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Autore: syila    08/11/2020    2 recensioni
"Ossignore..." mormorò Yuuri "Credo di aver capito di che mostra si tratta..."
La coppia si era fermata davanti ad una teca impossibile da ignorare: all'interno un corpo maschile riproduceva un pattinatore, colto nel momento finale dell'atterraggio da un salto; che fosse un pattinatore lo aveva dedotto dai pattini, perché del resto era completamente scarnificato, fino alla colonna vertebrale, flessa per assorbire l'impatto col ghiaccio.
Il giovane giapponese notò la maniacale cura con cui era stato riprodotto il movimento; era a suo modo elegante e spaventoso, tuttavia, il dettaglio che lo sconcertò fu il titolo dell'opera: "Tribute to Victor Nikiforov, Five Championship Figure skating of the World."
Genere: Commedia, Slice of life, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo III°



Passati i canonici cinque minuti di sconforto, smaltita la rabbia per essere stato scaricato da quelli che si definivano "adulti responsabili" Yura decise di reagire e di prendere in mano la situazione.
Era ora di mostrare la tempra della Tigre russa; poi, una volta fuori da quel casino, avrebbe preso a calci in culo i due svaporati fino a San Pietroburgo.
Analizzò le circostanze come avrebbe fatto un soldato in territorio nemico: partendo dal campo di battaglia.
La struttura che ospitava la mostra si trovava in una zona periferica in via di riqualificazione; l'edificio era un vecchio capannone ristrutturato e ammodernato secondo i canoni del design industriale, ma dovendo accogliere eventi e grossi flussi di persone, era logico che fossero state ricavate delle uscite di sicurezza.
Il giovane si congratulò con sé stesso per quella brillante deduzione e partì subito alla ricerca della via di fuga.
Nell'oscurità dei grandi ambienti le indicazioni alle uscite di emergenza spiccavano in lontananza, come fari in una notte tempestosa, purtroppo arrivarci non fu così semplice: la disposizione delle teche e dei pannelli divisori lo obbligò ad un percorso tortuoso e a passaggi un po' troppo ravvicinati alle vetrine dei corpi in mostra.
Yura si ripeté che non c'era nulla da temere, quei cadaveri erano solo materia organica trattata con sostanze chimiche affinché non marcisse e la sensazione di sentirsi osservato era dovuta esclusivamente agli enormi, realistici bulbi oculari, che spiccavano sui teschi scorticati al fioco chiarore dei faretti notturni.
Arrivò alla porta più vicina col cuore che gli saltava in petto e una gran fretta di uscire.
"Cazzo no! Non è possibile!"
Dietro l'imprecazione s'infilò una sequela d'insulti e tonfi metallici.
" Chi è il genio che ha chiuso le uscite di sicurezza dall'interno? Con le catene!"
L'ultima esclamazione fu sottolineata dal colpo del pesante lucchetto che si abbatteva sul robusto maniglione antipanico.
Il giovane russo fece il giro del perimetro solo per constatare che ogni uscita era nelle stesse condizioni; evidentemente nei musei italiani volevano essere certi che non solo i ladri restassero fuori, ma che alle opere d'arte non venisse in mente di uscire a fare due passi!



Niente paura signor Plisetsky, ha ancora delle opzioni da valutare!

