per ritirare degli acquisti, scelse esattamente quel momento per voltarsi verso le due, forse sentendosi osservato.
 
Una smorfia perfettamente visibile comparve sul bel volto del giovane mago, e Colleen arrossì, desiderando come non mai di sparire – avrebbe anche potuto Smaterializzarsi, in effetti, ma non ne aveva il coraggio – mentre Cassiopea, invece, rivolgeva un’occhiataccia all’ex compagno di Casa:
“Qualche problema, per caso?”
“Stavo per chiedere la stessa cosa. Parlavate di me, per caso?”
“Forse saperlo ti sconcerterà, Cavendish, ma non sei il centro dell’universo, anche se ad Hogwarts ti comportavi come se la Torre di Corvonero ti appartenesse.”
“Oh no, so benissimo che non mi apparteneva, mi domandavo solo come fosse possibile che certa gente ci abitasse.”
 
Un sorriso amabile increspò le labbra di Ezra mentre Cassiopea, punta sul vivo, riduceva gli occhi azzurri a due fessure: probabilmente si sarebbe alzata e l’avrebbe affatturato sul serio, se non si fossero trovati a Diagon Alley, con sua madre infondo alla strada e una discreta folla a fare da spettatrice.
“Sei per caso stato adottato, Cavendish? Mi domando come sia possibile che tu e tua sorella abbiate gli stessi geni, lei sembra una persona a modo e modesta.”
“Considerando che tu a tua sorella non sembrate somigliarvi affatto, potrei dire lo stesso. Come fa un simile agnellino ad essere tua parente, di preciso?”
 
“Cavendish, gira al largo da mia sorella. L’ultima volta in cui ti sei permesso di prenderla in giro mio fratello ti ha rotto il naso e sfidato a duello. Sarei ben felice di imitarlo, solo che questa volta il duello avrebbe luogo visto che non siamo a scuola, stanne certo.”
 
Colleen sospirò e ripensò con una stretta allo stomaco ad un pomeriggio di novembre del suo primo anno ad Hogwarts.
Erano passati dieci lunghi anni, eppure ricordava ancora molto chiaramente quando Ezra Cavendish, passandole accanto insieme a suo cugino, l’aveva urtata facendole cadere tutto ciò che reggeva tra le braccia. Non aveva mai saputo se l’avesse fatto apposta o meno, quello che sapeva per certo era che il ragazzo, che allora frequentava il quinto anno e le sembrava terribilmente più grande, era scoppiato a ridere asserendo che una ragazzina imbranata come lei fosse una perfetta Tassorosso.
 
Ambrose, che la stava aiutando a raccogliere le sue cose, gli era letteralmente saltato addosso.
Gli insegnanti li stavano dividendo urlando punizioni e sottraendo decine di punti a Corvonero e Serpeverde quando Colleen si era vista restituire un libro di Pozioni da una sorridente ragazza bionda che indossava la sua stessa divisa, solo molto più grande di lei:
“Sai, anche a me danno sempre dell’imbranata… Ma non fa niente. Tutti siamo un po’ imbranati in qualcosa. Persino i Corvonero, tra cui il mio adorabile cugino. Ignorali, quando ti parlano in quel modo.”
Clio Cavendish le aveva strizzato l’occhio e si era allontanata mentre Ezra veniva trascinato lontano da Ambrose da Neit, sbraitando insulti contro di lui e contro la sua famiglia.
 
 “Non duellerei contro una donna, sono pur sempre un gentiluomo. Ma puoi dire a tuo fratello che non mi tirerei indietro davanti ad un’altra sfida, proprio come non l’ho fatto ad Hogwarts. Buona giornata, signorine.”
 
Ezra si congedò con un sorrisetto beffardo, sparendo tra la folla mentre Colleen, aggrottando la fronte, mormorava di non riuscire proprio a capire quel ragazzo.
“Non c’è niente da capire Cherry, ci detesta e basta… Lascialo perdere e mangia il gelato, o te lo finirò io.”
 
*
 
“Ciao zia Estelle.”
Estelle abbassò lo sguardo e sorrise alla bambina bionda e dai grandi occhi azzurri adornati da lunghe ciglia scure che aveva davanti, guardandola con affetto:
“Ciao tesoro. Hai bisogno di qualcosa?”
“La mamma non vuole che esca a giocare con Ezra, Egan e Clio… Posso andare da Neit? Ho portato questo e voglio farglielo vedere!”
Caroline sollevò, tutta fiera, un’edizione illustrata nuova di zecca di “Le Fiabe di Beda il Bardo” e la zia sorrise, annuendo mentre le accarezzava una ciocca di capelli color grano con affetto:
“Ma certo, vai pure, sarà felice di vederti.”
 
