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Autore: Nina Ninetta    17/10/2020    4 recensioni
Alice è una ragazza piemontese di 16 anni che per la prima volta andrà in vacanza al mare. Qui incontrerà persone molto diverse da lei, soprattutto Gina, con la quale entrerà in contrasto fin dall'inizio. Conoscerà però anche Alessio, suo primo amore...
Seconda classificata al contest “Prime esperienze” indetto da Spettro94 sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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BLU OLTREMARE

 
“C’è una luna turchese e diamante stanotte
che può spezzarmi il cuore”
Luna diamante,
                                                                                                                                                                                                                                                                                                              Mina
 

 

Sebbene Alice avesse 16 anni e vivesse a solo un paio d’ore dal mare non c’era mai stata, lo conosceva solamente attraverso i libri di scuola e le foto che i suoi compagni postavano sui Social.
Rita e Paolo, i suoi genitori, erano sempre stati troppo impegnati durante la bella stagione per concedersi qualche giorno di ferie. Rita puntualmente veniva assunta in qualità di rinforzo estivo in un supermercato, di conseguenza Paolo continuava a lavorare fino a settembre, saltando da un punto vendita all’altro in vece di capo settore della catena di supermarket, la stessa per cui lavorava sua moglie. Alice dal canto suo passava le interminabili giornate nella soleggiata Ovada: cittadina di circa dodici mila abitanti in provincia di Alessandria.
Quell’anno però i suoi genitori si erano detti stanchi di lavorare soltanto e una sera di luglio l’avevano informata che sarebbero andati in vacanza al mare. Alice aveva urlato di gioia, già pregustava la compagnia dei suoi amici che facevano i bagni in Liguria. Tuttavia Paolo annunciò che avrebbero alloggiato a Diamante.
«Dove?» aveva chiesto Alice.
«Calabria».
La contentezza della giovane si era trasformata in smarrimento: perché andare tanto lontano? Il papà spiegò che era stato il collega Gennaro a proporgli di passare qualche giorno nella sua casa di villeggiatura. In realtà Paolo si era confidato con l’amico, rivelandogli la pena che provavano per la figlia:
«Ha 16 anni e non è mai stata al mare. Sta tutto il tempo in casa, le amiche sono in vacanza, e non fa altro che passare dalla televisione al computer al cellulare».
Gennaro gli aveva proposto di stare nella sua casa a Diamante, poiché quell’anno sua moglie era in dolce attesa e non se la sentiva di mandarla al mare da sola con l’altro figlio piccolo. Rita aveva rinunciato al contratto estivo e il 7 agosto erano partiti di buon’ora per affrontare un viaggio lungo tredici ore.

 

        ҉
 

Alice tenne il muso per tutto il tempo, parlando poco e sonnecchiando tanto. Non aveva mai lasciato il Piemonte e adesso si trovava a dover attraversare l’intera Penisola. Dopo dodici ore di autostrada, senza scorgere neanche un angolo di acqua all’orizzonte, cominciò a sospettare che i suoi avessero mentito. Era sfiduciata, stanca, inoltre la serie di curve che stavano percorrendo iniziava a suscitarle un leggero senso di nausea. Poi, all’improvviso, il panorama mutò completamente e davanti ai suoi occhi si aprì un’immensa distesa azzurra, di un azzurro più intenso del cielo.
Il sole splendeva sull’acqua creando riverberi dorati; le imbarcazioni galleggiavano leggiadre, sospese nel tempo e nello spazio sconfinato. Un isolotto si stagliava in mezzo al mare, non troppo distante dalla costa. Sentì una felicità così profonda che mai nulla – neanche un nove in geometria – le aveva provocato. Immaginò quella gioia espandersi all’infinito nel momento in cui si sarebbe bagnata i piedi in quel mare celeste…
 
La casa di Gennaro si trovava ai piedi di Diamante , era un bilocale a due piani, con il tetto spiovente, circondato da un piccolo spazio verde. Nella strada c’erano altre abitazioni identiche, alcuni bambini giocavano in una piscina gonfiabile, una giovane donna metteva i panni ad asciugare. Alice e i suoi cominciarono a scaricare i bagagli, quando poco più avanti si aprì un cancello e due ragazzi – un maschio e una femmina – ne uscirono in tenuta da mare, avevano entrambi i capelli rossicci e la pelle colorata dal sole.
«, avete preso la crema?» Una donna sulla cinquantina si affacciò al balcone.
«Sì !» Urlò lui.
Alice provò una certa emozione nell’udire un accento diverso dal proprio, si sentì donna di mondo.
 
