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Autore: Marcuc    11/11/2020    5 recensioni
*Sono tornata*
-Dal primo capitolo-
Lei in quel momento, con gli occhi umidi, col panico e i suoi nervi suscettibili, era diventata la nuova Mirtilla Malcontenta in carne ed ossa. Tutti evitavano quel bagno per colpa sua, la nuova infestatrice insopportabile e piagnucolona. «Fantastico!» le scappò detto ironicamente.
....
Dal 4° capitolo:
« No che non va bene... » singhiozzò « sono rimasta sola! » chiuse gli occhi e si lasciò andare ad una vera e incontenibile disperazione, alle lacrime genuine di chi tira fuori le sue angosce e i suoi guai tutti interi.
La guardò impotente senza cercare alcun altro contatto, temendo ciò che una mano su quel volto deformato dal pianto, un abbraccio di consolazione, un pollice che asciugava le lacrime brucianti, avrebbe cambiato tutto troppo in fretta. « Non sei sola, Granger. » le sussurrò stringendo ancora l'unico pezzo di loro che si mischiava.
La scopro anche io con voi, man mano che scrivo. Con la speranza che non siate stanchi delle Dramione!
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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Patti




Tornare in Inghilterra era stato peggio di quello che si aspettava. Con una Passaporta che le aveva scombussolato lo stomaco era arrivata al Ministero della Magia passando per il dipartimento della Difesa, Shacklebolt e Ron accanto a lei, poco dopo sarebbero arrivati anche gli altri funzionari. Era mezzogiorno inoltrato. I giornalisti li aspettavano nella Sala Grande a Nord, erano arrivati a frotte anche da paesi stranieri, riempivano la stanza con un frastornante chicchiericcio in diverse lingue. Hermione subito seguita dal Ministro, si sedette dietro un lungo bancone da conferenze sistemando parecchi fascicoli davanti a lei, Ron rimase in disparte dietro di loro, in piedi e con la bacchetta sguainata , poco dopo li raggiunse anche il Ministro gli Affari Magici Europei e il Ministro dell’Istruzione del Sovraministero e il Ministro Bulgaro. Tutti e cinque applicarono un Sonorus alle loro gole e guardarono la folla. Il silenzio scese immediatamente. Silenzio che fu rotto dal rumore di stivali pesanti di dieci auror di supporto a Ron.

Prima di ripartire dall’Est avevano indetto una conferenza stampa, recapitando via gufo due dozzine di inviti ai più importanti giornali, si erano preparati a rispondere a tutte le domande che sarebbero sorte e a tutti i titoli che potevano essere scritti. Tutti sapevano come spiegare, rispondere e cosa non dire quel giorno. Nel giro di due settimane una Scuola di Magia Straniera era stata commissariata, due ottimi insegnanti di Hogwarts erano stati trasferiti lì e quattro dipendenti del Sovraministero erano stati arrestati, accusati di corruzione e falsificazione atti d’ufficio e stavano ancora indagando.

L’evento durò più di quattro ore, ad Hermione faceva male la gola e la testa, era sfinita dal lavoro incessante di quei mesi, dal viaggio e dai suoi problemi personali, voleva solo rintanarsi nelle sue lenzuola, dormire e piangere per giorni, bruciare tutta la roba che Alex aveva lasciato da lei e maledire il giorno in cui aveva deciso di uscire con quel traditore.

Il cielo finto al di là delle finestre stava già cominciando a diventare rosso brillante, mentre si avvicinava al tramonto anticipato dei giorni invernali, le domande erano sempre più rade, i silenzi sempre più lunghi e i giornalisti cominciavano ad andarsene a gruppi di dieci, quando una voce impertinente e acida raggiunse Hermione da un posto alla sua sinistra.

«Signorina Granger, avrei una domanda per il Settimanale delle Streghe e la Gazzetta del Profeta. »

Conosceva bene quella voce, respirò profondamente e si volse a guardare Rita Skeeter, seduta sulla punta della sedia con uno sguardo che non imitava bene l’innocenza. Respirò ancora più profondamente, nascose con lentezza la mano sinistra, nuda dell’anello, sotto il tavolo e pronunciò lentamente: «Mi dica.» la guardò in faccia coraggiosamente e attese.

La Skeeter fece un sorrisetto impertinente, mentra la sua vecchia piuma prendiappunti attendeva di scrivere e deformare qualsiasi cosa chiunque avrebbe pronunciato. «Ho notato che non porta più l’anello di fidanzamento, è per caso successo qualcosa in Bulgaria di cui i nostri lettori dovrebbero essere informati?»

