Film > Star Wars
Segui la storia  |       
Autore: Ellery    25/11/2020    4 recensioni
Il Generale Hux scova un gatto a bordo del suo Star Destroyer, ma non sa assolutamente come prendersene cura. Chiedere aiuto a Kylo Ren potrebbe non essere così geniale, come idea...
{Personaggi principali: Kylo Ren, Armitage Hux, Millicent, Un po' tutti}
Che ci faceva un gatto sulla più potente nave del Primo Ordine? Apparteneva a qualcuno degli addetti oppure era semplicemente un clandestino? Ma in quel caso… come avrebbe potuto salire indisturbato e gironzolare tanto a lungo da finire in un condotto per la spazzatura? Non ne aveva idea, ma avrebbe risolto più tardi quegli interrogativi. La priorità ora era salvare il felino dall’aria tutt’altro che amichevole.
«Non ti faccio niente» promise, cacciandosi il tablet tra i denti e allungando la destra nel tentativo di raggiungere la creatura «Vie-nhi» biascicò.

[La ff prende spunto dal famoso twitter di Pablo Hidalgo , secondo cui Hux ha una gatta di nome Millicent; è ambientata subito dopo la fine di Ep. VII]
Genere: Avventura, Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ben Solo/Kylo Ren, Capitano Phasma, Generale Hux, Kylo Ren, Poe Dameron
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
37. Moriremo tutti


Poe si avvicinò al Gungan seduto nella microscopica garitta della sentinella. Si chiese chi fosse il pazzo ad aver affidato il servizio di sorveglianza ad una creatura tanto ottusa.

«Buongiorno amico!» esordì, sfoggiando il migliore dei suoi sorrisi «Sto cercando…»

«Altolà!» la mano del Gungan si stese immediatamente in un cenno d’arresto. Gli occhi giallognoli guizzarono sui presenti, mentre la lunga lingua catturava un moscerino di passaggio «Chi siete?»

«Siamo…»

«Cosa portate?»

«Niente, roba…»

«Sì, ma quanti siete?»

«Siamo… tre più due cinque…»

«Un credito.»

Dameron strabuzzò gli occhi:
«Ah, si paga?»

La tassa sul passaggio era una novità! Non ricordava nulla del genere nel suo ultimo viaggio, ma decise di soprassedere. Cavò il soldo dalle tasche e lo lasciò scivolare sul banco del Gungan.

Sbuffò quando vide la creatura rigirarsi la moneta tra le mani, piegandosi per sussurrare:
«Possiamo passare ora?»

L’alieno mosse la mancina soltanto per irrigidire il gesto poco dopo, non appena Rey e Ben si trovarono all’altezza della guardiola.

«Altolà! Chi siete?»

«Guardi, sono con me…» intervenne il pilota, mentre lo sguardo ottuso del Gungan si perdeva nel nulla.

«Cosa portate?»

«Ma niente, sono oppositori politi…»

«Sì, ma quanti siete?»

«Eh, siamo gli stessi di prima…»

«Un credito.»

«Ah, un altro?» ringhiò, porgendo il secondo obolo. Riprese a camminare.

Non aveva fatto che quattro passi, quando la voce del Gungan risuonò nuovamente:
«Altolà! Chi siete?»

Dameron sbuffò, scaricando l’intero contenuto della borsa nella garitta. Oltre ai crediti, volarono sul Gungan anche beni di prima necessità quali: uno spazzolino da denti portatile, un rocchetto di filo interdentale, pinzette per sopracciglia e due pacchetti di schiacciatine, che indubbiamente avevano vissuto giorni migliori.

«Spicciamoci!» sentenziò, affrettando il passo verso la bassa costruzione in lamiera che si profilava all’orizzonte.


***
 

«Smettila di pestarmi i piedi, Ben!»

«Scusami, ma non ci vedo molto bene…»
 

***
 

«Piantala di farmi inciampare! Possibile che non ti abbiano insegnato le buone maniere, FN-2187?»

«Sono Finn!»

«Sono Ben, sono Finn, sono Rey eccetera, eccetera… c’è qualcuno di veramente soddisfatto del proprio nome, in questa storia?»
 

***
 

Poe ignorò i battibecchi alle proprie spalle, affacciandosi all’ingresso dell’hangar. L’interno era piuttosto luminoso, grazie a delle lampade che ciondolavano dall’ampio soffitto a volta. Al centro, spiccava una singolare navetta a forma di supposta. Era davvero curiosa: il muso appuntito, i finestrini a forma di oblò lungo tutta la fiancata, l’assenza completa d’ali e… quell’immacolato colore bianco che la faceva assomigliare ad un “medicinale da culo”, come si ripeteva spesso.