Caroline sorrise e salì le scale in fretta per trotterellare fino alla camera del cugino, bussando prima di aprire la porta con aria allegra:
“Neit, sei sveglio? Posso entrare?”
Neit era a letto, seduto sul materasso appoggiandosi ai cuscini. Le tre finestre della stanza erano chiuse, temendo che l’aria fredda potesse aggravare le condizioni del bambino, che rivolse un’occhiata cupa alla bambina:
“Se stessi dormendo non potrei risponderti.”
“Non essere scorbutico, sono venuta a salutarti! Guarda, la mamma mi ha regalato questo ieri, volevo fartelo vedere.”
“Cosa vuol dire scorbutico?”
“L’ho imparato da poco, la mamma lo dice sempre a mio padre. Così prima ho chiesto a zio Edward cosa vuol dire, lui ha riso e ha detto che si addice benissimo a mio padre e che vuol dire “musone e poco socievole”.”
“Io non sono musone!”
Neit incrociò le braccia al petto, offeso, e Caroline sorrise mentre si sistemava sul bordo del grande letto a baldacchino del cugino, mostrandogli il libro:
“Guarda che bello, ci sono i disegni! Sono bellissimi.”
“Sì, carini.”
“Allora lo porto via, se non ti piace.”
Caroline chiuse il volume e fece per scendere dal letto, offesa  e col naso per aria, ma Neit si sporse verso di lei e la prese per un braccio, affrettandosi a scuotere il capo:
“No, no, voglio vederlo.”
Caroline sorrise, soddisfatta, e iniziò a sfogliare il libro insieme al cugino, con cui condivideva la passione per la parola scritta.
 
 
Neit stava leggendo, seduto con la caviglia sinistra appoggiata sul ginocchio destro – se si fosse seduto in quel modo in pubblico sua madre lo avrebbe diseredato, probabilmente, ma almeno in assenza di ospiti il ragazzo si permetteva di stare comodo – quando, all’improvviso, la sua vista si oscurò completamente.
Un paio di mani gli si erano poggiate sul viso, celandogli la vista, e il mago increspò le labbra in un debole sorriso mentre, lasciandosi il libro sulle gambe, tastava quelle mani con le sue.
“Mi chiedo di chi potranno mai essere queste mani così lisce, dalle unghie perfettamente curate… dita sottili e discretamente lunghe, tre anelli… Ciao Carol.”
Neit sorrise mentre le mani della cugina lasciavano il suo viso per poggiarglisi sulle spalle, e la strega sorrise prima di chinarsi sullo schienale del divano e dargli un lieve bacio sulla guancia:
“Ciao Neit. Ti disturbo? Mia madre e io siamo venute a salutare zia Estelle e lei mi ha detto che eri in casa.”
“Certo che non mi disturbi, sei la mia cugina preferita.”
Neit guardò la cugina con un debole sorriso, guardandola fare il giro del divano per sedersi accanto a lui.
“Nonché l’unica che hai, visto e considerato che i tuoi genitori sono entrambi figli unici… A meno che tu non consideri i Saint-Clair, certo. Meno male, preferisco di gran lunga stare con te che sorbirmi i discorsi delle nostre madri, non fanno che spettegolare sulle donne dell’alta società o parlare del Ministero e di Theseus.”
“Ti prego, non nominarli, giusto stamani abbiamo incontrato Riocard e una delle sue cugine a casa di mia nonna. Ti lascio immaginare, oserei dire che possiamo imputarli di pessimo tempismo, oltre a tutto il resto.”
“Sono davvero l’unica, qui, che non ha niente di particolare contro di loro? Penso sempre che infondo Riocard ha perso suo padre in modo orribile, credo che vada capito.”
“Purtroppo o per fortuna, tu non penseresti mai nulla di terribile su nessuno, Caroline. Ma è per questo che tu e Clio fate bene alla nostra famiglia.”
Neit sorrise alla cugina, e Caroline ricambiò prima di abbassare lo sguardo sul libro abbandonato sulle gambe del ragazzo, abbozzando un sorriso:
 
“Ti ricordi quando venivamo a trovarvi e Egan e Ezra giocavano sempre insieme? Beh, mia madre non voleva che io uscissi a rotolarmi sul prato insieme a loro, o mi sarei sporcata il vestito e le calze, così iniziai a venire con libri da leggere.”
“E quasi sempre venivi da me per farmelo vedere e leggere insieme. Sì, mi ricordo. Eri molto dolce. Anche Clio passava molto tempo in camera con me, visto che non potevo uscire molto.”
Il mago sfoggiò un sorriso amaro e Caroline gli mise una mano sul braccio, sorridendogli gentilmente:
“L’importante è averla superata, Neit.”
“Sì, certo. Però a volte penso a come l’infanzia non venga restituita a nessuno, e io la mia, in buona parte, l’ho persa in una stanza.”
L’espressione negli occhi del cugino le parve così malinconica che Caroline parlò senza riflettere, sorridendo mentre si alzava in piedi:
“Beh, allora mi sembra chiaro ciò che dobbiamo fare. Forza, usciamo. Prendi Sommer, facciamo una passeggiata, visto che oggi non sei al Ministero. Ti offrirò anche il thè o il caffè, se ti comporterai bene. Prendi il soprabito, io vado ad avvisare le nostre madri.”
 