Hermione, sotto il tavolo, affondò le unghie nella coscie per impedirsi di rispondere in modo sgarbato: «Oltre quello che abbiamo riportato in queste quattro ore, penso proprio di no.» disse semplicemente, le orecchie che fischiavano, gli occhi che le pizzicavano.

«Eppure è partita fidanzata ed è tornata senza l’anello... gliel’hanno rubato?» incalzò lei sporgendosi ancora di più sulla sedia mentre la piuma scriveva furiosamente accanto a lei.

«Mi rifiuto di rispondere a questa insinuazione, perchè non è pertinente.» si alzò di scatto, raccolse le sue cose con stizza.

Ma la Skeeter non si arrese: «Vorrà dire che risponderò io alla mia domanda... » non si vergognava della sua insinuazione, anche se aveva fatto finta di parlare tra sè e di richiamare la sua piuma incantata.

Hermione continuò a radunare le sue cose: «Può fare quello che vuole signorina Skeeter, sempre che sia pronta a prendersene le conseguenze. » Sapeva come difendersi, tutti lo sapevano e di certo quella non era una buona settimana per farla innervosire. Tutta la sala era scesa in un silenzio tombale, in ascolto di quella diatriba, anche Shacklebolt seguiva preoccupato la scena.

« È una minaccia signorina Granger?» non sembrava spaventata, ma molto soddisfatta, mentre rilasciava la penna che ricominciò a scrivere, da sola, furiosamente.

Hermione la guardò con un sorrisetto fintamente amabile: « No, è solo un appunto. Scriva liberamente di me, delle risposte che presuppone io possa dare alle sue domande di scarsa utilità, ma spero davvero che sappia quello che fa. » detto questo si mise la borsa in spalla e uscì senza guardarsi indietro.

Tornò a casa poco dopo, intascando una settimana di ferie, aveva bisogno di staccare un po’, piangere magari, recuperare ore di sonno andare a spiegare a suo padre che non l’avrebbe accompagnata all’altare quella primavera e a sua madre che non avrebbe dovuto prepararle il corredo di nozze. In fin dei conti dubitava che fossero davvero ferie quelle che stavano per cominciare.

Il caso avrebbe occupato mesi, se non anni, quella lettera intercettata mesi prima aveva aperto una porticina su un marasma di illegalità che avevano appena cominciato a riordinare, ma non voleva pensarci.

Draco era rimasto in Bulgaria, per adempiere all’ultimo semestre da insegnante. L’aveva salutata da lontano, nel giardino della locanda che aveva occupato Hermione per dieci giorni, senza smancerie, come erano abituati a fare tra loro. Si era solo raccomandato che stesse al sicuro e le aveva promesso che lui avrebbe fatto lo stesso. Si mancavano già terribilmente ma non volevano ammetterlo nemmeno con sè stessi.

Una domenica mattina fredda ma soleggiata, Hermione uscì dal suo appartamento per andare a trovare i suoi genitori. Si era lavata e sistemata dopo due giorni di totale isolamento e silenzio, passati a piangere e a distruggere ogni cosa che le capitava a tiro in casa. Era triste ed arrabbiata, gli occhi gonfi, lo sguardo vacuo di chi non ha trovato ristoro nel sonno. Parlare con Draco, in quelle settimane di lavoro, aveva aperto tutte le dighe di dolore disponibili senza, per questo, farle riallacciare rapporti con quella paura inconsulta dell’ultimo anno di scuola.

Avevano deciso, Hermione e Draco, di non scriversi di cose private almeno per un po’, non volevano far credere a nessuno che quell’amicizia stava diventando ancora più forte di quanto volessero. Erano vulnerabili e spaventati dal sentimento di affetto e rispetto che stava evolvendo nei loro cuori in riparazione. Non volevano ritrovarsi così dipendenti l’uno dall’altra, in quel tempo lontani e impegnati.

Quella mattina Hermione scese le scale e varcò la porta che la conduceva lungo la via principale della Londra babbana. Aveva fatto qualche passo sul marciapiede quando da destra qualcuno la chiamò: «Hermione!» la fece sobbalzare e scattare sulla difensiva rischiando quasi di cadere a terra.
Alex era lì, profonde occhiaie gli solcavano il volto, la barba era lunga e mal tenuta, il colorito malaticcio di chi non si cura da giorni interi. Ma niente poteva intenerire i pensieri che la ragazza aveva su di lui.

Riacquistò la posizione eretta e incrociò le braccia senza rilassarsi. «Non voglio parlare con te, ora.» disse gelida « Torna a casa tua.» ordinò sapendo bene che non avrebbe funzionato.

«Sono dieci giorni che faccio avanti indietro in questo vicolo, la porta di casa tua non mi appare... voglio solo...» era disperato e provò ad avvicinarsi.

