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Autore: dreamlikeview    24/10/2020    3 recensioni
[3/3 di "What if we had been friends?"]
Cosa sarebbe successo se, al sesto anno, Harry Potter avesse aiutato Draco Malfoy, invece di duellare con lui? E cosa sarebbe successo se Draco, invece di attaccare Harry, avesse accettato il suo aiuto, mettendo da parte l'orgoglio?

«Prendi la mia mano e accetta il mio aiuto, non è troppo tardi, io posso aiutarti» disse «Mettiamo da parte l’odio, mettiamo da parte le nostre divergenze e alleiamoci contro di lui, insieme possiamo vincere». Il biondo gli fissò la mano e deglutì, poteva fidarsi di lui?
[Drarry, long]
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'What if we had been friends?'
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Disclaimer: Né i personaggi, né il loro mondo mi appartengono. Questa storia è scritta senza alcun fine di lucro e non intendo offendere nessuno con questa. I personaggi tendono ad essere un po’ OOC (ma non troppo, non credo di averli stravolti troppo, per questo non l’ho segnalato) e c’è un “What if?” grande quanto una casa, lettori avvisati mezzi salvati.
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Take my hand

Prima Parte: Light up the dark

Capitolo 2: Into your mind (pt.1)




Quel sabato mattina, Harry era nervoso. Due giorni prima, aveva avuto l’ennesima discussione riguardante il Quidditch con Ginny e con Ron, che si era conclusa. Secondo loro, non aveva abbastanza a cuore la squadra, visto che la stava abbandonando, aveva saltato molti allenamenti e aveva comunicato che non avrebbe giocato la partita decisiva per passare la giornata con Malfoy. Harry non avrebbe mai voluto che una situazione del genere accadesse, amava il Quidditch, lo aveva amato fin dalla prima volta che ci aveva giocato, ma… le cose erano diventate più complicate ed era passato in secondo piano, ma sotto un certo punto di vista avevano ragione: aveva un po’ perso interesse da quando era iniziata la storia di Malfoy. Prima voleva scoprire i segreti del suo rivale, poi aveva voluto aiutarlo e… adesso doveva collaborare con lui. Sarebbe stato strano, sarebbe stato umiliante sotto molti punti di vista, ma era necessario. Ne aveva parlato anche con Silente, era necessario che lui tenesse Voldemort fuori dalla sua testa, soprattutto adesso che avevano scoperto qual era il suo punto più debole: se avessero trovato e distrutto tutti gli horcrux, sarebbe stato possibile ucciderlo. Quindi doveva “darsi un pizzico sulla pancia” – uno bello forte – e lasciare che Malfoy gli insegnasse l’Occlumanzia. Quell’idea non gli piaceva per niente, detestava che tra tutti proprio quel maledetto Serpeverde esplorasse la sua mente col fine di fargli imparare quella pratica magica. Con Piton non aveva funzionato, anche perché Harry non si era davvero ribellato a quelle intrusioni, anzi, aveva giocato sporco e aveva esplorato i ricordi del professore per farlo arrabbiare e per interrompere quegli incontri. Piton si stava avvicinando troppo a scoprire cose che non avrebbe mai voluto sapesse.
Avrebbe fatto di tutto per impedire a Malfoy di vedere la parte più tormentata, segreta e nascosta di sé, forse era per questo che il preside li aveva affiancati per quel compito: sapeva che la loro competizione era a quei livelli. Forse avrebbero anche ottenuto dei risultati. Tuttavia, non poteva permettere che quello danneggiasse le sue amicizie e la sua squadra.
Per questo, quando si era diretto verso la Stanza delle Necessità, aveva deciso che avrebbe parlato con Malfoy, avrebbero affrontato quella prima lezione di Occlumanzia, subito dopo la partita di Quidditch, non poteva perderla, lo doveva soprattutto ai suoi compagni di squadra visto che si era rivelato un capitano inaffidabile.
Così aveva raggiunto il settimo piano, dove il Serpeverde lo attendeva con un ghigno enorme sul volto, proprio davanti all’ingresso della stanza magica che si era appena manifestata.
Godric, aiutami tu – pensò, mentre si avvicinava a lui.
«Ben arrivato, Potter, iniziavo a temere che i tuoi amichetti avessero dato di matto e ti avessero legato da qualche parte nella torre dei Grifondoro» scherzò il biondo, guardandolo con curiosità «Allora sei pronto?» chiese.
«Ho spiegato a Ron, a Hermione e a Ginny la situazione…» lo sguardo di Draco per un momento si rabbuiò, probabilmente il biondo immaginò che il Grifondoro avesse raccontato tutto ai suoi amici e lo avesse umiliato. «Non ho rivelato niente di quello che so di te» si affrettò ad aggiungere, come se avesse interpretato il suo pensiero «Non sono così meschino. Ho solo detto loro che io e te collaboreremo, perché l’ha deciso Silente e ho detto che voglio aiutarti ad uscire dalla brutta situazione in cui sei» spiegò brevemente «E no, non ho detto niente del tu-sai-cosa, ho detto semplicemente che sei in pericolo a causa di tuo padre che collabora con quel mostro» concluse. L’altro annuì, leggermente sollevato e anche sorpreso, non credeva che potesse coprirlo in quel modo. Sapeva che Potter era una persona corretta – a differenza sua – ma aveva temuto che potesse rivelare troppi dettagli ai suoi amici o che avesse usato le informazioni che aveva contro di lui. Sarebbe stato terribile, davvero, ma non era da Potter comportarsi in quel modo. «Ma… devo chiederti di spostare la lezione a oggi pomeriggio» aggiunse immediatamente «C’è l’ultima partita oggi e…»
Draco sbuffò incrociando le braccia al petto «Perché non l’hai detto prima?»
«Perché me ne ero dimenticato e… senti, lo so che non ti importa nulla di me, ma per favore, Malfoy, puoi venirmi incontro?» chiese. E chiederglielo in quel modo gli costò tanto, una parte del suo orgoglio si ferì, ma con gli altri la tensione era già alle stelle e non voleva peggiorare la situazione, inoltre se avesse affrontato di nuovo l’Occlumanzia con un atteggiamento ostile, come aveva fatto con Piton, sarebbe stato controproducente, non avrebbe imparato nulla e Voldemort l’avrebbe sopraffatto di nuovo. Aveva già perso Sirius, non desiderava perdere nessun altro.
«Ma certo» replicò Draco, seccato «Sarà un piacere vedere Grifondoro perdere la partita decisiva del campionato, ho proprio bisogno di farmi due risate».
Harry alzò gli occhi al cielo e lo ringraziò, borbottando tra i denti un non sei per niente simpatico, prima di correre via, verso i piani inferiori e, successivamente, verso il campo di Quidditch. Entrò nello spogliatoio all’ultimo secondo, annunciando che avrebbe giocato, si scusò per il ritardo, guadagnandosi le occhiatacce di Ginny e di Ron, quest’ultimo gli lanciò la divisa e gli intimò di muoversi, perché avrebbero giocato entro pochi minuti. Harry annuì e si cambiò in fretta. Raggiunse velocemente i suoi compagni di squadra, che si scambiarono occhiate preoccupate con i due Weasley.
«Vi chiedo scusa se in quest’ultimo periodo sono stato un po’ distratto» disse il capitano «Ma ci siamo allenati tanto e sono sicuro che oggi vinceremo». Gli altri giocatori lo guardarono perplessi «Forza, andiamo in campo e facciamo vedere a tutti chi sono i Grifondoro!» esclamò. Tutti annuirono, esultarono non troppo convinti e poi afferrarono le loro scope, pronti ad entrare in campo. Avrebbe voluto avere un minimo del talento di Baston nel coinvolgere i compagni. I suoi discorsi d’incoraggiamento erano penosi, quelli del vecchio capitano erano più motivanti. Nessuno amava il Quidditch più di Baston, poco ma sicuro. Aveva un ottimo presentimento per quella partita, era sicuro che avrebbero vinto, nonostante tutto.
Giocarono bene, meglio di quanto il capitano si aspettasse, e, dopo un’ora e mezza di gioco, Harry afferrò il boccino d’oro, dopo essersi catapultato verso di esso alla velocità della luce, schiantandosi quasi al suolo nell’intento di afferrare la pallina d’oro prima dell’altro cercatore.
«Harry Potter ha preso il boccino d’oro!» esclamò il commentatore «Grifondoro vince!» urlò, dopo il fischio di Madama Bumb. Tutti i Grifondoro scesero verso di lui, esultando, complimentandosi con lui per aver portato Grifondoro alla vittoria ancora una volta. Ginny gli si avvicinò entusiasta e lo abbracciò, come se avesse dimenticato tutto quello che si erano detti nei giorni precedenti, come se avesse dimenticato ogni cosa, lo abbracciò così forte che Harry non riuscì a trattenersi e la strinse a sé con forza, anch’egli felice, contento che avesse messo da parte, almeno per il momento, la loro ultima discussione. Non seppe per quanto tempo rimase a stringerla tra le sue braccia, ma fu abbastanza per fargli passare la tensione che lo stava accompagnando in quel momento, prima del suo incontro con Malfoy. Ron si limitò a lanciargli un’occhiata stranita, ma non gli disse nulla; Harry sapeva che il suo amico avesse bisogno di altro tempo, prima o poi avrebbe capito le sue motivazioni e l’avrebbe sostenuto, come aveva sempre fatto.
«So che ho reagito male» gli disse la ragazza, quando si staccò da lui «Ma sono con te, sappilo».
«Ti ringrazio, Ginny» le rispose e le baciò una guancia con delicatezza, le gote della ragazza si tinsero di rosse e Harry pensò che fosse molto carina. Madama Bumb si avvicinò a loro, tenendo la coppa tra le mani e la consegnò al capitano il quale la sollevò al cielo insieme agli altri compagni di squadra e tutto lo stadio esplose in urla di giubilo. I festeggiamenti si spostarono prima negli spogliatoi, poi nella Sala Comune. Harry avrebbe voluto approfittare di quel clima gioioso per parlare con Ron, ma non riuscì a farlo, perché il rosso tendeva a tenersi lontano da lui. Forse doveva aspettare che fosse proprio il suo amico a cercare un confronto con lui, quando sarebbe stato pronto a parlare di ciò che stava accadendo.
Subito dopo aver festeggiato la vittoria con gli altri grifoni, Potter si congedò dai suoi compagni di squadra e di casa, e raggiunse la Stanza delle Necessità, con ancora la divisa addosso. Entrò nella stanza, lì dove Draco Malfoy lo stava aspettando con un enorme ghigno sulla faccia.
«Ho vinto» annunciò il moro, gongolando. Il biondo, seduto su un divanetto, ridacchiò, scuotendo la testa e incrociando le braccia al petto con aria divertita.
«Ho visto… a quanto pare il Capitano Prescelto o come diavolo ti chiamano, ha vinto di nuovo» fece con sarcasmo.
«Hai visto? Quindi eri alla partita?» chiese, cercando di evitare il fastidio che la frase di Malfoy gli aveva provocato, lui aveva sempre avuto il potere di riuscire ad infastidirlo con una sola frase.
«Certo che ero alla partita» rispose l’altro «Te l’ho detto che volevo vederti perdere» asserì «Peccato, sarebbe stato uno spettacolo soddisfacente».
«Ammettilo, ti è piaciuto il modo in cui ho afferrato il boccino».
«Altroché, speravo che ti schiantassi al suolo e invece…» scrollò le spalle «Sarà per la prossima volta». Harry rise nervosamente e sbuffò dalle narici, senza replicare.  «Abbiamo finito con i convenevoli? Adesso sei pronto?» chiese, poi, impazientemente.
«Sì» rispose Harry, sedendosi accanto a lui. Non era davvero pronto, aveva paura che Malfoy potesse scoprire i suoi punti deboli e usarli contro di lui, ma il biondo si era fidato di lui, doveva fare lo stesso, soprattutto per evitare che accadesse qualcosa ai suoi amici a causa sua, di nuovo.
«Bene, iniziamo» asserì l’altro «Legilimens».
Fu così che iniziò la più bizzarra e inaspettata collaborazione del mondo magico: un Serpeverde e un Grifondoro, Draco Malfoy e Harry Potter, i due rivali giurati di Hogwarts, che univano le forze contro un nemico comune.
Le sorti del mondo magico erano nelle loro mani.
 