Chissà perché certi suggerimenti avevano la voce di madame Baranovskaja; quella strega era riuscita ad insinuarsi perfino nella sua testa, accidenti a lei!
In ogni caso aveva ragione; prima di abbandonarsi al panico e a gesti inconsulti c'erano almeno un paio di alternative da provare...
"Yura, lo sai che ore sono?" l'espressione assonnata e confusa di Otabek Altin emerse dall'oscurità della camera da letto, come un'apparizione spettrale e la voce impastata da diceva lunga sull'ammontare del jet-lag che doveva ancora smaltire dopo l'ultima trasferta.
"Qui sono le nove di sera, ma non ti ho chiamato per disquisire di fusi orari, ho un problema!"
"Victor e Katsuki non sono lì con te?" il kazako si sforzò di fare ordine nei pensieri e di formulare un discorso coerente.
"Si... Cioè no! È complicato, ok?"
"Avete litigato di nuovo? Li hai fatti arrabbiare?"
Ci fu un breve istante di silenzio in cui Yura si domandò come facesse il suo ragazzo a conoscerlo tanto bene, questo subito prima di negare fermamente l'insinuazione.
"Certo che no! Sono stati loro a mollarmi in un casino e adesso non so come uscirne! In senso letterale!"
La videocamera del cellulare ruotò e gli mostrò una specie di casa degli orrori, con cadaveri squartati e un disgustoso assortimento di frattaglie.
"Ha-ha. Molto divertente Yura..."
"Cosa? N-non è uno scherzo!"
"Complimenti, è un modo piuttosto creativo per dirmi che ti sei offeso perché non ti ho accompagnato a vedere Cannibal Zombie."
"No! Sono davvero nei guai!"
"Si... Si certo, ne parliamo quando torni..."
"Aspetta!"
"Buonanotte Tigre... Divertiti nella casa infestata e salutami gli altri." un sonoro sbadiglio chiuse la conversazione lasciando il giovane russo appeso all'ultima supplica di non chiudere.

In meno di un'ora era stato sfanculato dai paparini e dal ragazzo.
Non poteva essere una coincidenza.
Il Fato l'aveva presa sul personale e aveva deciso di presentargli il conto di tutte le angherie e le malefatte che, nel corso degli anni, aveva inflitto a chi gli stava vicino.
Naturalmente queste profonde considerazioni filosofiche non passarono nemmeno nell'anticamera del cervello di Yura.
La prima cosa a cui pensò dopo aver chiuso con Beka fu di chiamare il nonno, l'unica persona al mondo disposta a dargli retta, ma il rischio che una telefonata del nipote nel cuore della notte lo facesse morire d'infarto, finì per convincerlo a rinunciare.
Era punto a capo, doveva sbrigarsela da solo e le alternative si stavano esaurendo.
Come se non bastasse il profondo silenzio dell'edificio amplificava qualsiasi rumore, producendo echi e riverberi, che contribuivano a rendere l'atmosfera sinistra ed inquietante.
Appoggiato alla teca che ritraeva un gruppo di giocatori di carte spolpati fino all'osso, come probabile metafora del vizio del gioco, il giovane russo valutò il da farsi; la telefonata da casa se l'era giocata, gli serviva aiuto dall'esterno, gli serviva la cavalleria, i marines, l'arrivano i nostri che concludeva degnamente ogni buon film d'azione e che in Italia significava Polizia e Carabinieri.
Li aveva visti impegnati nel servizio d'ordine al palaghiaccio durante le gare e non aveva mai capito la differenza tra le due istituzioni, a parte il colore e la foggia delle divise, ma Yura non era schizzinoso, andavano bene entrambi.
Scoppierà un bel casino, pensò sogghignando, mentre cercava il numero per le emergenze E lo scaricherò tutto sulle spalle dei due tonti!



"Maestri vieni un po' a sentire, ho in linea un ragazzo che parla inglese e sembra piuttosto agitato..."
L'operatore del 112 lasciò microfono e postazione al collega che si destreggiava meglio di lui con le lingue.
Di norma, al personale in servizio, bastava un breve scambio di battute per distinguere il mitomane dalla vera urgenza.
Un po' di più se si trattava di stranieri.
Nel caso di Yura a Maestri occorsero ben dieci secondi prima di riagganciare, con l'invito a non occupare il centralino del numero unico per fare degli stupidi scherzi.
"Allora?" chiese il collega.
"Sulle prime sembrava credibile, ma quando ha detto che era chiuso in un capannone in compagnia di decine di cadaveri, ho capito che era il solito ragazzino in trip da sostanze..."
"Un Sabato sera da manuale, ti va un caffè?"
"Volentieri!"

Yura fissò inebetito lo schermo del cellulare finché la modalità risparmio energia non lo oscurò, lasciandolo al buio.
Se anche le forze dell'ordine glielo mettevano in quel posto, l'eventualità che ai piani alti del karma qualcuno cospirasse contro di lui diventava più di un dubbio ozioso.

