Buongiorno Ciurma!
Ritorno su EFP con una piccolissima OS dedicata questa volta a One Piece – ed è la mia primissima volta. Sto recuperando pian
piano il manga – sono attualmente alla saga di Doflamingo.
Come potrete quindi intuire, mi sono follemente innamorata del suo personaggio
e della sua storia. Questa OS la dedico a lui, in primis, e a Trafalgar Law. Ovviamente è un momento che non è mai esistito nella
storia originale ed è facilmente fraintendibile. Non me la sento di dirvi che è
una yaoi perché, per quanto mi piacciano come
eventuale coppia, può essere vista anche in maniera diversa – ma mi saprete
dire, se vi andrà, la vostra opinione in proposito nelle recensioni.
Detto ciò ... Spero di riuscire a coinvolgervi per qualche minuto in
questo brutto periodo – e ve lo dice una che abita in Lombardia e aveva bisogno
di distrarsi un po’ scrivendo qualcosina.
Buona lettura! <3
***
The Betrayed
Man
Il castigo più duro per chi tradisce
è essere perdonato.
E. Breda
Il suo sguardo si perdeva
nell’orizzonte roseo di quell’alba primaverile. La brezza marina gli scorreva
tra i biondi capelli corti costantemente spettinati e sbarazzini. Si passò le
lunghe dita in mezzo a quei fili dorati che risplendevano sotto le prime luci
di quella palla infuocata bassa e rossa, le pupille gli si strinsero
nell’osservarlo. La nave era silenziosa a quell’ora e quel piccolo momento di
pace lo amava, quando ancora tutti dormivano e lui poteva essere chi voleva:
poteva semplicemente meravigliarsi dell’essenza di quel mondo perfetto,
rovinato solo dalla presenza degli esseri umani. Il mare era calmo e
s’infrangeva contro la nave producendo un suono soporifero e dolce, riflettendo
il cielo dai colori caldi che sembrava voler abbracciare qualunque cosa. Per
quei pochi minuti, lui riusciva a sentirsi parte di quell’immensità senza dover
rendere conto a nessuno.
« Ehi. »
Una voce gli raggiunse le orecchie,
facendolo quasi sussultare, ma si rilassò nell’immediato riconoscendone il
proprietario. Rimase con lo sguardo puntato di fronte a sé senza voltarsi,
perché odiava farsi vedere dagli altri senza occhiali, ma amava concedersi
quella piccola libertà quando era certo di esser solo. Ormai aleggiava quasi un
mistero attorno a quella sua caratteristica e giravano voci strane tra i membri
della sua ciurma – e non solo. A Trafalgar Law, però,
non era mai interessato quel particolare, definendolo quasi un suo capriccio;
lo aveva sempre guardato in modo neutro, come se fosse uguale a chiunque altro
– con o senza occhiali che fosse – e questa sua caratteristica lo faceva
infuriare, ma gliela invidiava anche.
« Cosa ci fai già sveglio, piccoletto?
», domandò apostrofandolo nonostante ormai non fosse più un bambino – e lo era
mai stato nell’effettivo?
« E tu, fenicottero? »
Doflamingo
ridacchiò sommessamente: quel tono neutro gli stuzzicò il retro della nuca.
« Mi stavo godendo il momento che
preferisco della giornata, in silenzio. »
« Quindi te lo sto rovinando? »
Doflamingo
girò il capo verso destra, dove Trafalgar si era posizionato rivolgendo lo
sguardo anch’egli verso l’orizzonte, i gomiti posati sulla balaustra e una
gamba che andava ad incrociarsi davanti all’altra con la punta del piede
puntata sul ponte. Trafalgar, sentendosi osservato, si voltò e si ritrovarono
ad osservarsi occhi negli occhi. Il suo viso sembrava particolarmente rilassato
– stranamente – e l’accenno di barba non fatta da qualche giorno gli donava
molto su quel volto dai lineamenti duri. Non indossava il suo solito cappello e
quindi i capelli corvini erano attraversati dalla brezza. Si soffermò ad
osservargli la pelle, rimembrando quando anni prima era solcata da quelle
terribili macchie biancastre che lo avevano reso smunto a tal punto da farlo
somigliare ad uno zombie. Ora le guance erano piene e rosee grazie al Frutto del
Diavolo che Rosinante gli aveva fatto ingoiare. Doflamingo non gli portava ormai più rancore alcuno, ormai
tutto quello era accaduto nel passato e non lo si poteva cambiare.