Hermione indietreggiò disgustata. «Ho annullato l’incantesimo che ti permetteva di vederla, non volevo trovarti dentro casa appena tornata.» non gli doveva delle spiegazioni ma era più forte di lei. Lo aveva amato e, forse, lo amava anche in quel momento. La faceva andare in bestia.

Era sconcertato: «Perc...»

«Perchè ti ho trovato a letto con un’altra.» disse fulminea interrompendo la domanda di lui.

Incespicò per l’imbarazzo ma provò comunque ad avanzare ancora verso di lei, si fermò dopo qualche passo, Hermione continuava ad indietreggiare verso la strada trafficata: «Io volevo solo...»

Incrociò le braccia al petto rischiando di frantumarle per la violenza con cui lo fece: «Fammi indovinare... spiegarti? Scusarti? Farti perdonare?» le uscì di bocca la stessa risata isterica che le era uscita al telefono con lui, in Bulgaria. «Non mi far perdere tempo, Alex. Vorrei rivedere i miei genitori. »

«Siamo stati insieme sei anni ho il diritto...» provò a cercare un dialogo.

«Il DIRITTO?» ululò lei facendo voltare qualche passante «Vai al diavolo.» disse prendendo a camminare per le strade di Londra, con passo estremamente aggressivo, in cerca di un Taxi che la portasse nella zona residenziale al confine della città, lontana dalla sua vita, lontana da lui.

Alex non demordeva, la inseguì e l’afferrò per un braccio cercando di farla voltare.

Hermione era sopravvissuta ad una guerra e quella era una mossa che non doveva neanche essere tentata con lei. Assecondò lo strattone ma afferrò la bacchetta dalla tasca dei jeans. Quando se lo ritrovò a pochi centimetri gliela infilzò sotto la gola e lo guardò così minacciosamente da rischiare di incenerirlo. «Lasciami.» sibilò, la voce deformata, il viso di pietra.

Alex sapeva ciò che lei poteva fare con quel bastoncino, l’aveva vista fare magie qualche volta e sapeva anche che era la strega più capace del suo mondo, ma non ne ebbe paura. Allentò un po’ la stretta senza darle modo di scappare e senza timore di qualsiasi cosa potesse fargli :«Non finchè non parliamo. Dobbiamo sposarci.» Vide chiaramente un lampo terribile attraversare gli occhi di Hermione e per un solo decimo di secondo temette per la propria vita.

Hermione non poteva credere alle sue parole. Non poteva essere così ingenuo, così stupido o così presuntuoso di poter avere la sicurezza che si sarebbero sposati nonostante ciò che le aveva fatto:«Il matrimonio è stato annullato. » sentenziò lei premendo ancora di più la bacchetta alla sua gola.

Era coraggioso, doveva dargliene atto: «Non è vero. Io non ho annullato niente.» disse con la voce deformata dalla pressione del legno di vite sulla laringe.

«Io sì, ho ottenuto i permessi in questi giorni e ho cominciato via posta nel mondo magico.» Non voleva dargli spiegazioni, ma c’era troppa burocrazia in ballo per non renderlo partecipe del minimo indispensabile. « L’ho fatto nonostante avessi un milione di altre cose da fare. La prossima settimana toccherà al tuo mondo. » suonava più come una minaccia che come un avviso.

«E non mi hai detto niente? È folle.» aveva gli occhi sbarrati e il respiro isterico.

«Ti ho mandato tutto il piano, con date, orari e moduli, ieri sera, Sandy ha messo la lettera davanti alla tua porta. Lo sapresti se stessi a casa tua.» ripose la bacchetta sperando che quell’incontro si chiudesse lì ma non riuscì a voltargli le spalle.

«Sto cercando di contattariti da giorni, ecco perchè non ero a casa.» si giustificò mollando la presa sul braccio di Hermione. «Sono stato qui, dai tuoi genitori che non hanno volto parlarmi... che a malapena sapevano... »

Ridacchiò senza gioia: «E Julia ti ha seguito come un cagnolino o ti aspettava a casa per farsi dare una bella ripassata?»  non seppe da dove le uscissero quelle parole disgustose, ma trovarono la luce grazie alla sua rabbia.  Finalmente si voltò e cercò di raggiungere la fermata dei taxi.

Alex la seguì: «È finita con Julia. Non è stato niente, solo uno stupido errore.» accampò un altro milione di scuse sconnesse, di fraintendimenti mai avvenuti, di alcool in eccesso.

Hermione non era più disposta ad assecondare qualsiasi cosa, stava ancora troppo male, era ancora molto arrabbiata: «Senti, Alex, non m’importa delle tue giustificazioni, delle tue bugie. Non ho neanche il tempo per starle ad ascoltare. » vide un taxi in lontananza ed alzò la mano sventolandola.