Da vicino il Tirreno era ancora più spettacolare.
Alice scoprì che aveva un odore salmastro.
Perché nessun libro citava mai il profumo del mare?
Le onde provocavano un dolce brusio di sottofondo grazie al loro andirivieni sui sassolini; l’acqua era fresca e trasparente, tanto da poterne vedere il fondo di pietre bianche, pesciolini argentati e qualche granchio sonnecchiante.
Di nuovo Alice fu pervasa da quel profondo senso di felicità, come se tutte le cose brutte del mondo fossero scomparse e non avessero più la forza di tornare. Non riusciva a smettere di osservare l’acqua, le increspature sulla superficie la ipnotizzavano; un branco di pesciolini passò di gran carriera a pochi metri da lei. La giovane avanzò di un passo, le pietre sotto ai piedi erano fastidiose ma non vi badò, assaporava già l’attimo in cui si sarebbe immersa completamente nell’acqua cristallina. Fece un altro passo, adesso era bagnata fino alle cosce; la temperatura del mare era fresca; il sole del pomeriggio picchiava forte. Ora era immersa fino alla vita, un altro passettino in avanti, un altro ancora e subitaneo la terrà le mancò sotto ai piedi. L’acqua le arrivò alla gola, d’istinto mosse gambe e braccia per evitare di andare sotto, poi si sentì afferrare da dietro, un braccio l’avvinghiò intorno alla vita.
«Calma. Muovi piano i piedi e le braccia».
Alice seguì il consiglio, sentì la presa allentare, fece per voltarsi indietro intenta a scoprire a chi appartenesse quella voce maschile con una cadenza che non aveva mai udito prima, ma appena si mosse perse quel poco di equilibrio e rischiò di inabissarsi. L’altro l’afferrò ancora e stavolta Alice gli passò entrambe le braccia intorno al collo, aggrappandosi a lui come si farebbe con un salvagente.
«Dobbiamo solo lavorarci su. Nuotare non è difficile».
La ragazza lo riconobbe: era il bagnino che li aveva accompagnati al loro ombrellone. Non ci aveva fatto caso allora – troppo emozionata per la sua prima volta al mare – ma adesso, stando così vicino a lui, nel viso abbronzato dal sole spiccavano due occhi azzurrissimi, pareva che le iridi fossero colme di quella stessa acqua limpida.
«Oppure devi munirti di uno di quelli» aggiunse lui facendo un cenno verso il fenicottero rosa gonfiabile abbandonato sul bagnasciuga. Lei sorrise, imbarazzata dalla situazione e dalla vicinanza con quello sconosciuto. La riaccompagnò a riva, che distava solo qualche metro, qui Rita e Paolo la stavano attendendo, un po’ in apprensione e un po’ divertiti. Il bagnino spiegò che l’acqua era molto profonda, perciò il suo consiglio era quello di non allontanarsi, afferrò il fenicottero e lo porse ad Alice, strizzandole l’occhio si allontanò, indossando gli occhiali scuri che teneva adagiati sulla testa.
La ragazza lo osservò mentre andava via: aveva la carnagione scurita dal sole, un fisico asciutto tutto nervi, le punte dei capelli bagnate gocciolavano lungo la schiena e le spalle larghe; non era molto slanciato, ma ben piazzato e senza un filo di grasso addosso. Camminava sulle pietre senza sentirne il dolore né il calore, simile a un monaco tibetano. Lo vide avvicinarsi ai ragazzi con i capelli rossi che aveva incrociato appena giunta all’abitazione di Gennaro. Risero in confidenza, udì perfettamente lei esclamare:
«Che c’è?! Un’altra che non ha mai visto l’acqua?!» ridacchiarono.
Com’era diversa quella ragazza campana da lei, non solo nell’accento, anche nei modi di fare; nello sguardo accattivante; nel fisico da ballerina con la vita stretta, i fianchi accennati, la pancia piatta, le gambe affusolate e un seno sodo. I capelli fulvi erano ondulati; le labbra colorate come se avesse il rossetto; alcune lentiggini spiccavano sul naso e sugli zigomi.
Alice calò lo sguardo sul proprio seno piatto, le gambe magre e i fianchi senza forma; il pallore classico di chi non esce mai di casa; i lisci capelli di un banale castano senza riflessi, così come gli occhi. Sospirò socchiudendo le palpebre: era lì per godersi il mare, nient’altro.

 
 
      ҉
 
 
 
Il mattino seguente Paolo le regalò una mega ciambella colorata e lei ne fu davvero contenta, adesso aveva un galleggiante tutto per sé, eppure un pensiero strisciò nella mente, subdolo: chissà cosa avrebbe detto la rossa vedendola appollaiata a quel gonfiabile un po’ infantile. Lo scacciò, mise i piedi nell’acqua chiara, inspirò l’odore del mare ed ecco che come per magia i brutti pensieri si dissolsero. Aggrappata alla sua nuovissima ciambella lasciò che le onde la conducessero ovunque volessero. All’orizzonte diverse imbarcazioni parevano sospese tra il turchese del mare e quello del cielo, qualcuno nuotava fino alle boa. Un’isola si ergeva fiera più in là. Sulla cima c’era una costruzione di cemento, che un tempo fosse stata abitata?
«Buongiorno!».
Alice si voltò di scatto, era completamente presa dai suoi pensieri da non accorgersi che lo stesso bagnino del giorno prima si era avvicinato.
«C-ciao» balbettò.
«Stavi guardando l’isola?».
«S-sì…» Alice si costrinse ad aggiungere qualche parola per non dare l’impressione di essere del tutto balbuziente. «Ne ho vista una simile lungo la costa, venendo qui».
«Quella è l’Isola di Dino. Questa invece è l’Isola di Cirella. Se vuoi un giorno ti racconto la sua leggenda».
«Volentieri».
Lui sorrise, il volto si illuminò e gli occhi azzurri brillarono.
«Hai tradito il fenicottero, non ti piaceva?» Il tono divertito.
«Me l’ha regalata papà, per me il fenicottero era perfetto».
«Puoi prenderlo quando vuoi allora. Sai, mi ha detto che gli sei simpatica e lui non è tipo da sbilanciarsi tanto».
Sorrisero entrambi, poi venne richiamato a riva dal collega più anziano, prima di andare via si presentò:
«Io sono Alessio».
«Alice».
«Magari un giorno ti porto a visitare l’Isola».
«E come ci arriviamo?».
«Con quella…» Alessio indicò una canoa gialla, poi tornò sulla spiaggia a nuoto e scomparve tra gli ombrelloni a strisce bianche e blu.
 
