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Autore: FairyCleo    02/12/2020    1 recensioni
Dal capitolo 1:
"E poi, sorprendendosi ancora una volta per quel gesto che non gli apparteneva, aveva sorriso, seppur con mestizia, alla vista di chi ancora era in grado di fornirgli una ragione per continuare a vivere, per andare avanti in quel mondo che aveva rinnegato chiunque, re, principi, cavalieri e popolani".
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Goku, Goten, Trunks, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nell’abisso
 
“Perché mi stai facendo questo? Perché?”.
 
Goku era sconvolto: il suo maestro, l’uomo che lo aveva cresciuto, gli stava facendo del male. Ma perché? Lui non era una minaccia per la Terra o per i loro cari, lui non era il nemico. Lui proteggeva, difendeva, non attaccava, non feriva, non metteva in pericolo. Come poteva trattarlo come il peggior criminale mai esistito? Come poteva aver perso completamente la fiducia in lui?
 
“Non-non è colpa mia… Non lo faccio di proposito… Non lo voglio, Genio… Non lo voglio! Non voglio fare del male a chi amo… Né agli altri… E tu, ora, ne stai facendo a me. Ti prego… Smettila… Smettila!”.
 
Goku si sentiva sempre più debole, più stanco, più vulnerabile, ma continuava a lottare, a resistere, per se stesso e per quel mondo che tanto desiderava salvare da quel destino così beffardo.
 
Il suo maestro, dal canto suo, sembrava del tutto indifferente alle parole accorate e sofferte del suo pupillo, ma mai come allora ringraziava di avere con sé i suoi occhiali da sole, perché quelle lenti scure come la notte impedivano a Goku di cogliere emozioni che faticava a celare.
Era terribile quello che era stato costretto a fare. Era ingiusto e crudele, tremendamente ingiusto e crudele, ma non aveva scelta. Di fronte al bene comune, non poteva non fare la cosa giusta. Sacrificare Goku, il ragazzo che considerava come una sorta di figlio adottivo, per il bene dell’universo intero era un qualcosa che lo stava dilaniando nel profondo, che lo stava consumando come cera posta davanti a una fiamma ardente. Perché il fato si accanisse tanto contro quel ragazzo così puro, contro un animo così gentile, proprio non riusciva a comprenderlo. Forse, quel mondo era troppo malvagio per meritare Son Goku. E lui, lui che era stato il suo maestro, era certo che Goku avrebbe capito. Magari non nell’immediato. Avrebbe avuto bisogno di un pochino di tempo per metabolizzare, per accettare che avrebbe dovuto sacrificarsi ancora una volta, anche se in maniera passiva, anche se solo per poco.
 
“Ge-Genio!”.
 
Ormai era carponi, con la fronte imperlata di sudore schiacciata con forza contro il suolo. Era stremato, sfinito. Resistere alla forza di Genio lo stava prosciugando. Che cosa gli stava facendo con esattezza? Voleva realmente ucciderlo?
 
“Non resistermi, figliolo. Non ti opporre. Sarà solo per poco. Te lo prometto. Solo per poco… Abbandonati… Fidati di me come hai sempre fatto… Non rendere le cose più difficili”.
“No… Non posso farlo. Non chiedermelo…”.
“Figliolo… Ti prego… Prolungherai solo le tue sofferenze… Abbandonati… Sarà solo per poco… Solo per un po’ di tempo”.
 
Era certo di aver visto lacrime rigare il viso del suo pupillo prima di essere investito dalla luce abbagliante che annunciava la sua trasformazione nel guerriero leggendario dai capelli color dell’oro. Aveva dovuto far fede alla sua calma interiore e alla forza che continuava a celare per mettere un freno alla potenza dell’essere che aveva di fronte.
 
“SMETTILA FIGLIOLO! LO STO FACENDO PER IL TUO BENE!”.
“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!”.
“GOKU… FIDATI DI ME!”.
 