Finalmente Alex si rassegnò, fece qualche passo indietro, si sfregò una mano sul volto e sospirò: «Capisco. »

«Bene.»

Senza speranza aggiunse: «Mi dispiace, Hermione. Ho sbagliato e ho capito. Hai tutto il diritto di essere arrabbiata e di odiarmi. » la consapevolezza lo stava investendo ad ondate, mentre la disperazione lo attraversava da giorni. Non aveva mai pensato che sarebbe stato facile spiegarsi con lei.

La ragazza si voltò verso di lui, aveva i lacrimoni, la voce rotta: «Io non ti odio, ed è questo che mi fa essere così arrabbiata. » ammise.

Alex annuì guardando il taxi che si fermava accanto alla porzione di marciapiede che occupavano: «Allora, quando e se riuscirai ad essere meno arrabbiata e volessi parlare e... accettare le mie scuse... sai come contattarmi.»

Hermione aprì la portiera ma prima di salire disse, ad un passo dal pianto: «Non avverrà molto presto ma ti chiamerò io. » si accomodò nel sedile posteriore e udì perfettamente quello che disse lui prima che richiudesse la portiera.

«Ti amo.»

Il suo mondo e il mondo di lui. Era da sempre stato quello il problema. E lei lo aveva sempre sospettato, lo aveva sempre colto nella sua espressione quando la vedeva fare magie, usare il caminetto per vedersi con Ginny ed Harry, o affidare lettere a Sandy, la gufetta che le avevano regalato due compleanni prima i suoi amici. Negli ultimi mesi aveva anche tenuto la bacchetta in un cassetto all’ingresso per non vedere più il suo spavento e solo quando Alex non era in casa aveva osato fare qualche piccola magia e occuparsi delle urgenze.

Eppure amava quel ragazzo, così tanto da sentirsi rifiutata nella parte più intima di lei, oltre che tradita. Odiava ciò che lui le aveva fatto, odiava che non avesse smesso di amare tutto di lui, odiava che rivederlo le aveva fatto tremare il cuore di emozione prima che la testa le ripresentasse quelle orribili immagini di più di due settimane prima. Come si può smettere di amare da un giorno all’altro? Come si può considerare qualcuno un estraneo dopo sei anni di amore? Come si faceva a mettere insieme il traditore con l’amorevole uomo che aveva conosciuto?

Dopo il suo ultimo anno ad Hogwarts si era ripromessa di non chiedere più scusa per la sua natura di babbana, anzi di rivendicare fieramente le sue origini, ma non immaginava che avrebbe dovuto chiedere scusa per la sua natura di Strega, che avrebbe dovuto nascondere la sua nuova normalità per tenere con sè qualcuno che diceva di amarla, che voleva sposarla.

Forse lui non l’aveva mai amata interamente, forse aveva sperato che dopo il matrimonio lei rinunciasse a quella parte di lei che li rendeva così diversi, forse avrebbe preteso che si trovasse un lavoro non magico, che si omologasse ad una normalità che lei non conosceva più. Per un solo momento, quando pensò a quanto potessero andare storte le cose dopo il matrimonio, si sentì un po’ meglio e assurdamente grata di quel tradimento, ma la stretta incandescente allo stomaco che ne seguì le fece scacciare velocemente quel pensiero.

Quando il taxi si fermò davanti a casa dei suoi genitori aveva già smesso di piangere silenziosamente, pagò il signore brizzolato che lo conduceva, salutò educatamente e scese. Il signor Granger l’attendeva sulla porta, aveva un sorriso aperto e molto finto, dagli occhi nocciola si riconosceva immediatamente la preoccupazione che lo attanagliava.

«Ciao tesoro!» Disse allargando le braccia quando lei fu abbastanza vicina da sentirlo e da farsi avvolgere.

Hermione si riempì i polmoni del profumo deciso dell’uomo: « Ciao papà.»

Lui la strinse più vigorosamente e poi la lasciò andare e si accompagnarono dentro con lentezza, in sala da pranzo la signora Granger aveva appena sistemato al centro del tavolo un vasetto colmo di bucaneve.
 
 


 
***
 





«Sono contento che tu abbia voluto vedermi così presto.» Alex si sedette di fronte a lei in un Caffè al centro di Londra.

Hermine guardava le persone camminare al di là della vetrina, era ancora stanca nonostante la settimana di ferie che aveva appena avuto e di cui quello era l’ultimo giorno. Non si voltò a guardarlo, ma afferrò la sua tazza di caffè e la strinse forte con entrambe le mani. «Non l’ho fatto per renderti contento. » disse lei secca. «Hai portato tutto ciò che ti avevo chiesto?»

