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Autore: Herm_periwinkle    08/10/2020    3 recensioni
Sono passati diversi anni dalla fine della guerra e i regazzi del team Avatar non hanno avuto più occasione di vedersi, ciascuno preso dalla propria vita. Fino a che la nascita di Moma li porterà a riunirsi. Sono cambiati molto, alcuni sono più felici, altri sono semplicemente insoddisfatti delle proprie vite. Gli equilibri del gruppo, dopo tanto tempo che i loro membri sono stati lontani, sono destinati a cambiare, forse per sempre. Riuscirà Zuko ad affrontare i mutamenti che avverranno? Katara sarà in grado di discernere la verità del suo cuore? O saranno così ciechi da credere che nulla è cambiato?
[Zutara]
Dalla storia:
“Vedo il modo in cui vi guardate.”
Ci fu una pausa lunghissima, infinita. Abbassò lo sguardo colpevole, non sapendo cosa dire. Cosa si poteva dire in una situazione simile? Ogni parola sarebbe suonata sbagliata, una stupida scusa, ipocrita e inopportuna.
“Ti conosco più di chiunque altro e so che tra voi c’è qualcosa. Si vede, è palpabile. Ti chiedo solo di dirmi la verità: vi siete baciati?”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katara, Quasi tutti, Sokka, Zuko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I due giorni seguenti trascorsero nell’incertezza. Zuko non riusciva a capire che cosa stesse succedendo. Sokka, Suki e Toph si comportavano normalmente, eccetto il fatto che Suki portava da mangiare a Katara in camera per tutti i pasti. Zuko aveva provato a chiedere informazioni sulla sua salute, ma riceveva solamente risposte elusive. Nonostante sembrasse che non fosse gravemente malata, Zuko non riusciva a trattenere la preoccupazione. Aveva più volte anche provato a sbirciare dalla sua finestra, ma la tenda perennemente calata gli impediva di guardare all’interno della stanza. Alla fine si rese conto che si stava comportando da stupido adolescente invece che da Signore del Fuoco (e se qualcuno lo avesse visto in quello stato probabilmente si sarebbe dovuto auto-bandire dal suo regno e avrebbe dovuto dire addio per sempre al suo onore) così si arrese e rinunciò ai suoi inutili tentativi di entrare in contatto con Katara.
 

Katara dal canto suo apriva le tende solo di notte. Il sole le dava terribilmente fastidio, ma la luna era in qualche modo consolante. Seppur non avesse mai avuto un particolare rapporto con Yue, parlare alla luna per lei era come parlare con un’amica. Quelle notti probabilmente sarebbero state terribilmente lunghe se non ci fosse stata la sua luce a illuminarla e donarle nuova forza.

Quella notte, però, la luna era diversa dal solito. Rimase a lungo a fissarla da dentro la sua stanza, poi però, come se la luna e la brezza fresca la chiamassero, scavalcò la finestra, senza sapere bene nemmeno lei perché lo stesse facendo o perché non stesse usando la porta come tutti i comuni mortali. Uscì, senza preoccuparsi di infilarsi addosso qualcosa di diverso dalla sottile camicia da notte che ormai non si toglieva da giorni.
 

Da quando era tornato Aang, e peggio ancora, da quando era scomparso, Zuko non riusciva più a prendere sonno. Mille scenari diversi gli si affacciavano alla mente ed in nessuno di questi lui era felice. Si chiese se ci fosse un modo per togliersi una persona dalla testa. Più si sforzava di non pensarci, più il volto di Katara si imprimeva nella sua mente e nel suo cuore.