 
Le prime due lezioni di Occlumanzia non erano andate affatto bene. La prima volta che ci avevano provato, Harry non era riuscito a respingere Draco e quest’ultimo aveva visto alcuni sprazzi dei suoi ricordi più recenti, come il litigio con Ron e quello con Ginny, la reazione di Hermione alla notizia della sua collaborazione con lui e la sensazione di impotenza che aveva provato quando aveva scoperto degli horcrux. Gli ultimi due giorni erano stati particolarmente pesanti per il Grifondoro, il quale non riusciva a capire perché si sentisse quasi violato nel profondo dopo ogni lezione. Draco era stato anche gentile nei suoi confronti, per quanto la parola gentilezza potesse essere accostata al Serpeverde, ma non era andato troppo in profondità, si era limitato a restare in superficie e a spronarlo a respingerlo. Non aveva neanche commentato in modo sarcastico gli eventi a cui aveva assistito, anzi, era stato strano sentirlo quasi neutrale. Eppure, Harry si era sentito violato, quelli erano i suoi ricordi e… non voleva condividerli. Per quanto non volesse farlo, non era riuscito ad allontanare il biondo dalla sua mente, non era riuscito a farlo uscire. La cosa non era andata meglio il giorno seguente e neanche quello dopo, Harry non riusciva a pensare lucidamente, non riusciva a respingerlo. Non riusciva ad opporsi all’intrusione e non sapeva come fare ad avere successo in quella cosa. Draco era più forte di lui, Piton era più forte di lui, Voldemort era più forte di lui, tutti erano più forti di lui e lui non poteva farci nulla, non riusciva a migliorare, ad essere più forte e non sapeva neanche come fare. Voleva sconfiggere Voldemort, era disposto ad accettare l’aiuto di Malfoy per farlo, ma non riusciva a sfruttare quell’occasione per diventare più forte. Non riusciva a respingerlo, per quanto si sforzasse non riusciva a farlo. E se non riusciva a respingere Draco Malfoy, come avrebbe potuto respingere Voldemort?
«Sono solo pochi incontri» aveva detto il biondo, come per rassicurarlo «vedrai che migliorerai, suvvia, sei San Potter!» Harry non gli aveva creduto, ma aveva apprezzato il tentativo di rincuorarlo. Aveva bisogno di vincere quella battaglia, se almeno fosse riuscito a vincere contro Malfoy in quella cosa, avrebbe messo un primo tassello per poter sconfiggere Voldemort, il secondo sarebbe stato trovare e distruggere gli horcrux. Aveva appreso dal ricordo di Lumacorno quale fosse il misterioso segreto del mago oscuro, in quegli oggetti malvagi era contenuta la sua anima ed erano il suo salvavita, con quelli in circolazione, Voldemort sarebbe riuscito a tornare sempre, ma se loro fossero riusciti a trovarli e li avessero distrutti tutti, sarebbero stati in grado di sconfiggerlo e di salvare il mondo magico. Sembrava una missione impossibile, quasi suicida, ma Silente era convinto che quella fosse la loro chance migliore ed Harry era d’accordo con lui, entrambi avevano ipotizzato in quali oggetti potessero essere contenuti i pezzi dell’anima di Voldemort, ma non ne avevano la certezza assoluta. Due dei sei horcrux che erano stati creati, erano stati distrutti, ne rimanevano solo quattro. E forse… avrebbe potuto farsi aiutare da Malfoy, in questo. Insomma, casa sua era il quartier generale del mago oscuro, c’era una minima possibilità che avesse sentito qualche voce riguardante quegli oggetti misteriosi. Magari lui poteva aiutarlo a rintracciarne qualcuno, ma prima doveva riuscire a imparare a schermare la sua mente e a dominare le sue emozioni,
La terza sera raggiunse la Stanza delle Necessità con una strana sensazione d’ansia. Non sapeva come affrontare quella situazione e la temeva in un modo in cui non aveva mai temuto niente. Possibile che avesse paura di Malfoy? Di quello che avrebbe potuto scoprire leggendogli la mente? , perché il Serpeverde era una persona inaffidabile, che avrebbe potuto rivelare a tutta la scuola ogni suo segreto e lo temeva; ingenuo com’era, Harry non pensava minimamente di avere lui il coltello dalla parte del manico, essendo stato il primo a venire a conoscenza di un segreto del biondo.
Deglutì e quando la stanza si rivelò al suo cospetto, vi entrò con il cuore in gola. Malfoy non era ancora arrivato, così Harry si sedette su uno dei divanetti che erano apparsi lì e si prese la testa tra le mani. Doveva trovare un modo per riuscire a contrastare l’invasione, doveva diventare forte e doveva approfittare del fatto che Malfoy fosse così disponibile ad aiutarlo. Doveva concentrarsi, cercare di respingere gli attacchi alla sua mente ed essere abbastanza forte da schermarla dalle invasioni, come diceva Piton? Doveva dominare le emozioni, controllare la mente, ma lui sembrava incapace. Non era mai stato bravo a contenere le emozioni, ancora ricordava le volte in cui aveva perso il controllo di esse e aveva dato sfogo alla magia involontaria, soprattutto quando era bambino. Vernon non gliel’aveva mai fatta passare liscia… No, decisamente il controllo di se stesso non era una sua peculiarità ed era questo a dare un grande vantaggio al nemico, era stato questo che l’anno precedente aveva permesso a Voldemort di ingannarlo.
Era così perso nei suoi pensieri, che neanche si accorse di Draco che era entrato nella stanza. Il biondo lo osservò da lontano, appoggiato contro il muro e le braccia incrociate al petto. Potter aveva qualcosa di… singolare. Non riusciva a decifrarlo bene, sembrava essere una forza della natura, la maggior parte delle volte e poi c’erano dei momenti – come quello – in cui semplicemente si lasciava andare. A volte erano dei momenti in cui credeva di non essere visto, durante i quali metteva a nudo i suoi tormenti più nascosti, tutte le sue sofferenze. Desiderò con tutto se stesso poter essere la stessa persona di qualche mese prima e trovare un modo per umiliarlo, ma… doveva ammettere con se stesso che Potter era l’unica speranza di salvezza per lui e soprattutto per sua madre, se aiutarlo a schermare la mente sarebbe servivo a salvarla, l’avrebbe fatto.
Si schiarì la voce e il moro sobbalzò, alzando lo sguardo su di lui.
«Non sono solito annunciarmi così» asserì il Serpeverde avvicinandosi a lui «Ma sembravi parecchio assorto» Harry sbuffò sonoramente, ma non rispose «Carina oggi la stanza» commentò sarcasticamente, indicando le decorazioni in stile Grifondoro che li circondavano «Una scelta di colori discutibile, personalmente preferirei un po’ di verde in più» tentò di scherzare.
«Hai finito di blaterare?» chiese il moro, alzando lo sguardo verso il nuovo arrivato, le sue gote si tinsero leggermente di rosso, per essere stato beccato in un momento di debolezza. Tutti gli ricordavano che era il prescelto, non poteva essere visto in momenti in cui si sentiva debole e senza speranza, soprattutto se la persona che lo beccava in un momento del genere era la persona che meno di tutti avrebbe dovuto sorprenderlo in quello stato.
«E io che cercavo di essere gentile con te» fece Draco, indignato per la sua ingratitudine «Quindi che cosa succede, Potter?»
«Niente, riflettevo».
«Perché, sai riflettere? Wow, facciamo progressi!» esclamò sarcasticamente il biondo «E sentiamo, su cosa riflettevi di così interessante?»
Harry scrollò le spalle «Sai, qualcuno qui cerca di sconfiggere un mago oscuro e di salvare il culo a un damerino come te». Draco ridacchiò, prendendo posto accanto a lui. Non credeva che fosse una buona idea fare battute sulla loro situazione attuale, ma… che altra scelta avevano? Almeno Potter riusciva ad alleggerire la tensione che c’era. Draco si sentiva stranamente nervoso a dover dare quelle lezioni al moro, probabilmente un anno prima si sarebbe divertito e avrebbe sfruttato quella sua conoscenza per umiliarlo, ma non poteva farlo, non quando Potter era l’unico ad avergli mostrato un po’ di “gentilezza”, quando era disperato e senza speranza. Era in debito con lui, non poteva inimicarselo, avrebbe potuto rivelare tutto ciò che sapeva su di lui a tutta Hogwarts e renderlo… lo zimbello di tutti.
«E intanto il damerino come me cerca di far entrare nella tua zucca vuota un po’ di buon senso» replicò il Serpeverde «Sei pronto a farmi vedere ancora un po’ dei tuoi sporchi segreti?» chiese ironicamente. Harry sbuffò, scuotendo la testa. Ecco, almeno Malfoy scherzava prima di iniziare a sondare la sua mente, a differenza di Piton che si limitava ad insultarlo e a denigrare ogni suo sforzo. «Cerca di impegnarti stavolta».
«Io mi impegno sempre» replicò il moro con uno sbuffo sonoro.
«Ne dubito» borbottò Malfoy, poi senza dargli il tempo di prepararsi, gli puntò la bacchetta contro e pronunciò: «Legilimens». Immediatamente, Harry avvertì la violazione e non riuscì a respingerlo. Provò con tutte le sue forze a cacciarlo, ma più si sforzava, più sembrava che il biondo precipitasse nei meandri dei suoi ricordi, arrivando anche a quelli più lontani.
Dal suo punto di vista, Draco voleva spingersi più in profondità sia per spronarlo maggiormente a respingerlo, sia perché desiderava scoprire chi fosse davvero San Potter… come aveva fatto a sopravvivere ogni volta, ogni anno?
Non appena ebbe pronunciato l’incantesimo, Draco si ritrovò nella mente di Potter, che non aveva neppure provato ad opporsi. Per lui era stato semplice imparare e non capiva come potesse essere così difficile per Potter, lui avrebbe trovato insopportabile che qualcuno scavasse nella sua mente in quel modo. Lo aveva permesso volontariamente proprio al Grifondoro e ancora si sentiva sopraffatto dall’esperienza. Sentì una debole resistenza da parte dell’altro e così intensificò la sua magia – Silente gli aveva detto di spronare Harry fino a farlo resistere, quindi toccare dei tasti dolenti per lui, poteva essere un buon incentivo per spronarlo a dare il massimo in quel momento. Forse erano sulla buona strada. Si chiese, per un momento, come avesse reagito Potter quando aveva visto per la prima volta il Signore Oscuro e cercò nella sua mente quello specifico ricordo. Il Grifondoro aveva affrontato diverse volte il mago oscuro, l’incubo che lui aveva vissuto per una sola estate e non aveva retto alle sue torture. Forse, poteva sfruttare questa collaborazione per scoprire qualcosa sul prescelto e su come avesse affrontato quel mostro, in passato. Forse avrebbe potuto capire come affrontare le sue paure, se avesse visto come qualcun altro aveva reagito.
 