“Sei sicura? Non hai niente di importante da fare?”
“Neit, sono una donna ricca che ha finito di studiare e in età da marito che però non è sposata… Secondo te che cos’ho di meglio da fare?”
 
*
 
“Beh, ciao papà.”
Riocard strinse il cappello tra le mani mentre teneva gli occhi azzurri fissi sulla lapide e sulla fotografia del padre, che come sempre si muoveva: Rodulphus sorrideva e salutava, gli occhi celesti luccicanti come sempre.
Il ragazzo sospirò e si chinò per sedersi accanto alla lapide di marmo posta all’interno del grande mausoleo, la tomba di famiglia. Da bambino odiava andare laggiù con i suoi genitori: la consapevolezza che un giorno anche il suo corpo sarebbe rimasto a marcire lì dentro lo terrorizzava.
Da due anni però, ci andava spesso, praticamente ogni settimana. Andava a trovare suo padre.
 
“Continuo a chiedermi che cosa faresti tu. Sembra che è ciò che tutti si aspettano da me, ora. Fare ciò che avresti fatto tu… Dicono tutti quanto ci somigliamo, ma io non mi sento così vicino a te, papà. Forse non ne sono in grado, a differenza tua. George ci ha provato, ma ora è morto e non so che cosa fare… Non m’importa di quella casa, papà. E non capisco perché quella gente mi odia solo perché ho il tuo cognome e sono tuo figlio.”
“Lo zio pensa che io sia pronto per prendere il tuo posto, e so che ti fidavi di lui come di nessuno, quindi lo farò anche io. So che questo vorrà dire avere molti nemici, e so che Edward Cavendish mi odierà come non mai… non so perché odiasse te in quel modo, non me l’hai mai voluto spiegare, e ora non ci sei più. Scoprirò se è stato lui, papà, e se è così se ne pentirà. Te lo prometto.”
 
*
 
“Mamma, perché non ti fai fare un vestito nuovo anche tu? AHI!”
“Scusi Signorina Bouchard, ecco, diciamo che dovrebbe… stare ferma.”
Cassiopea sbuffò, mormorando che era più semplice a dirsi che a farsi mentre, in piedi su uno sgabello nella più costosa sartoria di Diagon Alley, si faceva sistemare l’orlo di un abito blu notte.
 
“Lascio il divertimento a voi ragazze per oggi, del resto io ormai sono vecchia, nessuno nota dei bei vestiti addosso a me.”
Amethyst, seduta su una poltroncina foderata di velluto, sorrise mentre guardava la figlia maggiore, che roteò gli occhi chiari mentre Colleen, seduta accanto alla madre e impegnata a scegliere tra diverse stoffe, si voltava verso la donna con sincero stupore:
“Ma che dici mamma, sei sempre bellissima, tale e quale alle foto del matrimonio con papà.”
“Sei gentile tesoro, ti ringrazio. Queste sono esattamente le bugie che tutti vogliono sentirsi dire.”
“Sono sincera, e sono sicura che papà direbbe la medesima cosa, se glielo chiedessimo. Anche zia Gwendoline dice che sei sempre uguale, ho sentito zia Alexis chiedere a zio Theseus se per caso non bevi qualche pozione ringiovanente.”
“No, ma pagherò a peso d’oro chiunque la inventerà. Hai scelto la tua stoffa, tesoro?”
Amethyst sorrise alla figlia più piccola, che abbassò lo sguardo sui tessuti, profondamente indecisa come sempre quando si trattava di moda, prima che Cassiopea intervenisse in suo aiuto con un sorriso:
“Prendi quella rosso ciliegia, si addice al tuo soprannome!”
“Dici? Pensi che starebbe bene con il mio colore di capelli? Beh, tu e Lizzy di sicuro ne capite più di me, quindi mi fido sempre del vostro giudizio. Ok, mi farò fare un vestito con questa.”
 
Colleen sorrise e Cassiopea ricambiò, guardando la sorellina così come la guardavano Ambrose e Clara, ossia con uno smisurato affetto e sincero senso di protezione.
 
