Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Valery Kuroo    27/10/2020    0 recensioni
Un patto da sigillare, una rabbia da domare, dei sentimenti da riconquistare.
Porteranno un gruppo di anime ad incontrarsi.
Lui, misterioso e solitario simile ad un'ombra.
Lei, emotiva e distrutta, che vorrebbe tacere la sua sete di vendetta.
E dei Killer dai volti ignoti, che vivono per uccidere.
Il destino li farà incontrare e si ritroveranno a dover progettare per ribaltare una società che priva la LIBERTÀ.
C'è solo una regola nel gruppo:
"Non amare e non provare pietà."
Genere: Avventura, Azione, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Threesome
Capitoli:
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-POV Valérie

Si stava preparando per una nottata di puro divertimento, o così doveva essere per un adolescente normale.
Lei ci andava solo per rispettare la promessa fatta al suo migliore amico.
< Dai, vieni! Prometto che ti farò divertire un sacco!> fu quello che le disse il giorno prima durante l’ultima ora di lezione a scuola.
Non le costava nulla, insomma, o andava lì o sarebbe rimasta a casa assieme ai suoi bui pensieri, tanto valeva distrarsi un po’.
L’outfit della serata era: una grande felpa nera con il cappuccio, che le faceva da vestito,  con delle calze a rete e degli scarponcini neri con il rialzo.
Si sarebbe messa anche un trucco pesante sugli occhi dalle tonalità di rosso scuro e nero che avrebbe esaltato l’arancio chiaro delle sue iridi. E le labbra tinte di un rosso scurissimo, quasi tendente al nero. Si poteva permettere quelle tonalità scure sul viso per la sua pelle molto chiara.
Raccolse i capelli mori con delle ciocche rosse sangue in uno chignon, e li nascose con cappuccio.
Erano le undici di sera quando decise di prepararsi. Ci mise poco. Nel mentre stava escogitando un modo per uscire senza farsi sentire dai suoi genitori. Loro non erano consapevoli delle sue fughe serali, come del fatto che non stesse rispettando la sua cura.
“Cura” era sostanzialmente prendere dei farmaci per permettere al proprio lato demoniaco di starsene buono, nell’angolo e non prevalere in lei. Era una comune cura per gli ibridi del suo mondo, figli di demoni ed umani, che erano obbligati a prendere.
Lei era sempre stata un tipo che andava controcorrente, non seguiva mai ciò che la società imponeva, non seguiva mode, nulla di nulla, faceva tutto di testa sua. Ma questo ebbe un grande effetto collaterale su di lei: lottare contro i pensieri bui, lottare contro sé stessa.
Si stava dilungando troppo in quei pensieri, doveva  darsi una mossa o sarebbe arrivata tardi all’appuntamento. Mise alcuni vestiti ammucchiati sotto le lenzuola, creando un bozzolo dalla forma umana, ed uscì dalla finestra. Abitava al primo piano, per fortuna, quindi facilmente poteva uscire e rientrare al mattino, poco prima che i suoi si alzassero.
Calò il cappuccio sulla testa, nascondendo così il viso, e si mise le cuffiette: la musica fu la sua unica compagna in quella notte così buia e priva di luna, coperta dalle nuvole. Passò attraverso alcuni vicoli e raggiunse un punto dove era totalmente desolato, niente macchine niente pedoni notturni, solo dei lampioni ad illuminare le vie. C’erano delle case più trasandate di quelle dentro la città dove lei abitava. Per arrivare alla discoteca ci impiegava una buona mezz’ora a piedi, tenendo un passo spedito.
Scese la lunga scalinata che portava alla discoteca, stretta tra le alte mura di due case, e si ritrovò una grande porta a forma d’arco davanti a sé, con due bodyguard ai lati. Alti, muscolosi, vestiti di nero con gli occhiali da sole, sapevano incutere un certo timore con la loro stazza. La riconobbero non appena alzò il cappuccio e la fecero entrare.
Venne travolta dalla musica che usciva a tutto volume dalle enormi casse agli angoli di quella grandissima stanza. Dovette strizzare gli occhi per mettere a fuoco ciò che aveva davanti a sé: vari corpi ammassati e persi nella loro danza in quella stanza buia, illuminati solo dalle luci al neon di vari colori che venivano sparate dal soffitto.
Erano ormai mesi che frequentava quel posto e ancora non si era abituata al clima ed alla musica fortissima che le rimbombava nella testa. Si alzò in punta di piedi alla ricerca del lungo bancone a cerchio che si trovava al centro della stanza, dove i baristi servivano gli alcolici.