Si ritrovò dall’altra parte di un fuoco nero, non capiva da dove venisse, era in una stanza poco illuminata, poco più avanti c’era qualcuno, in piedi davanti a un immenso specchio, ma quello non era Voldemort. Draco vide Harry avanzare nella sala e ritrovarsi di fronte a Raptor. Non aveva mai creduto a quella storia, non aveva voluto credere alle vicende che gli erano state raccontate dagli altri studenti, riguardanti le imprese di Potter. Il Grifondoro aveva solo undici anni all’epoca. Vide il professore schioccare le dita e intrappolare il ragazzino con delle funi che si strinsero attorno al suo corpo. Draco deglutì e si sentì in trappola, come se quello legato fosse lui. Gli ci vollero alcuni istanti per rendersi conto di essere libero. Il professore iniziò a blaterare su quanto avesse fatto e di quando avesse cercato di uccidere Potter durante la sua prima partita di Quidditch – e Piton invece aveva tentato di salvarlo! – e mentre lui parlava il piccolo Grifondoro cercava di ideare un piano per impedirgli di guardarsi nello specchio alle sue spalle. Lo riconobbe, aveva visto quell’oggetto nella Stanza delle Cose Nascoste, era uno Specchio delle Brame. Il professore analizzava lo specchio, come se volesse capire come tirare fuori qualcosa da esso, ma più lo faceva più si innervosiva, mentre Potter… lo teneva impegnato. Probabilmente per impedirgli di fare qualcosa con lo specchio, il quale doveva essere un qualche mezzo per ottenere la pietra che il professore cercava.

Draco dovette ammettere che Harry non era uno che si arrendeva facilmente, neanche alla prima difficoltà, ma quello era solo un professore di difesa contro le arti oscure, che voleva una pietra per creare un elisir di lunga vita. A quale padrone voleva offrire la pietra? Mica a…?
Passarono pochi attimi nel ricordo e lo scenario cambiò di poco, adesso Potter era in piedi davanti allo specchio, aveva scoperto di avere qualcosa in tasca e stava pensando di dover mentire a Raptor e lo fece. Disse di essersi visto stringere la mano a Silente, dopo aver vinto un premio. Poi una voce sibilante raggiunse le orecchie dei presenti, una voce che proveniva dal turbante di Raptor. «Sta mentendo…» diceva «Lascia parlare me con lui… faccia a faccia». Il Potter undicenne si immobilizzò dalla paura.
«Padrone, non ne avete la forza…»
«Ho abbastanza forza, per questo». La voce sibilante divenne ancora più inquietante e un attimo dopo, Raptor si tolse il turbante dalla testa. Il copricapo cadde a terra, Harry sentì un dolore terribile alla cicatrice e vide che nel punto dove avrebbe dovuto trovarsi la nuca, c’era un volto orrendo. Bianco come un lenzuolo, con gli occhi rossi come il sangue e per naso due narici come fessure, come un serpente. Quello era Voldemort. Draco tremò davanti a quella scena.
Potter tentò di indietreggiare, ma le sue gambe furono immobili per lunghi istanti, prima che potesse muoversi senza tremare come una foglia. E nonostante ciò, quando il mostro gli disse di consegnargli la pietra e di unirsi a lui, l’undicenne ebbe la forza e il coraggio di rifiutare. Lui non ci sarebbe mai riuscito. Gli sarebbe bastato vedere quel volto per spaventarsi e pregarlo di non fargli del male. «Prendilo!» iniziò ad urlare «Uccidilo!»
 
