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Autore: Belarus    20/10/2020    1 recensioni
"Dall’alto dei suoi due metri e delle batoste prese nella sua breve vita, Kidd la osservò mordicchiarsi la bocca e un pensiero lo investì, facendogli lanciare di mal grazia la rivettatrice nel carrello degli attrezzi.
«Che si fottano loro e tutta la classe dirigente di Marijoa. Puoi stare da me.» annunciò serio, facendo scappare a Killer la saldatrice accesa di mano."

[AyaKiddAU con la simpatica collaborazione di Law in veste di vicino]
Storia partecipante{o quasi} al Writober2020 indetto su Fanwriter.it
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Eustass Kidd, Nuovo personaggio, Trafalgar Law
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Teru-Teru Bouzu '
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Titolo: Shiawasenashi - La morte felice
Genere: Generale, Commedia.
Prompt: Vento
Personaggi: Nuovo personaggio; Eustass Capitano Kidd; Trafalgar Law; Heart pirates.
Note: Sono in ritardo… chiedo venia, non sto sparendo ve lo assicuro, ma ho degli impegni che mi rubano tempo prezioso e ho potuto rimediare solamente oggi. Ad ogni modo è una shot in cui succede e non succede nulla, c’è una fase di stallo, ma mi piaceva l’idea di mettere Kidd e Law faccia a faccia, per cui eccoveli con sommo dispiacere di Aya che se ne sta là in mezzo a farsi schiaffeggiare dal vento. Come sempre ringrazio chi legge, chi ha aggiunto addirittura la storia a preferite, lette e ricordate, e ovviamente Heaven che recensisce imperterrita dandomi iniezioni di coraggio. Un abbraccio e alla prossima mes amis~



#07. Vento





A lei piaceva passeggiare. Vedere come cambiava la città ad ogni angolo, scoprire cosa poteva nascondersi in una piazza incastrata tra gli edifici, salire in cima al tetto di un grattacielo per sbirciare i dintorni, erano tutte azioni banali che non potevano essere compiute da un auto, un tram o sulla metro. Prendere i mezzi le sembrava un po’ una stregoneria, saltavi a bordo lasciandoti un minimarket alle spalle e quando scendevi, ti ritrovavi di fronte la banchina del porto senza aver davvero capito cos’era successo in mezzo. Nelle rare occasioni in cui la sua famiglia decideva di schiodarsi dal loro palazzo pieno di lusso e inutilità per andare altrove, le veniva sempre imposta quella tipologia di trasferimento lampo. Certo, non con quei mezzi così economici e democratici, ma sempre stregonerie erano ai suoi occhi. A loro d’altronde importava la metà – per qualche ora, giorno al massimo – non come ci si arrivava o cosa c’era oltre le porte perché, come sua madre ripeteva sempre: “Cosa mai potrà esserci là fuori di superiore a ciò che abbiamo già?!”. Tutto avrebbe voluto replicare Aya, ma rinunciare a spiegar loro come stavano le cose era meno doloroso del sentirsi insultare o peggio, restare chiusa in casa a riflettere sulle presunte grazie che le avevano concesso i suoi amati e generosi genitori. Per cui adesso che poteva finalmente scegliere di camminare lo faceva sempre, fosse stato anche per attraversare mezza città, ma con quel vento aveva dovuto arrendersi anche lei con la sua perseveranza. Ci aveva provato a dirla tutta, Law, che aveva incontrato per caso alla fine del turno in ospedale, l’aveva accontentata finché non avevano raggiunto le sponde del fiume e una folata aveva minacciato di scaraventarli di sotto dopo averli tramortiti con cinque o sei rami di ciliegio strappati dagli alberi. A quel punto l’aveva fisicamente ficcata nella metro di peso senza interpellarla, i capelli scarmigliati come non mai e qualche foglia di troppo dove non avrebbe dovuto.
«Sembra una tempesta tropicale! Non è ancora neppure la stagione giusta!» lamentò Shachi, riparandosi il viso con la falda del cappello e un braccio alzato, mentre sbucavano nuovamente nella piazza in cui sia lei che Law abitavano.