Accanto al veicolo, un Togruta stava controllando i livelli di carburante.

«Eva-q!­» esclamò, per richiamare la sua attenzione.

Il meccanico si voltò, sfoggiando un sorriso caloroso:
«Dameron! Quanto tempo! Sono lieto di vederti. Ho ricevuto la tua trasmissione stamane e… mi sono immediatamente adoperato per rimettere in sesto questa bambina» le dita arancioni batterono sulla carlinga vicina «Naturalmente è già pronta per il decollo.»

«Sei impareggiabile, amico mio!»

«Già, certo… per che ti serve, questa volta?»

«Oh, dobbiamo ho dei pacchetti da scaricare» sussurrò, indicando le due figure incappucciate trascinate malamente nell’hangar «Prigionieri politici. Ufficiali del Primo Ordine che non hanno gradito il cambio di amministrazione e che hanno cercato di assassinare il nuovo Leader Supremo.»

«Questo non è vero!» uno sbottare indignato lo raggiunse «Non avrei mai fatto del male a Mitaka! D’accordo, magari ho pensato di ucciderlo accidentalmente un paio di volte, ma… è stato per caso. Non mi sarei mai sognato di…» un gemito soffocato interruppe quelle rimostranze, quando il gomito di Finn si schiantò nel costato dell’ostaggio.

«Mh, vedo…» Eva-q arricciò il naso, incerto «Sicuro che non creeranno problemi? Non voglio guai con l’Ordine, lo sai.»

«Niente affatto!»

«Posso sapere chi sono?»

«Informazione riservata.»

Il Togruta scosse il capo:
«Beh, non intendo imbarcarli finché non mi sarò accertato della loro identità» sbottò deciso, ignorando le successive proteste di Dameron «La nave è mia, decido io che rischi prendere.»

«Possiamo pagarti bene» ritentò il pilota, ottenendo solo una risata sarcastica.

«Il mio silenzio costa molto…»

«Beh, ma non vedo che problema ci sia!» una terza voce si intromise nella conversazione. Il cavaliere di Ren si divincolò dalla presa della sua accompagnatrice, scivolando avanti e tendendo entrambe le mani, ancora ammanettate «Mi presento subito. Sono Ben Solo! So di non avere un aspetto molto rassicurante con questo sacchetto in testa, ma… sono una bravissima persona, ora che mi sono redento. Non hai nulla da temere, fido concittadino della repubblica» una pausa, mentre le braccia puntavano goffamente all’altra figura incappucciata «Lui, invece… è Armitage.»

«Armitage ci chiami tua sorella, stronzo!»

«Sono figlio unico…»

«Per tua informazione, sono il generale Hux!» il tono stridulo, accelerato da una nota urgente «Sì, quel generale Hux, nel caso te lo stia chiedendo. Non vuoi problemi con l’Ordine? Perfetto! Non ne avrai, se mi liberi immediatamente dalle grinfie di questa manica di mentecatti!»

L’espressione del Togruta mutò una quindicina di volte nell’arco di una manciata di secondi: passò da scettico, a sorpreso e infine a terrorizzato.

Il meccanico scosse la testa, sollevando le mani in un cenno di resa:
«Io… non voglio avere niente a che fare con questo. Dameron, mi avevi detto che era un lavoretto semplice e pulito…»

«Lo è, infatti!» Poe si fece avanti, cercando di tranquillizzare l’alieno «Sono pazzi, d’accordo? Farneticano cose a vanvera. Non devi pensare neppure per un istante che stiano dicendo la verità.»

«è la verità!» di nuovo l’irritante voce del generale…

«Hux, taci!»

«Ah-ah!»

Poe immaginò il sorrisetto vittorioso sotto al panno nero. Fu sufficiente quel pensiero per mandargli il sangue alla testa. Sganciò il blaster dalla cintura, impostandolo sulla modalità stordimento, prima di tirare un colpo dritto al petto dell’ufficiale. Lo osservò crollare malamente ai piedi di Finn.