Draco sentì una debole resistenza da parte del Grifondoro, cercò di non badarci e continuò ad esplorare la sua mente. La prima volta che Potter aveva visto Voldemort si era spaventato, com’era ovvio che fosse, ma aveva anche avuto la forza di resistere, di combatterlo, di affrontarlo. Un undicenne davvero… singolare. A soli undici anni aveva incontrato un servo di Voldemort e non solo lo aveva affrontato, ma era anche sopravvissuto, incredibile. Non l’avrebbe mai detto, aveva sempre pensato che fosse un montato, che fosse solo il cocco di Silente, che in realtà affrontare un troll di montagna, un cane a tre teste e un professore pazzo fossero bazzecole: Io potrei farlo ad occhi chiusi, aveva detto come l’idiota che era, quando Silente aveva assegnato punti extra a Potter per l’eccezionale coraggio. Aveva sempre sottovalutato ciò che il Grifondoro aveva fatto nella scuola, se Raptor avesse preso la pietra, ad esempio, Voldemort l’avrebbe usata per crearsi un corpo nuovo e sarebbe risorto ben prima del tempo. Tremò al solo pensiero, ciò voleva dire che sarebbe entrato nella sua vita… ben prima dei sedici anni. Forse doveva ringraziare Potter, per questo.
Deglutì e decise di esplorare un altro ricordo di Harry.
 
Un lungo tunnel alla fine di una discesa viscida e disgustosa fu la prima cosa in cui Draco “cadde” quando “entrò” nel ricordo. Il tunnel era silenzioso, tetro, spettrale. Dei dodicenni non avrebbero dovuto addentrarsi in quel luogo oscuro, di questo era assolutamente certo. Allock li accompagnava, ma persino un idiota si sarebbe accorto che quel tale era solo un impostore. Non aveva praticamente insegnato nulla agli studenti quell’anno, li aveva lasciati in balia di loro stessi. Tutto ciò che avevano imparato, lo dovevano a Piton che aveva partecipato alla farsa del “Club dei Duellanti”.  Potter, Weasley e Allock proseguirono per il tunnel fino a che non trovarono un’enorme, raccapricciante, disgustosa pelle di serpente. La creatura che l’aveva abbandonata lì, doveva essere enorme.
E la finezza di Ron Weasley non poté che far notare l’ovvio: «Per la miseria, la cosa che ha mutato questa pelle sarà lunga venti metri, o di più!» Allock finse di svenire in quel momento e Draco si chiese per quale motivo Potter avesse deciso di portare proprio lui lì dentro. Non si aspettava che il “professore” rubasse la bacchetta spezzata di Weasley, che non eseguiva bene neanche un incantesimo del primo anno e tentasse di lanciare un incantesimo di memoria sui due dodicenni, tuttavia l’incantesimo si ritorse contro di lui. Seguì un boato e parte del tunnel iniziò a crollare. Harry scansò i massi che cadevano e improvvisamente si ritrovò separato dall’amico, da solo, davanti a un’enorme parete di rocce. Harry disse a Ron che avrebbe proseguito da solo così da poter salvare Ginny.
Proseguì lungo il tunnel, fino a giungere davanti a una parete su cui erano scolpiti due serpenti intrecciati. Harry parlò in serpentese – Draco che assisteva a tutto come spettatore sussultò, riconoscendo quel particolare tono, l’aveva sentito troppe volte a casa sua, quell’estate – e i serpenti iniziarono a scivolare sulla parete, sciogliendo il loro intreccio. Poi la porta si aprì, come se fosse spaccata a metà e, tremando come una foglia, Harry entrò in quella che doveva essere la fantomatica “Camera dei Segreti”.
Draco, senza esitazione, conscio di essere in un ricordo, lo seguì dentro per comprendere cosa avesse vissuto. Finché Harry non lo respingeva dalla sua mente, poteva continuare.
 
«B-Basta…» la voce di Potter raggiunse le sue orecchie, ma lui scosse la testa. Doveva essere forte e respingerlo, Draco decise che avrebbe continuato ad esplorare la sua mente, fino a che non si fosse imposto, fino a che non avesse opposto una seria resistenza. La cosa lo intrigava, perché stava scoprendo di più sul suo rivale secolare. Potter era entrato nella Camera dei Segreti… e lì aveva incontrato di nuovo Voldemort? E come?
 
Harry proseguì il suo percorso in una stanza poco illuminata, fiancheggiata da enormi ed imponenti sculture. Strinse la bacchetta tra le dita e camminò lungo l’immensa stanza, fino a scorgere una figura sotto una delle ultime statue. Ginny Weasley era lì. Harry corse più veloce possibile verso di lei, per assicurarsi che fosse viva, ma la ragazzina era pallida e Draco sbiancò, riconoscendo l’oggetto che aveva tra le mani. Ricordava che suo padre avesse preso quel libretto da Magie Sinister, quando all’inizio del secondo anno erano andati a fare spese per la scuola. Cosa c’entrava quel diario con la camera dei segreti? Draco non l’aveva mai capito. Non se ne era mai reso conto… era stato un vero idiota. Vide Potter cercare di svegliare la rossa, senza alcun successo. Draco desiderò poter fare qualcosa per aiutare Harry, gli sembrava così piccolo e indifeso in quel momento… ma lui era solo uno spettatore di quei ricordi, lui non era lì per aiutarlo a superare una prova che aveva già affrontato. Era lì solo per scoprire chi era davvero il suo avversario e per… aiutarlo a schermare la mente, ma il moro stava fallendo miseramente. Non riusciva neanche ad opporre una minima resistenza. Gli permetteva di vedere tutto e di andare dove più desiderava. Potter cercò di sollevare ancora il corpo di Ginny, senza successo e allora provò a svegliarla, a scuoterla, chiamando il suo nome a voce alta.
«Svegliati, Ginny, ti prego, dimmi che non sei morta» diceva.
«Non si sveglierà» una voce nuova, suadente, fece sobbalzare sia l’Harry del ricordo, sia Draco che stava assistendo al ricordo. Entrambi si voltarono verso il nuovo arrivato e videro che, accanto ad una colonna, c’era un ragazzo di bell’aspetto, con i capelli scuri, ma dalle fattezze di un… fantasma. Draco strabuzzò gli occhi, quando il “fantasma” rivelò la sua identità: Tom Riddle, il possessore del diario, che aveva spinto Ginny a fare tutte quelle cose, egli si vantava di aver ingannato tutti, tranne Silente, incastrando Hagrid, di essere fiero di aver aperto la Camera dei Segreti, perché lui era l’erede di Serpeverde. Continuò a parlare con Harry, rivelandogli il suo particolare interesse nei suoi confronti. Draco continuò ad osservare il ragazzo, Tom, diventare sempre più reale, mentre la Weasley diventava sempre più pallida e… morta.
«Come è possibile che un neonato, senza particolari poteri magici, sia riuscito a sconfiggere il più grande mago di tutti i tempi?»
Harry arcuò un sopracciglio «Che ti importa? Voldemort è vissuto dopo di te».
«Voldemort è il mio passato, presente e futuro» disse il ragazzo con un tono di voce a dir poco inquietante.
Fu in quel momento che Harry si gelò e di riflesso lo fece anche Draco, Tom Riddle si voltò e scrisse nell’aria il suo nome completo: “Tom Orvoloson Riddle” e con un colpo della bacchetta che aveva rubato ad Harry, fece cambiare l’ordine delle parole e quello che uscì scritto fece accapponare la pelle a Draco, al posto del nome dello studente di Hogwarts, c’era scritto “Io sono Lord Voldemort”. Quell’affascinante studente di Hogwarts era in realtà l’incubo che terrorizzava il mondo magico? Gli sembrava assurda una cosa del genere. Ed era anche l’Erede di Serpeverde…  era da brividi. Anche in quell’occasione, Potter lo sorprese. Lo sfidò apertamente, dicendogli che non era affatto lui il più grande mago del mondo magico, come credeva, perché quel titolo spettava a Silente.
Poi improvvisamente il ricordo cambiò. Harry era ancora nella camera dei segreti, ma stava combattendo contro un enorme serpente. A dodici – maledettissimi – anni. Brandiva una lunga spada, tempestata di rubini e con essa cercava di colpire il serpente gigante. Quello doveva essere il basilisco, “la cosa” che aveva mutato quella pelle lunghissima. Il basilisco scattò verso di lui e Harry, per difendersi, gli conficcò la spada nel palato, fino all’elsa. Draco strabuzzò gli occhi, quando avvertì il dolore irradiarsi nella mente di Harry, al ricordo. Una lunga zanna del basilisco si era conficcata nel suo braccio e da esso sgorgava un sacco di sangue. Draco vide Harry afflosciarsi contro una parete e togliersi la zanna dal braccio, il biondo deglutì e quasi gli sembrò di sentire l’eco del dolore del moro. Osservò Riddle accucciarsi di fronte a lui, annunciando che avrebbe assistito alla morte di Harry Potter, da solo, nella camera dei segreti.
Seh, credici – commentò ironicamente Draco senza che nessuno potesse sentirlo. La fenice, infatti, con i poteri curativi delle sue lacrime, stava guarendo la ferita del dodicenne, piangendoci sopra. Geniale, le lacrime della fenice potevano guarire qualunque cosa, o quasi.
Pochi istanti dopo, Riddle teneva la bacchetta puntata contro Potter e contro la fenice, tentò di colpire quest’ultima, ma essa volò via librandosi nell’aria. Un attimo dopo, il ragazzo aveva il diario nero tra le mani. Draco ancora non capiva cosa significasse quell’oggetto, ma quando Potter raccolse la zanna di basilisco dal pavimento e lo pugnalò con essa, un terribile grido si estese nell’aria e l’inchiostro sgorgò dal diario come se fosse stato sangue, Riddle urlò e si dimenò, poi semplicemente scomparve nel nulla, come se non fosse mai esistito.
 