Alice capì che Alessio fosse un ragazzo di parola quel pomeriggio stesso, quando le si avvicinò con la canoa mentre lei era a mollo nell’acqua fresca e argentina del Tirreno.
«Dai sali» le porse una mano come appiglio.
«Adesso?».
«Sì» mosse le dita per incitarla.
La luce del tardo pomeriggio tendeva ormai all’arancio, i capelli di Alessio si tinsero di riflessi dorati, così come la pelle abbronzata.
«Dovrei chiedere il permesso ai miei…» Alice non riusciva a fissarlo troppo a lungo negli occhi, temeva che lui potesse accorgersi del suo imbarazzo.
Cielo e se era bello!
«Già fatto!» Alessio si voltò indietro e salutò con un cenno Paolo e Rita, loro risposero con i pollici all’insù. Oltre i genitori, Alice notò la ragazza rossa ferma qualche metro più in là, il viso contratto in una smorfia di dissenso, poi la sentì urlare:
«, Alè! Quest’anno ti tocca lavorare il doppio». Rise platealmente. Era evidente credesse che Alessio fosse lì per recuperare Alice in balia del mare.
«Non la pensare, andiamo» ribadì l’invito lui e stavolta la ragazza non se lo fece ripetere. Afferrò la sua mano e con presa salda si sentì letteralmente tirare via dall’acqua, quindi si accomodò nel posto davanti e tenne sulle proprie gambe la ciambella. Alessio prese a remare e lei buttò un ultimo sguardo verso la riva. Alessio se ne accorse:
«Gina non è cattiva, è fatta così».
Si chiamava Gina…
«La conosci da tanto?».
«Lei e Antonio vengono qui da diversi anni con la famiglia. Sono gemelli, sai?!».
Proprio come aveva ipotizzato quei due erano fratelli, ma in quell’istante si rese anche conto di essere da sola in canoa con Alessio. Alice si imbarazzò e si voltò in avanti.
Avrebbe dovuto dire qualcosa?
Chiedergli informazioni personali?
E se si fosse fatto pensieri sbagliati su di lei?
Poi finalmente l’Isola di Cirella si erse in tutto il suo fascino, ricoperta da una rigogliosa vegetazione, mentre alcune grotte aprivano varchi remoti sopra un mare verde smeraldo.
Alessio smise di remare, lasciando che fossero le correnti a cullarli. La ragazza immerse le dita nell’acqua così limpida da poterne scorgere il fondale. C’era un silenzio sacrale, nonostante non fossero i soli a essersi spinti oltre le boa per ammirare il panorama. Di nuovo Alice provò quella sensazione di benessere, sapeva di trovarsi esattamente dove sarebbe dovuta essere, in perfetta armonia con il mondo, lontana dallo sguardo perfido di Gina.
«Vuoi sentire la storia di Cirella?»
Alice osservò Alessio: aveva una voce calda e rassicurante; i muscoli delle braccia e del petto erano messi in risalto dall’abbronzatura che risplendeva sulla pelle umida. I capelli castani si stavano asciugando e tendevano al riccio; gli occhi azzurrissimi parevano specchiarsi nel blu del mare.
Aveva mai conosciuto un ragazzo bello come lui?
«Certo!».
«Dunque… si racconta che Cirella fosse una principessa bellissima, con due diamanti al posto degli occhi…».
«Ah, ecco perché il paese si chiama Diamante!» Alice lo interruppe, lui continuò.
«Un giorno conobbe un pirata naufragato sulla spiaggia dopo una mareggiata. Se lo avesse scoperto suo padre – il re – lo avrebbe ucciso, allora decise di nasconderlo sull’isola fino a quando non fosse stato in grado di salpare. Ovviamente i due si innamorarono, sebbene entrambi sapessero che il loro era un amore impossibile. Inoltre, Cirella era prossima alle nozze con un uomo anziano e volgare scelto da suo padre per rafforzare il proprio regno. Quando la principessa propose al bel pirata di fuggire insieme verso terre lontane, lui accettò e le diede appuntamento sull’isola per il mattino seguente. Ma quando all’alba Cirella si recò sul luogo, scoprì che il suo amato era partito senza di lei. La principessa si disperò, urlò così forte che la sentirono fino alla terraferma, poi scomparve nel nulla. Il suo corpo non fu mai ritrovato. Qualcuno ipotizza che abbia vagato per l’isola fino al sopraggiungere della morte, altri che si sia suicidata gettandosi in mare, altri ancora che abbia cercato di raggiungere il pirata a nuoto». Alessio attese qualche secondo. «Piaciuta?».
«È così triste…» sentenziò Alice immaginando la bella principessa vagare sola e disperata per tutta l’isola, poi lui scoppiò a ridere:
«Scusami… era una bugia…».
«Cosa era una bugia?».
«Tutta la faccenda di Cirella. Non esiste nessuna leggenda, nessuna principessa o pirata naufragato. Anche se ammetto che mi sarebbe piaciuto che questo posto avesse un racconto figo, invece niente. È una semplice isola in mezzo al mare».
«Riportami a riva» disse secca Alice, tirando via la mano dall’acqua.
«Ti sei offesa? Non volevo, ti chiedo scusa». Alessio parve preoccupato. Ad Alice veniva da piangere, tornò ad affacciarsi quella sensazione di inadeguatezza.
«Non mi interessa, voglio tornare a riva o ci arrivo a nuoto!».
Alessio trattenne un risolino, pronto a fare una battuta sulla sua incapacità di nuotare, ma quando la vide gettare la ciambella in acqua e aggrapparsi alla canoa per tuffarsi si allarmò:
«Ok ok, torniamo indietro…» riprese a remare dopo aver recuperato il salvagente. «Sei permalosa…».
La giovane non rispose, tenne il muso fino alla spiaggia, qui si allontanò senza salutarlo: se pensavano di poterla prendere in giro perché si credevano più furbi di lei… beh, si sbagliavano di grosso!

 
      ҉ 


Il giorno seguente, 9 agosto, mentre Alice se ne stava seduta sul bagnasciuga, Gina era in acqua a pochi metri da lei, in compagnia di suo fratello Antonio e di un’altra ragazza con folti capelli scuri, il fisico morbido e un viso dai lineamenti marcati ma banale. Gina al contrario era bellissima, il bikini verde smeraldo metteva in risalto i suoi colori naturali. Chiunque passasse – uomo o donna che fosse – non esitava a lanciarle uno sguardo di sottecchi.
Da qualche minuto Alessio si era fermato con loro e Alice non poté fare a meno di notare come gli occhietti ammalianti di Gina corressero spesso e volentieri sul bagnino: si muovevano con lui, ridevano con lui. Inoltre non perdeva occasione di sfiorarlo, ora un avambraccio, ora una spalla, ora una ciglia soffiata via dal volto.
Per caso, certo.
Oppure no.
Alessio la colse a osservarli e lei d’istinto distolse lo sguardo; poi lo sentì salutare i suoi amici e le si sedette accanto con uno sbuffo, come se fosse stanco morto:
«Sei ancora arrabbiata con me?».
«Non sono arrabbiata con nessuno» rispose stizzita Alice.
«Per farmi perdonare domani sera ti porto a vedere le stelle cadenti».
«Le stelle cadenti?!» Ripeté la giovane, ora incuriosita.
«Sì, è la Notte di San Lorenzo e secondo la tradizione popolare cadono le…»
«Lo so!» Proruppe lei. Conosceva la notte del 10 agosto: le aveva trascorse tutte in casa, da sola, con il naso all’insù, affacciata alla finestra della sua camera.
«Allora ci vieni?».
Alice lo osservò, soppesò l’immagine di lei da sola in stanza con quella in compagnia di Alessio e non ebbe dubbi:
«Ok!».
Il ragazzo calabrese le regalò il suo sorriso migliore, si rimise in piedi con uno scatto e quando fece per salutarla Alice gli chiese se fossero andati anche i suoi amici. Era ovvio che l’eventuale presenza di Gina la preoccupasse.
«Sì, ma stai tranquilla, sono simpatici».
Alice aveva i suoi dubbi, ma li tenne per sé.
 