Nel mentre, Ben era tornato alla carica:
«No, sul serio! Puoi fidarti, Dameron è una brava persona. Non creerà fastidi, anzi… e io sono cambiato! Davvero! In passato, ti avrei soffocato con la Forza e avrei gettato il tuo cadavere nello scarico dei rifiuti…»

Il Togruta continuava ad indietreggiare. Sparare anche a lui non sarebbe servito: una volta riacquistati i sensi, avrebbe ricordato quella confusionaria conversazione; avrebbe incasellato i pezzi e scoperto la verità. Quanto ci sarebbe voluto perché la consegnasse alla stampa? Perché gridasse dai microfoni di Radio Galassia che l’ex-Leader Supremo e il suo vice erano ancora vivi? Che erano stati nascosti dalla Resistenza in qualche punto sperduto dell’universo? Leia avrebbe perso credibilità e i suoi nemici ne avrebbero approfittato per screditarla del tutto. I vecchi imperiali sarebbero tornati alla ribalta, pronti a creare scompiglio nell’Ordine appena rinnovato. Mitaka si sarebbe trovato a camminare su un terreno davvero instabile, e così Rose. Non poteva permetterlo.

Gettò uno sguardo disperato a Rey.

«Fa qualcosa!» la supplicò, ricevendo un’occhiata perplessa.

«Tipo?»

«Non lo so! Convincilo a dimenticarsi di questa storia e a lasciarci l’astronave.»

La ragazza sembrava quasi scandalizzata da una proposta simile:
«Ma… è come rubare. I Jedi non rubano!»

«Oh, per favore! Fallo e basta!»

«Maestro Skywalker non approverebbe…»

«Dici? Perché credo di ricordare svariate storie in cui altri Jedi famosi usano trucchetti simili per fottere i comuni mortali.»

«Non parlare di cose che non conosci, Poe! I Jedi non lo farebbero mai.»

«Obi-Wan Kenobi.»

«Oh, fanculo! Odio quando hai ragione» la giovane scrollò le spalle, arrendendosi all’evidenza. Si accostò al meccanico, muovendo la destra davanti ai suoi occhi «Dimentica ciò a cui hai assistito. Ci lascerai prendere la nave. Ricorderai solo che ti abbiamo pagato e che stavamo trasportando… mh… Whiskey Correliano di contrabbando.»

«Io vi lascerò prendere la nave e dimenticherò» affermò Eva-q, come in una specie di trance «State trasportando Whiskey…» ripeté, facendosi da parte.

Poe scattò, coprendo la distanza tra sé e la navetta-supposta. Si infilò immediatamente nella cabina di pilotaggio, pronto ad avviare la sequenza di decollo.
 

***
 

Hux fissò sconsolato l’immensità dello spazio da uno degli stretti oblò. Il trasporto non era affatto capiente: l’abitacolo di guida era separato dal resto soltanto da una tenda, lasciata provvidenzialmente aperta. Accanto al sedile principale, dove Dameron maneggiava abilmente la cloche, la postazione del copilota era occupata da un entusiasta Ben Solo. L’ex-apprendista era piuttosto interessato all’innovativo sistema di iper-guida, che sembrava potesse sopportare non solo l’iperspazio, ma anche veri e propri salti temporali. Il restante vano era occupato da una serie di poltroncine adiacenti alle paratie metalliche, dotate di logore cinture di sicurezza e di un secchiello rimuovibile, alloggiato appena sopra l’antigienico poggiatesta in pelo di Ewok.

Quando era rinvenuto, Coruscant non si vedeva più da nessuna parte e nemmeno altri pianeti conosciuti. Dovevano aver ormai superato abbondantemente anche l’Orlo Esterno.

Accettò la tisana tiepida che Rey gli stava porgendo:
«Grazie» biascicò, evitando di guardarla negli occhi. Poteva sentire la disapprovazione acuta che lei emanava.

«Era proprio necessario?»

«Cosa?» finse, come se non riuscisse a comprenderla.

«Lo sai. La sceneggiata allo spazioporto.»

«Ho dovuto provare. Magari il vostro contatto era un fan del Primo Ordine e…»

«è così che ripaghi la fiducia che Leia ti ha concesso?»

Calò l’attenzione, concentrandola esclusivamente sulla tazza metallica. Prese un rapido sorso, cercando di schiarirsi la gola e le idee:
«Questo è un colpo basso, ragazza spazzino» sospirò, deciso a finire la bevanda prima che si raffreddasse del tutto. Si nascose dietro la sparuta nuvoletta di vapore «D’accordo, forse non è stata una delle mie migliori uscite.»

«Forse

«Ma anche Ben ha fatto la sua parte.»

«Non sto parlando di lui, ma di te! E… stava cercando di aiutare.»