C’era qualcosa che non tornava. Come aveva fatto Riddle a sparire in quel modo? Come l’aveva sconfitto Potter, quella volta? E perché iniziava a sentirsi curioso al riguardo? Davvero era possibile sconfiggere Voldemort, collaborando con Potter? Per la prima volta, fin da quando aveva accettato la mano del Grifondoro, quella gli sembrò una possibilità a tutti gli effetti, fu reale, com’era stato per Potter vivere – e rivivere – quell’incubo.
«Hai già finito?» chiese Harry, aprendo gli occhi con fare stanco.
«Voglio sapere come ha fatto Riddle a sparire in quel modo» disse guardandolo «So che lo sai».
«Perché non lo vedi direttamente nella mia mente, eh?»
Il biondo sbuffò «Perché anche io ho bisogno di una pausa». La camera, comprendendo i loro bisogni, fece comparire davanti a loro un tavolino con del tè già pronto e dei pasticcini. Harry guardò il suo avversario ponderando se dirgli o meno degli horcrux, ma riflettendoci, se voleva che quella collaborazione durasse, doveva fidarsi del biondo e parlargli.
«Era un horcrux» rispose Harry «Sai cos’è un horcrux, Malfoy?»
Il Serpeverde scosse la testa, l’altro deglutì prima di rispondere: «Un oggetto di magia oscura che… contiene parte dell’anima di una persona» spiegò «Gli horcrux si ottengono commettendo degli omicidi».
«E-E Vold- Tu-Sai-Chi ne ha creato uno?»
«Sei. Ne ha creati sei» asserì il moro «Uno era il diario, un altro era l’anello che portava al dito a scuola ed è stato distrutto da Silente» rispose, man mano che parlava il suo tono di voce si abbassava, la paura dell’ignoto e di ciò che lo attendeva attanagliava il suo stomaco «Ce ne sono altri quattro, io e Silente pensiamo che siano oggetti legati a Hogwarts, visto che ha sempre detto che questa scuola è stata la sua unica casa e… pensiamo che uno sia Nagini, il suo serpente».
«Quell’enorme coso è un horcrux?» chiese Draco, spalancando gli occhi «E si può fare? Insomma, si può rendere un essere vivente un horcrux?» domandò ancora. Harry annuì mestamente, poi prese una tazza dal tavolino e bevve un paio di sorsi di tè per placare i tremiti del proprio corpo, tremava per il ricordo appena vissuto e per tutta la confusione che provava quando parlava degli horcrux.
«A quanto pare sì, secondo Silente non è molto affidabile, ma è una cosa possibile e a quanto pare reale, visto che Voldemort l’ha fatto…» spiegò Harry, un tremito violento lo attraversò tutto e deglutì sonoramente.
«E se li distruggessimo tutti…?» chiese Draco sotto voce, quasi avesse paura di pronunciare ad alta voce quella domanda. Non aveva mai visto Potter così spaventato da qualcosa, neanche nei ricordi che aveva appena esplorato. L’idea che Voldemort fosse “immortale” in qualche modo, era avvilente, lo sapevano entrambi.
«Potremmo sconfiggerlo del tutto» confermò Harry, facendogli tirare un sospiro di sollievo. C’era il modo per sconfiggere quel mostro, c’era il modo per vincere quella battaglia, c’era la possibilità di essere liberi e lui… poteva essere più utile di quanto immaginassero. Ricordava bene un episodio accaduto quell’estate, un episodio che non era riuscito a comprendere fino a quel momento. Aveva sentito una conversazione tra Voldemort e Bellatrix, poco prima che lo convocassero per “costringerlo” a prendere il marchio nero. «Tu sai dov’è la coppa, mia cara Bellatrix?» aveva chiesto il mago oscuro «Lo sai, non possiamo rischiare che cada nelle mani sbagliate, è questione di vita o di morte». La strega aveva riso, come suo solito, e aveva risposto che la coppa era al sicuro nella sua camera blindata della Gringott, protetta da una maledizione e da un enorme drago. Draco non credeva che quella conversazione fosse tanto importante, non l’aveva considerata fino a quel momento. E se la cosa nascosta di cui parlavano fosse stata un horcrux? Quella poteva essere un’informazione utile per Potter e il resto delle “forze del bene”.
«Forse io so dov’è uno degli horcrux» disse il Serpeverde.
«Come?» chiese Harry, spalancando gli occhi «In che senso?»
«Ho sentito… Lui chiedere a mia zia qualcosa riguardante una coppa» rispose il Serpeverde «Era ansioso e preoccupato, voleva sapere se fosse stata messa al sicuro» spiegò «E lei ha detto che è nella sua camera blindata della Gringott e che è ben protetta» continuò «Lui mi è sembrato molto… sollevato» aggiunse.
«Ne sei sicuro?» chiese Harry, sconcertato «Ne sei assolutamente certo?»
«La mia è un ipotesi, ma Lui ha detto che era questione di vita o di morte» rispose il biondo «Quindi potrebbe essere quello, no?»  
«Sì, wow! Questa è una notizia fantastica, devi dirlo subito a Silente!» esclamò Harry, impaziente.
«Potter, frena! Frena l’entusiasmo!» esclamò il Serpeverde, bloccandolo «Prima impari a dominare la tua mente, poi pensiamo all’horcrux» asserì «Cosa pensi che accadrebbe, se lui entrasse nella tua mente e capisse che sto collaborando con te e che ti ho appena riferito una sua conversazione privata con mia zia… che in teoria neanche avrei dovuto ascoltare?» gli chiese, retoricamente. Harry si immobilizzò e si ritrovò ad annuire, dando ragione al biondo. Doveva muovere un passo alla volta, prima doveva riuscire a schermare la sua mente e a bloccare gli attacchi di Malfoy, così da poter bloccare anche quelli di Voldemort e proteggere i suoi amici e… Draco.
«Hai ragione» replicò il moro, annuendo «Non ci avevo pensato».
«Questo è perché tu sei uno stupido Grifondoro che non pensa mai prima di agire» affermò il Serpeverde con un ghigno sardonico sul volto «Dovresti riflettere prima di fare qualsiasi cosa».
«Senti da che pulpito viene la predica…»
«Io a differenza tua, sono molto bravo ad elaborare piani».
«Certo, come quello di uccidere Silente con una collana maledetta, consegnata a una ragazza? O l’idromele avvelenato che hai dato a Lumacorno?» lo provocò Harry, facendolo arrossire per la vergogna. Già, quelli non erano stati i suoi piani migliori, anche se aveva creduto che potessero funzionare. Invece essi avevano solo avvicinato di più Potter alla scoperta della verità e adesso si ritrovava a fare i conti con qualcosa di nuovo.
«Touché» fece il biondo alzando le mani «Quelli non erano piani a prova di bomba, ma sai una cosa?» chiese, l’altro scosse la testa «Nessuno sa che ho riparato l’armadio svanitore».
«Avevi accennato qualcosa a riguardo… allora è vero? L’hai riparato?»
Draco annuì «Sono riuscito a spostare una mela da qui a Magie Sinister e a farla tornare indietro, ma non ci sono ancora riuscito con gli esseri viventi, ho usato un uccellino e…» deglutì, ricordando una delle ultime prove che aveva fatto con quell’armadio, prima che Potter lo beccasse nel bagno a piangere, quando si era disperato perché non riusciva a capire come non far morire gli esseri viventi che si spostavano attraverso esso e temeva che quello fosse un solo segnale dell’imminente fallimento del suo piano, con la sua conseguente morte tra atroci sofferenze, proprio come quel piccolo uccellino. Sarebbe morto anche lui, se avesse fallito la nuova missione e non avesse insegnato l’Occlumanzia a Potter, se Voldemort avesse scoperto tutto, se avesse sospettato della sua collaborazione con i suoi nemici… per lui sarebbe finita.
«Povero uccellino» mormorò Harry. Poi allungò una mano verso di lui e gliel’appoggiò sul braccio, stringendolo appena «Non farai la fine di quell’uccellino, te lo prometto».
«Hai appena usato il Legilimens con me?» chiese il biondo, spalancando gli occhi. Come aveva fatto Potter a capire i suoi pensieri? Neanche lo aveva sentito pronunciare l’incantesimo… Harry ridacchiò appena, scuotendo la testa.
«Non sono così bravo, ma sono abbastanza bravo a capire le persone e le loro emozioni» gli rispose, sorridendo «E te lo prometto, ti salverò» asserì «E cercherò di impegnarmi di più con l’Occlumanzia».
Draco si rilassò appena e rispose al sorriso del Grifondoro, credendo alle sue parole, stranamente, assurdamente si fidava di Potter, riusciva a vedere un futuro per se stesso e sua madre, se avesse continuato a collaborare con lui.
«Okay, adesso basta sentimentalismi, abbiamo riposato abbastanza» affermò, impugnando la bacchetta «Sei pronto a ricominciare?»
Harry deglutì, prima di annuire. Non era per niente sicuro di voler ricominciare quella tortura, né voleva che Malfoy vedesse altri dei suoi ricordi, per impedire ciò… doveva impegnarsi con l’Occlumanzia e imparare a schermare la mente.
«Sì, sono pronto».
«Legilimens».
 
