Il
vapore si sollevava dalla superficie umida delle rocce attorno
a lui creando densi banchi di nebbia nell’aria fredda
dell’inverno.
Ad
ogni
respiro ne seguiva il flusso attraverso le narici, giù per
la gola ed infine
nel petto, dove si scaldava e da cui risaliva, uscendo dalla sua bocca
e
mescolandosi all’aria calda della sorgente termale.
Attorno
a
lui l’unico rumore che le sue orecchie percepivano era quello
dello scrosciare
allegro dell’acqua, che zampillava dalla cascata sotto cui si
era messo in
meditazione.
Goemon
era
immerso nel liquido caldo e sulfureo fino alla vita e lasciava che
fosse la
cascata, la cui acqua gli scorreva lungo le spalle e la schiena, a
scaldargli
la parte superiore del corpo.
“Nota
ogni
pensiero, senza giudicarlo, e lascialo andare” era stato il
primo insegnamento
ricevuto sul tema della meditazione e il samurai era fedele a quel
precetto
ogni volta vi si dedicava.
Per
aiutarsi ad entrare nello stato meditativo, solitamente, prestava
attenzione
alle sensazioni fisiche: al contatto del suo sedere sul pavimento, alla
leggera
pressione delle mani posate sulle ginocchia, alla ruvidezza del kimono
sulla
sua pelle.
Con
gli
anni e la pratica aveva scoperto che la sensazione dello scorrere
dell’acqua
sulla sua pelle nuda era quanto di meglio potesse esserci per
allontanare
qualunque pensiero indesiderato e aiutarlo a concentrarsi a fondo nella
meditazione.
Le
sue migliori
sessioni, in particolare, erano state condotte proprio sotto quella
cascatella.
Certo, quando doveva allenarsi per rafforzare il suo fisico e
prepararsi a uno
scontro, l’acqua gelida e appesantita dalla caduta di una
cascata di grosse
dimensioni in mezzo ai monti era più indicata, ma quel
giorno il samurai non
cercava altro che la pace interiore e il rilassamento.
E
cosa
avrebbe potuto essere più rilassante di un viaggetto alle
terme?
Era
stato
Lupin a suggerire un giorno di pausa dopo un lungo periodo di intenso
lavoro e
sia Goemon che Jigen avevano accolto la proposta con entusiasmo, ma con
la
differenza che il pistolero, da buon intenditore di alcolici, aveva
preferito
trascorrere il suo giorno libero in visita a una rinomata cantina del
posto,
lasciando agli altri due i bagni alle terme.
Lupin,
dal
canto suo, si era immediatamente messo alla ricerca di una
massaggiatrice
carina a cui affidare la tensione dei suoi muscoli e Goemon, trovatosi
da solo,
aveva deciso di fare pratica sotto il getto d’acqua calda.
Quel
viaggio era capitato proprio nel momento migliore: diversi pensieri
intrusivi
invadevano la sua mente e il samurai era ansioso di liberarsene nella
maniera
più efficace che conosceva.
Ripensò
alla propria tecnica con la spada e, sebbene fosse consapevole di non
padroneggiarla perfettamente, non riusciva a non provare un bruciante
senso di orgoglio per
le sue capacità. Non era perfetto, ma era certo di essere il
migliore e di
possedere la spada più potente ed affilata sul globo.
Analizzò
quel pensiero, riconoscendone la pericolosità: il guerriero
arrogante che si
fosse creduto superiore a tutti gli altri, avrebbe inevitabilmente
incontrato
la propria fine, sottovalutando il nemico e smettendo di cercare la
perfezione.
Immaginò
di
trovarsi di fronte a un torrente e di affidare quel pensiero a una
barchetta di
carta. Osservò con la mente la barchetta scivolare sulla
superficie dell’acqua
e di svanire all’orizzonte.
A
quel
punto la sua mente gli mostrò la sua immagine riflessa in
uno specchio ed egli
la studiò. Vide i lunghi capelli lisci e corvini che
incorniciavano il viso
proporzionato e dai lineamenti eleganti, il naso dritto, gli zigomi
alti, gli
occhi a mandorla scuri e intensi, il mento virile. Scese con lo sguardo
lungo
il collo sottile, ma muscoloso, le spalle larghe ed atletiche, il petto
solido
e gonfio dei pettorali allenati da anni di fatica e disciplina.
L’addome,
lungo cui scendevano braccia forti e affusolate, era piatto e delineato
dalla
forma della muscolatura addominale, che si alzava ed abbassava alla
cadenza di
ogni suo respiro.
Le
gambe
lunghe, toniche e robuste gli conferivano un’altezza che era
rara tra i suoi
connazionali e un’eleganza nel portamento che Lupin e Jigen
non sarebbero mai
stati in grado di padroneggiare.