*
 
 
“Le piaci molto. Non fa così con tutti.”
Neit abbozzò un lieve sorriso mentre guardava Sommer, la sua lupa, con sincero affatto: stava passeggiando a Kensington con Caroline e aveva portato l’animale con sé, divertendosi nel guardarla spaventare le oche e farsi accarezzare docilmente dalla sua accompagnatrice.
 
“Mi fa piacere saperlo. E vorrei anche sapere perché tutti ci fissano. O forse è una mia impressione? Non può essere per Sommer, le hai fatto l’incantesimo, no?”
“Certo, o la gente starebbe già correndo via urlando. Non mi piace molto, ma è l’unico modo per portarla tra i Babbani.”
Neit rivolse un’occhiata quasi di scuse alla lupa, che trotterellava accanto a Caroline mentre la ragazza gli teneva il braccio, guardandosi attorno con la fronte aggrottata:
 
“E allora che cos’hanno da guardare?”
“Non saprei, ma ci ho fatto l’abitudine, oramai.”
Neit si strinse nelle spalle e Caroline si ripromise di chiedere un parere a Clio, quella sera, quando il cugino accennò ad una panchina e parlò di nuovo mentre sedevano:
 
“So che probabilmente non lo davo a vedere, ma ero felice quando venivi a trovarmi, Carol.”
“Mi dispiaceva saperti solo in quella stanza mentre noi giocavamo insieme. So che lo facevano per proteggerti, è ovvio, non posso neanche immaginare che cosa abbiano passato i tuoi genitori, ma mi dispiaceva molto per te. Quando siamo andati ad Hogwarts e finalmente stavi meglio ero davvero felice per te Neit.”
 
Il volto della strega si aprì grazie ad un sorriso luminoso che venne ricambiato dal cugino mentre osservava una coppia di coniugi passeggiare tenendo due bambini per mano e spingendo un passeggino.
“Per un paio d’anni credevo che tu e Clio ci sareste andate senza di me e io che sarei rimasto a studiare a casa… l’idea mi terrorizzava, da una parte, e dall’altra mi rendeva furioso. Ho rotto non so quanti vasi e cristalli, quando i medici accennavano l’idea a mia madre. Quando arrivò la lettera anche per me, oltre che per Clio, quasi non ci credevo. Dopo aver passato quasi tutta l’infanzia in casa, non sai che effetto mi fece partire per la Scozia, così lontano.”
 
“Sai, ci speravo tanto.”
“A cosa?”
“Che saremmo finiti nella stessa Casa. Mia madre diceva sempre io e Clio eravamo troppo diversi per finire insieme, probabilmente, che tu saresti stata senza dubbio una Corvonero, e che anche io avevo ottime probabilità. Ci ho sperato fino all’ultimo.”
 
 
“Che ne pensi di Serpeverde?”
“Perché Serpeverde?”
“Perché sei ambizioso, ragazzino, e molto determinato. L’idea non ti va?”
Neit esitò, incerto: il fatto di trovarsi davanti a tutte quelle persone lo metteva in seria soggezione, e ripensò a quando il Cappello aveva Smistato prima Caroline a Corvonero e poi sua sorella a Tassorosso.
Non voleva trovarsi solo, voleva stare con una delle due.
“Io… Io non lo so.”
“Beh, direi che anche Corvonero andrebbe benissimo per te, ragazzino. Sai, non impiego così tanto a Smistare chiunque.”

 
 
“Siamo insieme Neit! Sei felice?”
Caroline gli aveva sorriso e si era spostata, sulla banca, per permettere al cugino di sedersi accanto a lei mentre la tavolata applaudiva e fischiava, evidentemente felice di avere il nipote del Ministro della Magia nella loro Casa.
“Sì. Sono felice.”
 
 
“Anche se poi l’anno dopo arrivarono i nostri fratelli, certo, e passavamo metà del tempo a tirarli fuori dai guai.”
“Dove sarebbero quei due senza di noi?”
“Non lo so, ma di certo sei l’unica a cui Ezra dà retta, secondo la mia esperienza.”
 
“Non è cattivo. Ha un caratteraccio, lo ammetto, ma gli voglio bene. Gliene vorrò sempre, è il mio fratellino.”
Caroline sorrise e, seguendo lo sguardo del cugino, si ritrovò a sua volta ad osservare quella famiglia Babbana che, seppur portasse abiti modesti, le sembrò molto più felice di quando la sua non fosse mai stata.
“A te piacerebbe? Avere una famiglia tua?”
“Sì, credo. Ma non so se l’avrò. Di sicuro non so se mi innamorerò mai. A te?”
Neit si voltò verso la cugina, e Caroline si strinse nelle spalle sfoggiando un sorriso puramente malinconico:
“Sì, molto. Mi piacerebbe avere figli, ma chissà, forse ormai sto diventando vecchia per sperarci… E la consapevolezza che i miei genitori avrebbero potuto organizzarmi un fidanzamento forzato da un giorno all’altro mi ha sempre frenata nell’innamorarmi di qualcuno. Sommer, che hai trovato?”
 