Dalla finestra della sua camera entrava una luce soprannaturale. Non era il solito bagliore lunare, aveva piuttosto una sfumatura rossastra, inquietante, ma al tempo stesso affascinante. A Zuko sembrò che quella luce lo richiamasse. Si affacciò alla finestra e guardò la luna. Brillava nel cielo più che mai, ma era diversa da qualsiasi luna avesse visto fino a quel momento. Era rossa.
Involontariamente Zuko sorrise a quella vista. La luna, l’astro che dominava le maree e che dava potere all’acqua ora sembrava un globo di fuoco. Acqua e fuoco, uniti in un modo tale che non credeva potesse essere possibile. Sperò che fosse un buon presagio.
Abbassò lo sguardo sulla spiaggia. Una figura sottile era sulla battigia, probabilmente con i piedi immersi nell’acqua. Era talmente eterea che a malapena sembrava reale.

Zuko corse fuori, ancora in pigiama, spinto da un richiamo che non riusciva a spiegare. Era forse la luna che lo stava attraendo a sé, trascinandolo fino da lei? Non era in grado di darsi una risposta.

Arrivò in spiaggia trafelato, con un rivolo di sudore che gli scorreva lungo la tempia. Riprese fiato, immobile, aspettando che Katara si girasse. Non dava segno di volerlo fare, forse non lo aveva nemmeno sentito, ma lui non poteva aspettare oltre. Aveva le ginocchia che gli tremavano, il fiato corto e il cuore che sembrava esplodergli nel petto, ma doveva farlo. Doveva dire quello che per troppo tempo aveva cercato di negare a sé stesso con tutte le sue forze.

“Katara…” provò a dire, per poi rendersi conto che non sapeva come cominciare il discorso. Aveva parlato tante volte di fronte a una Nazione, con il cuore fiducioso e pieno di speranza, ma mai prima di quel momento aveva aperto il suo cuore ad una donna. Peggio ancora: ad una sua amica. Cercò di ingoiare la saliva che gli si era fastidiosamente bloccata in gola e, senza fare nemmeno una pausa per respirare, disse tutto d’un fiato “So che tu stai con Aang e che non dovrei intromettermi e mi sento il peggior verme del mondo a dirti queste cose, ti prego di perdonarmi per questo, tu dopo puoi fingere di non sapere nulla o puoi odiarmi, puoi fare quello che vuoi, ma io ho bisogno di dirtelo, perché non riesco più a sopportare questo peso, io ti amo e non ci posso fare niente, e so che siamo agli opposti, ma so anche che non so stare senza di te, mi sei entrata in testa e non ne esci più, ti chiedo scusa per tutto, ma ti amo e a volte mi chiedo se anche tu provi qualcosa per me, anche se so che probabilmente ho immaginato tutto.”

Solo dopo aver detto tutto ciò ed essere rimasto senza fiato osò aprire gli occhi, che fino a quel momento aveva tenuto sigillati, e allentare la stretta delle unghie che aveva conficcato nei palmi delle mani. Alzò lentamente la testa, aspettando una qualsiasi reazione dalla figura davanti a lui, ma questa non si voltò nemmeno. Zuko sentì tutto il coraggio abbandonarlo e la linfa vitale abbandonare le sue guance. Perché non lo guardava nemmeno in faccia?

Si avvicinò di qualche passo e allungò una mano per toccarle una spalla, quando una voce alle sue spalle lo immobilizzò. “Penso che tu stia parlando alla ragazza sbagliata.” Era una voce fresca e cristallina che al suo interno soffocava una risata.

Zuko si girò lentamente, non capendo cosa stesse accadendo. Si ritrovò davanti Katara in carne ed ossa, vestita solo di una leggera veste bianca, con i capelli sciolti sulle spalle mossi dal vento ed un viso che sembrava improvvisamente più maturo dell’ultima volta in cui l’aveva visto, ma non per questo meno bello. Era come se i suoi occhi brillassero di una nuova consapevolezza.

“M-ma…” balbettò, girandosi a guardare la sagoma dietro di lui e poi di nuovo Katara.
“Penso che tu mi abbia confusa per una delle stupide statue di mio fratello.”
Zuko avvampò, diventando talmente tanto scarlatto che, per quanto fosse poca la luce, era impossibile non notarlo. Katara sorrise di fronte a tanta goffaggine.
“Ha- hai sentito… ehm… quello che stavo dicendo?” chiese imbarazzatissimo. Non era così che immaginava sarebbero andate le cose tra loro due.

