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Autore: StClaire    17/11/2020    1 recensioni
Hermione, dopo gli avvenimenti successi al Ministero della Magia e la morte di Sirius, prova una sensazione nuova, una sensazione che non aveva mai provato prima. Paura. Non riesce più a dormire, non riesce più a essere tranquilla, non riesce a parlarne con nessuno.
Tranne che con un'insospettabile persona: Severus Piton.
Quanto dolore e quanta paura si cela dietro quegli occhi neri come la notte più scura?
Dal testo:
Hermione si sentì arrossire, si sentiva studiata dal suo professore. Di solito i suoi sguardi erano carichi di disprezzo e spesso, come aveva orgogliosamente notato, pieni di odio per non poterla disprezzare più del dovuto, per colpa della sua diligenza.
Abbassò lo sguardo, incapace di tenere ancora i suoi occhi i quei buchi neri, che sembravano ancora più profondi.
Notò l’uomo chiudere gli occhi emettendo un debolissimo e impercettibile sospiro.
«Torni a dormire Granger», disse improvvisamente Piton, «E… per quanto possibile, provi a non pensarci più», continuò, per poi congedarsi, senza aspettare una risposta, con il lieve fruscio di mantello che Hermione aveva imparato a riconoscere ovunque.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
Capitoli:
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Capitolo 4
 