«Come?» gli sfuggì una risatina nervosa «Presentandosi come il figlio redento di Organa? Oh, sì… ottima copertura!» aggiunse, svuotando la tazza d’un fiato e restituendola alla donna «Comunque, ormai è finita, no? Indietro non si torna… sto per abbandonare questa galassia per sempre. Non sarò più un vostro problema.»

«No, infatti…»

«A cosa servono?» chiese, deciso a cambiare discorso. Indicò il secchiello fissato sopra il proprio sedile.

Non fu Rey a rispondergli, tuttavia.

«Lo scoprirai presto, Abbracci!» l’allegra voce di Poe lo spinse ad abbandonare immediatamente il proprio posto e a fiondarsi nella cabina di pilotaggio. All’improvviso rimpianse amaramente d’aver accettato la tisana, che già si agitava sul fondo del suo stomaco.

«Sei pazzo? Ci ucciderai!» gridò, sporgendosi per cercare di afferrare i comandi.

Ben lo ricacciò prontamente indietro:
«Oh, finiscila! Tu e il tuo pessimismo intramontabile. Insomma, quando ci ricapiterà? Sarà un’esperienza unica.»

Hux fissò con orrore il buco nero verso cui stavano sfrecciando a tutta velocità.

Se Dameron pensava davvero di poter guidare la navetta attraverso quell’affare, doveva essere completamente ammattito. Non c’era via di scampo:  quell’enorme foro scuro li avrebbe attratti a sé come una calamita. Sarebbero stati risucchiati e sarebbero caduti… già, ma cosa c’era in un buco nero? Nessuno era mai tornato indietro per raccontarlo. Supponeva solo che la forza traente li avrebbe schiacciati, spappolando le viscere, sbriciolando le ossa e lasciando esplodere il cervello in ammassi gelatinosi.

Beh, Ren non soffrirà molto, ironizzò.

Se il cuore metallico avesse potuto accelerare, sicuramente l’avrebbe fatto fino a scoppiare. Si aggrappò allo schienale del copilota, graffiandone la superficie; incapace di staccare lo sguardo dalla minaccia ormai prossima, tornò a passare in rassegna tutte le preghiere che conosceva. Davvero poche e niente che potesse soddisfare una qualunque divinità di passaggio.

«Moriremo tutti…»

«Tranquillo! L’ho fatto più di una volta, Abbracci» Dameron si voltò appena per spingerlo delicatamente via «Siediti e mettiti comodo. È divertente, fidati di me.»

Si ritrovò a barcollare all’indietro, finendo dritto tra le braccia di Rey. La Padawan lo riportò alla sua poltroncina, assicurandolo con le cinture di sicurezza e mettendogli tra le mani il secchiello.

«Cosa?» chiese, notando che anche FN-2187 ne stringeva uno analogo. L’ex-assaltatore tremava visibilmente da capo a piedi, nonostante la ragazza spazzino gli stesse tenendo affettuosamente una mano.

Un attimo dopo, l’intero universo sparì dagli oblò e nella cabina cadde una fitta oscurità.
 

***
 

«Oh, Stelle! È meraviglioso, è… spettacolare!» Ben Solo alzò le braccia, agitandole nel vuoto.

La navicella aveva preso ad avvitarsi su sé stessa, in una spirale senza fine. Girava e girava continuamente, quel movimento reso fluido dalla forma affusolata e lineare. La mancanza di ali le consentiva di trottolare senza problemi nel magnetismo del buco nero, continuando quelle piroette coordinate. Era come essere all’interno di un cestello di una lavatrice. Ci si capovolgeva continuamente, con la vista che roteava e l’equilibrio completamente perduto.

Poe aveva ragione: era davvero un’esperienza fantastica. Avrebbe potuto continuare così per sempre.

Poi… commise l’errore di scoccare un’occhiata verso il vano passeggeri.

Rey stava sventolando un foglio di carta accanto al volto esanime di Finn, ormai privo di coscienza. Hux se la stava cavando meglio dell’assaltatore… all’incirca. Continuava a vomitare nel secchiello, rigurgitando succhi gastrici e boccate di tisana. Naturalmente, visto il moto a vite della navetta, ogni volta che l’abitacolo si ribaltava, il contenuto del secchio gli si rovesciava addosso. Il maglione e i pantaloni neri erano ormai intrisi di macchie appiccicose, che puzzavano di rancido. Un filo di bava colava dalle labbra esangui del generale, mentre i suoi occhi rimanevano serrati; i capelli rossi, completamente in disordine, contenevano evidenti tracce di rigurgito.