Avanzò tra i corpi che la spintonavano cercando di passare. Ci mise una decina di minuti prima di riuscire a raggiungere una sedia libera vicino al bancone in metallo ricoperto da una lastra doppia di vetro colorato in nero. Il tempo di sedersi e si ritrovò un barista a pochi centimetri dal suo viso: lo riconobbe anche se indossava una maschera nera sugli occhi con due buffe orecchie a cerchio, doveva essere una maschera di un topo, ma lui l’aveva chiamata “maschera di un cincillà”. Un topo obeso, insomma.
Era il suo migliore amico: lavorava lì come barista, nonché servitore dei migliori alcolici della zona.
Oltre la maschera, indossava una maglia nera a maniche corte attillata e dei jeans anch’essi neri, strappati sulle ginocchia e sulle cosce.
< Non mi aspettavo che anche stasera saresti venuta!> disse a gran voce cercando di sovrastare la musica per farsi sentire da lei.
< Ormai sono mesi che ogni sabato sera vengo perché tu mi inviti sempre con la scusa di farti compagnia!> rispose lei fingendosi annoiata.
La risposta del suo amico fu solo una risata divertita e le servì il suo cocktail preferito: un mix di alcolici dolci con una prevalenza di aroma di cocco. Dentro al bicchiere c’era anche un cubetto di ghiaccio con un pezzettino di cocco dentro, così da poterlo mangiare non appena il ghiaccio si sarebbe sciolto del tutto.
Rivolse nuovamente l’attenzione al barista e notò che aveva dei succhiotti sul collo -Quindi lo stronzo si è anche divertito- pensò la ragazza.
Attirò la sua attenzione chiamandolo < Ehi, Just! Non dirmi che hai scopato nuovamente con quel tipo?>
< Chi? Edo? Ma che dici! Quello l’ho scaricato dopo la nostra prima serata di fuoco, a detta sua. Cazzo, non mi ha fatto venire per quanto fosse incapace a letto! No no, questi me li ha fatti un ragazzetto che gira da un po’ in questa discoteca, un tipetto con i capelli verdi acqua scuri legati e la rasatura ai lati della testa. È caruccio, ma lo vedo più dalla parte del passivo…> si fece pensieroso mentre si guardava in giro, probabilmente lo stava cercando.
Certe volte lo invidiava: riusciva a conquistarsi qualcuno con poco e poi addirittura a portarselo a letto.
Nessuno lo aveva mai rifiutato, tranne uno che avevano soprannominato “l’affascinante dai capelli rossi”: per lei fu davvero una sorpresa perché era stata seriamente l’unica persona ad averlo mai rifiutato in modo totalmente freddo e maleducato.
A detta di Just, ovviamente. Ricordava ancora la sua espressione colpita e ferita, gli aveva sicuramente scatenato qualcosa dentro ma, da allora, ancora non era riuscita a fargli sputare il rospo.
Valérie si girò sullo sgabello per appoggiarsi con la schiena al bancone ed osservò l’ammasso di gente avvinghiata su sé stessa, intenta a ballare ed a sfogare le proprie repressioni.
C’era anche una stanzetta con dei lunghi divani in pelle nera, dedicati apposta per fare sesso e così via, il posto perfetto per portare la propria “preda” dopo averla conquistata.
Poteva sembrare una normale discoteca dove dei giovani ragazzi andavano a divertirsi, peccato che lì dentro potevi entrarci solo se appartenevi alla razza “soprannaturale”: demoni, ibridi e così via. Un comune umano non poteva entrare. Per lui era un totale divieto.
Molte delle creature lì sfoggiavano la loro forma originale: chi con delle lunga corna nere ed i denti appuntiti, chi invece aveva una carnagione grigiastra e delle squame sul collo e sulle guance e così via.
Si potevano ammirare un immensità di creature differenti tra di loro nello stesso posto, in totale armonia e divertimento puro.
Quel posto era la pace per loro.
Ovviamente il governo non ne sapeva nulla e non doveva saperne nulla.
O l’avrebbero raso al suolo, letteralmente.
Bevve un altro sorso di quella meraviglia e notò una figura che gli sembrava molto familiare. Il rosso.
Era preso nella danza con due ragazze vestite con tutine piene di glitter molto attillate, intente a strusciarsi su quel “bel pezzo di manzo”, come lo aveva soprannominato Just.
Gli aveva dedicato talmente tanti soprannomi che a stento se li ricordava tutti.
L’uomo aveva addosso una maglia bianca attillata dal collo alto, dei jeans blu, i capelli ricci erano sciolti. -Perché indossa anche un paio di occhiali da sole?- si domandò notando quello strano dettaglio, probabilmente gli davano fastidio le varie luci del locale?
Ma non erano scomodi?
< Non ci credo! Altre due ragazze?!> sbottò Just mentre osservava la scena appoggiato con i gomiti sul bancone ed i palmi sulle guance.
< Guarda che anche te cambi spesso compagnia> puntualizzò lei.
< Dovresti stare dalla mia parte! E poi sono geloso perché ruba le mie prede!>
< Si si, le tue prede…> lei lo canzonò e lui si fece rosso dal fastidio misto a vergogna ed anche da una punta di gelosia che provava nei confronti dell’ ”affascinante dai capelli rossi”. Era la prima volta che si puntava su qualcuno in quel modo.