Le rimangono solo due scelte signor Plisetsky: prepararsi a passare la notte qui o scavare un tunnel per scappare.

"Sta' zitta, vecchia strega..." bofonchiò il giovane russo guardandosi di nuovo attorno.
Dormire nella casa degli orrori?
Col rischio di svegliarsi al mattino abbracciato ad un morto?
La sua parte razionale lo insultò per aver osato formulare un simile pensiero, tuttavia non era la razionalità ad essere in vantaggio in quel momento.
Rifece il giro dell'edificio, cominciava a sentirsi come una Tigre in gabbia e l'atmosfera lugubre influenzava i suoi processi cognitivi.
Ad un certo punto, trovandosi a passare davanti alla teca col famoso tributo a Victor gli parve di notare un cambiamento nella postura del "modello", forse nell'inclinazione della testa, o nella direzione dello sguardo, che sembrava seguirlo.
Il giovane russo lo sfidò in una gara di occhiate sprezzanti, il vecchio non lo intimoriva da vivo, figurarsi nella versione mummificata!
Da una zona remota del capannone giunse all'improvviso uno schiocco secco, di origine e natura ignote, che lo fece sobbalzare.
Yura sentì una lama di ghiaccio conficcarsi alla base della schiena e un brivido freddo risalire lungo la colonna vertebrale fino al cervello, mentre gli si rizzavano i capelli e la scarsa peluria che aveva sul corpo.
"Col cazzo che resto a dormire qui stanotte!" esclamò, attraversando al volo le sale dedicate a Leonardo fino all'atrio; dove una enorme parete vetrata si frapponeva tra lui e la libertà.
Per una sorta di crudele beffa del destino poteva vedere l'esterno: il marciapiede, le auto parcheggiate, il piccolo spiazzo davanti all'ingresso dell'edificio, tuttavia, data la zona periferica e l'ora ormai tarda, non passava nessuno, nemmeno i netturbini o il tipico pensionato a passeggio col cane.
Cosa poteva fare per attirare l'attenzione?
Provò a battere i palmi delle mani sulla lastra, si mise ad urlare, ad un certo punto valutò la possibilità di sfondare la vetrina, solo che poi ci sarebbero state denunce, burocrazia, spese da pagare e, non da ultimo, probabilmente quel vetro era blindato e avrebbe resistito ai suoi assalti, perfino alla sua testaccia dura.
In una galleria d'arte certe precauzioni erano la norma...
Il ragionamento s'interruppe a metà come il sospiro di mestizia che lo accompagnava.
Perché non ci aveva pensato prima?
Qualsiasi museo degno di questo nome era dotato di un sistema d'allarme o almeno di un impianto antincendio!

“La Milano Global Security ci ha passato una segnalazione. A quanto pare è scattato un perimetrale del Centro Esposizioni di Lambrate, hanno già fatto le verifiche da remoto ed hanno escluso un malfunzionamento.”
Il file apparve sullo schermo di Maestri, che aggrottò la fronte e arricciò le labbra, il luogo gli ricordava qualcosa “Un tentativo di furto? Ci sono delle mostre in corso?”
“Ho controllato, una che espone dei corpi imbalsamati... Roba strana, pseudo-scientifica.”
“E a chi potrebbero interessare dei cadaveri?”
“Magari a qualche collezionista di oggetti macabri oppure ad un necrofilo; hai presente quanto è fuori di testa la gente al giorno d'oggi?”
Il poliziotto convenne, aveva a che fare con casi umani e situazioni bizzarre tutti i giorni, ormai aveva visto di tutto; eppure qualcosa in quella segnalazione continuava a sfuggirgli.
Forse il tipo che aveva chiamato prima e straparlava di morti viventi non era un mitomane...
“C'è la volante Lambrate 6 in zona, mandiamola per un controllo.”