La strega si alzò e si diresse verso la lupa, che stava rovistando tra delle foglie gialle e arancioni. Neit avrebbe voluto dirle che non era affatto tardi per sperare di avere una famiglia e che di sicuro sarebbe stata una madre meravigliosa.
Ma non lo fece.
 
*
 
“Com’è andata da Gwendoline?”
“Terribile, c’erano i tre moschettieri.”
 
Elizabeth sentì il fratello ridere alle sue spalle mentre sfiorava con le dita il collo ricoperto da lisce e lucide piume blu di Jeremy, l’Occamy di Thomas, che se ne stava appollaiato su uno dei suoi trespoli, nel salotto.
Thomas lasciò il mantello ad un Elfo, di ritorno dal lavoro, e sorrise alla sorella mentre le si avvicinava, mettendole un braccio intorno alle spalle:
“E vi siete sfidati a duello?”
“No, anche se non escludo che Riocard ed Egan avrebbero potuto finire col farlo… Per fortuna è intervenuta la zia. Jeremy è felice di vederti, direi.”  Elizabeth parlò piano, seria in volto, mentre guardava l’Occamy avvicinare la testa al padrone per beccargli affettuosamente un dito, facendolo sorridere:
 
“E’ ciò che chi non ama gli animali o non ne ha mai avuto uno non capirà mai: l’amore immenso che sanno darti, se ti prendi cura di loro.”
“Lo so. Sei molto bravo con ogni creatura che possa esistere… anche con le persone, direi. Tutti ti adorano.”
 
Elizabeth si voltò e raggiunse il divano per sedersi accanto al camino, pensierosa, sistemandosi distrattamente la gonna blu del vestito mentre Thomas si voltava verso la sorella, accigliato: Jeremy ne approfittò per salirgli su una spalla e il ragazzo, senza badarci, si affrettò a seguire la sorella.
“Va tutto bene, Lizzy?”
“Sì, certo. Stavo solo pensando a come la mamma ti permetta di tenere Jeremy ovunque, talvolta anche a tavola durante i ricevimenti…”
“Credo sia perché la gente adora Jeremy, di solito. Gli Occamy sono creature molto affascinanti agli occhi della gente, nonché molto rari.”
 
“… Sì, certo. Credo che andrò a prepararmi per la cena.”
Elizabeth gli sorrise e si alzò, facendo scivolare la mano dalla presa del fratello maggiore per uscire dalla stanza. Phobos le trotterellò al seguito come sempre, e Thomas rimase a guardarla con l’Occamy sulla spalla prima di mormorare qualcosa al fidato animale:
“Che cosa pensi che abbia per la testa, Jem?”
 
Elizabeth, seduta davanti alla toeletta, si stava spazzolando con cura i lunghi e ondulati capelli castano chiaro che le ricadevano in morbide onde sulle spalle. La strega osservava distrattamente il suo riflesso mentre ripeteva quell’azione ormai istintiva, ripensando all’unica volta in cui lei e Astrid avevano affrontato l’argomento, un anno prima:
 
“Elizabeth, stasera non voglio Phobos e Deimos a tavola, per favore.”
“Jeremy, che potrebbe diventare grande come tutta la sala da pranzo, può e una piccola volpe domestica no?”
“Sono animali selvatici, e chissà dove vanno per tutto il giorno, quando tu non ci sei.”
Non era riuscita a trattenersi, e mentre saliva le scale per andare a cambiarsi, dando le spalle alla madre, aveva riso amaramente, asserendo come fosse stupefacente il modo in faceva preferenze persino tra l’animale domestico del fratello e i suoi.
 
“Dovresti impegnarti di più, mamma, o tutti capiranno quale sia il tuo figlio prediletto.”
Astrid non aveva replicato. E Elizabeth non si era disturbata ad insistere: conosceva benissimo la risposta.
 
 
“Perché vuole più bene a Tommy? Faccio sempre come più le compiace… o almeno ci provo, ma è impossibile accontentarla.
“Tesoro, tua madre ti vuole bene, non farti questi pensieri.”
Amethyst l’aveva abbracciata con un caldo e affettuoso sorriso ed Elizabeth, gli occhi azzurri lucidi, aveva mormorato che sì, le voleva bene, ma per qualche motivo Astrid aveva sempre da ridire su quello che lei diceva, faceva o pensava, mentre Thomas riceveva solo parole di merito, sempre.
Affettuosa, ecco un aggettivo perfetto per descrivere Amethyst Saint-Clair. Elizabeth voleva molto bene alle sue cugine, ma a volte si ritrovava, suo malgrado, ad invidiarle: Astrid era lontana anni luce dall’attaccamento che Amethyst aveva nei confronti dei suoi figli.
“Secondo te è un figlio migliore di me, zia?”
“Certo che no tesoro! Thomas è un ragazzo meraviglioso, Lizzy, e tu non sei da meno. Ma sai, a volte le madri sono più severe con le figlie femmine e hanno un debole per i figli maschi… Ammetto che anche per me Ambrose è speciale. Un po’ come i padri che spesso adorano le proprie figlie, no?”
 