In
quell’immagine
il samurai vide la sua vanità
e
l’analizzò: il guerriero che si concentrava su
concetti effimeri come la gioventù e la bellezza perdeva di
vista il proprio
obiettivo, anteponendo il perseguimento di aspetti della sua persona
che sono
soggettivi e destinati a perire con il passare del tempo. Dedicare
tempo ed
energie ad aspetti così inconsistenti della propria vita
significava sottrarli
al cammino della perfezione.
Affidò
quel
pensiero ad un’altra barchetta e la osservò
allontanarsi nella corrente.
Labbra
carnose si aprirono in un sorriso sensuale davanti agli occhi della sua
immaginazione e il samurai strinse istintivamente le mani a pugno.
Una
vaporosa chioma castana scendeva lungo la voluttuosa linea di una
schiena nuda,
in fondo al quale si allargavano natiche tonde, sode e generose.
Gambe
sottili ed eleganti si incrociarono davanti a lui, nascondendo quasi
con pudore
il centro di quel corpo meraviglioso. Un volto dolce e predatorio lo
guardò con
tenera bramosia, mostrandogli i seni morbidi e dalla forma
perfetta.
-Goemon-
lo
chiamò una voce attraverso le labbra rosse e di denti
bianchi. Lo invocò una
seconda volta nel gemito di un desiderio che brama la soddisfazione.
Il
samurai
riusciva quasi a sentire sotto i polpastrelli delle sue dita la
consistenza e
il calore di quelle carni bianche. Riusciva a immaginare quale
sensazione
avrebbe potuto provare passando la lingua lungo la linea della colonna
vertebrale, affondando i denti nelle natiche rotonde ed esplorando la
forma dei
seni con i palmi e le dita.
Non
fu
facile uscire dal vortice di quel pensiero e studiarlo con distanziata
obiettività, ma alla fine Goemon vi riuscì: la lussuria era
un sentimento che non si addiceva alla condotta di un guerriero. Oltre
ad
essere una distrazione che con il tempo diveniva un desiderio
inappagabile (e
Lupin ne era la prova vivente), rischiava di creare coinvolgimenti che
sarebbero stati incompatibili con lo stile di vita del guerriero, che
si
sarebbe ritrovato, presto o tardi, a compiere una scelta.
Il
samurai
prese atto di quella verità e depose la barca del suo
pensiero alla corrente
del fiume, lasciando che la trasportasse lontano.
Mentre
la
guardava allontanarsi, Goemon sapeva che avrebbe dovuto tornare ad
confrontarsi
con quel pensiero. Non era la prima volta che la lussuria gli
sussurrava
all’orecchio le sue tentazioni sensuali e quella non sarebbe
stata di certo
l’ultima.
-Etciù!
Uno
starnuto lo destò dal suo stato meditativo e un brivido gli
percorse la
schiena, nonostante il tepore dell’acqua termale.
Il
samurai
aprì gli occhi e vide che sulle braccia e sul petto esposti
all’aria i peli si
erano rizzati e gli era venuta la pelle d’oca.
Decise
che
era venuto il momento di porre fine a quella sessione e tornare al
chiuso: pur
essendo abituato a temperature assai meno ospitali, il samurai
percepiva un
gran freddo e il suo corpo era divenuto preda di brividi incontrollati.
Riemerse
dall’acqua, affondando le mani e i piedi nella neve fresca
che si era
depositata sulle rocce, e si avvolse la vita con
l’asciugamano, cercando di
calmare gli spasmi da freddo.
Il
percorso
fino alla sua stanza venne a malapena registrato dalla sua memoria e in
un
tempo che non riusciva a definire si ritrovò nel proprio
letto, avvolto dalle
coperte e in preda ai brividi.
-Dannazione!-
imprecò il samurai tra uno starnuto e l’altro.
Com’era possibile che un
semplice sbalzo termico potesse provocare a lui
una reazione così
forte e fastidiosa?
Lui
che era
stato addestrato a resistere sotto al sole torrido del deserto e ai
venti
gelati dei ghiacciai!
Per
un
attimo pensò che si trattasse della punizione divina per
aver indugiato su
pensieri sconci, ma decise di non soffermarsi su quel pensiero.
Chiuse
gli
occhi e provò a rilassarsi, ma proprio in quel momento
sentì bussare alla porta
e chiamare il suo nome.
Lo
ignorò e
aspettò che, chiunque fosse dall’altra parte della
porta, si stancasse e
rinunciasse.
Tuttavia
ciò non accadde e i rintocchi delle bussate erano
così forti alle sue orecchie
da fargli rimbombare il cervello.