La pattuglia arrivò nei pressi dell'edificio a sirene e fari spenti; non era il caso di avvisare eventuali ladri o vandali della presenza delle forze dell'ordine, tuttavia ad un primo esame la situazione appariva tranquilla; non c'erano veicoli sospetti, né persone che potessero fungere da "palo" in un ipotetico furto.
L'agente alla guida scese dalla vettura e, assicurandosi la pistola d'ordinanza al fianco, si avvicinò all'atrio vetrato sbirciando all'interno con la torcia elettrica.
Sembrava deserto; almeno fino a quando lo stretto fascio di luce non incontrò la sagoma pallida e l'espressione spiritata di un ragazzino biondo, che appena lo vide si appiccicò al vetro sbraitando qualcosa di cui non intese assolutamente nulla, a causa degli speciali vetri anti-rumore.
Solo l'esperienza e la prontezza di spirito gli impedirono di fare un salto indietro e di puntargli l'arma contro, il ragazzino era apparso dall'oscurità come un fantasma e per un attimo gli parve che una di quelle macabre installazioni avesse preso vita.
Posto che il soggetto non sembrava pericoloso, quanto piuttosto agitato e spaventato gli fece cenno di aspettare e si mise in contatto con l'istituto di sorveglianza, affinché mandassero qualcuno a liberarlo.

"È la prima volta che mi capita da quando la mostra è aperta..." il vigilante era arrivato senza eccessiva premura, un quarto d'ora più tardi, con le chiavi e il sacchetto del McDonald sottobraccio, segno che lo avevano disturbato durante lo spuntino.
"Di solito la gente non termina nemmeno il giro o si sente male... Questo qui si sarà nascosto in bagno e avrà aspettato l'orario di chiusura per guardarsela con comodo..." proseguì indicando il biondino con un cenno del capo "Deve essere uno di quei patiti del Gotico e della robaccia dark..."
"Sei un esperto?" chiese il poliziotto.
"Se hai un figlio Emo, che usa un teschio di capra come fermaporta, sei costretto a diventare un esperto..."
L'altro annuì comprensivo.
Yura era fortunato a non capire nulla dei loro discorsi.
Un Emo? Lui era un punk semmai!
Quando la porta finalmente si aprì entrambe le parti ebbero una spiacevole rivelazione: il poliziotto perché scoprì quasi subito che il ragazzino non spiccava una sillaba di italiano, ma si esprimeva in un inglese concitato, da cui straripava di tanto in tanto qualche parola straniera, che non tardò a identificare come una lingua dell'Europa dell'Est, forse russo.
Yura dal canto suo capì ben presto che non poteva semplicemente salutare, ringraziare e alzare i tacchi; lo sbirro voleva vedere i documenti e soprattutto voleva delle spiegazioni.
Più facile a dirsi che a farsi, perché col suo inglese si erano incagliati già alla richiesta di domicilio.
Al poliziotto non interessava che vivesse a San Pietroburgo, una delle città più belle e ricche di storia del pianeta, lui voleva sapere l'indirizzo del suo alloggio a Milano.
Questo significava chiamare l'albergo e i due svaporati, che avrebbero subito buttato la cosa in tragedia.
Già immaginava Victor in lacrime, riverso su una sedia del commissariato, a chiedere di interpellare il console e l'ambasciatore russo e Katsuki a preparare il bento da portargli in prigione durante le visite.
Le trattative erano in una fase di stallo quando dall'auto-pattuglia si sporse il collega del poliziotto, il quale, una volta appurato che il ragazzino era russo, con un cenno del capo indicò la macchina, poi si rivolse a qualcuno seduto sui sedili posteriori.
" Ruslana vieni fuori, abbiamo bisogno di un'interprete."
"Se io aiuta, tu offri cappuccino e brioche?"
"Come no, vuoi anche il giornale?"
Il giovane sportivo, già perplesso da quella interruzione, rimase senza parole nel veder uscire dalla macchina un donnone biondo che somigliava ad un armadio a quattro ante.
A giudicare dal suo outfit non l'avevano prelevata da una cena di beneficienza o dal circolo degli anziani del quartiere, perciò decise di rimanere a distanza di sicurezza, mentre il poliziotto gli spiegava che lo avrebbe aiutato a tradurre i suoi dati.
Il donnone annuì conciliante, sfoderando un gran sorriso e un'espressione volonterosa, eppure dall'occhiata ostile che gli rivolse, Yura ebbe l'impressione di non essere nelle sue grazie.
Non che ci tenesse ad esserlo, in ogni caso.