« È raro poterti guardare negli occhi,
Dofy.», continuò, parlando ancora senza attendere una
risposta alla precedente domanda che gli aveva posto.
Nessuno lo aveva mai guardato negli
occhi, a nessuno lo aveva mai permesso – o forse a qualcuno sì, ma non era
sopravvissuto molto a lungo da poterlo raccontare. Non che i suoi occhi
avessero qualcosa di particolare – poteri o cose strane – semplicemente li
riteneva la parte più debole degli esseri umani, perché avevano quel potere
quasi mistico di mostrare, anche senza volerlo, l’anima del proprio possessore.
E qual era la sua anima? Aveva più paura di mostrarla oppure di non averla e
quindi di farlo capire a chiunque si trovasse di fronte? Cosa voleva davvero
nascondere al mondo Donquixote Doflamingo?
L’uomo che si faceva chiamare “Joker”, colui che non aveva paura di niente al
mondo, il marionettista.
« Ho ucciso per molto meno. », gli
rispose, sorridendo storto.
Trafalgar non fece una piega,
stringendosi nelle spalle.
« Se avessi voluto uccidermi, sarei
morto già da un po’. »
Doflamingo
tornò a fissare il mare davanti a sé.
« Sai, penso di non essermi mai tolto
gli occhiali nemmeno davanti a mio fratello. »
« Sono speciale io, quindi? », ammiccò
per la prima volta cambiando lievemente tono.
Trafalgar sentì provenire dalla gola
di Doflamingo una risata amara e profonda. Si staccò
dal parapetto della prua della nave che era ormeggiata presso le rive di
un’isoletta, voltandosi verso di lui e facendo un passo avanti, fermandosi a
pochi centimetri dal suo corpo. Allungò un braccio, sfiorandogli con le dita la
guancia trovandola ispida. Sì, gli donava proprio quel filo di barba incolta.
« Se qualcuno su questa Terra un
giorno mi ucciderà, quel qualcuno sarai tu, Trafalgar. »
Law
rise, lasciandosi toccare da quelle dita che avevano il potere di imprigionarlo
con un semplice gesto. Tutte quelle persone che di lì a poco si sarebbero
svegliate erano dei semplici burattini nelle sue mani. Lui li illudeva
facendogli credere di essere una “famiglia”, ma Doflamingo
non si fidava di nessuno, se non di se stesso. La sua famiglia aveva rinnegato
ciò che di più caro lui era convinto di avere: una vita da Drago Celeste. Quei
fili invisibili della rete che aveva tessuto fin da quando ne aveva memoria
erano la sua vendetta nei confronti del mondo intero. E no, non aveva bisogno
di utilizzare i poteri del Frutto del Diavolo per far sì che le persone lo
seguissero. Lui era il signorino,
nomignolo con cui lo chiamavano anche i domestici in passato, quando suo padre
non aveva rinnegato di far parte di quella stirpe pregiata, simili agli Dei.
« Come puoi dirlo se sono il tuo
braccio destro? »
« Son sempre stato tradito da chi amo
e sempre sarà così. »
Il suo tono era terribilmente calmo,
come se accettasse quel destino con convinzione e gli mise i brividi.
« Hai paura, Dofy?
»
« Di te, Trafalgar? », si avvicinò
ulteriormente, le dita si artigliarono sul suo collo, premendo con sinistra
dolcezza, una risata che stava per nascere, i denti bianchi messi in mostra,
quel piccolo buco sulla guancia sinistra che gli si formava quando il suo volto
si lasciava invadere da quell’espressione, « Ti perdonerò sempre, qualunque
cosa tu faccia. »
Il suo ghigno si deformò mentre le
palpebre si abbassavano con le lunghe ciglia nere su quelle iride color del
mare che nessuno aveva mai avuto il privilegio di vedere, se non Trafalgar. Il
ragazzo rabbrividì anche se la sua pelle, dove Doflamingo
lo stava toccando, era bollente.
I due uomini iniziarono a percepire
dei rumori provenire dagli altri membri della ciurma che, probabilmente, si
stavano svegliando. Trafalgar prese da una tasca gli occhiali di Doflamingo alzando il braccio e facendoglieli vedere.
« Tieni, la ciurma si sta svegliando.
