Ludovica
Pioggia leggera, il ticchettio delle gocce che una ad una formano una pozzanghera. Uno, due, tre. Tamburella le dita, sottili, piccole, sulla mia spalla. Una, due, tre. Poi con quelle stesse dita si sistema il colletto della camicia, bianca, immacolata. Uno, due, tre. La pioggia bagna i vetri dell'auto, non sta scrosciando, facendo rumore, è la pioggia di Marzo, e Ludovica quando è triste è proprio così, come la pioggia di Marzo, malinconica, vuota, persa in quell'odore penetrante che preannuncia la primavera.
Eppure se penso a Ludovica non penso alla pioggia, penso all'odore del pane caldo, quello fatto in casa, il calore di un focolare e la poltrona proprio lì vicino, un buon libro tra le mani e il tepore del Natale. È facile immaginarla su quella poltrona, le gambe lunghe distese, le mai ricoperte di anelli, gli occhiali che scendono fastidiosamente sul naso, e lei con noncuranza li tira su. Si sofferma sulle pagine ingiallite quasi ad ammirare il contrasto con la sua pelle, sottolineando con il polpastrello certe frasi, come si faceva alle elementari quando non si voleva perdere il segno. Uno, due, tre, tocchi prima di girare un'altra pagina, "è un tic", poi avrebbe sorriso, in modo dolce, soffice. Ludovica è proprio questo, l'arancione croccante di un pomeriggio d'inverno, sa di casa.
Eppure Ludovica che quando l'ansia la opprime lo dice, non riesce a dar voce ai suoi pensieri, a spiegare quel circolo vizioso, non sa come fermarlo, come dargli un senso o un volto. Si stringe al petto le ginocchia e finge di non esistere, cerca di addormentarsi, ma i pensieri continuano a bussare, tre colpi, uno, due, tre. E non sembrano intenzionati ad andarsene, a lasciare perdere, vogliono costruirci casa nella sua testa, arredarla e camminare avanti e indietro, su e giù fino a farla impazzire. A volte basta, però, un " Va tutto bene, Ludovica". Un abbraccio, una risata, un film di quelli che ti fanno trattenere il respiro fino ai titoli di coda. Potrebbe essere la protagonista di uno di quei film, con fare un po' da artista, ce la vedi con una chitarra in mano e un foglio stropicciato davanti, pieno di note, parole, disegni.Lei è così. Una bozza continua, una poesia piena di sbavature e correzioni, i fiorellini disegnati a piè pagina in un momento di noia, gli appunti sparsi per tutto il tavolo, che non si capisce quando finisce un argomento e inizia un altro, i libri con i finali sospesi, un quadro astratto, la mina di una matita rotta, spezzata, per terra, dopo aver disegnato troppo. E allora lasciali entrare quei pensieri che sembrano intenzionati a buttare giù la porta, accoglili con uno dei tuoi sorrisi e disarmali con la tua essenza, vedrai come ne rimarranno impauriti, come saranno estasiati dall'arte che crei con una sola risata. Sedetevi pure, mettete radici, lasciate la valigia ma sarete voi a volervene andare, perchè Ludovica con la sue mani piccole e la mente grande non ha bisogno di nuovi ospiti da invitare, di conquilini con cui abitare. Basta lei per una reggia intera, con quel suo disordine cronico di cui ne è prova lampante la sua macchina, con sempre qualche foglio nuovo, qualche manuale intero ancora da studiare, pupazzi sballottollati da un sedile all'altro. La macchina di un'artista, come dicevo, la macchina comunista come dice lei, di quel colore improponibile, forse sarà difficile separarsene quando comprerà una macchina più lucente e maestosa, sarà difficile separarsene perchè ci si affeziona a quel caos un po' in bilico, un po' azzardato.
Uno, due, tre, un abbraccio stritolante ed è ormai novembre, fra poco arriva l'inverno e forse dovremmo scappare in una baita in montagna, con quattro, cinque amici non di più, voglio un caminetto e il fuoco che ci scalda le mani, magari il tuo gatto che si accoccola ai nostri piedi, in cerca d'affetto, o forse solo di cibo.
Ludovica, così grande e così bambina, così inadatta nel suo corpo da donna, ma femminile nel più piccolo gesto. Ludovica e la sua risata infinita, che quando le prende non finisce più, e ti incita a continuare, a sorprenderla a farla ridere ancora ancora, buttare indietro la testa e diventare spensierata in un battito di ciglio. Ludovica così matura, ma così infantile in ogni suo capriccio, il passato che ha dovuto affrontare e di cui non parla neanche per mezzo secondo. Ludovica e tutti i segreti che cela, e la spontaneità nell'affetto che mostra.