Si era completamente dimenticata della gita a Hogsmeade! Doveva far qualcosa per migliorare la sua concentrazione. Non aveva mai trovato così difficile seguire le lezioni.
Harry e Ron la guardavano sempre in attesa di qualcosa. Forse avrebbe dovuto dar ascolto sia al suo professore che a Sirius e liberarsi di quel peso con loro, ma non ci riusciva.
Era come se avesse paura di mostrarsi debole o impaurita. Si sentiva così stupida.
Passò la notte rigirandosi nel letto, tra il sonno e la veglia. Quando ormai si era finalmente addormentata, era già ora di alzarsi.
Era sicura di aver sognato il suo professore, Piton.
Scese dal letto scrollando la sua indomabile chioma. Quanto avrebbe voluto dimenticare tutto.
Guardò fuori dalla finestra, una pioggerellina cadeva leggera ma costante, sperava che spiovesse prima di dover uscire. Si guardò allo specchio, gli zigomi sporgevano pronunciati sul viso pallido. Trasalì guardando il suo viso spento, i capelli ancora più incomprensibili. Sospirò profondamente, raccogliendo dallo schienale della sedia il mantello della sua divisa.
Un profumo particolare catturò la sua attenzione. Avvicinò il mantello al viso e inspirò.
“Tiglio, Camomilla, Passiflora, Escolzia e Liquirizia”, la voce profonda di Piton risuonò forte nei suoi pensieri. Il pensiero di quel momento, quasi intimo, di alcune settimane fa la fece imbarazzare. Hermione non si sapeva spiegare perché, mai avrebbe sognato di aprirsi con Piton, ma lui sembrava saper leggere i suoi stati d’animo meglio di chiunque altro.
Decise di darsi una mossa. Indossò un caldo maglione bianco a collo alto e scese di corsa le scale. Era tardi, i suoi compagni erano già scappati verso l’ingresso. Era sempre stata felice delle gite a Hogsmeade. Cambiare aria dopo tutto non le avrebbe fatto di certo male. Avrebbe preso una bella Burrobirra insieme ai suoi amici e magari, chissà, avrebbe trovato il coraggio di parlare con loro.
La neve era bianchissima, si guardò intorno alla ricerca di Harry e Ron ma non li vedeva. Dovevano essere usciti veramente presto.
Si strinse bene nel suo cappotto, faceva veramente freddo. Il vociare dei suoi compagni di scuola iniziava a risultarle veramente fastidioso. Entrò di corsa ai Tre Manici di Scopa, un po’ per il freddo un po’ per cercare i suoi amici. Guardò le teste di tutti i presenti, alcune nascoste da caldi cappelli, ma non riconobbe i suoi amici. Notò però Neville e si avvicinò a lui.
«Neville!», Hermione alzò un po’ la voce per farsi sentire nel trambusto, «Hai visto Harry e Ron?».
«Ciao Hermione», la salutò Neville, per poi guardarla un po’ perplesso, «Harry e Ron sono in punizione…», mormorò, «Non ricordi?».
Hermione sgranò gli occhi.
Si era completamente dimenticata della punizione che la McGranitt aveva dato ai suoi amici.
«Oh», Hermione pensava di star per prendere fuoco, «G-giusto», borbottò, «S-scusa, devo andare!», e così scappò senza neanche dar a Neville la possibilità di risponderle.
Si precipitò fuori, allontanandosi il più possibile dalla folla di studenti che riempiva tutte le strade del villaggio
«Stupida, stupida, stupida», sussurrò a sé stessa aggrappandosi alla staccionata di legno vecchio che la divideva dalla Stamberga Strillante. Inspirò profondamente stringendo le mani così forte attorno al legno che si tagliò.
«Ahi!», una scheggia di legno faceva bella mostra di sé, scura nella pelle bianca. Hermione la staccò con cura, ma il rosso del suo sangue si sostituì al nero del legno marcio.
«Ci voleva solo questa», imprecò. Ormai le sembrava che tutto andasse a rotoli.
Si voltò di scatto quando avvertì una presenza a lei abbastanza conosciuta.
«Dia qui», il professor Piton si era come materializzato alle sue spalle, e cacciò, con la sua solita e innata eleganza, la bacchetta da sotto il mantello nero.
L’uomo afferrò la sua mano e Hermione rabbrividì. Non sapeva se per il freddo o per quel secondo contatto quasi intimo con il suo professore. La mano di Piton era calda, le sue dita le stringevano il palmo con grazia. Le stava controllando la mano, ma Hermione aveva la stessa sensazione di calore di quando si riceve una carezza.