»
L’uomo sembrava stizzito per
l’interruzione. Lasciò che Law glieli infilasse, non
senza prima rivolgergli un ultimo sguardo intenso, le pupille dilatate dalla
probabile eccitazione perversa che quello scambio tra loro gli aveva causato.
Sorrise, leccandosi le labbra e facendo un passo indietro, aprendo le dita,
facendogli una leggera carezza, prima di abbandonare la sua pelle, pettinarsi e
sistemarsi i suoi stessi capelli biondi illuminati dalla luce del sole e dargli
le spalle, aprendo le braccia quando gli uomini e donne di quella “famiglia”
salivano dalla coperta aprendosi nel solito saluto: « Buongiorno signorino! »
Doflamingo,
dopo un ultimo sorriso rivolto a Law, si rivolse alla
ciurma: « Dov’è la colazione, gentaglia? »
La sua risata si sparse insieme al
vociare degli altri componenti che gli si avvicinavano come una banda di
cagnolini di fronte alla propria madre.
Trafalgar Law
rimase lì a fissare la sua schiena ampia e muscolosa che si riusciva ad
intravedere dalla camicia bianca che indossava, domandandosi come potesse
dormire la notte quell’uomo con tutte le morti che aveva sulla coscienza.
“
Ti perdonerò sempre, qualunque cosa tu faccia. “
Quelle parole gli sarebbero girate in
testa a lungo, prima di recepirne il reale significato che Doflamingo
gli affibbiava.
***
Le manette
di agalmatolite gli stringevano i polsi, impedendogli
di usare i fedeli poteri del Frutto del Diavolo. La luce del sole, in quel
profondo e segreto livello di Impel Down, non
arrivava e il buio era l’unica cosa che, in quel momento, lo circondava. Nel
silenzio della prigione – era probabilmente scesa un’altra lugubre e infinita
notte – il suo sguardo vagava coperto dagli occhiali da sole. La puzza di umido
che trasudava dalle pareti gli dava la nausea e il suo respiro flebile ed il
cuore erano gli unici suoni che riusciva a percepire, organo che sbatteva
tranquillo nella sua cassa toracica. Tu-tum. Tu-tum. Tu-tum.
Sospirò,
la schiena appoggiata alle mattonelle fredde. Aspettava di ricevere qualche
buona notizia, perché sarebbero arrivate, ne era certo. I suoi fili invisibili
non erano ancora stati recisi del tutto perché lui aveva le mani in pasta
ovunque: rimaneva pur sempre un Drago Celeste, un nobile, una guida, un
Messia... E conosceva segreti che il Governo Mondiale non voleva assolutamente
che trapelassero. In quel buio si era ricordato quell’episodio del passato
vissuto sulla sua nave con Trafalgar Law. Doflamingo aveva amato suo padre, ma suo padre lo aveva tradito.
Doflamingo aveva amato Rosinante,
ma Rosinante lo aveva tradito. Doflamingo
amava tuttora Trafalgar Law – quel piccoletto pieno
di rabbia e di odio che si era presentato davanti a lui in tenera età per
diventare un suo sottoposto – e lo stesso Trafalgar Law
lo aveva tradito alleandosi con Rufy dal cappello di
paglia. Ma di una cosa era sempre stato certo: Trafalgar Law
avrebbe commesso la stessa debolezza che si erano lasciati sfuggire suo padre e
Corazon. Nessuno di loro aveva avuto la reale volontà
di ucciderlo, spinti da chissà quali sentimenti o speranze nei suoi confronti.
Doflamingo avrebbe atteso pazientemente il
momento in cui sarebbe uscito dalle mura di Impel
Down e avrebbe attraverso anche il mare intero per ritrovarlo perché così
doveva essere, perché così lui stesso gli aveva promesso.
“ Ti perdonerò sempre, qualunque cosa
tu faccia.”
Siccome Donquixote Doflamingo amava così
tanto Trafalgar Law, lo avrebbe ritrovato e lo
avrebbe dovuto perdonare per quel tradimento puntandogli contro la pistola e
piantandogli un proiettile nel cuore, come aveva perdonato e liberato suo padre
e suo fratello. Senza esitazioni. E come avrebbe risposto Trafalgar? Si passò
la lingua sulle labbra secche e nel silenzio di Impel
Down, la risata di Donquixote Doflamingo
riecheggiò sinistra come quella promessa di morte fatta tempi addietro, in
quell’alba primaverile sul ponte della nave.