«Sì... ma...»

Hermione si voltò di scatto verso di lui a quell’esitazione, pronta ad incenerirlo. Alex aveva un colorito più sano di quella volta nella strada sotto casa sua, la barba era sparita e la maglia ben stirata, per un momento rivide il ventitrenne che aveva conosciuto il primo giorno dopo il diploma, nel salotto di casa sua. Lo stomaco le si strinse.

«Ma cosa?» sibilò lei assottigliando gli occhi.

«Vorrei parlare... » disse titubante.

Hermione tornò a guardare fuori e sospirò: «Non abbiamo niente da dirci, Alex.» aveva parlato molto lentamente, tutto ciò che faceva sembrava rallentato e rassegnato.

Seguì un profondo silenzio di entrambi, rotto da Alex, qualche minuto dopo, che ordinò ad una cameriera di passaggio una tazza di caffè e qualche biscotto secco per entrambi.

Non aveva il coraggio di guardarla a lungo ma non poteva farne a meno. Era chiusa su sé stessa, il maglione color caffelatte era abbondante e nascondeva le poche forme sopravvissute a dei digiuni troppo frequenti e ad un lavoro stressante. Gli occhi lucidi erano truccati e i capelli lisci le accarezzavano le gote scavate, erano così diversi da quelli dei giorni in cui l’aveva conosciuta, seduta e sorridente nel divano dei suoi genitori con un cespuglio in testa. Sembrava vederla donna per la prima volta e si scoprì a chiedersi perchè si fosse perso la sua trasformazione in quei sei anni.

Gli mancava avvolgere quel corpo, gli mancavano le gote arrossate e piene, gli occhi castani vivi e frementi, gli mancavano i discorsi appassionati o arrabbiati che aveva colpevolmente ignorato, le mancava il suo anacronistico calamaio, la sua piuma di fagiano e l’inchiostro che stendeva precisamente sulle pergamene che usavano nel suo mondo, come un’amanuense. Ed era il responsabile di quella donna distrutta che gli stava davanti, era solo colpa sua se si era perso il mentre e si perdeva il futuro.

Voleva rimediare, sperare di farsi riammettere il quella bellezza che ora ammirava per la prima volta: «Hermione...» sussurrò tentando di prenderle la mano.

Lei si ritirò di scatto come scottata:« Non toccarmi.» disse con astio.

Alzò le mani in segno di resa: «D’accordo.» prese un sorso di caffè guardando con eccessiva attenzione la tazza, poi riprese: «Hermione, mi dispiace e farò di tutto per farmi perdonare.»

Lei sorrise ma senza affetto o divertimento, le sue labbra s’incurvarono in qualcosa di sinistro e disilluso. Nascose le mani sotto al tavolo:« E dopo che avrai ottenuto il mio perdono che cosa mi chiederai?» disse assottigliando lo sguardo e puntandolo sul suo volto.

«Di tornare ciò che eravamo.» disse visibilmente imbarazzato «Non ho mai cambiato idea su questo, Julia...»

Lei chiuse gli occhi e irrigidì la mascella: «Non nominarla.»

«Ok... sì... scusa... volevo dire...» balbettò « È stato solo un momento di debolezza, di confusione.»

Sorrise ancora e ancora, quel sorriso sembrava un’anatema:« E tu pensi che si possa cancellare tutto così? Che tutto torni come prima? Che i motivi per cui mi hai tradita spariscano e che potremo vivere una vita perfetta?» abbassò lo sguardo mantenedo quel sorriso sinistro.

Alex arrossì violentemente:« So che ci vorrà del tempo, ma non ho paura di aspettare, di lavorare per noi, per cancellare ciò che è successo.» si sporse verso di lei.

Ci fu un momento di sospensione in cui Alex sperò che lei prendesse seriamente in considerazione quella proposta, che vermente si potesse risolvere tutto.
Hermione alzò lo sguado verso di lui. Il luccichio delle lacrime era sparito e due globi quasi completamente neri di rabbia e risentimento si puntarono sulla sua faccia, la bocca piegata in una smorfia indignata e furiosa insieme. «Tu pensi che si possa cancellare tutto con un colpo di spugna? Tu pensi che io non sappia perchè mi hai tradito? O sei così stupido da non averci pensato nemmeno tu al motivo?»

«Che motivi plausibili ci dovrebbero essere per un tradimento? Ero ubriaco e lei era lì, era carina, ci stava provando e l’ho portata a casa.»