Per quella serata speciale e unica fino a quel momento, la ragazza piemontese si cambiò d’abito tre volte! Infine, su consiglio di Rita, indossò un vestito a fiori, senza maniche, corto al ginocchio, che faceva molto estate.
Quando alle 21 e 30 uscì di casa si accorse che gli altri erano già lì. Gina – in shorts e camicia annodata sopra l’ombelico – era seduta sul sellino di un motorino; suo fratello Antonio le stava dinnanzi. Alessio era tra i due, adagiato con il bacino contro un altro ciclomotore, con indosso una camicia bianca di lino, le maniche arrotolate fino al gomito, e un pantalone di cotone color salmone.
«Finalmente!» sbuffò Gina sedendosi cavalcioni sul motorino e mettendolo in moto.
«Aspettate da tanto? Avreste potuto bussare, ero pronta» mentì Alice a disagio. Quella donna era capace di imbarazzarla ancor più della presenza di Alessio.
«Tranquilla, sei in perfetto orario» Antonio le tese la mano e si presentò, poi aggiunse: «Quella simpaticona lì è mia sorella Gina».
«Antò muoviti, mi sto morendo di sete!».
Il ragazzo dai capelli rossi fece spallucce strappando un sorriso ad Alice, quindi si accomodò alle spalle della sorella che con un’accelerata si immise nella carreggiata.
«Sei già stata a Diamante?» Le chiese Alessio e d’improvviso Alice parve ricordarsi di lui e del fatto che fossero rimasti da soli con un solo motorino. Lo vide sedersi e afferrare il manubrio, sapeva che avrebbe dovuto occupare il posto alle sue spalle, ma pareva immobilizzata: lei un appuntamento vero e proprio non ce l’aveva mai avuto.
«S-si… no, no. Non ci sono ancora stata. Pensavamo di andarci una di queste sere». Si mosse come un automa, goffa, per fortuna riuscì a sedersi dietro di lui senza intoppi. Immediatamente fu assalita dal suo profumo fresco, di agrumi.
«Ci andrai adesso» disse lui prima di mettersi in viaggio.
Alice scoprì che stargli aggrappata alla schiena era una bella e intensa emozione; chiuse gli occhi e assaporò il vento fra i capelli, la sensazione di stare sospesa nell’aria. Allora non poteva ancora saperlo, ciò che stava provando le sarebbe rimasto impresso nella mente e sulla pelle per il resto della vita.
 
