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Autore: Alley    21/11/2020    2 recensioni
"Puoi averla. La cosa che volevi."
Sette varianti di uno stesso finale: Castiel ritorna e lui e Dean hanno il loro lieto fine.
[Destiel + coppia a sorpresa]
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Credits alla teoria secondo cui Castiel avrebbe assunto il ruolo di angelo della morte.














“Non ho bisogno della baby sitter: torna dalle tue donne, Sammy.”

“Se la cavano benissimo da sole.”

Dean sa che è la verità. Non sono Eileen e Mary, il problema, ma le occhiaie scure che bordano gli occhi di Sam e la stanchezza che gli calca le spalle come un mantello pesante. Suo fratello ha bisogno di prendersi una pausa, di dormire in un posto diverso da quella sedia di plastica in cui entra a stento, ma ha anche bisogno di prendersi cura di lui, e questo è qualcosa di cui Dean ha una comprensione cristallina dettata dal cuore più che dalla testa. Per questo lo invita a tornarsene a casa, ma allo stesso tempo, accetta il rifiuto che Sam oppone senza insistere né protestare.

“I medici hanno detto che stai migliorando.”

Accetta anche le bugie. Non perché abbia bisogno di sentirsele dire, ma perché Sam ne ha di raccontarsene. Dean è stato vicino alla morte troppe volte per non riconoscerne il sentore: l’ha ingannata, provocata, battuta, l’ha persino uccisa, e sa che ora è prossima a prendersi la sua rivincita.

Forse, in fondo, è giusto che Dean gliela conceda.

“Certo: sto una favola.”

Come a schernire l’audacia di quell’affermazione, la fatica lo sopraffà e lo costringe a chiudere gli occhi. Quando li riapre, la sedia su cui Sam se ne stava seduto è sparita insieme a lui. L’unica presenza nella stanza dalle pareti esageratamente bianche è Castiel. Acceso da quella visione, un ricordo sgualcito riemerge dal fondo della memoria di Dean. Mostra una camera d’ospedale e c’è sempre lui dentro il letto, ma ha venticinque anni e non sessanta, e ci sono lacrime sul suo viso e nessun tumore a divorargli il fegato. Castiel sarebbe identico a come appare in quella immagine e a come Dean se lo ricorda – a com’è nei sogni che sogna ogni notte, a come lo dipingono le fantasie che ha coltivato come fiori destinati a non sbocciare mai – se non fosse per il trench che indossa. È nero come la pece e la cravatta che ricade sulla camicia immacolata ne imita il colore. Dean pensa distrattamente che non fa pendant con il blu dei suoi occhi, e che è un peccato, perché un blu come quello meriterebbe di esser messo costantemente in risalto.

Dean deve compiere uno sforzo sovrumano per tirare fuori la voce. Non è sicuro che la cosa abbia a che fare con il modo in cui la malattia lo ha fiaccato.

“Stai bene. Vestito di nero.”

“Anche tu stai bene.”

La risata che Dean sbuffa è leggera, eppure, gli pesa sul petto come fosse un enorme macigno. “Continui a vedermi migliore di quello che sono, Cas.”

Castiel non dice niente. Si avvicina al bordo del letto, si pianta lì e fissa Dean con due occhi tristi e bellissimi. Sono sempre stati bellissimi, gli occhi di Castiel. Dean si è vietato di perdersi al loro interno per paura di non riuscire più a ritrovarsi, ma forse dopotutto non sarebbe stato poi così grave. Forse avrebbe potuto permetterselo, con un pizzico di coraggio in più.

“Avrei voluto che non toccasse mai a te.”

“Doveva succedere prima o poi. Ho avuto più tempo di quanto avrei potuto mai desiderarne.”

Ho avuto più tempo di quanto ne avrei avuto se tu non mi avessi salvato.

Le dita di Castiel tratteggiano leggere il dorso della mano di Dean, solcando le piaghe che segnano la pelle. Dean la rovescia la mano e le stringe, vincendo l’esitazione nascosta dentro quel gesto compiuto a metà. È la prova che Castiel pensa ancora di non poterlo avere. Non c’è motivo per cui avrebbe dovuto cambiare idea, in effetti. Dean non ha mai smentito quella convinzione; non gli ha mai detto che era suo, che lo è stato fin dal principio. Non gli ha mai detto che anche lui lo---

“Avrei dovuto risponderti.”

“Non ce n’era bisogno.”
  
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