“Se lo dici tu…”
“Ma certo. Sono sicura che tuo padre ti direbbe la stessa cosa, e modestamente io lo conosco molto bene.”
 
 
Elizabeth appoggiò la spazzola di legno sul ripiano del mobile e si voltò per abbassare lo sguardo sulla volpe dagli arguti occhi ambrati e il manto nero striato d’argento che la guardava curiosa:
“Infondo non m’importa… Thomas è meraviglioso, io per prima non so come farei senza di lui. Immagino sia comprensibile, se preferisce lui a me. No? Ma non preoccuparti, io non preferirei mai Deimos a te!”
 
*
 
“Allora, com’è andata la vostra giornata? Oggi nulla di che, al giornale.”
Ambrose parlò mentre si serviva l’insalata, e John asserì che moglie e figlie avessero speso un capitale in vestiti mentre loro poveri uomini erano costretti a lavorare.
 
Amethyst sospirò alle parole del marito, e gli rivolse un’occhiata torva – quasi chiedendosi perché gli uomini non riflettessero prima di aprire bocca – mentre Clara si voltava verso il padre con lo stesso cipiglio della madre:
“Sai papà, a molte donne non dispiacerebbe fatto guadagnarsi da vivere.”
“Ne abbiamo già ampiamente discusso, Clara. Una ragazza nella tua posizione non lavora.”
“Come può essere uno smacco volersi impegnare in qualcosa? Una principessa può diventare Imperatrice in Inghilterra, e io non posso lavorare?”
“E’ molto diverso, Clara. Volevi studiare in Germania, l’hai fatto. Penso che ci siano poche streghe della tua età con il tuo stesso bagaglio culturale, e ancora non sei soddisfatta?”
“Non serve a molto, se non lo si concretizza in qualcosa.”
 
“John, per favore.”
“Sai a cosa dobbiamo queste idee, Amethyst? Al tuo caro fratello che se la portava sempre al lavoro.”
 
Cassiopea, Ambrose e Colleen si bloccarono, come cristallizzati, chi in procinto di bere, mangiare un boccone o pulirsi le labbra con il tovagliolo. Tutti e tre si ritrovarono a fissare il padre, sbalorditi da ciò che avevano appena udito.
Nessuno in famiglia parlava mai del loro defunto zio con quel tono. Tantomeno di fronte alla madre.
 
Clara ruppe il silenzio carico di tensione scostando rumorosamente la sedia sul parquet, gettando con un gesto brusco il tovagliolo sul tavolo prima di sibilare che le era passato l’appetito prima di alzarsi e lasciare la sala a passo di marcia.
Normalmente la madre l’avrebbe richiamata al suo posto, ma non quella sera: Cassiopea si voltò lentamente verso Amethyst – quasi temendo di vederla esplodere – che stava fissando il marito senza dire una parola. Per alcuni istanti nessuno disse nulla, poi la padrona di casa riprese a mangiare come se nulla fosse.
Colleen lanciò un’occhiata dubbiosa ad Ambrose, ma il maggiore, seduto di fronte a lei, inarcò entrambe le sopracciglia come a dire che non aveva idea di cosa fare. Cassiopea invece si schiarì la voce, parlando come se nulla fosse successo:
“Sai che cosa trovo assurdo, papà? I nostri padri ci vogliono agghindate come graziose bambole per fare colpo su dei buoni partiti, e i mariti per fare colpo sui loro soci in affari. Eppure, vi lamentate sempre delle spese per abiti nuovi. Dovreste fare un po’ di… ordine mentale, a mio dire.”
“Pensala come vuoi Cassy, in una famiglia che comprende 4 donne ho rinunciato molto tempo fa ad avere l’ultima parola su qualcosa.”
 
*
 
“Elizabeth pensa che io preferisca Thomas a lei. Non me lo dice apertamente, ma so che è così.”
“E perché me lo stai dicendo, esattamente? E’ così, forse?”
“Sai benissimo che non è così.”
 