Diamante era una piccola cittadina sviluppatasi sopra un promontorio della Riviera dei Cedri. Le vie strette fra le abitazioni antiche avevano un tocco di modernità dovuto ai murales del centro storico. Alice osservò ogni stradina e ogni angolo di quel paesino che si rivelò una piacevole sorpresa.
Accostarono nella piazza centrale già popolata, tutt’intorno i locali erano in piena attività, qualche giocoliere richiamava l’attenzione dei più piccoli, un pittore ritraeva il volto di una signora in posa per lui.
Gina e Antonio erano già lì, in compagnia della ragazza bruna e di un altro ragazzo. Alice osservò soprattutto quest’ultimo: nonostante non fosse slanciato e magro, indossava una camicia Hawaiana a maniche corte e un pinocchietto color pistacchio con sandali ai piedi. I capelli erano pochi e biondi. Si presentò come Gaetano:
«Ma puoi chiamarmi Titti, tesoro» precisò stringendole la mano, anche lui aveva una forte cadenza partenopea.
Alice scoprì che l’altra ragazza si chiamava Laura e veniva da Roma, soprattutto intuì che quei ragazzi si conoscevano da anni. Li sentì chiedersi degli esami all’università, dei test per entrare in questa facoltà o nell’altra; del lavoro e di quanti giorni di ferie avessero ancora prima di dover rientrare. Si sentì piccola e – di nuovo – inadeguata a stare lì.
Fecero rifornimento di cibo e bevande presso una rosticceria nascosta fra i meandri dei vicoletti, poi si arrampicarono lungo una salita fino a raggiungere un vecchio rudere dove si apriva una sorta di terrazza che un tempo doveva essere stata il ritrovo di turisti e non solo, ma che adesso era abbandonata a sé stessa. Eppure la vista da lassù era qualcosa da togliere il fiato: la luna splendeva in cielo specchiandosi sulla superficie appena increspata del mare, le stelle erano ancora poche.
«Mammamia, teng na famm!» Esclamò Gaetano rubando un paio di patatine fritte dalla porzione di Laura che prontamente ne risentì:
«Aò! Te le stai a magnà tutte te!».
Gaetano tossì e si colpì il petto un paio di volte, poi afferrò la birra di Antonio e ne bevve un lungo sorso, quindi ruttò.
«Sei proprio un maiale!» Disse Gina tra il divertimento e il disgusto, però risero tutti.
Anche Alice sorrise, trovando quei ragazzi completamente diversi dai propri amici di Ovada, più spontanei, più genuini. Antonio le porse la porzione delle sue alette di pollo fritte, lei ne prese una ringraziando e calò il silenzio. Quando l’addentò fu come se la bocca e la gola andassero a fuoco. Ebbe l’impressione di non riuscire a respirare, bevve mezza bottiglietta d’acqua, aveva le lacrime agli occhi, quando riuscì a parlare uscì solo un filo di voce.
«Va meglio?» Alessio le diede due leggeri buffetti sulla schiena che somigliavano più a carezze.
«Era piccantissima!» bisbigliò Alice.
«È il nostro rito d’iniziazione» disse Antonio mangiando un pezzetto di quel pollo senza batter ciglio.
«Che schiappa!» Gina pareva sempre indignata.
«Tesoro, non lo sai che il punto forte di Diamante è il peperoncino? Ci sta pure un museo dedicato» spiegò Gaetano.
«Non lo sapevo» la voce di Alice cominciava a tornare normale.
«Devi studiare sempre il territorio che intendi esplorare» Gaetano le strizzò l’occhio in modo vistoso e Alice arrossì.
Si erano accomodati sui resti di quel vecchio podere, dal mare si stava alzando una dolce brezza che sapeva di salsedine. Ogni tanto in lontananza si potevano scorgere le luci di qualche imbarcazione, forse un peschereccio, più in là qualche fuoco d’artificio.
Alessio si alzò per chinarsi alle spalle di Alice e offrirle uno delle sue crocchette, dinnanzi ai tentennamenti di lei sorrise, assicurandola che non fossero piccanti. Gina osservò la scena seduta a meno di un metro, qualcosa cominciò a roderle dentro. Com’era possibile che Alessio avesse per quella cosetta tutte le attenzioni del mondo e per lei niente?
«Alice» la chiamò, era la prima volta che pronunciava il suo nome e improvvisamente la cadenza dialettale era sparita dalla voce, le allungò la sua birra ma la ragazza piemontese rifiutò con garbo. «Non ti piace? O forse è perché dalle tue parti bevete solo champagne? A proposito, di dove sei?».
«Non bevo alcolici, non mi piacciono» si giustificò Alice imbarazzata. Alessio pareva teso. «Comunque sono di Ovada».
«Ovada?» Rise Gina. «Vado ad Ovada» continuò strappando qualche risolino a Laura e Gaetano. «E dove si trova precisamente?».
«In provincia di Alessandria».
«Ovada…» ripeté Gina scuotendo la testa, manco fosse la cosa più buffa che avesse mai sentito, quindi si accese una sigaretta.
«Quanti anni hai Alice? Tredici? Quattordici?» La scrutava con occhietti stretti stretti.
«Sedici».
Gina la studiò ancora prima di passarle la sigaretta che prontamente la giovane piemontese rifiutò.
«Madò!» esclamò la rossa, il suo accento spiccato era tornato alla ribalta. «Che verginella, mi fai toccà i nervi!» Concluse allontanandosi verso il parapetto della terrazza che dava sul golfo.
Alice sentì lacrime di vergogna bruciarle agli angoli degli occhi pentendosi di aver accettato quell’invito. La mano di Laura si posò sul suo ginocchio:
«Non darle peso. Ginetta è solo gelosa» le disse, eppure la piemontese non comprese il senso di quelle parole.
«Gina deve crescere!» Affermò Alessio tornando al suo posto, qui Antonio gli passò la sigaretta fumata a metà.
Quando Gina tornò gli altri non le diedero peso, intenti a conoscere un po’ di più la loro nuova amica. Alice raccontò di essere in quarta liceo e che sì, dopo il diploma avrebbe intrapreso gli studi universitari. Tutti loro erano già iscritti a qualche corso universitario, eccetto Laura che lavorava in un salone per parrucchieri. Lo stesso Alessio era iscritto a Economia e Commercio, sebbene gli sarebbe piaciuto studiare legge.
«Invece Gina da grande farà la dottoressa» confessò Antonio divertito. «Ha questa idea in testa da quando da piccola le regalarono “L’Allegro Chirurgo”» risero tutti.
«Che stronzo!» Esclamò la sorella, sorridendo a sua volta.
Il cellulare di Alice trillò, la ragazza si scusò prima di incamminarsi verso la terrazza per rispondere alla chiamata: erano i suoi genitori, i quali volevano solo rassicurarsi che fosse tutto ok!
Lo era, rispose.
Diciamo, pensò.
Chiudendo la telefonata rimase affacciata a contemplare il panorama. La luna era scomparsa dietro le montagne alle sue spalle in modo tale che le stelle potessero brillare come non mai. Erano tantissime, una miriade di puntini luminosi fissati in un velo scuro.
Alessio la raggiunse, stiracchiandosi rumorosamente per accennarsi, consultò l’orologio da polso e constatò che mancavano dieci minuti alla mezzanotte.
«Hai visto che panorama?!».
Lei annuì senza smettere di fissare il mare, si potevano udire le onde infrangersi contro la scogliera.
«Mi dispiace per prima, Gina a volte non riesce a controllarsi».
«Mi vede come un’intrusa».
«Ha esagerato».
Alice sorrise mestamente.
«Gli altri però sono simpatici».
«Sì, è vero… anche lei lo è, quando vuole».
«Vi conoscete da tanto?»
Alessio contò gli anni e ammise:
«Sì, tre o quattro anni con Antonio e Gina, un paio con Laura e dall’anno scorso si è aggiunto Gaetano alla troupe. O Titti, come gli piace essere chiamato» risero insieme, Alessio scosse la testa. «Che tipo!».
«Già» gli fece eco Alice mentre si stringeva nel suo stesso abbraccio.
«Hai freddo? Forse avrei dovuto dirti che di sera la temperatura si abbassa sempre».
«No, è piacevole».
«Erano i tuoi a telefono – scusa, ho origliato – devi rientrare? Ti accompagno se non puoi rimanere».
«Sono venuta per vedere le stelle e ci resterò fin quando non ne vedrò una!».
Alessio sorrise rilassandosi e Alice notò che i suoi occhi nella penombra della notte erano di un blu intenso. Un blu oltremare, avrebbe detto la sua insegnante di Arte e Disegno.
«C’è una credenza dalle nostre parti riguardo la Notte di San Lorenzo» disse d’un tratto il ragazzo con il naso rivolto verso l’alto.
«Ah sì? Come la leggenda di Cirella?» Il tono di Alice era pungente ma riuscì a strappargli un sorriso.
«Certo che te la sei proprio legata al dito. Ti ho chiesto scusa. Permalosa».
«Non sono permalosa!» Ribatté Alice dandogli un leggero colpetto sul braccio, poi gli chiese di raccontarle di quella credenza.
«È una cosa che abbiamo solo qua però, nelle altre zone d’Italia non esiste. In pratica, per siglare il desiderio espresso quando si vede una stella cadente, bisogna dare un bacio alla persona che si ha accanto in quel momento».
«Perché altrimenti il desiderio non si avvera?» Alice pareva perplessa.
«Esatto…» Alessio si chinò verso di lei, piano, muovendosi al rallentatore. Un attimo dopo la ragazza disse:
«Ma funziona solo se vediamo una stella cadente, no?»
Alessio si arrestò, aprì gli occhi, sorrise:
«Vero».
Rimasero con il naso all’insù, in attesa.
Alice non aveva più bisogno di tenersi le braccia intorno al corpo, improvvisamente sentiva un gran calore irradiarsi in tutto il corpo. Cosa gli era saltato in mente? Baciarla? Perché? Lei non aveva mai baciato nessuno.
Pensò alle sue amiche che di ritorno dalle vacanze  le avevano spesso confessato di amori estivi, effimeri ma intensi. Forse le infatuazioni erano proprio così: brevi e potenti, due giorni che valevano per due mesi. Si rivide quell’inverno, seduta in un bar con la Susi e la Gaia, a sorseggiare tè caldo alla pesca, mentre raccontava di quel bellissimo ragazzo, dalla pelle abbronzata, i riccioli morbidi, gli occhi dello stesso colore del mare. Di una notte di stelle cadenti e di vecchie leggende su principesse morte di mal d’amore.
Scrutò Alessio alla sua destra: il profilo perfetto, l’espressione seria rivolta verso il cielo in attesa che qualcosa si smuovesse. Come le era saltato in mente di allontanarlo e rifiutare il suo primo bacio?
E se non le fosse piaciuto?
E se ne fosse rimasta delusa?
Le sue amiche si esaltavano continuamente quando le parlavano di aver baciato questo o quello… perché per lei sarebbe dovuto essere diverso?
Certo che… era proprio bello!
Si schiarì la voce, sperando di attirare la sua attenzione, Alessio neanche la guardò. Lo stava facendo di proposito, sicuro.
«Alessio…» lo chiamò e questo finalmente si voltò, l’atteggiamento meravigliato di chi non si aspettava di trovarla lì. «Ho visto una stella cadente…» mentì.
«Hai espresso il desiderio?» Il ragazzo le prese le mani nelle proprie, erano così piccole, il candore della carnagione di lei strideva contro il suo colorito ambrato.
«Sì».
Un attimo dopo Alice sentì le labbra di lui premere contro le proprie, morbide, delicate, senza pretese. Quando si allontanò la testa pareva una bolla d’aria, leggera, vuota.
Felice.
«Adesso si avvererà» augurò Alessio.
 
