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Autore: H_A_Stratford    19/11/2020    3 recensioni
«Io…» mormorò Spencer ancora con la mano sulla maniglia della porta. Che fare ora?
Aveva pensato a tutta la notte alle parole della ragazza e in quel momento nessuno dei discorsi pre impostati sembravano funzionare.
«Ho realizzato che niente è normale tra di noi. Tu sei tu, io sono io e insieme… il caos cosmico» ammise la ragazza mordicchiandosi leggermente il labbro. Reid stava per ribattere sul caos cosmico ma si rese conto che non era il momento. Camminavano già abbastanza sui cocci per poter aggiungere carne al fuoco. Però allo stesso tempo non riuscì a trattenere un sorriso.
«E non voglio perdere quello che abbiamo, qualunque cosa sia» continuò guardandolo. «Prometto che ti lascerò tutto lo spazio che ti servirà, tu credi di poter creare un posto nella tua vita per me?»
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Spoiler ottava stagione. Non segue linearmente la serie.
Genere: Romantico, Sentimentale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 20
 
Alla fine, ciò che conta non sono gli anni della tua vita,
ma la vita che metti in quegli anni.
-Abraham Lincoln
 
La prima metà del 2018 era passata così velocemente per Athena che quasi si sorprese quando arrivò l’estate. Aveva passato settimane e settimane sui libri, quando non lo era andava dalla sua adorata classe elementare e se non era nemmeno da loro volava dire che era con Spencer. Era diventato un circolo vizioso e quando finalmente finì gli esami e salutò i bambini l’ultimo giorno di scuola quasi si sentì vuota. Ma contro ogni prognostico era sopravvissuta, c’era riuscita. Sapeva che aveva fatto una follia, ma era contenta di averla portata a termine. Era stata una sfida con se stessa e anche se non era arrivata al traguardo finale, sapeva di essere comunque a buon punto.
Quella felicità e senso di libertà però finì subito, dovendo volare la settima successiva all’accademia di Quantico per continuare il suo percorso con l’FBI. L’unico lato positivo di quella tortura estiva era quello di poter essere finalmente nella stessa città di Reid.
Penelope Garcia, neanche a dirsi, aveva accolto la notizia con grande felicità. Ogni mattina passava, casualmente, dall’accademia con le scuse meno plausibili per controllare la ragazza. Spencer, invece, si teneva lontano dall’accademia il più possibile. Sapeva che Athena aveva bisogno di farcela da sola e di affrontare gli allenamenti intensivi senza occhi puntati addosso. Inoltre temeva di essere chiamato a insegnare nella sua classe, il che lo terrorizzava a dir poco. Sapeva ovviamente essere professionale, ma allo stesso tempo sapeva che la sua oggettività non sarebbe mai stata al massimo. Più volte era stato tentato di aiutarla a studiare, ma lei testarda come sempre, aveva rifiutato.
 
Athena ed Helen erano finite ad abitare insieme a Beth e mai scelta fu più esplosiva. Beth si era praticamente venduta anche l’anima pur di convincere le ragazze a trasferirsi da lei, dopo aver saputo che cercavano un appartamento nei paraggi. Helen e Beth erano andate d’accordo sin dal primo momento che si erano incontrate, durante una cena tra amici in onore della fine del primo anno accademico.
Athena era stata molto decisa a non trasferirsi da Spencer, quasi categorica. Non erano assolutamente pronti ad un passo del genere. Finché era una questione di un paio di giorni potevano sopravvivere, ma un’intera estate era follia pura. Reid in particolare aveva ancora bisogno dei suoi spazi, e anche se aveva proposto alla ragazza di trasferirsi da lui, Athena sapeva che non era la mossa giusta da fare.
Così aveva preso vita il trio dell’appartamento 3b, con dinamiche al di fuori di ogni equilibrio e un’organizzazione al limite del legale.
Le tre ragazze non si erano mai date delle regole precise, però funzionavano a meraviglia. Il frigo era sempre pieno per ogni evenienza e il vino era sempre in fresco. Le credenze della cucina erano a rischio esplosione per la quantità di caffè e tea ma, inspiegabilmente, ogni volta arrivavano all’esaurimento totale in troppo poco tempo.
Il tasto più dolente era stata la sveglia di Athena ed Helen, che suonava ogni giorno alle cinque per allenarsi. Dire che le due fossero traumatizzate, era un eufemismo.
Le prime due settimane Beth aveva provato ad unirsi a loro con la scusa di rimettersi in forma, ma allo scoccare della terza ogni buon proposito era andato in fumo.
«Non fatemi alzare!» le aveva intimorite una volta che l’avevano svegliata alle 5.03 del mattino. Lo sguardo omicida aveva fatto trasalire le due ragazze, così avevano imparato ad essere più delicate di un piuma mentre si preparavano.
 