«Come va dietro?» gli chiese Poe, ancora concentrato sulla guida «Stanno bene i ragazzi?»

Ben sorrise e annuì compiaciuto:
«Alla grande! Un’esperienza che sicuramente non dimenticheranno!»
 

***
 

Hux storse il naso, osservando il completo stato di disordine della propria figura. Cercò di ripulirsi sommariamente con la salvietta che Rey gli aveva porto, controllando nuovamente oltre il finestrino. Il buco nero era ormai un lontano ricordo e l’universo era presto tornato ad accoglierli. Sotto di sé intravedeva finalmente la superficie del pianeta di destinazione. Sembrava grazioso, tutto sommato: nuvole bianche coprivano buona parte dell’atmosfera, lasciando però intravedere gli scorci di verde, di marrone e di azzurro della superficie.

«Non hai dei vestiti di ricambio, per caso?» chiese, ricevendo un cenno desolato.

«No, mi dispiace.»

Rey gli tese un aggeggio piuttosto curioso: si trattava di un paio di occhiali, le cui bacchette erano collegate ad una coppia di auricolari e ad un microfono.

«A cosa serve?» chiese, rigirandoselo tra le mani.

«è un traduttore automatico. Poe dice che su questo pianeta non tutti parlano il Basic, anzi. Vi sono molti idiomi, tipi di scrittura e… questo ci aiuterà non appena sbarcheremo.»

«Capisco» aggiunse, inforcando quello strano oggetto. Batté le palpebre per abituarsi alle lenti scure, spiando oltre l’oblò: il pianeta era sempre più vicino. Riusciva quasi a scorgere il profilo di alcuni rilievi montuosi e il terreno brullo sottostante.

Mancava davvero poco.

 
***
 

Poe scese dalla navetta e si accostò con passo sicuro ad un uomo dalla carnagione scura, calvo e interamente vestito di nero; portava una giacca e una cravatta, nonostante il caldo torrido di quell’area desertica. Il volto squadrato recava un’espressione severa, coperta a metà da un dispositivo simile al loro: occhiali, microfono e auricolare. Teneva le braccia conserte davanti a sé, in una posa rigida e quasi militare.

«Agente G! Ben rivisto.»

«Dameron» la voce dell’uomo era profonda e composta «Ho ricevuto la tua trasmissione» un tablet gli comparve tra le mani robuste «Individui piuttosto interessanti, stando al tuo rapporto. Armitage Hux» scandì «Maschio, bianco, trentaquattro anni. Una qualifica da ingegnere militare e carriera da generale. Immagino sia quello che si è vomitato addosso, vero?»

Hux desiderò sprofondare. Senza un ricambio adeguato, non se l’era sentita di eliminare il maglione o i pantaloni. Non poteva certo presentarsi alla popolazione locale in mutande! Così si era limitato a puzzare di rigurgito e a sudare abbondantemente in silenzio. Sentiva le goccioline acquose imperlargli la fronte, scivolare lungo le guance e tuffarsi sotto al colletto di lana. Tenne le mani allacciate dietro la schiena, obbligandosi a resistere stoicamente.

A differenza sua, Ren non si era creato problemi: si era immediatamente disfatto di giacca e camicia, preferendo girare a petto nudo e con i suoi calzoni a vita alta.

L’uomo non tardò ad accorgersi di lui:
«Ben Solo. Da quanto vedo era una sorta di… monaco spaziale, mh? Ha perso i poteri a seguito di una disavventura piuttosto rocambolesca. È figlio di un’esponente di spicco del vostro governo e… pare abbia una passione sfrenata per la moda, per il canto e il ballo. Corretto?»

Tanto Poe quanto il diretto interessato annuirono vigorosamente.

«Perfetto. Seguitemi.» Agente G si incamminò verso un edificio poco distante.

Si trattava di una struttura in pietra chiara, con numerose finestrelle a feritoia e una doppia porta scorrevole. L’interno appariva illuminato artificialmente, ma era impossibile capire cosa contenesse da quella distanza.

Hux mosse un paio di passi, fermandosi immediatamente. Gettò un’occhiata alle proprie spalle: Poe, Rey e Finn erano rimasti indietro.
«Non venite?» chiese ingenuamente.

Dameron scosse prontamente il capo:
«No. Il nostro viaggio si conclude qui, mentre il vostro… beh, è appena cominciato. Ci mancherete, ragazzi.»

«A me no…» borbottò Finn.

Rey fu la prima a lanciarsi in un abbraccio affettuoso.