Gina e gli altri avevano assistito da spettatori non paganti al loro primo bacio. Gaetano era su di giri, non faceva che ripetere che anche lui voleva incontrare nu bellu guaglione. Antonio e Laura ridevano prendendolo in giro, solo Gina era viola di rabbia. Si alzò e ordinò di dire a quei due che era ora di rientrare. Nessuno ebbe il coraggio di contraddirla.
Quando tornarono alle proprie abitazioni era mezzanotte e mezza passata. Gina rientrò in casa senza salutare, mentre Antonio la seguì con un cenno della mano e uno sbadiglio.
La strada era deserta, le luci nelle case spente, non si udiva alcun rumore, solo l’abbaiare di un cane in lontananza. Alice saltò giù dal motorino senza sapere bene cosa dire o come congedarsi, perciò disse la prima cosa che le passò per la mente:
«È proprio arrabbiata» riferendosi ovviamente a Gina.
«Le passerà» Alessio l’attirò dolcemente a sé, trattenendole i capelli con la mano dietro la nuca. «Stai bene anche con i capelli legati» le fece notare.
In effetti Alice tendeva a tenere i capelli sempre sciolti, si sentiva più a suo agio con la chioma a mascherarle parte del viso.
«Domani ci vediamo?» chiese lui.
«Al solito ombrellone».
Si sorrisero, d’istinto avvicinarono i volti e si baciarono. Alessio le passò le braccia intorno alla vita, la bocca premuta con veemenza. Alice capì che voleva di più, soprattutto scoprì che desiderava concederglielo. Schiuse le labbra, la sensazione della sua lingua che invadeva la propria bocca ebbe un doppio effetto: una parte di lei avrebbe voluto allontanarlo; d’altro canto le provocò una sensazione di piacere mai provato prima. Seguendo gli impulsi gli passò una mano dietro il collo e l’altra tra i capelli.
Sapeva di agrumi.
Quel primo vero bacio durò a lungo e quando si allontanarono rimasero qualche attimo ancora con la fronte poggiata l’uno all’altra. Sorridevano entrambi, lui rilassato e sicuro di sé; lei che si sforzava di respirare regolarmente, il cuore impazzito e un’assurda euforia che le attraversava il corpo, simile a tante piccole scariche elettriche.
Sì, quell’inverno anche lei avrebbe avuto qualcosa da raccontare alle sue amiche, ma non tutto. Decise che sarebbe rimasta sul vago, perché alcune sensazioni è bello custodirle nel cuore, simili a segreti indicibili, invece di professarle agli altri.

 
      ҉
 

Alice non seppe mai se Paolo e Rita avessero inteso qualcosa della sua storia estiva con il bello e gentile bagnino del lido, di sicuro gradirono le accortezze che lui sembrava riservare solo a loro. Le escursioni in canoa si moltiplicarono e il tempo si dilatò. Alessio cominciò a trascorrere la pausa pranzo in compagnia di Alice facendo il bagno all’ombra dell’Isola e improvvisandosi istruttore di nuoto:
«Il primo giorno che ti ho conosciuta mi sono ripromesso che ti avrei insegnato a nuotare e lo farò!» Le diceva per motivarla e lei, poco a poco, stava riuscendo nell’impresa.
La mattina del 13 agosto però tutto mutò. Gina avvicinò Alice, la quale se ne stava rilassata sulla sua ciambella multicolore.
«Bel salvagente» esordì la ragazza partenopea.
«Me l’ha regalato mio padre» perché sentiva sempre il bisogno di giustificarsi con quella?
Gina la osservò a lungo, gli occhi stretti.
«Ho notato che osservi spesso l’Isola, deve piacerti molto…».
«S-si» balbettò la piemontese in apprensione.
«Già… immagino sia perché Alessio ti abbia raccontato la favoletta della principessa e del pirata». Alice deglutì, come faceva a saperlo? «Un po’ come fa con tutte» calcò l’ultima parola.
«Tutte?».
Gina sorrise dinnanzi all’espressione allarmata della ragazza di Ovada.
«Tesoro, non avrai creduto che l’abbia inventata per te?! È una sorta di prassi: conosce una ragazza, la invita in canoa e le racconta la favola per far colpo». Pensò di precisare: « Finora deve averlo già fatto cinque o sei volte da quando sono arrivata».
«E-e quando sei arrivata?».
«Sono qui dalla fine di luglio, non so nei mesi precedenti cosa abbia combinato.» Di nuovo quegli occhi stretti, poi Antonio la chiamò dalla spiaggia. «Non stare a pensarci troppo, dopo di te ce ne saranno altre e altre ancora. In fondo è solo una storiella estiva…».
Gina andò via lasciando Alice in preda a un vortice di emozioni negative: rabbia, tristezza, delusione. Inconsciamente cercò e trovò Alessio, stava chiacchierando allegramente con un gruppetto di persone, una ragazza rideva con lui.
Era sempre stato così espansivo con le altre o solo adesso notava quella parte di lui?
Tornò a riva, Alessio la raggiunse e per abitudine le tese la mano per aiutarla a uscire dall’acqua, lei la rifiutò. Lui la seguì:
«Ehi, tutto ok?» silenzio. «Ci vediamo stasera?».
«No».
Alessio si arrestò, le chiese cosa avesse, però lei aveva già raggiunto i suoi sotto l’ombrellone.
 