Lui lo desiderava, lo bramava e questo lei l’aveva capito dalla prima volta che lo aveva visto. Dalla sua reazione, e dal fatto che quando stavano a scuola non faceva altro che parlare di lui.
Addirittura in mensa aveva fatto un mini ritratto del rosso con la penna sul tovagliolo.
Beh almeno lui aveva qualcuno su cui sognare.
Lei no.
Nessuno le interessava, nessuno l’aveva colpita. Ormai aveva smesso di cercare.
disse la voce di fianco a lei. Si voltò e vide un ragazzetto probabilmente della sua stessa età, alto come lei, dai capelli corti e disordinati.
Indossava un maglioncino verde evidenziatore con dei pantaloni neri ed una catenina attaccata ai lati della cinta.
I capelli erano neri con delle ciocche verde evidenziatore che si illuminavano addirittura nel buio.
-Cazzo che figata!- non aveva mai visto dei capelli del genere.
Il ragazzo molto probabilmente si sentì osservato e si voltò verso di lei facendole un sorriso cordiale.
< Scusami se ti ho disturbato, in caso> aveva frainteso.
< Uh? No no, scusami tu. È che ho visto i tuoi capelli e sono davvero bellissimi.
Non ne avevo mai visti in giro così!>
Lui arrossì un po’ per via del complimento e si passò una mano tra i capelli.
< Mi fa piacere che ti piacciono! Beh, ho usato una tinta che puoi trovare solo online, si chiama “Neon lime color”, se ti interessa, ovviamente>
< Assolutamente sì! Ci sono altre tonalità di colore?>
< Si! Rosso, blu, rosa, qualsiasi colore che desideri. Ho provato anche il giallo, ma posso dirti che è davvero strano e scomodo da portare.> Just, intanto, aveva portato il suo bicchiere ed il ragazzo ne bevve una lunga sorsata.
Poi porse la mano verso di lei e si presentò < Comunque sono Duncan, piacere mio>
< Valérie, piacere mio.> e strinse la sua mano.
Lui le sorrise, lei gli ricambiò solo un timido sorriso nascosto un po’ dall’ombra del cappuccio.
Sembrava non gli importasse il fatto che lei avesse un enorme cappuccio a nasconderle i tratti del viso, fece finta di nulla. E questo le fece piacere.
Rispettava la sua privacy.
< Beh, sei in compagnia?>
< Diciamo di sì, faccio compagnia al mio migliore amico> indicò il barista e lui annuì per poi finire il suo bicchiere.
< Quindi è solo il tuo migliore amico… Beh, è carino.> qualcosa dentro di lei si mosse, una sensazione che non le piacque affatto.
- La delusione?-
Il ragazzo sembrò notare il suo strano silenzio e si corresse subito < No, no tranquilla. Non voglio provarci con lui! Il tuo migliore amico è tutto tuo!> aveva intuito nuovamente l’errato, ma le fece piacere, perché quella sensazione svanì in un nanosecondo.
-Valérie non iniziamo! - si sgridò da sola.
Just fece un fischio trovando la scena interessante e si avvicinò ai due ragazzi < Volete che vi porto qualcos’altro?> fece un occhiolino alla sua migliore amica e lei , imbarazzata, gli fece una smorfia come risposta.
Duncan ci pensò un po’ su alla domanda e disse < Lo stesso alcolico che stava provando lei. Sono curioso di assaggiarlo. Ne vuoi un altro anche tu?> guardò la ragazza mentre stava già prendendo il suo portafoglio.
rispose Just mentre era già intento a prepararli di fronte a loro.
< Dimmi, com’è che ti chiami?> domandò al giovane mentre metteva i cubetti di ghiaccio nei bicchieri di cristallo.
< Duncan, e tu?>
< Just. Vedo che hai conosciuto la mia migliore amica, è simpatica vero?>
< Beh sì, è davvero molto simpatica…> la situazione si stava trasformando in qualcosa di spiacevole, Just lo stava mettendo sotto interrogatorio come il classico fratello maggiore protettivo verso la sua sorellina. Non andava affatto bene.
Duncan però sembrò neutrale e tranquillo, la cosa non gli faceva né caldo e né freddo.
Ma per fortuna o sfortuna, ad interrompere la conversazione fu il “bel manzo dai capelli rossi”, quello che aveva malamente rifiutato Just, che si rivolse al ragazzetto < Duncan, vuoi che ti lascio le chiavi di casa, stasera? Io dormo fuori.>
Il ragazzo si voltò verso l’uomo ed annuì sorridendo per poi indicarlo e girarsi verso di loro.
< Ah dimenticavo! Lui è il mio fratello maggiore, Nathan. Nathan, loro invece sono Valérie e Just.>
Just fece cadere il bicchiere pietrificato dalla scena, incredulo ed il suo viso divenne rosso, molto rosso, con anche la bocca spalancata dallo stupore.
-Che reazione esagerata.- pensò la ragazza riguardo Just, lei invece rimase solo colpita, piacevolmente colpita.
E dovette ammettere anche, che il Destino sapeva essere davvero tanto infame.
 
 
 
 
 
 
   
 
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