-Avanti-
rispose alla fine e, con suo enorme sollievo, i rimbombi cessarono.
-Goemon?-
sentì chiamare Lupin -Ci sei? Non andiamo a cena?
Il
samurai
non aveva la forza di rispondere, ma riuscì a percepire
nettamente la presenza
del ladro nella stanza e gli si stava avvicinando.
-Stai
bene?- gli domandò e, non ottenendo risposta, gli pose una
mano sulla fronte,
ritraendola in un lampo -Diamine se scotti, Goemon! Cosa cavolo hai
combinato
per ridurti in questo stato?
Di
nuovo il
samurai non rispose e Lupin sospirò: -Va bene, ho capito. Ci
penso io a te, non
ti preoccupare. Sei abbastanza al caldo o vuoi un’altra
coperta?
Non
ottenendo di nuovo una risposta coerente, Lupin prese
dall’armadio un’altra
coperta e la mise accanto al samurai, così che potesse
prenderla se ne avesse
avuto bisogno, poi uscì dalla stanza promettendo che avrebbe
fatto presto
ritorno.
Goemon
non
seppe quanto tempo passò, anche perché ad un
certo punto si appisolò, ma quando
Lupin arrivò lo sentì armeggiare con un sacchetto
di plastica e delle
confezioni che aveva iniziato a disporre sul comodino.
-Babbo
Natale ti ha portato quello che hai chiesto, mio caro bambino-
scherzò il
ladro, aprendo una confezione di antipiretico e offrendogli un paio di
compresse assieme a un bel bicchiere d’acqua.
-Tieni-
gli
disse, mettendogli in mano la medicina -Questo ti calmerà la
febbre. Poi ti ho
preso dei sandwich che devi sforzarti di mangiare, che non ti fa bene
assumere
delle medicine a stomaco vuoto.
Goemon
obbedì senza protestare. Mandò giù le
compresse con l’acqua e mangiò uno dei
panini che gli veniva offerto.
Dopo
qualche minuto iniziò già a sentirsi meglio e
Lupin ne fu compiaciuto. Prese
una sedia e si accomodò accanto al letto, prendendo dalla
borsa un thermos
pieno di thé caldo e offrendone una tazza al suo paziente,
che accettò di buon
grado.
Sotto
le
cure dell’amico, il samurai iniziò a recuperare le
forze e riprese la capacità
della parola: -Grazie Lupin.
-Figurati-
sorrise il ladro -Non potrei mai lasciare il mio samurai preferito in
preda alla
febbre. Si può sapere però come diamine hai fatto
ad ammalarti? Di solito non
hai problemi con il freddo.
Quella
domanda riportò la mente di Goemon ai pensieri intrusivi di
cui stava cercando
di liberarsi e sentì le guance accaldarsi. E non per la
febbre.
-C’entra
una donna, non è vero?- sorrise sornione Lupin di fronte a
quella reazione -Ah,
come ti conosco, mio caro!- aggiunse poi, leggendo nel suo silenzio una
risposta affermativa -Che problema c’è a cedere,
una volta tanto, alle lusinghe
della carne? Si è giovani e vivi solo una volta, caro il mio
samurai.
Goemon
si
sentiva ancora la faccia scottare, ma la sua mente, addestrata ad avere
una
posizione molto ferma sull’argomento, era lucida: -Non mi
aspetto che tu
capisca- sospirò -Proveniamo da contesti molto diversi e non
ti giudico per
quello che fai, ma non puoi aspettarti che faccia altrettanto.
Lupin
lo
osservò per qualche istante, soppesando le sue parole e
valutando il suo tono
di voce: -Fa’ pure come ritieni più giusto, amico
mio. Nel frattempo vedi di
riprenderti, che ho in mente grandi progetti per il futuro!
Goemon
annuì e si sdraiò, chiedendo di essere lasciato
solo a riposare. Lupin lo
accontentò, ricordandogli di prendere un altro paio di
compresse tra quattro
ore, e lo salutò augurandogli un buon riposo.
Mentre
scivolava nell’oblio del sonno, il samurai rivide quella
bocca maliziosa
sorridergli beffarda e desiderosa e sperò di sognarla.
Note
dell’autrice:
Ciao
a tutt* e benvenut* al dodicesimo capitolo della serie Slices
of Life, che questa volta ha
visto interagire Lupin e Goemon, che in undici capitoli non avevano
ancora
avuto un momento tutto per loro.
Grazie
per aver letto il capitolo e se vorrete farmi sapere cosa
ne pensate, sarò ben lieta di rispondervi.
Ci
vediamo al prossimo capitolo, che si intitolerà Taking a bath together. Stay tuned!
A
presto,
Desma