Non era molto grande, in una zona economica come quella era quasi impossibile trovare spazi ampi al di fuori dei parchi, ma lo era comunque a sufficienza da fare incanalare il vento tra i palazzi e creare più scompiglio del dovuto. Come poi se mancassero le difficoltà date dal meteo lì, ogni volta che pioveva era come stare in mezzo all’oceano in burrasca… stando al balcone della cucina, la prima volta che aveva visto tutta quella pioggia cadere a dirotto aveva avuto l’impressione d’essere su una nave che sarebbe colata a picco da un momento all’altro.
«È colpa del vortice di bassa pressione previsto per questo week-end, lo dicevano anche al notiziario della mattina. » s’intromise Penguin, tirando su il bavero del giaccone.
A quella precisazione Shachi gli scoccò esasperato un’occhiataccia, fermandosi un attimo a squadrarlo.
«Il notiziario del mattino?! Cosa sei mio nonno?! Dovresti proprio trovarti una ragazza fissa Pen! Aspetta, Aya-sama lei non ha un’amica disponibile per caso? Sarebbe meraviglioso!» s’informò curioso, fissandola con una tale attesa da farla ridacchiare.
«Glielo chiedi per lui o per te?» bofonchiò con innocente curiosità Bepo e a Shachi venne di colpo un tic all’angolo della bocca nell’essere stato scoperto.
Si trattenne dallo scoppiare del tutto per non farlo vergognare oltre, mentre crudeli invece Penguin e Law lo affossavano da buoni amici quali erano con frecciatine e ghigni saputi, ma ci pensò seriamente su, valutando se potesse esserci una qualche possibilità di un incontro organizzato.
Sfortunatamente però lei non era la persona adatta. Non era mai stata popolare in quel senso, non lo era stata in passato quando i rapporti erano quasi obbligati pur di fare bella figura e non lo era neppure nel presente. La sua lista attuale di amiche, incontrate per caso e per cui era ancora incredula, si riduceva a due nomi soltanto e se una pianificava ancor prima del fidanzamento fantasiosi matrimoni, l’altra aveva la spiacevole abitudine di pianificare ormai solo funerali. Non aveva molte altre conoscenze femminili purtroppo e quelle con cui era solita parlare non le avrebbe definite certo amiche, qualche volto noto haii, magari nel quartiere o nella zona commerciale due incroci più su. C’era la nipote della proprietaria della lavanderia, la bionda con il caschetto che aiutava la vecchia Nyon-ba ogni tanto e di cui Aya non aveva ancora capito la parentela ammesso che vi fosse, le sorelle del palazzo di fronte con quelle assurde acconciature, la ragazza del piano di sopra, ma quella era strana persino per i suoi standard… no, non era proprio la persona adatta a combinare appuntamenti. Però conosceva qualcuno che una lista parecchio più fornita l’aveva!
«Temo proprio di doverti deludere Shachi, gomen. Ma potrei chiedere ai ragazzi in officina! Non conosco esattamente dettagli e rapporti, ma direi che hanno di certo più successo di me nel campo!» rifletté con i capelli che le schiaffeggiavano le guance arrossate e mentre Law la osservava in silenzio con una strana espressione, il destino le venne in contro, spingendo Kidd a cacciar fuori la testa dalla rimessa buia in cui lavorava quasi si fosse sentito chiamare all’appello.
«Kidd!» lo salutò, ritrovandosi d’istinto a sorridere nel rivederlo.
Con la tuta da lavoro lercia e sbottonata, incurante dell’abbassamento di temperatura causato dal vento, lo vide voltarsi nella sua direzione con la solita aria scocciata, ma qualcosa dovette andargli di traverso poiché dopo un attimo di blocco, Aya lo vide letteralmente marciare a passo di carica verso il loro gruppetto, armato di un crick. Avvertì Shachi aggrapparglisi al braccio in uno slancio di disperazione e persino Penguin si mise in allerta, convincendosi a raddrizzare il collo dal colletto dentro cui se n’era stato rintanato a causa delle folate eccessive tra i palazzi.