Hermione strinse forte le mani l’una con l’altra sotto il tavolo, non voleva picchiarlo in pubblico e decise di affrontare la questione il più razionalmente possibile: «Non funzionerà mai più tra di noi, Alex. Neanche se ci facessi un incantesimo di memoria e dimenticassimo tutto. Tu mi hai tradita perchè non sopporti che io sia una Strega e alla prima occasione – o la millesima sapesse il cielo – hai provato a dimenticartene, lo farai ancora.» la sua voce era tetra e spietata «Non sono stupida. Conosco Julia, ti ho visto insieme a lei, ho visto come la guardavi prima che mi tradissi. Ho visto come guardavi tutte le coppie babbane. So benissimo che desideravi la loro normalità, qualcosa da poter condividere. Ed è allucinante che ancora tu non l’abbia capito.»

«Ma non è vero! Io voglio te!» disse infervorato e disperato.

«Non mentire a te stesso. Non ne vale più la pena.» scosse la testa cercando di convincerlo anche con lo sguardo.

«Quindi... tu non mi ami più?» e anche negli occhi azzurri di Alex una tempesta cominciava a muoversi in superficie.

Tornarono le lacrime anche negli occhi di lei, il colore delle iridi si addolcì e le sopracciglia si rilassarono: «Certo che ti amo. Tu sei tutto ciò che avrei potuto avere se ad undici anni non mi fosse arrivata quella lettera. Ma è arrivata, io sono diversa e devo rendere giustizia a questa diversità. Non posso continuare a vivere a metà, o a giustificarmi quando sono con te... mi capisci? Sono stanca ed è ingiusto.» riportò le mani alla tazza ma non l’afferrò, lentamente le allungò entrambe verso di lui per farsele afferrare.

Fu lui, questa volta, a ritirarle: « Quindi tradendoti ne sei uscita pulita, nessuno può recriminarti nulla, ma anche tu non volevi una vita con me.» il tono arrabbiato e la preannunciata tempesta si ritirò lasciando spazio solo al risentimento.

«Che cosa vorresti dire?» sperò di aver inteso male, digrignò i denti e ritirò le mani anche lei.

Aveva l’aria di un investigatore che aveva appena svelato il più grande mistero della sua carriera:« Sapevi che non potevi vivere la tua vecchia vita, hai accettato di sposarmi per far vedere che potevi fare due cose contemporaneamente, ed ora ritratti? Ora che sono io ad aver fatto l’errore? E dici che io non posso accettare la tua natura magica? Sei scorretta. Anche tu non sopportavi una vita con un inutile...com’è che ci chiamate? Babbei? Hai aspettato un mio passo falso per lasciarmi ma volevi farlo tu.»

Era allibita: «Non ti permetto di darmi della codarda, quando tu mi hai tradita e ferita, allontanata tutte le volte che provavo a parlare del mio mondo, della mia altra vita. Se tu vuoi passare da vittima di un complotto misero schifoso verme, non sarà davanti a me che ci proverai.» ringhiò infuriata « Io ero felice con te, io ti amo e mi hai distrutta da molto prima di Julia e lo sai bene. Tu mi hai disprezzata, tu volevi che io non fossi qualcosa.»

«Ma lo hai detto tu ora che non potevi vivere una vita a metà. Che ti eri accorta che volevo una vita normale che non potevi accettare. Ti ho fatto un favore no?»

Hermione perse la pazienza, sbattè forte il pugno sul tavolo facendo voltare parecchie teste. Ma non urlò: «Un favore?» sibilò.

Alex ebbe seriamente paura di lei, lo sguardo era inumano. La vide alzarsi, prendere con violenza il suo giubbotto e la sciarpa, rifilare qualche sterlina alla cameriera e uscire dal Caffè sbattendo la porta, diretta al parco poco lontano. Qualche secondo dopo sentì un pizzicotto alla tasca posteriore dei jeans, portò lì la mano. I documenti del matrimonio annullato erano scomparsi. Si portò le mani ai capelli e scoppiò a piangere.



 
***





 
 
Hermione passava i weekend dai  suoi genitori, tutti i weekend. Si aggirava per la casa e a volte si portava lavoro da smaltire nella sua vecchia stanza da letto, che era rimasta spoglia, ma non troppo, dal giorno in cui si era trasferita nella sua casa a metà.

Marzo stava scivolando via, ma era solo all’inizio dell’immenso lavoro per portare a galla le irregolarità emerse nella scuola di Durmstrang. Quel pomeriggio i suoi erano andati a prendere un tè da una coppia di amici e lei si stava logorando su delle carte già da molte ore. Si alzò decisa a prendersi un tè prima di ritornare al lavoro.