Draco cadde direttamente in un incubo. Potter era atterrato in un cimitero con la Coppa del Torneo Tremaghi, insieme a Diggory. Quest’ultimo aiutò il Grifondoro ad alzarsi da terra, i due ragazzi si guardarono intorno spaesati. Non erano nei territori di Hogwarts, non ci voleva un genio per capirlo. Si chiedevano se facesse parte della prova, ma c’era qualcosa che non andava. Erano in un cimitero spettrale, immerso nel silenzio più profondo. Poi, da lontano, entrambi videro arrivare una persona coperta da mantello scuro con il cappuccio, che teneva tra le braccia un fagotto. Draco sentì il braccio andare a fuoco, nello stesso momento in cui Harry si accasciò a terra, urlando di dolore, portandosi una mano sulla cicatrice. Cedric si pose davanti al più piccolo, mentre la figura misteriosa avanzava verso di loro.
«Uccidi l’altro» disse una voce inquietante.
«Avada Kedavra!» urlò un’altra voce con fermezza. E Cedric cadde per terra, senza vita. Harry non ebbe neanche il tempo di rendersi conto di ciò che stava accadendo, che l’uomo basso con il mantello lo afferrò e lo trascinò verso una lapide di marmo. Sulla lapide Harry lesse il nome del defunto: Tom Riddle. E il suo corpo fu pervaso da un brivido di terrore, mentre l’uomo basso lo legava saldamente ai piedi della lapide. Draco poteva avvertire il terrore di Harry come se fosse il suo. L’uomo col mantello si rivelò essere Codaliscia, Draco lo conosceva bene, lo aveva visto troppe volte al Manor con Voldemort, quell’estate e dalla reazione che il Grifondoro aveva avuto nel vederlo, probabilmente anche lui lo conosceva. Osservò tutta la scena con un senso di disgusto e di paura che non aveva mai provato prima. Potter aveva vissuto davvero l’inferno. Era legato ai piedi di una lapide, tremava e assisteva, impotente, alla resurrezione del suo nemico. Draco sapeva esattamente cosa stesse accadendo, suo padre gliel’aveva raccontato, ma… vederlo con i propri occhi, nei ricordi di un suo coetaneo, era completamente diverso. Sentiva le preghiere di Harry, affinché tutto andasse storto, affinché non succedesse ciò che stava accadendo, ma fu tutto inutile, nessuno poté evitarlo. Draco osservò Codaliscia eseguire quel rituale di cui aveva solo sentito parlare e lo vide ferire il braccio di Harry con un pugnale per prelevarne il sangue e desiderò poter fare qualcosa per impedire che quello accadesse. Ma non poté evitarlo, perché era già successo e lui lo aveva vissuto di persona, quanto fosse reale il ritorno di Voldemort. Quella notte, Voldemort risorse davanti agli occhi di un Harry impotente, che cercava di dimenarsi e di liberarsi, ma i suoi sforzi erano vani. Voldemort lo guardò per un attimo e poi chiese a Codaliscia di mostrargli il braccio. Era ovvio che volesse chiamare i suoi seguaci.
La scena cambiò in fretta.
Voldemort era davanti ai suoi Mangiamorte e incuteva del vero terrore. Il suo tono, mentre parlava, sembrava calmo, ma celava dentro di sé una rabbia e una crudeltà uniche. Tra quegli uomini c’era anche Lucius Malfoy, Draco provò un terribile disgusto nei confronti di suo padre. Mentre parlava, Voldemort si voltò verso Harry e, senza alcun motivo, gli scagliò contro una Cruciatus. Draco avvertì il dolore di Harry e lo comprese. Sapeva cosa si provava con quella maledizione infernale… Voldemort continuò a parlare con i Mangiamorte, a spiegare come avesse fatto a tornare in vita. Alla fine del suo racconto, chiese a Codaliscia di slegare Harry.
Vide Harry piegato dalla maledizione Imperius, lo vide temere per la sua vita, ma anche ribellarsi alla maledizione. E infine, lo vide affrontare a viso aperto Voldemort, con un misero Expelliarmus. Era solo un ragazzino del quarto anno, aveva quattordici anni e stava affrontando uno dei maghi più potenti del mondo magico.
 
«No! Basta!» urlò Harry. Il contatto con la mente del moro si interruppe per un attimo e Draco smise di osservare la notte della resurrezione di Voldemort, doveva essere stato terrificante per lui, dopotutto aveva solo quattordici anni all’epoca. Lui ne aveva sedici, quando si era trovato al cospetto del mago oscuro ed era rimasto terrorizzato da lui. Vide il volto di Harry rigato dalle lacrime, ma non disse niente, non gli andava di infierire, poteva capire come si fosse sentito il moro, poteva capire il dolore che aveva provato e poteva perfettamente immaginare il suo stato d’animo in quel momento.
Il Grifondoro cercò di ricomporsi, quella volta era stato peggio, rivivere la morte di Cedric era stato doloroso, non aveva mai visto qualcuno morire davanti a sé, era troppo piccolo quando sua madre era stata uccisa, e di quello non aveva alcuna memoria. Ma… Cedric, vedere un ragazzo morire davanti ai suoi occhi, era stato uno shock terribile per lui. Ancora faceva male, ancora aveva gli incubi su quello e non poteva evitare di stare male. Se non fosse stato per lui, Cedric sarebbe ancora vivo. Ancora ricordava l’urlo straziante di Amos Diggory, quando si era reso conto della tragica sorte del suo unico figlio.
«… Allora era vero» sussurrò il biondo «Hai davvero visto… Diggory morire davanti ai tuoi occhi?»
«Ne avevi qualche dubbio?» chiese Harry, asciugandosi le lacrime, cercando di regolarizzare il proprio respiro.
«I-Io non ci credevo, mi dispiace» disse piano «Anche… anche che mio padre fosse lì».
«Ti sorprende che fosse lì o che abbia provato ad uccidere un quattordicenne per volere di Voldemort?»
«Entrambe» replicò, il moro alzò lo sguardo, arcuando un sopracciglio con aria interrogativa «Ehi, sono il primo a pagare per gli errori di mio padre» fece indicandosi il braccio. Harry si morse la lingua e annuì. A volte, quando era preso dalla rabbia e dalle emozioni, si lasciava sfuggire cose che non avrebbe voluto o dovuto dire.
«Hai ragione, è che… il ricordo mi ha scosso» ammise «So che dobbiamo riprendere, ma…» deglutì «Sono riuscito a fare un po’ di resistenza, vero?» chiese con un tono di voce così sottile da farlo sembrare piccolo e indifeso. Draco poteva vedere le sue spalle scosse dai brividi. Sembrava come se fosse ritornato ad essere il ragazzino tremante del ricordo, ma negli occhi aveva la stessa determinazione che lo aveva spinto a combattere contro Voldemort.
«Sì, ma devi impedirmi di vedere i tuoi ricordi, capisci? Io non devo essere in grado di vedere nulla quando schermi la mente» Harry annuì «Ma che tu mi abbia interrotto, è un passo avanti».
Il Grifondoro annuì ancora una volta e ringraziò Malfoy per i suoi suggerimenti, poi lo guardò con decisione. «Ricominciamo, cercherò di fare di meglio» affermò.
Draco annuì ed eseguì di nuovo l’incantesimo.
 
Stralci di una conversazione ascoltata, riempivano quel ricordo di Potter. Era il più confuso che aveva visto fino a quel momento, e si chiese come mai. La conversazione verteva sul padre di Harry. Doveva essere difficile per lui non averlo mai conosciuto e ascoltare persone che parlavano di lui, senza sapere se dicessero la verità o meno.
«Ti ricordi chi era il suo migliore amico?»
«Ma certo. Dove c’era uno c’era anche l’altro, vi ricordate? Quante volte sono stati qui, oh, mi facevano ridere, eccome. Che coppia, Sirius Black e James Potter».
 
«Sembrava che Potter e Black fossero fratelli».
 
«Potter si fidava di Black più di che di ogni altro suo amico. Quando finirono la scuola nulla cambiò, Black fece da testimone quando James sposò Lily. Poi lo scelsero come padrino di Harry».
 
«Allora Black era il Custode Segreto dei Potter?»
«Ma certo, James Potter disse a Silente che Black sarebbe morto piuttosto che rivelare dove si trovavano, che lo stesso Black progettava di nascondersi… eppure Silente rimase preoccupato. Ricordo che si offrì lui sesso come Custode Segreto per i Potter».
 