Alice quella sera restò a casa, furiosa con Alessio, ma soprattutto con sé stessa. Era un’ingenua, un’allocca, una bambina che aveva giocato a fare la donna con un ragazzo più grande. Davvero aveva creduto che per Alessio – ventiduenne bello, simpatico e intelligente – lei fosse la donna della sua vita?
Non era altro che una goccia nell’oceano…
Il giorno seguente supplicò i suoi genitori di non andare al mare, perciò decisero di salire fino a Diamante a comprare qualche souvenir. Nel pomeriggio Rita cominciò a preparare le valigie: il 16 sarebbero ripartiti, fine della vacanza.
Alice provò una sorta di sollievo al pensiero di tornare nella sua città, tra volti noti e un dialetto comprensibile. Avrebbe raccontato a Susi e Gaia della sua estate? Forse.
La mattina del 15 però non ci fu scampo: Rita e Paolo non avrebbero rinunciato all’ultimo giorno di mare, senza contare il fatto che si trattava del Ferragosto.
Alessio li accompagnò all’ombrellone, cercò più volte lo sguardo complice di Alice, senza mai trovarlo. Alla fine augurò loro buona giornata, informandoli sulla festa che si sarebbe tenuta quella sera al lido per festeggiare la fine dell’estate. Ci sarebbero stati fuochi d’artificio, un falò, la musica e il tradizionale bagno di mezzanotte. Rita si dimostrò entusiasta, Alice no.
«Puoi venire con noi» le disse Alessio. «Ci sarà anche Titti» rise.
«Non credo verrò» fu la risposta secca di lei.
Per tutta la giornata Alessio non la perse mai di vista, perciò la ragazza si mosse solo in compagnia dei suoi genitori. Sapeva che avrebbe dovuto dargli una spiegazione per quel repentino cambio di umore, eppure non voleva affrontare la discussione, non ne scorgeva l’utilità considerando che il giorno dopo sarebbe ripartita.
Alessio le aveva anche inviato qualche messaggio sul cellulare per sapere cosa le prendesse, se l’avesse offesa in qualche modo. L’ultimo messaggio in particolare era stato un imperativo: “Dobbiamo Parlare!”.
Ovviamente Alice restò fedele a sé stessa e non gli rispose mai.
 
Quella sera la ragazza si preparò controvoglia, nonostante una parte di lei desiderasse andare a quella festa (probabilmente per vederlo un’ultima volta, per salutare il mare, dire addio all’Isola di Cirella).
Si studiò allo specchio: la pelle era diventata più liscia e abbronzata, scacciando il pallore grigiastro; i capelli si erano schiariti con riflessi bronzei. Da quando Alessio le aveva detto che stava bene con i capelli legati aveva spesso optato per comode code di cavallo o trecce laterali, però dopo la chiacchierata con Gina era tornata alla sua acconciatura preferita: sciolti ai lati del viso.
Indossò il costume sotto l’abito. Non aveva intenzione di farsi il bagno a mezzanotte – cosa che sicuramente avrebbero fatto Alessio e gli altri –, ma non si poteva mai sapere…
 