"E così vivi a San Pietroburgo..."
"Ahm... Si."
"Un piccolo stronzetto della Grande Madre Russia. Sei venuto a farti una vacanza in Italia coi soldi di papà, eh?"
L'interpellato sgranò gli occhi.
"Ehi, chiariamo una cosa... Signora Ruslana, io non so nemmeno chi sei e perché ce l'hai con me, ma non resterò qui a farmi insultare!"
"Io so che sei una merda russa e mi auguro che la Crimea adesso ve la infiliate nel culo!"
Yura dovette frugare nel suo bagaglio scolastico e nei discorsi politico-patriottici del nonno per capire di cosa stesse parlando.
Apriti cielo!
La gigantessa era ucraina e odiava a morte i russi a causa di quanto era successo alcuni anni prima, quando nel suo paese si era sfiorata la guerra civile e la penisola di Crimea aveva votato l'annessione alla Federazione con un referendum mai riconosciuto dalla comunità internazionale.
"Ehi, all'epoca ero solo un bambino!"
“Vallo a dire ai piccoli orfani del mio paese!”
“Quel pezzo di terra ve lo potete anche riprendere, per quel che mi riguarda!”
“Cos'è, ti fa schifo?”

"Qualcosa non va?"
Il poliziotto s'intromise vedendo che la conversazione cominciava a farsi troppo animata, non serviva un madrelingua per capire che i due stavano discutendo.
"Ragazzino voleva prendere souvenir dalla mostra e poi lui rivendere su E-bay!" esclamò Ruslana.
"E-bay? Che gli stai dicendo brutta stronza?" Yura non capiva l'italiano, però il portale delle aste online lo conosceva bene ed essendo una personcina sveglia aveva intuito subito che il donnone voleva incastrarlo.
“Tu sei piccola merda russa! Tornatene al tuo paese!”urlò la donna puntandogli contro l'indice.
“Avvicinati ancora e quel dito te lo stacco a morsi, strega!”
Il giovane pattinatore non avrebbe saputo spiegare come da una richiesta di tradurre le sue generalità fossero arrivati a prendersi per i capelli; di fatto la rabbia della gigantessa ad un certo punto era diventata contagiosa
I due agenti dovettero intervenire e dividerli prima che si scannassero, mentre il vigilante, vedendoli molto alterati, chiamava i rinforzi.
I paramedici arrivarono in pochi minuti e dato che nessuno dei due litiganti dava cenno di volersi calmare optarono per iniettare ad entrambi una massiccia dose di Entumin - En, una micidiale combinazione di sedativi che avrebbe steso anche un cavallo.
Una volta placati gli animi, al Pronto Soccorso, avrebbero fatto tutti gli accertamenti del caso.