Astrid scoccò un’occhiata velenosa alla cugina e Alexis, distesa su un divanetto napoleonico situato davanti al camino con un calice di vino rosso in mano e la vestaglia di seta addosso, si strinse debolmente nelle spalle:
“Beh, io ho un solo figlio, e lo amo più della mia stessa vita, quindi temo di non poterti aiutare, Astrid.”
“Anche io amo Elizabeth-Rose, Alexis.”
 
“Non lo metto in dubbio, ma se non glielo dimostri non è certo colpa mia.”
Astrid dovette trattenersi dal farle notare che era responsabile di molte cose, invece, ma la cugina si alzò con uno sbadiglio teatrale, stiracchiandosi con grazia prima di rivolgerle un amabile sorriso:
“Beh, sono davvero esausta, temo che dovremo riparlarne in un altro momento. Passa del tempo con tua figlia, Astrid. Merlino, io avrei così tanto voluto averne una, e tu non ti rendi conto della fortuna che hai! Certo, io ho sposato Rod, quindi si può dire che mi è andata meglio, ma tu hai due splendidi figli che chiunque ti invidierebbe.”
 
“Pensi ancora di poterti ritenere migliore di me perché nostro nonno scelse te come moglie per il primogenito di Riocard Saint-Clair?”
Astrid inarcò un sopracciglio curato alla perfezione, guardando con scetticismo la cugina: avrebbe persino potuto esserne sorpresa, se non l’avesse conosciuta tanto bene. Alexis, per tutta risposta, le sorrise, gli occhi azzurri luccicanti, quel sorriso che la cugina aveva imparato a detestare con tutta se stessa già quando erano bambine.
“Tesoro, era l’uomo più ricco del Paese… Solo il meglio, per il suo erede. Non fraintendermi, sai quanto adori Theseus, è un uomo intelligente e molto attraente, ma si sa che il meglio viene sempre lasciato per il primogenito. Buonanotte, tesoro.”
La strega fece per lasciare la stanza in un fruscio di seta, ma la cugina parlò un’ultima volta, e con un tono così serio da farla quasi raggelare:
“Potrei dire cose che farebbero rizzare i capelli in testa al tuo prezioso Riocard, Alexis. Non scordarlo mai.”
Astrid si era alzata in piedi, scrutando la cugina con un disprezzo malcelato, ma quando la padrona di casa si voltò per affrontarla la strega era già sparita.
 
*
 
“Ciao Clio. Ti dispiace sederti un po’ con me?”
“No, certo. Come stai papà?” 
 
Clio sorrise al padre mentre gli sedeva accanto, e Edward le mise un braccio attorno alle spalle prima di darle un bacio su una tempia, proprio come era solito fare con sua moglie ormai da anni.
 
“Sono stato meglio, ho molti pensieri, purtroppo… E Theseus Saint-Clair mi farà uscire di testa, di questi tempi. Ma non voglio parlare di questo con te, Clio. Ti vorrei parlare del testamento del nonno.”
“Ok.”
 
“Io conoscevo molto bene Rodulphus Saint-Clair. E l’ultima cosa che voglio al mondo è che suo figlio sposi la mia, se sono simili, e mi sembra che sia così.”
“Ma papà, voi una volta eravate…”
Clio non finì la frase, trattenendosi appena in tempo mentre il braccio di Edward si irrigidiva, così come la sua espressione: la ragazza si ricordò di come fare cenno all’argomento fosse una garanzia per farlo infuriare e tacque, mormorando delle scuse per lasciarlo continuare.
“Lo so Clio. Per questo dico che lo conoscevo bene. Non conosco altrettanto suo figlio, certo… Ma tu non lo sposerai, Clio.”
“Quindi la casa andrà alla nonna?”


“… No. Mi rifiuto di perdere i beni più preziosi della nostra famiglia, Clio.”
Clio esitò, in silenzio, prima che una terribile consapevolezza si facesse strada nella sua testa: la strega si alzò e guardò il padre con stupore, inorridendo.
“Vuoi dire che…”


 
 
“IDIOTA! Sopporto tutto, TUTTO, sempre, da quasi trent’anni, ma adesso hai superato il limite!”
“Penelope, non fare l’isterica.”
Robert ebbe appena il tempo di dirottare con la magia la tabacchiera dipinta a mano che la moglie gli lanciò contro, intimandogli di non osare chiamarla mai più in quel modo prima che un terzo piatto si infrangesse sul pavimento di legno.
 