Qualche minuto dopo, con la tazza di tè fumante in mano si era appollaiata nel suo vecchio letto e aveva acceso lo stereo che aveva sul comodino. Una musica lenta si era espansa nella stanza e aveva chiuso gli occhi.

Mezz’ora dopo si era quasi appisolata quando il rumore di un becco che batteva alla finestra la fece sobbalzare violentemente. Il cielo era scuro ma una civetta reale attendeva al di là del vetro con una lettera tra le zampe. La riconobbe e corse ad aprirle. Era strano che scrivesse qualcosa nel weekend e lo scrivesse a lei direttamente. Si limitava a mandare testimonianze direttamente al ministero.

«Ciao Royale» la salutò con un buffetto, ma scrollò la testa e senza attendersi ricompense o cibo pretese di uscire ancora. Hermoine notò che aveva un’altra busta non indirizzata a lei nella zampa sinistra. Prese la sua e lo lasciò andare.

Aprì il sigillo di ceralacca e notò che la pergamena ripiegata su sé stessa era più lunga del solito.
 

 
Ciao Granger,
non ho da dirti nulla sul processo. Penso di essere stato abbastanza esauriente e tu troppo pignola da lasciare qualcosa di occulto.

Ti scrivo essenzialmente perchè mi annoio e tu sei l’unica persona che penso ancora mi tolleri nel mondo magico. Qui a Durmstrang mi considerano, e a ragione, il responsabile di una rivoluzione didattica che non volevano e quindi mi odiano tutti. Vincerei tutti i premi come personaggio più odiato del mondo! Sarebbe bello se lo inventassero, darei una festa sfarzosa.

Lo so che non avrei dovuto scriverti, ma sei la cosa più simile ad un’amica che io abbia mai avuto (spero che Royale non sbagli a consegnare queste lettere o mio padre mi ucciderà) e ci sono sere in cui ho bisogno di scrivere ad una cosa più simile ad un’amica che io abbia.

Le cose qui a scuola vanno bene. La Sprite riesce a tenere a bada le proteste dello zoccolo duro fedele al Preside Stoev e Paciock, per quanto odi ammetterlo, è un ottimo vicepreside. Finchè ci saranno loro e gli Auror del Sovraministero che fanno le ronde di controllo a sorpresa la scuola andrà per il verso giusto. Spero che stiate preparando un buon piano per giugno.

Avrei voluto disturbarti molto prima, ma ho pensato che avessi un po’ di cose da chiarire con il tuo babbano, non ho voluto distrarti dall'incenerire quello sporco traditore.

Non ho molto da raccontarti in realtà, le cose non sono interessanti da quando qui non si violano più i diritti dei lavoratori magici europei. Ti ritengo l’unica responsabile della mia monotonia, sappilo... almeno ha smesso di nevicare due settimane fa e posso andare a fare lunghe passeggiate.

Se ti va di rispondermi ne sarei mediamente toccato, insomma, ci sono cose che ti riguardano che mi suscitano un po’ d’interesse. So già che lavori come una pazza, lo dimostrano le migliaia di pergamene da firmare e compilare che mi mandi ogni settimana con quei tuoi ordini perentori di fartele avere il prima possibile (se dovesse succedere qualcosa a Royale durante questi viaggi o a causa di questi viaggi, giuro che ti riterrò responsabile anche di questo e me la pagherai), ma non so nulla di come va la tua vita dopo l’orario d’ufficio, se hai veramente risolto con il babbano, se le cose si sono alla fine sistemate al contrario di quello che affermavi quando eri qui o, al contrario, se stai già guarendo e qualcuno ti sta aiutando a farlo. Non è bene che tu rimanga da sola, non tanto per la tua incolumità ma perchè non vorrei che qualcuno si perdesse lo spettacolo delle tue crisi di nervi.

Se non ti dispiace violare questa volta, e un altro paio di volte, la promessa di non scriverci fuori dalle informazioni lavorative, sappi che non me ne dispiacerò. Ovvio, non farò i salti di gioia, ma neanche mi sottrarrò dal risponderti, ora che riesco a farlo.

Voglio dirti un’ultima cosa, il livello di Whisky Incendiario nel mio fegato mi annebbia un po’ e so che non rileggerò questa lettera. Sono stato felice di vederti a gennaio, non solo perchè sei venuta a salvarmi, ma perchè mi sono accorto che il nostro ultimo anno ad Hogwarts mi ha fatto bene, per merito tuo, che è per merito tuo se avevi qualcuno da salvare a Durmstrang. Mi sono accorto che non ti ho mai ringrazato.

Alla prossima.

Malfoy
 



Hermione sorrise e guardò l’orologio, mancava troppo poco alla cena per prendersi il tempo di rispondergli, i suoi erano già tornati e li sentiva spadellare da un po’. Mise la lettera nella borsa e scese ad aiutarli.