«Ma James Potter insistette per affidarsi a Black?»
«Sì. E poi appena dopo una settimana che l’incanto Fidelius era stato eseguito…»
«Black li tradì?»
«Proprio così».
 
Harry era devastato, le lacrime scivolavano rapide sul suo volto. Qualcuno aveva appena detto che la persona che aveva tradito i suoi genitori era Sirius Black, l’uomo evaso di prigione che, a quanto pareva, era evaso per finire il lavoro di Voldemort. Draco sentì il dolore dell’Harry tredicenne come se fosse stato suo e si chiese quante ne avesse passate e come facesse ad essere nel modo in cui era. La rabbia che provava verso quell’uomo era incommensurabile. Quell’uomo aveva permesso che lui crescesse da solo, senza i suoi genitori. Non aveva conosciuto l’amore, a causa di quell’uomo, che era stato il migliore amico di suo padre. «Spero che mi trovi, perché quando lo farà, io sarò pronto. Quando lo farà io ucciderò Sirius Black!» aveva urlato in preda alla rabbia.
Il ricordo cambiò immediatamente, Harry, Ron e Hermione erano nella Stamberga Strillante, c’erano Sirius Black e il professor Lupin che guardavano i tre ragazzi e cercavano di spiegare che Peter Minus non era morto, ucciso da Black, ma era il topo di Weasley. Il professore di Difesa stava spiegando a tutti come mai Minus era un Animagus non dichiarato, così come lo erano James Potter e Sirius Black.
Il ricordo cambiò ancora una volta.
«Non è vero!» urlò Harry «Era il loro custode segreto, l’ha detto prima che arrivasse lei! Ha detto che li ha uccisi!»
«Harry, è come se li avessi uccisi io…»
 
«Sarei morto! Sarei morto piuttosto che tradire i miei amici!»
 
«Sai cosa significa? Consegnare Minus?»
«Che tu sei libero».
«Sì… ma io sono anche… non so se nessuno te l’ha mai detto… io sono il tuo padrino».
«Sì, lo sapevo».
«Beh… i tuoi genitori mi hanno nominato tuo tutore, se fosse successo qualcosa a loro». Harry rimase in silenzio, in attesa. Cercando di capire cosa volesse dire Black.
«Lo capisco, naturalmente se vuoi restare con i tuoi zii, ma beh, riflettici. Una volta che avranno riconosciuto la mia innocenza, se tu volessi una casa diversa…» dentro il cuore di Harry esplose una nuova speranza, una nuova sensazione nello stomaco, qualcosa che non aveva mai provato prima. Qualcosa che sembrava… felicità.
«Cosa…? Vivere con te?» chiese esitante «Lasciare i Dursley?»
«Certo, lo sapevo che non avresti voluto» replicò Sirius «Capisco, credevo solo che…»
«Sei matto? Certo che voglio lasciare i Dursley!» esclamò Harry «Tu hai una casa? Quando posso venire?»
«Lo desideri davvero?» gli chiese, guardandolo «Sul serio?»
«Sì, sul serio!» rispose Harry. E in quel momento, il viso tormentato di Sirius si sciolse in un radioso sorriso. Il primo che Harry gli avesse visto sul volto, fino a quel momento.
 
«Potter, devi impegnarti» fece Draco, spezzando l’incantesimo «Ti rendi conto che non ci hai nemmeno provato?» chiese. Harry scosse la testa e si asciugò le lacrime che erano scivolare sul suo viso «Perché diavolo piangi ora?» Il moro scosse di nuovo la testa e lo invitò a continuare. Voleva respingerlo, ma ogni volta che ci provava, si bloccava. Rivedere i ricordi legati a Sirius e ricordare quanto era stato felice di ricevere quella proposta… di sapere che c’era qualcuno che volesse prendersi cura di lui perché teneva a lui e non perché era obbligato… rivivere quella sensazione era stato bello e per un attimo si era dimenticato di dover respingere chi gli stava esplorando la mente. Sì, era un idiota, lo sapeva.
«Scusa, mi-mi impegnerò di più».
«Me lo auguro» replicò Draco. Poi usò di nuovo la Legilimanzia su di lui.
 
Il ricordo di Harry cambiò ancora. Era appena arrivato in casa un po’ antica e oscura, nascosta gli occhi di tutti. Draco la riconobbe subito, era la vecchia casa dei Black, aveva sempre creduto che fosse andata distrutta… e invece eccola lì, protetta da chi sapeva quali incantesimi. Stava litigando con Ron e Hermione, la sua mente sembrava… devastata. L’estate dopo il quarto anno era stata una delle peggiori, gli incubi lo tormentavano, i Dursley erano peggio del solito e nessuno si degnava di spiegargli la situazione. I suoi migliori amici gli avevano nascosto le cose per ordine di Silente. Draco poteva capire la sua rabbia… ma c’era qualcosa nella testa di Potter che accresceva tutte le sue reazioni. Draco non capiva cosa fosse, ma sentiva che era oscuro. Non l’aveva mai sentito prima.
Si ritrovò improvvisamente catapultato in un vero e proprio incubo. Sembrava di vedere le cose attraverso gli occhi di un serpente, anzi, sembrava che Harry stesso fosse il serpente. Strisciava su un pavimento di pietra, lento, inesorabile, sinuoso. Il serpente continuò a strisciare e poi… morse ripetutamente l’uomo che era lì.
 
Harry oppose una fievole resistenza, ma non riuscì ad espellere Draco dalla sua mente, non voleva che vedesse ciò che Voldemort gli faceva vedere non voleva che sapesse del suo collegamento con il mago oscuro. E si sforzò con tutto se stesso per respingerlo, per schermare la sua mente ed impedirgli di vedere quel ricordo, tuttavia Draco lanciò di nuovo l’incantesimo e, dopo una prima, blanda resistenza, riuscì ad entrare nella sua mente.
 
L’Ufficio Misteri era immenso, Harry percorse tutta la sala e poi si fermò. Sul pavimento, c’era un uomo accasciato per terra, sofferente, ferito, provato. Lo stomaco di Harry si contrasse dalla paura, quello era Sirius.
«Prendila per me» sussurrò una voce sibillina all’uomo «Tu puoi prenderla… io no…»
«Non lo farò» replicò Sirius. Harry sentì il terrore invaderlo, il suo padrino era in pericolo e lui stava assistendo, impotente alla scena. Draco avvertì la puzza di trappola a distanza.
«Crucio!» urlò la voce di Voldemort, puntando la bacchetta sull’uomo. Ripeté la maledizione e, dopo essersi contorto ed aver urlato per il dolore, Sirius cadde sul pavimento, immobile, dopo qualche minuto, però rialzò la testa e lo guardò con sfida, nonostante le ferite e il dolore che provava.
«Prendila!» ordinò Voldemort.
«Uccidimi pure, non lo farò» replicò l’uomo, tentando di alzarsi dal pavimento. Voldemort urlò e gli scagliò contro un’altra maledizione e lui ricadde sul pavimento di pietra.
«Sarà un piacere farlo» lo minacciò il mago oscuro.
Harry si risvegliò in sala grande con la cicatrice in fiamme.
Il ricordo cambiò immediatamente, Potter e i suoi amici erano all’Ufficio Misteri e stavano cercando Sirius Black e Voldemort, ma quando giunsero nel punto che Potter aveva visto nell’incubo/visione, si resero conto che non c’era nessuno. Improvvisamente, Harry notò una sfera di cristallo, sotto alla quale c’era il suo nome e… la prese, nonostante gli altri gli dicessero di lasciarla lì dov’era.
 «Molto bene, Potter. Adesso voltati lentamente, da bravo, e dammela». Draco riconobbe la voce di suo padre e cercò di non provare troppo disgusto per quell’uomo. Era una trappola, aveva contribuito a tendere una trappola a dei ragazzini, per volere di Voldemort – beh, lui non era migliore di suo padre, ma per sua fortuna, aveva ancora sedici anni e aveva la possibilità di cambiare – e Potter non lo realizzò subito. Al biondino, quasi dispiacque per lui. Voleva salvare il suo padrino e si era ritrovato a mettere se stesso e i suoi amici in pericolo. Altre immagini di quella notte passarono in fretta nella mente di Harry, loro che scappavano e tentavano di affrontare i Mangiamorte, l’arrivo degli Auror, di Silente e…
Sirius stava duellando contro Bellatrix, i due non si fermarono neanche dopo l’arrivo di Silente, improvvisamente l’uomo fu colpito da un incantesimo in pieno petto. Dopo quella che parve un’eternità, il suo corpo si piegò e scomparve dietro a un velo misterioso appeso a un arco. Harry aspettò con ansia che Sirius si rialzasse, dopotutto era solo caduto dietro a un velo logoro e sporco, poteva uscire da lì da un momento all’altro. Ma non ricomparve.
«SIRIUS!» urlò Harry «SIRIUS!»
Corse verso l’arco, poteva salvarlo, poteva aiutarlo, era solo caduto dietro a un vecchio arco… Lupin lo bloccò da dietro, circondandolo con le braccia per trattenerlo. Harry si divincolò dalla sua presa, continuando a chiamare il suo padrino.
 «Non puoi fare niente, Harry…» il Grifondoro scosse energicamente la testa, cercando di liberarsi, ma Lupin non lo lasciò.
«Fermalo, salvalo… è appena passato…» disse il ragazzo, supplicando l’uomo alle sue spalle. Poteva salvare Sirius, poteva aiutarlo a tornare da loro, erano passati pochissimi istanti da quando era caduto… era solo un dannato arco.
 «…è troppo tardi, Harry».
«Possiamo ancora raggiungerlo…» Harry si dimenò ancora con forza, ma Remus rinforzò solo la presa su di lui.
«Non puoi fare più niente, Harry… niente… se n’è andato».
L’urlo che lasciò che labbra di Potter riecheggiò per tutto l’Ufficio Misteri e probabilmente venne udito anche altrove. Era un urlo carico di dolore, di disperazione… di speranze infrante e di perdita. Harry, con Sirius, aveva perso tutto. 
 