“Penelope, è per il bene della famiglia.”
“VENDI NOSTRA FIGLIA AI SAINT-CLAIR, solo per una stupida casa che non ti serve, e mi dici di calmarmi? E’ la mia unica figlia, idiota che non sei altro!”
Penelope si diresse verso il marito a passo di marcia, puntandogli un dito contro aria minacciosa mentre lo scrutava con odio, gli occhi azzurri ridotti a due fessure:
 
“Acconsenti a farlo, e giuro che dirò tutto.”
L’espressione seria e sicura di Robert vacillò, e la moglie sfoggiò un sorriso compiaciuto mentre l’uomo scuoteva il capo e la guardava furente:
“Non oseresti.”
“Ma certo che lo farei, per i miei figli. Non hai neanche idea di cosa farei per Caroline e Ezra. Per te non muoverei un dito, ma per loro è diverso. Pensi davvero che Riocard Saint-Clair accetterebbe di sposare tua figlia – sempre che non rifiuti comunque, cosa molto probabile – se sapesse quello che potrei dirgli? Non lo farebbe neanche sotto tortura.”
 
“Penelope…”
“Non cambierò idea, Robert. Non lo farò mai. Azzardati solo a vendere mia figlia, ne pagherai le conseguenze.”
 
 
Ezra, in piedi accanto alla porta chiusa della camera da letto dei genitori con le braccia strette al petto e appoggiato alla parete, ascoltò in silenzio ogni singola parola.
Era passato davanti alla loro porta per andare a coricarsi, ma sentendo il nome della sorella non aveva potuto fare a meno di fermarsi ad origliare.
 
Suo padre voleva farle sposare Riocard. Saperlo lo rendeva tutto tranne felice, visto quello che pensava di quel ragazzo, e Caroline non meritava di essere venduta per una casa. Per quanto lo riguardava, Caroline era la persona migliore che conosceva.
Il ragazzo si allontanò silenziosamente per non rischiare di essere colto in flagrante dai genitori, chiedendosi sinceramente che cosa sapesse sua madre di così scottante.
Che la sua famiglia avesse dei segreti era chiaro come il sole, ma non aveva mai sentito suo padre reagire in quel modo.
 
 
 
 
 
 
 
 
………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:
Buonasera! (O qualunque cosa si debba dire per salutare a mezzanotte inoltrata)
Questa settimana sono costretta a pubblicare adesso il capitolo visto che da domani mattina fino a venerdì pomeriggio sarò fuori città, spero che costituirà una piacevole sorpresa per il vostro risveglio domani mattina, anche se personalmente non mi ritengo molto soddisfatta del risultato finale… Spero che a voi sia risultato gradito, purtroppo ho avuto una giornata tremenda e non sto molto bene fisicamente,sfortunatamente però dovevo finirlo stasera e oggi non sono riuscita a scrivere molto.
Detto ciò, grazie come sempre per le recensioni e per le risposte che mi avete mandato, nei prossimi giorni cercherò di essere presente e di rispondere a vostri eventuali quesiti anche se sarò fuori casa.
(A chi mi segue su Instagram sul profilo di Efp consiglio di contattarmi lì, visto che sarò più veloce e comoda per rispondervi)
Come avevo preannunciato, ecco la domanda della settimana, oserei dire una delle domande più fatidiche a cui rispondere:
  • Avete delle preferenze, idee o quant’altro per una relazione del vostro OC all’interno della storia?
Come sempre, so che è presto e che vi metto in crisi con questa domanda cruciale, ma i personaggi sono pochi, e considerando che tutti gli OC sono eterosessuali e dovendo fare le dovute esclusioni fratelli/sorelle tutte voi non rimarrete che con una manciata di OC tra cui scegliere, perciò confido in voi XD
Scherzi a parte, come sempre sarò felicissima di darvi una mano e di darvi la mia opinione visto che ho tutte le schede a disposizione. Non vi chiedo necessariamente di farmi un nome preciso, ma anche solo di distinguere tra chi non potreste ASSOLUTAMENTE vedere insieme al vostro OC e tra chi, invece, potrebbe fare al caso suo.
Per darvi una mano, piccola tabella riassuntiva (ovviamente è indicativa visto che includo anche i cugini, ma se qualcuna di voi è contraria basta dirlo per messaggio quando risponderete, sta a voi fare le vostre considerazioni):
  • Ambrose può “scegliere” tra: Caroline, Clio ed Elizabeth;
  • Thomas: Cassiopea, Clara, Colleen, Clio e Caroline
  • Neit: Caroline, Elizabeth, Cassiopea, Clara e Colleen
  • Egan: Caroline, Elizabeth, Cassiopea, Clara e Colleen
  • Ezra: Clio, Elizabeth, Cassiopea, Clara e Colleen
  • Cassiopea: Neit, Egan, Ezra, Thomas e Riocard
  • Clara: Neit, Egan, Ezra, Thomas e Riocard
  • Colleen: Neit, Egan, Ezra, Thomas e Riocard
  • Clio: Ezra, Thomas, Ambrose e Riocard
  • Caroline: Neit, Egan, Ambrose, Thomas e Riocard
 
Ci sentiamo per messaggio, buonanotte!
Signorina Granger
   
 
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