Una mattina di inizio luglio, Spencer si era unito alla fidanzata per la sua corsa mattutina. La sera prima era rimasta a dormire da lui, così il ragazzo aveva colto l’occasione. Odiava allenarsi, si poteva dire che fosse totalmente negato per l’attività fisica, ma voleva sostenere la fidanzata.
Così, quel venerdì mattina prima di andare a lavoro, si era alzato all’alba per andare a correre. Ogni prognostico avrebbero dato disastro e il ragazzo sperava solamente di uscirne vivo.
«Spence?» disse Athena girando il viso, cercando di capire dove fosse finito il fidanzato. Avevano corso appena un paio di km quando la ragazza iniziò a percepire la morte imminente del fidanzato.
Spencer rimase in silenzio e immobile, con le mani sui fianchi per riprendere fiato. Era stremato, i suoi polmoni stavano per esplodere ed era piuttosto sicuro che neanche il suo cuore potesse più reggere.
«Avrei rallentato!» esclamò la ragazza dopo avergli dato una rapida occhiata. In realtà aveva già rallentato, conoscendo il fidanzato, ma non voleva dargli anche quella sconfitta. Non sapeva il motivo per cui avesse insistito tanto per correre con lei, ma apprezzava la sua buona volontà.
Athena si avvicinò lentamente al fidanzato e lo vide fare una smorfia. In tutta risposta la ragazza inarcò le sopracciglia, che fece di conseguenza sbuffare Spencer. Era impressionante come potessero capirsi solamente con uno sguardo.
«Perché ti amo, okay? Volevo sostenerti con gli allenamenti dato che non mi lasci aiutarti con lo studio ed è scientificamente provato che-» iniziò a dire il ragazzo prima che il suo cervello potesse veramente analizzare le parole. Così appena i suoi neuroni realizzarono quello che aveva detto si ammutolì.
«Tu cosa?» mormorò la ragazza a dir poco sotto shock. Tra tutte le cose che sarebbe aspettata, quella era decisamente l’ultima.
«Tu –mormorò Spencer senza fiato- sei andata via. S-sei andata via e io sono rimasto qui. Pensavo di non riuscirci, sinceramente» parlò lentamente e con qualche difficoltà a recuperare un ritmo respiratorio normale. «Ma ci sono riuscito e tu ci sei riuscita e questa cosa non ha senso» continuò vedendo l’espressione della fidanzata farsi sempre più contorta. «Questi mesi non sono stati facili, per nessuno dei due, ma l’unica cosa che mi mandava avanti era sapere che tu eri felice, che stavi facendo qualcosa che ti rendesse felice – riformulò e prese un respiro profondo—perché ti amo e lo so che ci ho messo mesi a dirlo ma per favore dì qualcosa perché io sono senza fiato». E fu così che Spencer disse per la prima volta “ti amo” ad Athena.
Athena trattenne a stesso una risatina nervosa, ancora sotto shock ma con il cuore che scoppiava per la felicità. Per mesi e mesi si era trattenuta dal dirlo per paura di spaventarlo, per paura di un rifiuto. Così, senza pensarci due volte, annullò le distanze tra loro e lo baciò.
«Certo che ti amo anche io, cervellone».
 
Erano i primi di agosto quando la squadra di Hotchner si era imbattuta in uno dei casi più lunghi e deleteri degli ultimi anni. Erano fermi a Chicago da tredici giorni ma, anche con l’aiuto della sede dell’FBI locale, non riuscivano a trovare l’SI.
Athena stava iniziando a sentire davvero la mancanza di Spencer e iniziava a preoccuparsi sempre di più, giorno dopo giorno. Inizialmente la teneva aggiornata e chiamava ogni sera, ma nelle ultime notti c’era stato un silenzio stampa da parte del fidanzato.
Spencer non lo faceva di proposito, anzi, gli mancava la ragazza come non mai, ma ormai lavoravano notte e giorno e ogni volta che tornava in hotel crollava miseramente.
Penelope dal canto suo iniziava a sentirsi sola in ufficio, senza la sua squadra con cui scherzare e stare insieme. Ormai neanche i suoi pupazzi potevano consolarla e sollevarle il morale. Così aveva iniziato a passare le serate con il famoso trio dell’appartamento 3b, mentre Beth si sfogava per le sue disavventure amorose ed Helen e Athena studiavano in ogni momento libero. A volte le serate erano passate in completo silenzio, tutte concentrate sul proprio lavoro, altre erano passate con fiumi di vino e cibo spazzatura.
 