«P-Per favore» gemette Harry, affaticato, un singhiozzo sfuggì dalle sue labbra «Basta… non… non ce la faccio più» la sua voce era quasi un sussurro e Draco si accorse solo in quel momento delle lacrime che scivolavano veloci sul viso del moro. Era… era in lacrime di nuovo? Stava piangendo ancora? Beh, come poteva dargli torto? Aveva perso una persona importante in quel ricordo… se fosse successo qualcosa del genere a sua madre, non sapeva come avrebbe potuto reagire. Scacciò in fretta quel pensiero per restare concentrato sull’incantesimo che stava eseguendo, avrebbe dovuto fermarsi e farlo riposare? Ma Silente era stato categorico, Harry doveva imparare a respingere gli attacchi alla sua mente, non poteva fermarsi. «P-Per favore, Draco… basta» lo supplicò ancora, quando l’ennesima immagine del suo padrino passò nella sua mente, singhiozzò più forte, scuotendo la testa «Ti prego!» esclamò «D-Draco, ba-basta…»
E forse qualcosa dentro di lui doveva essere cambiato in quei giorni, perché pochi secondi dopo la sua richiesta, fermò l’esecuzione dell’incantesimo, interrompendo il contatto con la sua mente. Potter rimase con gli occhi chiusi e cercò di regolare il proprio respiro e di reprimere sia le lacrime che i singhiozzi. Doveva essere dannatamente difficile per lui.
«Potter…? Stai bene?»
Harry scosse la testa e si spostò dal suo posto, coprendosi il viso con le mani. Il senso di colpa per ciò che era successo a Sirius si fece largo in lui: se lui non fosse stato così stupido da credere alla visione di Voldemort, niente sarebbe accaduto, se lui non fosse andato all’Ufficio Misteri, Sirius sarebbe stato ancora vivo e lui avrebbe avuto il suo padrino. Se non fosse stato così stupido, così ingenuo, così avventato… avrebbe avuto ancora una famiglia. Era tutta colpa sua. Se solo avesse ascoltato Hermione… se solo…
Un altro singhiozzo proruppe dalle sue labbra, non riuscì a trattenerlo e pensò di essere patetico a piangere in quel modo davanti a Malfoy, che probabilmente lo stava deridendo, dopo tutte le cose che aveva visto in quelle ore. Solo che rivedere quel ricordo… in così netto contrasto con quello in cui gli aveva proposto di andare a vivere con lui… aveva fatto male, aveva risvegliato in lui un dolore così travolgente… paragonabile solo allo sfogo di rabbia mista a dolore che aveva provato, quando aveva distrutto l’ufficio di Silente. Le parole che aveva detto al preside erano vere: non voleva essere umano, se questo significava soffrire così tanto e stare male. Non voleva tutte quelle emozioni, non voleva…
«Potter…» Malfoy lo chiamò ancora e Harry singhiozzò di nuovo. Scosse la testa velocemente, semplicemente corse fuori dalla Stanza delle Necessità, lasciandosi uno scioccato Malfoy alle spalle, percorse in fretta il corridoio del settimo piano, raggiungendo le scale. Non poteva andare nel dormitorio, Ron gli avrebbe dato il tormento e Hermione l’avrebbe saputo da lui e gli avrebbe fatto una lunga paternale sul fatto che non si stesse impegnando abbastanza con le lezioni. Così cambiò strada e senza pensare oltre, scese le scale correndo fino ad arrivare all’androne principale, uscì dal castello e corse verso la capanna di Hagrid. Sapeva che lì avrebbe trovato un minimo di conforto, senza troppe domande, senza occhiate giudicanti, senza nulla. Quando il mezzo gigante gli aprì la porta, Harry non riuscì a fare nulla, se non abbracciarlo e scoppiare, finalmente, in un grosso pianto liberatorio. Riuscì finalmente a tirare fuori ciò che da mesi si portava dentro, riversò in quel pianto tutto il dolore, il senso di colpa, la disperazione che aveva provato per così lungo tempo, senza tirarla fuori.
«Shhh, va tutto bene» gli sussurrò con dolcezza Hagrid, tenendolo stretto tra le sue braccia con fare protettivo, come se Harry fosse un bambino piccolo. Il ragazzo si lasciò andare e pianse fino a che non si addormentò, sfinito, a causa del pianto. Hagrid lo sistemò su una panca con delicatezza e lo coprì con una coperta, mettendo su il tè, il ragazzino ne avrebbe avuto bisogno, al suo risveglio.


 

To be continued...


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Giuro solennemente di (non) avere buone intenzioni
 
Nota: alcuni dei dialoghi nei flashback sono ripresi dai libri e/o dai film, grazie Potterpedia per questi!
 
Hola peps!
Eccoci giunti con il secondo episodio della prima stagione di questa storia :D (anche se per noi è un terzo appuntamento u.u :3)
ANYWAY. Ecco la prima carrellata di ricordi di Harry, sono eventi davvero accaduti a Harry nel corso della saga. E sì, riscrivere la morte di Sirius mi ha fatto male, così come ha fatto male a Harry riviverla, povero piccolo. MA era necessario, Draco adesso si è reso conto di quanto Harry abbia davvero perso e nel prossimo capitolo esploreremo anche la sua infanzia e lì aprirà davvero gli occhi. Un po’ si è sentito male anche lui per Harry, dopo i ricordi legati a Sirius, infatti quando si accorge di quanto sia spezzato Harry, interrompe l’incantesimo, piccino dai. Sotto sotto è un tenerone. (molto sotto, il tatto non è proprio suo amico lol) e adoro scrivere i loro battibecchi LOL
Alla fine non ha perso nessuna partita u.u ma non è servito a far pace con Ron (ma almeno Ginny non romperà più i coglioni LOL in realtà appare poco in questa prima parte… quanto si capisce che è un personaggio che mi non piace, vero? AHAH) Voi non sapete quanto sia stato difficile scrivere quelle tre righe "hinny", e no nessun bacio con la pel di carota, SKS è stato più forte di me, non sono riuscita ad inserire quella cosa, ORRORE LOL
Harry e Ron non hanno ancora chiarito, ma lo faranno presto :D
Non è chiaro nei libri (o almeno io non ho trovato nessun riferimento) quando Voldemort affida la coppa a Bellatrix, in questa storia ho supposto che l’avesse fatto da subito, per metterla al sicuro e non durante la guerra e Draco ha sentito per sbaglio la conversazione e visto che è praticamente una capera (un pettegolo) spiffera a Harry dov’è la coppa. :D Harryino è felicino di questo, ma ovviamente devono prima finire le lezioni di occlumanzia, c’ha ragione Draco. Una cosa per volta u.u eh insomma!
Ma comunque, abbiamo esplorato i ricordi di Hogwarts, passando da quelli più tranquilli (beh, più o meno LOL) a quelli più dolorosi. Povero piccino. E presto esploreremo anche quelli d’infanzia. Secondo voi quanti traumi infantili ci ho ficcato nel mezzo? AHAH tanti. Troppi, ma serve per creare le basi per il futuro di Harry e Draco u.u
Anyway spero che il capitolo vi sia piaciuto! Qui ci sono un paio di indizi su alcune cose che avverranno in futuro, ma non spoilero nulla u.u
Intanto ringrazio Eevaa e Estel84 che hanno recensito il capitolo precedente. Thank you <3 E grazie anche a tutte le persone che mi mandano messaggi privati per farmi sapere cosa pensano della storia e chi la segue in maniera silenziosa e chi la aggiunge alle categorie, grazie mille a tutti per il sostegno <3
Sperando che stiate tutti bene, con le notizie che circolano e sperando di non rivivere un secondo mese di marzo/aprile/maggio, vi do appuntamento alla prossima settimana con un nuovo episodio… ehm, capitolo di questa storia! :D
See you on Saturday, peps!
Love ya <3
#Staysafe
 
Fatto il misfatto

   
 
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