Ludovica, incastrata nella mia anima, resta lì.
Eppure se penso a Ludovica non penso alla pioggia, penso all'odore del pane caldo, quello fatto in casa, il calore di un focolare e la poltrona proprio lì vicino, un buon libro tra le mani e il tepore del Natale. È facile immaginarla su quella poltrona, le gambe lunghe distese, le mai ricoperte di anelli, gli occhiali che scendono fastidiosamente sul naso, e lei con noncuranza li tira su. Si sofferma sulle pagine ingiallite quasi ad ammirare il contrasto con la sua pelle, sottolineando con il polpastrello certe frasi, come si faceva alle elementari quando non si voleva perdere il segno. Uno, due, tre, tocchi prima di girare un'altra pagina, "è un tic", poi avrebbe sorriso, in modo dolce, soffice. Ludovica è proprio questo, l'arancione croccante di un pomeriggio d'inverno, sa di casa.
Eppure Ludovica che quando l'ansia la opprime lo dice, non riesce a dar voce ai suoi pensieri, a spiegare quel circolo vizioso, non sa come fermarlo, come dargli un senso o un volto. Si stringe al petto le ginocchia e finge di non esistere, cerca di addormentarsi, ma i pensieri continuano a bussare, tre colpi, uno, due, tre. E non sembrano intenzionati ad andarsene, a lasciare perdere, vogliono costruirci casa nella sua testa, arredarla e camminare avanti e indietro, su e giù fino a farla impazzire. A volte basta, però, un " Va tutto bene, Ludovica". Un abbraccio, una risata, un film di quelli che ti fanno trattenere il respiro fino ai titoli di coda. Potrebbe essere la protagonista di uno di quei film, con fare un po' da artista, ce la vedi con una chitarra in mano e un foglio stropicciato davanti, pieno di note, parole, disegni.Lei è così. Una bozza continua, una poesia piena di sbavature e correzioni, i fiorellini disegnati a piè pagina in un momento di noia, gli appunti sparsi per tutto il tavolo, che non si capisce quando finisce un argomento e inizia un altro, i libri con i finali sospesi, un quadro astratto, la mina di una matita rotta, spezzata, per terra, dopo aver disegnato troppo. E allora lasciali entrare quei pensieri che sembrano intenzionati a buttare giù la porta, accoglili con uno dei tuoi sorrisi e disarmali con la tua essenza, vedrai come ne rimarranno impauriti, come saranno estasiati dall'arte che crei con una sola risata. Sedetevi pure, mettete radici, lasciate la valigia ma sarete voi a volervene andare, perchè Ludovica con la sue mani piccole e la mente grande non ha bisogno di nuovi ospiti da invitare, di conquilini con cui abitare. Basta lei per una reggia intera, con quel suo disordine cronico di cui ne è prova lampante la sua macchina, con sempre qualche foglio nuovo, qualche manuale intero ancora da studiare, pupazzi sballottollati da un sedile all'altro. La macchina di un'artista, come dicevo, la macchina comunista come dice lei, di quel colore improponibile, forse sarà difficile separarsene quando comprerà una macchina più lucente e maestosa, sarà difficile separarsene perchè ci si affeziona a quel caos un po' in bilico, un po' azzardato.
Uno, due, tre, un abbraccio stritolante ed è ormai novembre, fra poco arriva l'inverno e forse dovremmo scappare in una baita in montagna, con quattro, cinque amici non di più, voglio un caminetto e il fuoco che ci scalda le mani, magari il tuo gatto che si accoccola ai nostri piedi, in cerca d'affetto, o forse solo di cibo.
Ludovica, così grande e così bambina, così inadatta nel suo corpo da donna, ma femminile nel più piccolo gesto. Ludovica e la sua risata infinita, che quando le prende non finisce più, e ti incita a continuare, a sorprenderla a farla ridere ancora ancora, buttare indietro la testa e diventare spensierata in un battito di ciglio. Ludovica così matura, ma così infantile in ogni suo capriccio, il passato che ha dovuto affrontare e di cui non parla neanche per mezzo secondo. Ludovica e tutti i segreti che cela, e la spontaneità nell'affetto che mostra.
Ludovica, incastrata nella mia anima, resta lì.