Quando fu a casa decise che per scrivergli avrebbe fatto le cose nel modo giusto. Accese il camino con un colpo di bacchetta, si vestì del pigiama, scelse la sua piuma migliore e l’inchiostro più fresco e si stese sul divano avvolta da una coperta a fantasia scozzese ed un libro a farle da superficie dura su cui poter scrivere, nel tavolo accanto al bracciolo un bicchiere di vino elfico completava il quadro.
 


Caro Malfoy,
è stata una bella sorpresa la tua lettera, non sono dispiaciuta che tu abbia violato il patto, stavo per violarlo io qualche settimana fa.

Sono contenta che le cose vadano bene con Pomona e Neville. Non ti preoccupare il dipartimento dell’Istruzione sta lavorando per essere pronto a giugno, niente di ciò che abbiamo conquistato andrà perduto e niente di ciò che abbiamo ripulito sarà sporcato ancora. Stiamo tenendo sotto controllo anche i Fedelissimi di Stoev, sappiamo tutto ciò che accade a scuola.

Non ho tanto da raccontarti anche io, anche se mi sembra di aver vissuto mille vite in questi due mesi a casa. Ho incontrato Alex due volte, in una ha tentato di blandirmi, nella seconda di accusarmi. Ma ora tutti i documenti sono a posto, il matrimonio è definitivamente annullato e io mi sto riprendendo. Non sono quasi mai sola. Nel weekend vado a stare dai miei genitori, mentre il resto della settimana passo al lavoro la maggior parte del tempo, qualche volta mi vedo con Ginny, ma torna raramente dal Galles. Harry mi invita spesso a G
odric's Hollow e anche alla Tana sono sempre la benvenuta. Nella parte babbana della mia vita la rottura ha significato abbandonare parecchi buoni conoscenti che stavano diventando buoni amici, poco male, erano prima di tutto amici di lui.

I giornali non vedevano l’ora di sapere della mia vita sentimentale in rovina, e sta ancora dando da parlare, anche se la cosa sta scemando. Avevo ricevuto una velata minaccia di articoli dalla Skeeter, appena tornata dalla Bulgaria, ma ancora non ha scritto nulla. Non so se spaventarmene o esserne contenta.

In definitiva le mie giornate sono un po’ come le tue, se non fosse per il lavoro che mi regala parecchi momenti per dimenticarmi delle cose che devo sistemare. Mamma dice che dovrei rallentare un po’, ma se voglio riportarti a casa per giugno devo mettere in conto un po’ di straordinari. Non te ne dispiacere, avrei voluto (e dovuto) farlo molto prima. Ok, so che non ti dispiacerai delle mie fatiche... era solo un modo di dire, non m’illudo.

Devo darti una buona notizia. L’opinione pubblica è schierata al tuo fianco in questa battaglia, almeno per la maggior parte. Il perdono sta tornando di moda. Quindi non potrai crogiolarti nel tuo vittimismo, o vincere uno di quei premi “Odiato” che t’inventi! Hanno capito tutti che hai subito un’ingiustizia e sono più preoccupati per questo che per il fatto che sia tu la vittima. Hanno un po’ tutti sete di giustizia e Shacklebolt è stato molto bravo a far passare il messaggio che non è lasciando Stoev fare i suoi porci comodi che si farà giustizia su una guerra ormai passata.

Altre novità non ce ne sono. Non ho in programmma di venire in Bulgaria ancora per un po’, il Primo Ministro preferisce mandare altri ad indagare, a me vuole come coordinatrice dei lavori e avvocato di punta nel processo. Però... se mi assicurassi che il clima è diventato percettibilmente più mite, forse potrei passare qualche giorno delle ferie primaverili lì nei dintorni, così da infastidirti un po’.

Continua a scrivermi quando ti annoi, mi raccomando. Sono contenta di ricevere tue notizie, ho da subito creduto di essere stata una sciocca a fare quel patto con te... ma non sospettavo che avresti ceduto tu per primo! Grazie di avermi stupito!

Per la tua ultima cosa... non sembravano dei ringraziamenti!!!!! Vorrei ricordarti che non ho fatto nulla di più di ciò che hai fatto tu, quindi non servono. Non sono stata io a salvarti, sospetto da parecchio tempo che in quel bagno ci siamo salvati a vicenda.

Buona notte,

Granger

 

PS:- Tratta bene Sandy, non è mai contenta quando torna al ministero dopo che ti ha portato qualche comunicazione. Se scopro che la infastidisci in Bulgaria vengo per picchiarti. 
 



Chiuse quella lettera e l’affidò alla sua amica piumata.

 
  
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