Si aggrappò alle larghe spalle di Ben e gli schioccò un rapido bacio su una guancia, ovviamente dopo essersi sollevata in punta di piedi ed aver saltellato un paio di volte sul posto:

«Abbi cura di te Ben! Scrivimi, d’accordo? Mandami una cartolina, magari» esclamò, tendendo poi la destra a Hux «Generale, stai lontano dai guai, capito? Niente colpi di stato, niente oscillatori termici e soprattutto… niente gatti! Pare ve ne siano in abbondanza su questo pianeta, quindi… fai attenzione.»

Hux le strinse la mano, annuendo:
«Ho imparato la lezione» assicurò, poco prima d’essere investito da un eccessivamente entusiasta Dameron.

Poe gli gettò le braccia al collo, letteralmente:
«Oh, non vedevo l’ora di abbracciarti, Abbracci! Mi mancherai… o forse no. Mh, magari un pochetto» ammise, rifiutandosi di rilasciare l’ufficiale. Ben decise di approfittarne ed aggiungersi al mucchietto, invadendo senza ritegno gli spazi vitali altrui.

Poe, naturalmente, ne fu lieto:
«Ben! Diamine, mi mancherai anche tu. Anzi, tu più di tutti. Proprio ora che avevo trovato un degno avversario di limbo e karaoke» il pilota si soffiò il naso, strofinandolo direttamente sulla nuda pelle dell’ex-apprendista «Arrivederci, ragazzi! In bocca al Sarlacc!» concluse, scoccando poi un’occhiata incerta all’ultimo membro del gruppo «Finn? Tu non vuoi salutarli?»

«Ma stai scherzando?» ringhiò il soldato «Mi hanno rovinato la vita. Per quale motivo dovrei?»

«Beh, come gesto di cortesia!»

«Oh, d’accordo…» e Finn agitò la mancina in un rapido cenno «Ciao!» sibilò, acido come un mandarino acerbo «Ecco fatto! Ora possiamo andare?»

 
***
 

Hux non si voltò quando sentì il ronzare del motore della navetta. Continuò a camminare dritto, ignorando lo sbracciarsi del compagno verso la supposta fluttuante, pronta a guizzare via nel cielo azzurro.

Seguì stoicamente Agente G fino alla doppia porta scorrevole.

Il primo battente si schiuse e una voce metallica annunciò:
Decontaminazione.

Un getto di vapore e disinfettante nebulizzato gli venne spruzzato addosso dagli ugelli a soffitto.

«è troppo calda questa roba!» si lamentò, mentre il getto si interrompeva con un lieve fischio.

Un sibilo accompagnò lo schiudersi dell’ingresso successivo.

Si ritrovò a fissare l’interno della costruzione. Si trattava di un enorme area di passaggio, dove diverse specie aliene transitavano serenamente, spingendo carrelli carichi di bagagli e effetti personali. Uomini e donne vestiti di nero, in tutto simili all’Agente G, si prodigavano per aiutare i viaggiatori in transito nella struttura. Un paio di creature discutevano animatamente accanto ad una delle ampie colonne bianche, atte a sostenere la volta di vetro. L’aria era fresca e profumava di pulito, contrastando perfettamente il clima torrido che c’era all’esterno. Piante verdeggianti abbellivano l’ambiente, perfettamente sposate ai monitor che dal soffitto pendevano sulla sala. Diversi tipi di annunci scorrevano lungo i display, con scritte che Hux non faticava affatto a leggere.

Merito degli occhiali, senza dubbio, si disse.

Ben Solo e Armitage Hux avanzarono di un passo, calcando il lucido pavimento di marmo chiaro.

La seconda porta scorrevole si chiuse immediatamente alle loro spalle e la voce metallica tornò a gracchiare:

Spazioporto Intergalattico Cinquantuno.
Benvenuti sul pianeta Terra.


 
Angolino: avevo bisogno di scrivere questa sera... di andare un po' avanti, di isolarmi e non pensare. 
In questi giorni sto pensando molto ad una decisione importante che devo prendere. è una decisione che potrebbe dispiacere ad alcune persone, ma che credo possa essere importante per me, per il mio futuro. O almeno lo spero. è un po' nebuloso al momento e forse è per questo che scrivo: per distrarmi, per non pensare, per rimandare. La verità è che vorrei avere il coraggio di compiere questa scelta.
Siate con me, ve ne prego.

E'ry

 
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Star Wars / Vai alla pagina dell'autore: Ellery