«N-no Aya-sama, davvero, va bene così!» provò a fermarla Shachi, cacciando fuori un verso strozzato da animale morente quando il rosso gli si parò davanti e la tirò indietro per l’altro braccio.
Aya spostò lo sguardo da Shachi a lui, nel tentativo di rimproverarlo per la scarsa educazione che lo contraddistingueva soprattutto in circostanze pubbliche come quella, ma Kidd nemmeno se ne accorse, troppo impegnato in quella che pareva una sfida d’occhiate con Law.
«Trafalgar.»
«Eustass-ya.» e aveva decisamente sbagliato avversario.
Ammirata per quel “maturo” scambio di saluti sui cui toni era decisamente il caso di sorvolare ignorando persino la curiosità di sapere che avessero tanto da puntarsi, si mise in mezzo, lottando con i riccioli perché non le offuscassero la vista in quel suo tentativo di migliorare il clima. Della conversazione almeno, perché quello meteorologico era bello che andato.
«Kidd… tu o uno dei ragazzi, conoscete per caso qualche ragazza libera, senza troppa passione per i localini, divertente, bella ma magari con dei gusti appena appena più sobri dei vostri?» chiese imperterrita, più che convinta che potesse esserci una minima possibilità.
Le ragazze che frequentavano e in cui lei si era imbattuta non erano esattamente ciò che immaginava piacesse a Shachi o Penguin, ma doveva pur esserci qualcuna che andava bene.
«Perché Trafalgar, non riesci a trovarti una donna?» lo provocò divertito Kidd, persistendo nel puntarlo.
«So fare da solo Eustass-ya, ma sei gentile a preoccuparti per me.» ghignò Law, altrettanto provocatorio e sebbene a lui fosse riuscito mantenere la calma lo stesso non si poté dire di Kidd che scattò come una molla per chissà cosa in quella frase tanto banale.
E non stava andando bene, affatto. Era come assistere ad una negoziazione tra due paesi in guerra da secoli, solo che lì il buon senso era inesistente e non impediva a nessuno di venire alle mani, cosa che sarebbe di certo avvenuta a giudicare dalle vene sul collo di Kidd.
«Sono gentile a non toglierti a pugni dalla faccia quel cazzo di sorrisetto, ma posso comunque ripensarci.» minacciò, stringendo la presa sul crick e Aya decretò fosse decisamente abbastanza per quel giorno.
La discussione era ormai ad un punto morto e se quei due non si fossero separati lì ci sarebbe stato anche qualcun altro morto, tanto valeva per il bene di tutti troncarla e andare a ripararsi da quel vento.
«E con questo io direi che è ora di andare… per favore.» incitò Kidd, piantandogli le mani sul torace per fargli muovere almeno un passo indietro.
Per un lungo momento tuttavia i suoi spintoni furono vani e lui rimase immobile, al centro della piazza, minacciando Law con la sola presenza, mentre dal suo canto il moro non pareva voler fare diversamente.
Se ne stava là, immobile con quel suo ghigno autografato, studiando Kidd come avrebbe fatto con un esperimento umano e lei con un interesse altrettanto bizzarro che le fece chiaramente sentire i suoi occhi addosso, mentre spingeva indietro e a vuoto il rosso. Poi, così come aveva cacciato fuori la testa dall’officina, Kidd si sbloccò stranamente e dopo averla arpionata per un polso senza darle il tempo di salutare, ritornò indietro trascinandola con sé tra un grugnito scocciato e l’altro.
«Kidd... ce la faccio, davvero! Sono venuta a piedi dalla fermata della metro! Non mi porta via il vento!» provò a rassicurarlo, sentendosi una bambina nell’esser tenuta per mano da lui.
«Come se fosse il vento il cazzo di problema.» borbottò Kidd, la fronte aggrottata e la mascella ancora serrata, ma lei non riuscì a distinguerne le parole.
«Cos’hai detto? Non ti sento se borbotti con queste raffiche.» si scusò, facendolo scoppiare del tutto.
«Muovi il tuo fottuto culo donna!»




  
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