La spiaggia si era trasformata completamente per l’occasione: una parte degli ombrelloni era stata tolta per fare spazio all’enorme falò le cui fiamme tendevano verso il cielo. La zona ristoro si era trasformata in una pista da ballo, nell’angolo un giovane dj invitava i ragazzi a non essere timidi, l’estate stava volgendo al termine, non era quello il tempo dei rimpianti.
Alice cercò Alessio, non lo vide; in compenso notò Gaetano sbracciarsi per salutarla e decise di raggiungerlo. Con lui c’erano anche Laura, Antonio e Gina. Dopo qualche battuta e un paio di birre Gaetano chiese ai suoi amici di ballare, nessuno parve entusiasmarsi all’idea, quindi tornò a sedersi imbronciato. Stavano ridendo al racconto di Antonio su quanto l’amico fosse sgraziato nel ballo, quando giunse anche Alessio. Ad Alice il cuore fece un balzo nello stomaco. Dopo i saluti di rito e un sorso di birra, Alessio le si rivolse:
«Ti devo parlare, possiamo-».
«Titti, balliamo!» La ragazza afferrò Gaetano e lo trascinò al centro della pista. Qui non mosse neanche un braccio, restò immobile, guardandosi attorno con apprensione, temendo di veder spuntare Alessio da un momento all’altro. Pensò di raggiungere i suoi genitori, ma li aveva persi di vista da un pezzo.
«Alice, tesoro, è successo qualcosa con Alessio?».
«No» ed era vero, direttamente con lui non era accaduto nulla.
«E allora perché lo tratti così?».
Lei lo guardò, bella domanda: perché?
Perché non aveva il coraggio di dirgli della sua delusione; perché non poteva confessargli che saperlo con altre ragazze le faceva ribollire il sangue di rabbia; perché era triste, quella sarebbe stata la loro ultima notte insieme eppure non riusciva a trovare il coraggio di salutarlo.
«E adesso un lento per tutti gli innamorati!» annunciò il dj.
Gaetano le posò le mani sui fianchi e lei sulle spalle.
«Alessio è un bravo ragazzo. Mai un dispetto, una discussione o un’allusione al mio essere gay. Se ti ha offesa dovresti parlarne con lui».
«Non è semplice» biascicò Alice.
«Secondo me lo è» continuò Titti indietreggiando, fece l’occhiolino, poi le diede le spalle e sparì.
«Balli con Titti, non ti va di stare con me per la tua ultima sera qui?».
La voce di Alessio giunse piano e calma alle sue spalle, tuttavia simile a uno tsunami. Inerme lasciò che lui la stringesse a sé, muovendosi al ritmo lento della musica. Sapeva di fresco e di agrumi e per la prima volta Alice comprese quanto le fosse mancato tutto di lui, il rimpianto di quei giorni iniziò a scavarle dentro.
«Ho parlato con i tuoi, mi hanno detto che domani partirete».
«Si».
«E pensavi di salutarmi oppure no?!».
Alice non rispose e dal sospiro di lui comprese che si stava innervosendo.
«Io non riesco a capire cosa ti passi per la testa, io non so-»
«A quante ragazze hai raccontato la favoletta di Cirella?» Il tono di lei cambiò in un attimo. Lui scosse il capo. «Quante ragazze hai sedotto con la gita in canoa? E quante dopo che sarò andata via?».
«Frena, ok? Frena. Di cosa stai parlando?».
Avevano smesso di ballare.
«Magari hai fatto la stessa cosa con Gina. Adesso ho capito perché è sempre stata così scontrosa con me».
«Alice…» sospirò lui, «hai parlato con Gina, dovevo aspettarmelo».
«Già, dovevi…» così dicendo la ragazza si allontanò a grandi falcate, le lacrime pronte a cadere. Scovò un lettino libero in fondo alla fila di ombrelloni, lì non c’era gente.
Alessio la raggiunse, silenzioso si sedette alle sue spalle, attendendo che il pianto cessasse. Nel frattempo osservò il fuoco il cui calore giungeva fino a loro, lo scoppiettio della legna faceva da sottofondo, alternato al brusio delle onde. Si sarebbero potuti godere quella notte magica, peccato fosse andata così…
«Due anni fa Gina confessò di volermi bene, disse che ero diventato una specie di ossessione per lei. Viveva in attesa dell’estate. Io però non ho mai ricambiato i suoi sentimenti, per me era solo la sorella di un amico che veniva a trascorrere le vacanza al mare. Da quel giorno ha provato a conquistarmi in ogni modo, pensa che per il mio compleanno – che cade a marzo – mi fa ricevere ogni anno un regalo a casa. Eppure non riesco a farmela piacere. È indubbiamente una bella ragazza, intelligente, ma la trovo volgare». 
Alice lo guardò:
«Volgare?».
«Sì, non saprei come altro spiegartelo. Volgare nei modi, nel parlare, nell’approcciarsi agli altri. È un’arrivista e lo ha dimostrato con te. La sua gelosia la porta a fare cose sconsiderate, condizionando la vita altrui. Ammetto di avere le mie colpe, avrei dovuto metterti in guardia da lei fin da subito».
«Mi ha detto che corteggi tutte allo stesso modo: le porti all’Isola e racconti la storia di Cirella».
Alessio rise con amarezza.
«La storia di Cirella la inventammo io e Antonio perché lui voleva fare colpo su una ragazza e così, un pomeriggio, ci divertimmo a mettere su questa storiella romantica. Ho deciso di tentarla con te poiché non sei della zona e non avresti potuto conoscerla».
«Non l’hai mai usata con le altre?».
«Certo che no! Gina sa che te l’ho raccontata perché lo confessai ad Antonio».
Alice si sentì stupida, perché non gli aveva parlato prima? Avrebbero evitato di perdere quei due giorni e adesso non c’era più tempo. D’improvviso un fuoco d’artificio illuminò il cielo, stelle filanti vennero giù simili a una cascata colorata.
«È mezzanotte» disse lui. «L’estate è finita» aggiunse malinconico.
La ragazza lo osservò a lungo per non dimenticarlo più. La rabbia provata in quei giorni scemò, adesso aveva il cuore colmo di gioia, nonostante quelle fossero gli ultimi attimi da trascorrere insieme.
Un boato più forte esplose in cielo, attraversato da una specie di uccello dalle piume brillanti.
«Wow! Hai visto, sembrava una fenice…» Alessio si voltò a guardarla accorgendosi che l’attenzione di Alice era solo per sé. Entrambi si sporsero a baciarsi. In quel tocco c’era tutta l’urgenza di recuperare il tempo perduto, estirpando – se possibile – il rimpianto già radicato in lei.
Le urla di gioia della gente che si riversava in mare fu come un gong di chiusura. Mancava solo il bagno di mezzanotte, asciugarsi davanti al fuoco e poi l’estate poteva davvero dirsi conclusa.
«Ci tuffiamo?» Chiese Alessio, la fronte contro quella di Alice.
«Certo, ormai non ho neanche più bisogno della ciambella» sorrise, alla fine aveva imparato a nuotare.


 
     ҉
 

Oltre le vetrine del coffee bar pioveva a dirotto. L’orologio alla parete segnava le 17:00.
Alice teneva la tazza di cioccolata fra i palmi, il tepore misto al suo odore dolciastro era confortante; Susi e Gaia stavano discutendo di scuola, intanto lei aspettava.
17:03
«Ali, ma che hai?» Le chiese Susi.
«Niente».

17:05
«Sei strana…».
«Da quando ti sei fatta quel taglio alla femme fatale ti sei montata la testa» intervenne Gaia, sghignazzando.
17:09
Alice si vide riflessa nella vetrata. Dopo l’estate aveva deciso di farsi un nuovo taglio, non era più la persona di quando era partita per la Calabria e cominciare dai capelli era sembrato un buon modo per farlo capire anche agli altri. Adesso li portava corti sopra le spalle, li aveva schiariti un po’, donando qualche riflesso naturale.
17:11
«Vuoi conquistare il mondo con-»
Il telefono di Alice trillò, distrattamente si scusò con le sue amiche e si allontanò, rispondendo alla chiamata:
«Ciao Alice».
«Ciao Alessio».


 

Fine

  
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