Katara sorrise, annuendo, e si avvicinò un po’ di più a Zuko, che nel frattempo cercava di sistemarsi il pigiama, maledicendosi per quella sua folle idea di essere uscito con indosso quell’abbigliamento così poco virile. Cavolo, era un pigiama con delle fiammelle! Ma come gli era venuto in mente? Come minimo Katara lo avrebbe preso in giro a vita se gli avesse ancora rivolto la parola dopo quella disastrosa dichiarazione fatta ad una statua di sabbia. Era proprio un idiota.

“Sono un po’ offesa che tu non mi abbia riconosciuta, sai?” continuò lei, prendendolo un po’ in giro e avvicinandosi sempre di più. Zuko non sapeva che cosa fare, se indietreggiare oppure no. Nel dubbio rimase perfettamente immobile.
“Ehm… ecco… io non è che mi voglio mettere in mezzo sia chiaro…  so che vi amate... solo che… dovevo dirtelo… anche se non so se hai sentito…”

Ecco, doveva aver detto qualcosa di profondamente sbagliato, perché gli occhi di Katara divennero estremamente lucidi. Si maledisse per la centesima volta nel giro di dieci minuti. Perché era così imbranato con le parole? A Zuko si strinse il cuore. Avrebbe voluto abbracciarla e baciarla, anche solo per consolarla, ma sapeva di non potere, sapeva che non le avrebbe mai dovuto dire quelle cose. Era stato uno stupido. Però, lei era così vicina e sembrava così fragile in quel momento, con ancora l’ombra di un sorriso canzonatorio impresso sul volto bagnato di lacrime.

Zuko non riuscì più a trattenersi e l’abbracciò. D'altronde meglio vivere con il rimorso che con il rimpianto, no? Perlomeno avrebbe avuto il bel ricordo di un abbraccio. La strinse forte, sapendo che poi con ogni probabilità le loro vite si sarebbero divise per sempre, ma lei, inaspettatamente, si abbandonò in quell’abbraccio.

I dubbi che avevano tormentato Katara fino a quel momento si sciolsero come neve al sole. Era lì, tra quelle braccia, che doveva stare. Aang aveva ragione. In cuor suo l’aveva sempre saputo, ma non l’aveva mai ammesso a sé stessa. D'altronde, come avrebbe potuto immaginare che acqua e fuoco potessero mai stare insieme?

"Aang ti augura il meglio” sussurrò, con il viso affondato nella sua spalla.
Zuko rimase a dir poco allibito. Doveva aver capito male. “Cosa?”
Katara ripeté le esatte parole che aveva appena detto.
“Mi augura il meglio nel senso che mi vuole morto?” chiese un po’ preoccupato. Non capiva chi fosse diventato matto dei tre, se lui, Aang o Katara.

Katara rise all’interno della sua spalla. Rimase sorpresa da come con Zuko riuscisse a ridere sempre, anche quando si sentiva a pezzi. “Ma no scemo. Vuole che io sia felice e che anche tu lo sia.”

“Continuo a non capire.” Ma che cosa stava blaterando quella ragazza? Era bella e intelligente, ma sembrava aver perduto improvvisamente il senno.
Katara staccò la testa dalla sua spalla e sollevò il volto verso di lui. “Ci siamo lasciati.”

Tre parole, apparentemente semplicissime. Zuko le aveva sentite pronunciate nella sua immaginazione in un numero infinito di modi diversi, eppure in quel momento, con Katara stretta tra le braccia, non era sicuro di riuscire a coglierne il significato.
Sembrava qualcosa di troppo bello per essere vero, non poteva essere reale quello che stava accadendo. Doveva essere un sogno. Non riuscì a trattenere un sorriso e si maledisse per questo. Era solo uno schifoso insensibile, l’avrebbe dovuta consolare, non gioire per le sue sventure. Cercò di riprendere un contegno e di chiedere con aria indifferente –che di indifferente non aveva proprio nulla- “Mi dispiace. Come mai?”