Quando Yura riprese conoscenza sentì la luce forte del pomeriggio trapassargli le palpebre con dolorose stilettate.
La sua testa era un involucro teso e sottile, dentro cui vibrava una fastidiosa eco dal suono familiare.
“Ehi Victor, si sta svegliando!”
“Katsuki...” lo chiamò in un bisbiglio impastato.
“Si, si sono io!” rispose l'interpellato, contento che lo avesse riconosciuto.
“Sono morto?”
“Baka, certo che no!”
“Allora voglio morire...” biascicò il russo, a cui ogni minimo movimento dava la vertiginosa sensazione di precipitare nel vuoto.
“Ah no! Morire è un lusso che non puoi permetterti signorino! Non dopo tutti i guai che hai combinato!”
Yura aprì un occhio e mise a fuoco l'espressione accigliata di Victor; il vecchio non stava facendo finta di essere arrabbiato, era proprio incazzato nero! Dio... L'ultima volta che lo aveva visto così era... No Non aveva mai visto Victor-ciabattone-Nikiforov arrabbiato.
Questo gli dava la misura del casino in cui era finito.
“Voglio il mio avvocato...”
“Stai pur certo che ti servirà appena Yakov verrà a conoscenza di quello che hai combinato!”
Nonostante il malessere il giovane russo si sforzò di prestargli attenzione; la minaccia era concreta e le conseguenze andavano dall'essere incatenato alla pista di pattinaggio di Pietroburgo fino al giorno del suo ritiro al non avere più giornate libere, per cazzeggiare insieme a Beka, nei successivi vent'anni.
“Non vorrai dirlo al mastino sovietico spero!”
“Convincimi ad archiviare la questione...”
“Katsuki fa' qualcosa! La tua dolce metà sta ricattando un moribondo...”
“Vediamo... Vediamo... No! Credo che lascerò gestire la cosa a Victor stavolta.”
L'infame giapponese gli rivolse un candido sorrisino e si chiamò fuori.
“Dannato mangiariso...”
Se Yura fosse stato in forze gli avrebbe cancellato quel sorriso da paraculo a forza di testate sulle gengive, ma disgraziatamente nella sua testa trasmettevano il festival della confusione mentale, dove perfino pensare gli insulti costava fatica!
“D'accordo cosa vuoi per tenere la bocca chiusa, vecchio...”

Qualche giorno più tardi...

“Yurotchka vieni a metterti la felpa o prenderai freddo!”
“Il pranzo è pronto Tora chan!”
Yuri Plisetsky si staccò a malincuore dal parapetto e dal suo smartphone, quindi strascicò i pattini fino a al punto in cui erano attestate le canaglie che da un mese lo tenevano per le palle, in tutti i sensi, dopo i fatti di Milano.
I due lo aspettavano con la felpa e un invitante cestino porta-pranzo apparecchiato sulla panchina.
“Cazzo nemmeno durante la pausa mi date tregua? Mollatemi un attimo, mi state soffocando!”
“E se poi ti ammali? Noi lo facciamo per il tuo bene!”
“Non vi siete ancora rotti i coglioni di giocare alla famigliola felice?”
“Abbiamo appena cominciato Yurio-chan, adesso apri la bocca e infilaci questo urumaki, così la terrai impegnata a masticare e non usciranno parolacce, attento, perché è piccante!”

“Coach Feltsman forse dovrebbe parlare a quei tre...”
Dall'altro lato della pista una preoccupata Mila Babicheva stava seguendo la scenetta; Yakov incrociò le braccia al petto, si prese qualche istante per esaminare la questione, poi scoppiò in una grassa risata.
“Nemmeno per sogno! Yura non è mai stato tanto puntuale, educato e tranquillo come adesso!Se hanno trovato una formula magica per tenerlo a bada , chi sono io per rompere l'incantesimo?”


Fine


⋆ La voce dell'adolescenza ⋆

Carissimi è il caso di dire: chi la fa l'aspetti!
Yura ha organizzato una diabolica vendetta che alla fine gli si è rivoltata contro, coinvolgendo nel suo delirio carabinieri, guardie giurate, paramedici e una "bella di notte" (e sul "bella" avrei qualche dubbio!), con simpatie nazionaliste, che i russi proprio non li digerisce.
Dove poteva finire questa tragicomica avventura se non al Pronto soccorso?
I nostri paparini ci hanno messo una pezza e terranno la bocca chiusa con Yakov, però tutto ha un prezzo e il nostro Tigrotto dovrà rassegnarsi a farsi viziare e coccolare dalla sua ingombrante famiglia acqusita.
Che detto inter nos, non è poi così terribile come prospettiva, no? ^^
Vorrei ringraziare chi ha seguito, preferito e commentato questa trasferta col morto (o meglio: con parecchi morti!) di cui avrei concluso volentieri la pubblicazione ad Halloween, ma che causa della sovrapposizione con l'altra minilong "Criminal", ho posticipato di qualche giorno.
Sto intasando il fandom... gomennasai!!! La colpa è sempre e soltanto di questi personaggi che continuano ad ispirarmi :p



   
 
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