Alzò gli occhi dorati verso quelli neri dell’uomo, era sicura di essere diventata rossa, in forte contrasto con il bianco della neve gelida che li circondava. Si specchiò in quei pozzi neri che la guardavano fissa e poi una sensazione di calore la portò a distogliere lo sguardo.
La sua mano era perfettamente liscia, come se non si fosse mai tagliata.
“Un incantesimo non verbale, ovvio”, pensò, la mano ancora stretta in quella del professore.
«G-grazie Professore», balbettò, troppo imbarazzata per aggiungere altro.
«Prego», rispose Piton, la voce grave come sempre, ma meno annoiata del solito, «Vuole comprare casa?», domandò.
«C-come scusi?», ribatté Hermione confusa, poi capì la battuta, non era abituata, «Sa una cosa?», domando a sua volta.
Piton alzò il sopracciglio, «Cosa?».
«Al terzo anno, Malfoy incolpava ingiustamente Harry di essere a Hogsmeade…», iniziò.
«Ingiustamente, certo…», ripeté con fare sarcastico Piton.
«E mi ricordo», riprese Hermione, «Che lei aveva sgridato Harry, perché secondo Malfoy era stato qui, ma c’ero anche io, e le assicuro che Harry non c’era», mentì, «Ma ricordo quello che disse a Harry “Che cosa ci faceva la tua testa a Hogsmeade, Potter? La tua testa non ha il permesso di andare a Hogsmeade. Nessuna parte del tuo corpo ha il permesso di andare a Hogsmeade”».
Hermione nascose una risata nel collo alto del suo maglione, «Mi ha sempre fatto ridere questa cosa».
Piton la fissò, immobile, ma Hermione aveva notato un angolo della sua bocca incurvarsi.
«Signorina Granger, fa troppo freddo qui. Lei è di un bianco cadaverico, le consiglio di andare a riscaldarsi da qualche parte».
Hermione si strinse nel cappotto, più che potette, «Credo che tornerò al castello professore».
«I suoi simpatici amici?», domandò con voce secca Piton.
«In punizione».
«Che novità», commentò Piton, «Si beva qualcosa di caldo».
Hermione annuì imbarazzata. Da dove l’era saltata fuori tutta quella confidenza? Era sorpresa che il Professore non le avesse tolto dieci punti per la sua insolenza!
Piton indietreggiò di un passo e le fece segno con il braccio di precederlo.
Hermione non aveva mai fatto caso a quanto fosse un galantuomo.
«Professore, posso domandarle una cosa?», chiese Hermione mentre lentamente risalivano la strada per il villaggio e per il castello poi.
«Certo, mi sembrava strano che non avesse aperto bocca per più di due minuti», disse secco Piton.
«Si», Hermione si schiarì la gola, un po’ per il freddo un po’ per l’imbarazzo, «Volevo chiederle, sa, della tisana dell’altra volta», Piton la guardò, sempre camminando, con le braccia dietro la schiena, «Era veramente buona e anche veramente efficace», in effetti Hermione ricordava di aver dormito particolarmente bene.
«Quindi?», l’incalzò Piton.
«E quindi volevo sapere se potesse dirmi dove recuperare gli ingredienti», disse la ragazza tutto in un fiato.
Piton sembrò pensarci un su. Non sapeva cosa risponderle. Si era trovato troppo spesso a pensare alla sua alunna migliore. Quanto gli costava ammetterlo!
«Sono tutte piante e radici che cresco personalmente, non sono facilissime da trovare nel mondo magico», esordì finalmente, «Se proprio vuole, posso dargliene un po’ dalla mia scorta personale».
«Oh», Hermione era sorpresa da tanta gentilezza, «Se non disturbo…».
Hermione si sentiva così piccina affianco a quell’uomo!
«Non disturba più di quanto non già faccia a lezione», ribatté Piton.
«Ecco», Hermione scrollò i capelli selvaggi nascondendo una risatina. Da quando Piton la faceva ridere?
S’incamminarono insieme lentamente verso lo studio di Piton, in silenzio. Era strano, Hermione non sembrava provare imbarazzo per quel silenzio e Piton le sembrava perfettamente a suo agio. Piton era sempre silenzioso, ma le dava la precedenza quando c’era da darla a una donna, e si muoveva sempre elegantemente. Hermione si sorprese. Come aveva fatto a ignorare tutti questi aspetti ammirevoli del suo insegnante?
Una volta nell’ufficio del professore, Piton si tolse da dosso il pesante mantello. Hermione fece lo stesso, liberandosi dal suo cappotto umido di neve, ma si perse a seguire con gli occhi la figura del suo professore. Le spalle larghe, chiuse in una camicia nera dalle maniche larghe. Non lo aveva mai visto senza mantello.