Katara gli rise in faccia, sollevando gli occhi al cielo. Ma come faceva a essere così tonto nelle situazioni di cuore? “Sicuro che non ti viene in mente proprio nessun motivo?” gli chiese con aria canzonatoria. "Sono sicura che tu lo sappia meglio di me."
Zuko la guardò con gli occhi sgranati aprendo la bocca un paio di volte e richiudendola subito dopo senza emettere alcun fiato. Sembrava un pesce boccheggiante. Si indicò con un dito e Katara poteva vedere la fatica che stava facendo il suo cervello per realizzare quello che la ragazza gli stava dicendo.

“Vuol dire che non mi sono immaginato tutto?” riuscì a dire alla fine.
Katara scosse la testa. “Direi di no.”

Vide gli occhi ambrati di Zuko riempirsi di lacrime, poi il ragazzo le prese il viso tra le mani e la avvicinò a sé. Dapprima le posò un bacio delicato sulle labbra, un bacio che lasciava trapelare la paura e l’insicurezza. Ben presto però la paura scomparve e lasciò spazio al desiderio, alla foga della mancanza, alla gioia che sgorgava nei loro petti.

Zuko si staccò da lei solo per guardarla negli occhi, anch’essi pieni di lacrime. Era così bella, sembrava risplendere. Non osò immaginare quello che doveva aver passato nei giorni precedenti. “Scusami se sei stata male per colpa mia” le sussurrò con la sua voce calda, sistemandole una ciocca di capelli dietro all’orecchio. Katara gli sorrise. “Non è stata colpa tua. È stato il destino.” Gli diede un altro bacio leggero, poi lo abbracciò con tutte le sue forze. Aveva il corpo bollente, ma a Katara sembrò che quello fosse l’unico posto in cui potesse realmente stare. Acqua e fuoco uniti. Opposti in tutto, ma con lo stesso cuore.

“Cosa è successo tra di voi?” chiese Zuko titubante, stringendola più forte. Gli sembrava tutto un sogno, non credeva di provare una simile felicità. Sentiva il cuore esplodergli nel petto, tanto i battiti erano veloci.

“Non è questo il momento di parlarne, zuccone” rise lei, con il viso affondato nella sua spalla. “Ho tutta la vita per raccontartelo.”

Zuko sorrise, baciandole i capelli profumati. Tutta la vita. Quasi non credeva di meritare tanta felicità. Eppure lei era lì, tra le sue braccia e lo amava. Si diede un pizzicotto sul braccio.

Era tutto reale.
 
FINE


 
E dunque siamo giunti alla fine della storia. Devo dire che mi dispiace parecchio averla conclusa, è stato bello scriverla, davvero bello. Spero che vi sia piaciuta e che il finale vi abbia soddisfatto. A me non soddisfa mai al 100% nessun finale che scrivo.
Zuko me lo sono sempre immaginata estremamente imbranato nelle situazioni di cuore, spero che vi sia piaciuta questa versione di lui :)
Sappiate che mi mancherete, ma sono felice di essere riuscita a terminare una fic senza abbandonarla a metà, soprattutto perché erano davvero anni che non scrivevo niente. Mi era mancato.
Fatemi sapere che cosa ne pensate, vi mando per l'ultima volta un immenso bacione  e un grande abbraccio e vi ringrazio ancora enormemente, soprattutto Blonde Green e te, Valeria (aka La Bionda 95). Senza di te avrei probabilmente mollato questa storia molto tempo fa, perciò ti sono davvero grata.
Vi mando (di nuovo) un enorme bacio.
Grazie ancora per avermi seguita fino a qui <3


 
   
 
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