«Spence!» quasi esclamò Athena non appena rispose al telefono. Inutile specificare con quale velocità avesse recuperato il cellulare e lo avesse portato all’orecchio. Le quattro donne stavano passando una delle loro solite serate, tutte impegnate nei propri affari comunque insieme, pronte a sostenersi.
Penelope in particolare era felice di quella sistemazione, passando già tutta la giornata in solitaria, aveva bisogno di compagnia per le sue notti di lavoro intensivo.
Dall’altra parte del telefono, il ragazzo prese un respiro profondo, gli era mancata la voce della fidanzata.
«Scusami, i-io, noi abbiamo perso la cognizione del tempo» mormorò Reid strofinandosi gli occhi. Si stava dondolando appena sulla sedia girevole, finalmente da solo e libero di poter pensare a qualcosa che non fosse il caso. Nonostante fosse già passata la mezzanotte, Derek ed Emily si erano offerti di andare a recuperare del cibo, così il ragazzo aveva colto l’occasione per chiamare la fidanzata.
«Penelope si è accampata a casa nostra per la quinta notte consecutiva» rispose Athena sapendo che sarebbe riuscita a strappare un sorriso al fidanzato. Si era sposata nella camera da letto per avere un po’ di privacy, buttandosi poi miseramente sul letto. Era stremata e aveva solamente voglia di dormire, ma la mole di lavoro l’avrebbe tenuta sveglia ancora per un bel po’.
«Stanno per uscire le classi per il prossimo semestre» disse la ragazza dopo qualche secondo di silenzio, sapendo che nessuno dei due aveva le forze per discorsi troppo impegnati. «Non è che ti trovo dall’altra parte della cattedra, vero?» aggiunse poi appena divertita. Spencer scoppiò a ridere, forse anche a causa di tutta la tensione accumulata che finalmente aveva trovato una valvola di sfogo.
«Non è così divertente» lo riprese la ragazza scuotendo appena la testa in segno di disapprovazione.
«Guarda che sono un bravissimo insegnate» si difese il ragazzo dopo essersi ricomposto. Dalla vetrata davanti a lui vide che Emily e Derek erano tornati con più buste che braccia.
«E sapresti essere oggettivo?» ribatté Athena quasi sorpresa. Sarebbe stato troppo strano averlo come insegnante, non sarebbe stata una bella combinazione, ne era certa.
«Arrivano i rinforzi!» esclamò quasi trionfante Morgan aprendo la porta della sala conferenze dove si era sistemato Reid.
«Avete preso le salse? Sto morendo di fame» chiese JJ entrando subito dopo, strofinandosi le mani. La povera ragazza aveva tenuto ben due conferenze quella sera, una durante l’ora di cena per di più, e il suo stomaco non avrebbe retto ancora per molto.
«Credo che sia arrivata la cavalleria» disse Athena riconoscendo le voci della squadra in sottofondo.
«Devo andare. Mhmh, certo. Non preoccuparti –rispose Spencer dando le spalle ai colleghi per non farsi sentire—farò del mio meglio, okay? Ti chiamo io. Ti amo, notte» concluse la chiamata per poi girarsi verso gli amici con nonchalance.
Inutile specificare la mascella a terra di tutti e tre dopo aver sentito Spencer dire “ti amo” ad Athena.
«Cinese?» chiese Reid come se nulla fosse, cercando di evitare completamente il discorso. JJ sapeva già tutto, ovviamente, ma non lo aveva mai sentito dire dal vivo e per qualche strana ragione le aveva fatto effetto. Era felice per lui, del suo ritrovato equilibrio e stabilità. Derek, invece, scelse di non dire nulla, avrebbe avuto tutto il viaggio del ritorno per tormentarlo. La vera sorpresa su Rossi, che era rimasto sulla porta tutto il tempo, che si avvicinò al tavolo con il cibo intonando la marcia nuziale.

 
   
 
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