Piton sentiva gli occhi curiosi della sua alunna piantati nella sua schiena. Era una sensazione strana. Si voltò e accese il camino con un tocco di bacchetta, «Dia qua», disse prendendo il cappotto della Granger, l’asciugò insieme al suo mantello, con un gesto secco di magia.
La Granger lo guardava, imbarazzata, si poteva notare da miglia di distanza, le braccia incrociate, «Se ha freddo, può avvicinarsi al camino», fece avvicinare una poltrona al fuoco.
«G-grazie», mormorò Hermione.
Piton sparì nella stanza secondaria al suo studio. Hermione ne approfittò per guardarsi intorno.
L’ufficio di Piton come insegnante di Difesa contro le Arti Oscure era decisamente più accogliente di quello di Pozioni ormai di proprietà di Lumacorno.
I mobili erano di legno scuro, pesanti, lucidi. Pieni di libri grossi, rilegati con copertine dure, incise in oro. Erano molto più piacevoli dei barattoli con arti, occhi e cose strane che si trovavano nei sotterranei.
Si avvicinò per leggere bene i nomi di quei tomi. Quanto le piacevano i libri! Dalla quantità di volumi nella stanza anche Piton doveva essere un gran lettore.
Un tomo nero, dalla copertina rigida e con lettere scarlatte e lucide attirò la sua attenzione, Storia delle Arti Oscure.
Doveva essere interessante!
«Ecco», Piton fece ritorno nello studio, in mano un sacchettino pieno di piccoli fiori secchi, radici, e foglioline.
«Grazie», Hermione si avvicinò al suo professore e gli liberò le mani. Piton notò che con il calore del camino la sua alunna aveva ripreso un po’ di colore, che le donava certamente di più del bianco che aveva fuori a Hogsmeade.
«Si accomodi», Piton le indicò la poltrona accanto al camino, Hermione si sedette, quasi come se glielo avessero ordinato. Si sentiva imbarazzata ma allo stesso tempo tranquilla.
Due tazze fumanti li raggiunsero lievitando calme, a mezz’aria, in modo da non far cadere il loro contenuto ambrato sul pavimento.
Hermione colse con delicatezza la sua, godendo del calore che ne portava alle mani. Fuori continuava a nevicare.
«Allora signorina Granger», esordì Piton dopo un po’, «Ha seguito il mio consiglio o è troppo saccente per accettarne uno?»
Hermione sospirò, il calore della tazza che la riscaldava, «Non ancora Professore», confessò, «Ma non per saccenza, come dice lei», ancora un sospiro.
«Mi sta dicendo forse che a una Grifondoro come lei manca proprio il coraggio?», Piton ghignò nascosto dal fumo della sua tazza.
Hermione si sentì un po’ piccata, «Non ho detto che sia così!».
«E allora perché?», l’incalzò Piton, «Ha paura di deludere qualcuno? Se stessa? I suoi stupidi amici?».
«Harry e Ron non sono stupidi!», contestò Hermione.
Piton osservò la sua alunna. Si era animata solo per difendere i suoi amici, ma si vedeva, lui lo vedeva, la paura di deludere.
«Signorina Granger», riprese Piton con solito tono scocciato, «Si lasci consigliare da chi ha più esperienza di lei. So che le può sembrare difficile, non dico che non lo sia, ma come lei ha appena difeso i suoi amici dalle mie, chiamiamole, illazioni, loro farebbero, suppongo se sono veramente suoi amici, lo stesso. Che lei abbia paura di parlare con loro o meno».
«Il signor Potter e il signor Weasley credono molto in lei, anzi, azzarderei che le devono molto, se sono riusciti ad arrivare al sesto anno nonostante la pigrizia e le loro limitate facoltà mentali».
«Professore!», esclamò Hermione.
«Dicevo», riprese Piton alzandosi e afferrando la tazza della sua allieva, «Con lei si sono salvati innumerevoli volte. Non ho esitato un attimo a capire chi fosse stato così intelligente da superare il mio indovinello al primo anno, al secondo anno ha capito da sola cosa si aggirasse nella scuola e come lo facesse», aggiunse ancora Piton riferendosi al Basilisco, «Potrei continuare, ma tessere le sue lodi va contro la mia politica», disse con voce bassa e quasi scocciata per Hermione, «Quello che vorrei dirle è che i suoi amici dipendono anche da lei, non può crollare, non deve farlo ma soprattutto per se stessa».
Hermione rimase seduta sulla poltrona mentre il Professor Piton scompariva nell’altra stanza.
Piton non aveva tutti i torti. Inspirò, avrebbe tanto voluto avere il coraggio di confessare tutto a Harry.
Prese il sacchettino con le erbe secche che Piton le aveva preparato. Le piacevano quei piccoli fiori, secchi, ma sempre bellissimi.
 
