Storia
partecipante al contest "Voglia di tè (II edizione) indetto
da elli2998 e Inchiostro_nel_sangue sul forum di EFP. Caffè
espresso + "Voglio tornare a ridere"
Icaro
Se Alessia
dovesse quantificare
il caffè ingerito da quando si è iscritta
all’Università, sarebbe un numero
molto elevato di tazzine. Anche in quel momento ne stava bevendo uno
nel bar
davanti alla sede con le sue compagne di corso, per la solita routine
prima di
lezione. Era un toccasana, o forse semplicemente un’abitudine
presa che si
faceva fatica a perdere.
Di certo,
comunque, meglio del
vizio che sembravano avere quelli del tavolo vicino al loro,
già al terzo giro
di aperitivo. Mentre ascoltava distrattamente le sue amiche
chiacchierare,
buttò l’occhio verso quel gruppetto, e tra tutti
catturò la sua attenzione un
ciuffo di capelli ricci, indomabili. Pensò, tra
sé e sé, che quel ragazzo fosse
proprio grazioso, ma non diede voce ai suoi
pensieri per evitare di
essere colta in fragrante.
Quando era stata
l’ultima volta che
si era sentita attratta da qualcuno? Se si esclude, e lo escludiamo,
Alessandro. Decise di non soffermare il flusso di pensieri
sull’immagine del
suo ex e riprese a parlare con le sue amiche, un sorriso stampato sul
volto, il
cappello alla francese che le pendeva leggermente a destra.
Non
sapeva che quattro ore dopo l’avrebbe rivisto proprio seduto
nello stesso bar,
lei pronta a tornare a casa dopo una sessione di studio, lui pronto a
tornare a
casa dopo un pomeriggio a base di alcol.
Non
sapeva che, prendendo la bici, con la sua solita schiettezza e il suo
coraggio
avrebbe azzardato un “Lungo questo aperitivo, eh?”.
Ma soprattutto non sapeva
che il ragazzo grazioso adocchiato al bar l’avrebbe
accompagnata a casa dopo
un’ora e mezza di chiacchiere.
Alessia,
sfrontata come è sempre
stata, era affascinata dalla piega che aveva preso quella situazione.
C’era
qualcosa di speciale nel modo in cui si erano conosciuti, nel modo in
cui si
erano camminati accanto pur essendo estranei: senza muri a dividerli,
ma solo
la sua bici a frapporsi tra di loro.
Il nome di quel
ragazzo, Icaro,
gli rimbombava nella testa e in ogni angolo cercava segni di lui.
Non era servito
a niente cercarlo
sui social, vedere l’orario delle sue lezioni, lei non voleva
conoscerlo così.
Voleva incontrarlo di nuovo in quel bar, e scusarsi per non avergli
chiesto il
numero prima. In modo sincero, spiazzante, spontaneo.
Icaro, nome che
si portava dietro
il suo mito, non si fece vedere per una settimana. Alessia se ne
dispiacque,
aveva davvero voglia di ridere ancora, ma non se ne fece un cruccio.
Forse era
stato solo un momento fugace destinato a rimanere incastrato
lì.
Non
sapeva però che l’avrebbe rivisto proprio il
lunedì dopo, sempre lì, a fare un
aperitivo (si spera non altrettanto lungo) con i suoi compagni di
corso.
Non
sapeva che, vedendolo entrare nel bar, si sarebbe buttata e
l’avrebbe seguito a
ruota.
“Volevo dirti che l’altra volta mi sono dimenticata
di chiederti il numero. Ti
ricordi come mi chiamo?”
“Certo,
Alessia,
anche io volevo chiederti il numero.”
Non
sapeva che si sarebbero rivisti il giorno stesso, che avrebbero
camminato di
nuovo con una bicicletta di mezzo.
“E
quindi cos’è che non ha
funzionato?”
Matilde, la sua
fedele compagna
di studio, non riusciva ad accettare che la storia fosse finita
così.
Come poteva
spiegarglielo? Come
poteva dirle che quando lei, senza remore o veli,
aveva cercato di
baciarlo lui, con fin troppa ritrosia, aveva
deviato verso la sua
guancia?
“Ma
era la seconda volta che vi
vedevate!”
“Non
c’entra! Da un bacio si
capiscono tante cose, e io ho capito che non è stato
all’altezza dell’idea che
mi ero fatta di lui.”
Come poteva
spiegarle che lei
aveva bisogno di qualcuno che, a primo impatto, la stravolgesse?
Alessia voleva
ridere, perché il sole nel suo animo ultimamente era troppo
offuscato da nuvole
grigie. Alessia voleva essere portata in posti che non conosceva,
voleva avere
nuovi input, scoprire nuove anime, farsi cambiare da tocchi fugaci e
poesie
pensate.
Aveva fatto
domande provocatorie
a uno sconosciuto dai capelli ricci e dal nome particolare, e quelle
domande
non erano state accolte, erano rimaste sospese a mezz’aria
come il bacio che
alla fine si erano scambiati prima di salutarsi.
Involontariamente
continuava a
ripensare a come in passato c’era stato qualcuno in grado di
farla sentire
così, qualcuno in grado di farla sentire come nuova
ogni giorno. Se
qualcuno avesse provato a psicanalizzarla, probabilmente le avrebbe
detto che
continuava a cercare quel qualcuno negli altri. Ma lei non voleva
definirlo
così: lei sapeva qual era il suo meglio, e non voleva
accontentarsi di qualcosa
che fosse di meno.
Non
sapeva, però, che si sarebbero rivisti. Che la sua
sfacciataggine e forza
interiore avevano lasciato un segno in quel ragazzo un po’
impacciato ma no,
non timido.
Non
sapeva che, oltre ogni previsione, era pure un ottimo baciatore dalla
lingua
morbida.
Da un
bacio si capivano tante cose, e lei (avventata come solo lei sa essere)
era
giunta a conclusioni affrettate. Voleva ridere ancora, alle sue
condizioni, e
forse ce l’avrebbe anche fatta.
Magari
l’avrebbe invitato di nuovo in quel bar, stavolta
però a bere un caffè.