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Autore: ely_trev    10/11/2020    0 recensioni
Improvvisamente sento di aver perso la mia identità e sono sola in quella stanza così impersonale, in compagnia solo di un passato che, per sua natura, è destinato a non esserci più. Ho sempre pensato che le persone siano la somma delle esperienze vissute e allora perché io, nonostante sia circondata da una montagna di ricordi, mi sento vuota come se fossi un contenitore di cartone pronto per essere gettato via? Cosa sono diventata oggi? Chi sono?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1993
Ho sempre amato l’estate: le scuole che si chiudono, gli impegni che rallentano, la possibilità di giocare praticamente tutto il giorno e anche buona parte della notte. Perché no, non ho mai avuto imposizioni di orario serale, questo lo devo ammettere. Così, ogni volta che posso e specialmente d’estate, quando non sono più costretta ad alzarmi presto per via della scuola, ho sempre assecondato la mia indole da “gufo”, trascorrendo interminabili ore notturne in compagnia solo di me stessa. Perché sono sempre state poche le persone che godevano della mia tolleranza. Figuriamoci della mia amicizia. Alessandro. Una di queste, sicuramente, è Alessandro. Sarà per questo che quando, tutti gli anni, verso la metà di luglio, la sua famiglia prendeva in affitto una casa in campagna e si trasferiva lì fino alla fine di agosto, a me prendeva sempre una piccola fitta di malessere.
Restavo sola.
Quest’anno, però, è diverso. Quest’anno sono stata invitata anche io. Quest’anno avrei trascorso qualche giorno di vacanza con loro.
Erano stati pochi i tentativi di fare una vacanza fuori di casa. Due, per la precisione, uno avvenuto un paio di anni prima e uno avvenuto l’anno precedente. Ed erano miseramente falliti.
Del tentativo di fare campeggio con i ragazzi della parrocchia è meglio non parlarne, non so neanche come mi venne quell’idea.
L’idea di trascorrere qualche giorno con mio cugino e la sua famiglia, invece, mi allettava parecchio, anche perché il figlio, Armandino, il mio fratellino di elezione, era piccolino e, anche se sembra brutto a dirsi, era il mio giocattolo preferito. E difatti il problema, alla fine, non fu lui. Fu che non riuscii mai a sentirmi a casa.
Andare con Alessandro, invece, non mi sembra vero. Nemmeno in questo momento, quando, in preda all’euforia, sto preparando la borsa con i vestiti, il costume e il mio inseparabile cappellino estivo, mentre mio padre cerca di convincere il suo amico Giancarlo ad accompagnarci tutti nella nostra allegra scampagnata con la nostra nuova macchina. Appuntamento: uno dei bar del paese.
Mi sembra tutto così utopico che il breve viaggio che ci separa dal piccolo paese di campagna mi sembra durare un’eternità. Non riconosco neanche i nomi delle località indicate sui cartelli stradali, se escludiamo Rieti, perché è stata nominata a scuola come una delle province del Lazio, e Greccio, luogo che, confusamente, nella mia memoria, mi sembra di aver visitato da piccola, ma del quale ricordo solo che fu terra ospitale di San Francesco.
Ma a me non importa. A me importa solo che sarei andata in quello sperduto paese di cui quasi nessuno conosce l’esistenza per stare con il mio amico. E chi se ne frega se mio padre continua a dire che lì non troverò niente. Avrei trovato Alessandro e questo mi bastava. D’altro canto, mio padre ha sempre preso in giro tutti quelli che andavano in vacanza in posti meno turistici del suo luogo natale. Praticamente tutti, visto che lui è nato in uno dei posti più belli d’Italia. E anche io. Ma non per questo non ci può essere del bello anche altrove. Sì, sono certa che questi giorni con Alessandro saranno bellissimi.
Arriviamo a destinazione in tarda mattinata e, come previsto, la mamma del mio amico è lì ad aspettarci per farci strada, attraverso strette stradine di campagna, per qualche centinaio di metri, verso la casa che hanno preso in affitto. Sempre quella, da tanti anni, di fianco alla casa dove vive il figlio più grande con la sua famiglia.
La casa presa in affitto è modesta: un ingresso al pian terreno, utilizzato come camera da letto per il fratello di Alessandro e l’unica camera da letto della casa, utilizzata dai loro genitori. Una stretta scala conduce al piano inferiore, dove ci attendono un piccolo bagno ricavato in un sottoscala, una cucina appena sufficiente a contenerci tutti e una sala da pranzo, abilmente trasformata nell’ennesima camera da letto, la nostra.
Tutto intorno c’è solo prato incolto, qualche casa sparuta e tanta voglia di libertà, una gioia per noi bambini abituati a vivere nella soffocante metropoli.
I miei genitori vanno via quasi subito – a nessuno dei miei accompagnatori piace quel posto – e finalmente io rimango sola con Alessandro e la sua famiglia.
La prima sensazione che provo è libertà. Ho sempre fatto un’immensa fatica ad adattarmi a luoghi diversi da casa mia, ma quella volta mi sento libera. E poco importa se sono ospite, perché nessuno, in quella famiglia, mi hai mai fatto sentire così. E poco importa se, di tutte le mie cose, ho con me soltanto una borsa scura che, normalmente, sono solita riempire più di musicassette e videocassette che di vestiti. Lì non mi servono. E poco importa se non ci sono mamma e papà, per qualche giorno sarei stata semplicemente io.
Il bello della vacanza in un piccolo paese di campagna è la mancanza di ostacoli e di vincoli, quegli stessi vincoli che, in città, ti fanno sentire schiavo di una routine che, spesso, è eccessiva anche per un bambino.
Le nostre giornate scorrono serene, tra una tazza di latte e cioccolato – divisa in due, per risparmiare, perché la famiglia di Alessandro ha da sempre problemi economici – mille corse in bicicletta, pomeriggi nella piscina del paese e serate trascorse davanti ai videogames, prima quelli del bar – tappa d’obbligo, dopo cena, per il gelato che non poteva mancare, almeno per noi bambini – e poi quelli del fratello nerd, che alla fine è sempre costretto a cacciarci dalla sua stanza per poter riposare in pace.
Tante sono le risate, anche in compagnia dei nipotini di Alessandro, i figli del fratello che vive nella casa di fianco, e veloce è il tempo che corre inesorabile, fino al termine della mia settimana di vacanza.
Mentre torno a Roma sento tanta nostalgia, anche se so che a breve partirò per il mare con i miei genitori. Eppure, la semplicità di quei luoghi e della nostra stessa vita in quei luoghi, con la nostra indipendenza e l’autonomia che avevamo, sento già che mi mancano.
Chissà se potrò tornare…
   
 
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