Hermione alzò la mano ancora, e ancora e ancora, ma per Piton sembrava non esistere.
Abbassò la mano guardando con rancore il suo professore. Se fosse stata una Serpeverde sarebbe stata la sua preferita, ne era certa!
Piton ricambiò il suo sguardo, nero e impassibile come sempre.
 
“Quella insopportabile so-tutto-io!”, pensò Severus. Insopportabile! Gli bruciava ammettere che purtroppo, per lui, sarebbe stata una risorsa preziosa per la sua casa.
 
Piton rientrò nella stanza principale. Hermione stava guardando il sacchettino che le aveva preparato e sorrideva, cosa che lasciò Severus molto perplesso. Perché diamine stava sorridendo quella ragazzina?
Hermione si accorse della presenza del suo professore e si raddrizzò sulla sedia. Si sentiva improvvisamente in imbarazzo. Avevano chiacchierato, avevano gustato la tisana, era forse arrivato il momento di andare?
Si alzò indecisa dalla sua poltrona, stringendo il sacchetto, «Beh, professore, grazie», mormorò.
Piton fece ancora qualche passo nella stanza, guardando bene la sua allieva.
Aveva ripreso finalmente un po’ di colore in viso, quel rosa velato le donava certamente, ma non si era mai accorto che quella ragazzina avesse le lentiggini, chiarissime.
«Prego», rispose solamente lui.
«Posso chiederle un’altra cosa?», azzardò Hermione.
Piton le fece gesto di continuare, «Quel libro che è nella libreria», continuò Hermione, «Storia delle Arti Oscure».
«Ficcanaso come sempre dunque…», mormorò Piton.
«Non ho ficcato il naso! È in bella vista!».
«Quindi?», esortò Piton.
«Volevo chiederle, non l’ho mai visto in Biblioteca quel volume».
«No, infatti, è nella Sezione Proibita».
«Perché?»
«Perché potrebbe ispirare cose che non dovrebbero essere fatte», cantilenò Piton, una nota carezzevole nella voce, «Vuole leggerlo?».
Hermione esitò un attimo, «Posso?».
«Non al di fuori di questo ufficio», rispose Piton, «Se vuole leggerlo, può farlo, ma qui, sotto la mia supervisione».
«Se non la disturbo», mormorò Hermione.
Severus l’aveva vista, la scintilla nei suoi occhi, la curiosità, la sua stessa sete insaziabile di sapere. Quella che aveva reso prima lui il miglior studente e adesso lei, la strega più brillante della sua età.
«Può venire qui la sera, dopo cena e rientrare nella sua Sala Comune prima del coprifuoco».
Hermione non voleva, ma sentì nascere un sorriso sulle sue labbra.
«Grazie professor Piton, grazie».
«Ovviamente alla fine della lettura mi aspetto un tema dettagliato sugli argomenti affrontanti dal testo», ghignò, «Deve recuperare la poca attenzione che sta dimostrando in classe, Signorina Granger».
«Lo farò professore», affermò Hermione, «E cercherò di affrontare le mie paure, come ha detto lei».
«Bene, adesso vada. Mi ha già rubato troppo tempo oggi. Buon proseguimento Signorina Granger».
«Grazie professore, buon proseguimento a lei».
Hermione uscì dall’ufficio di Piton in qualche modo più leggera, con un’irrefrenabile voglia di leggere quel libro e un’inspiegabile voglia di tornare su quella poltrona.
Severus guardò uscire la sua alunna e poi si lasciò cadere sulla poltrona di fronte a quella che poco fa era occupata da Hermione. Sospirò, passandosi una mano fra i capelli neri e fissò il vuoto della poltrona, ripensando agli avvenimenti di quella mattina.
Non riusciva a capacitarsi di tutte quelle attenzioni rivolte a quella ragazzina. O forse sì, forse voleva che qualcuno non ripetesse i suoi errori.
Se avesse avuto il coraggio di parlare sinceramente, sarebbe cambiato qualcosa nella sua vita?

-

Salve a tutti!
Scusate se sono scomparsa per mesi/anni, ma è stato un periodo davvero particolare.
Spero che stiate tutti bene, nonostante il momento storico che stiamo vivendo.
E spero anche che la storia vi piaccia e vi incuriossica.
Grazie a tutti quelli che hanno letto, recensito, preferito, ricordato e seguito!
Grazie!

 
 
 
 
  
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