Ma il super saiyan cresciuto sulla Terra non sembrava aver udito le suppliche di colui che lo aveva cresciuto. Era perso in una dimensione tutta sua, pregno di una forza e di un ardore che mai aveva mostrato in precedenza.
Era stato quello il momento in cui Genio aveva capito che non avrebbe avuto alcuna speranza se avesse perseverato nel tentativo di non infliggere eccessivo dolore al ragazzo che tanto amava e rispettava.
 
Le pareti della caverna sotterranea stavano tremando, proprio come l’acqua che sovrastava le loro teste. Se avesse continuato in quel modo, sarebbe potuto crollare tutto da un momento all’altro. Ma non era quello che preoccupava maggiormente il vecchietto delle Tartarughe: le pupille nascoste dalle lenti scure avevano immediatamente catturato le ombre sfuggenti che si erano affacciate dalle loro prigioni secolari. Troppo forte era il richiamo di quel corpo così invitante, di quell’involucro ormai pronto a ricevere quello per cui era stato così accuratamente preparato.
 
“Non posso attendere ancora a lungo… Spero che tu possa perdonarmi… Alla fine, ragazzo mio, sono certo che capirai”.
 
*
 
Due mesi dopo…
 
“Trunks… Trunks… Svegliati… Dobbiamo andare a scuola… Svegliati… Su…”.
 
Erano trascorse otto settimane dal giorno in cui avevano messo piede in quel villaggio, da quando la loro vita aveva preso quella piega così bizzarra e inaspettata.
Goten si era ritrovato diverse volte a dover svegliare il suo fratellino, nell’ultimo periodo. Aveva notato che spesso, durante la notte, Trunks si destava e scendeva giù dal letto per poi infilarsi sotto le coperte dopo un lasso di tempo che gli sembrava interminabile. Non aveva mai fatto domande, però. Probabilmente, aveva solo bisogno di stare un po’ da solo, ma non aveva potuto fare a meno di notare che fosse sempre più stanco e nervoso, e che facesse sempre più fatica a svegliarsi, al mattino, e a seguire con attenzione le lezioni.
Avrebbe voluto parlargli, chiedergli tante cose, ma aveva desistito: se avesse avuto bisogno di parlare, avrebbe saputo dove trovarlo. Lì, accanto a lui, in ogni momento, e non solo fisicamente, ma emotivamente, spiritualmente e mentalmente. Era lì, per lui, e ci sarebbe stato anche in silenzio. Lo amava immensamente e lo rispettava nel profondo. Gli avrebbe lasciato i suoi spazi. Gli avrebbe lasciato tutto il tempo di cui aveva bisogno.
 
“Su… La colazione è in tavola… Sarebbe un peccato farla raffreddare!”.
 
A fatica, Trunks aveva aperto gli occhi, lasciandosi investire dalla gelida luce del mattino. Non aveva intenzione di alzarsi. Aveva freddo, era stanco, e non aveva voglia di andare a scuola. Aveva trascorso la notte sotto il letto, nel suo posto segreto, nella speranza di ottenere spiegazioni da quella sorta di amico di penna che sembrava essersi totalmente impossessato di lui. Il piccolo saiyan dai capelli color lillà era troppo intelligente e sensibile per non capire l’inganno che quell’oggetto stava ordendo a suo danno. Ogni notte, con sempre maggiore frequenza, insinuava in lui dubbi, paure, insicurezze. Sapeva bene che quell’attività clandestina lo stava consumando e in qualche modo cambiando, ma proprio non poteva farne a meno. Era come se le parole vergate come per magia su quelle pagine bianche lo avessero reso schiavo, completamente dipendente e scollegato dalla realtà che lo circondava. Trascorreva gran parte della giornata nell’attesa del silenzio notturno, quando, con la complicità del buio, poteva sgattaiolare indisturbato sotto il letto, l’unico posto in cui si sentiva al sicuro. Era diventato ansioso e spesso era incapace di controllare le proprie reazioni, questo a causa del terrore di poter essere scoperto.
Suo padre non era una minaccia concreta, questo ormai lo aveva capito da diverso tempo: sfinito a causa del lavoro massacrante a cui si dedicava quotidianamente, si addormentava in pochissimi minuti, a volte con i vestiti addosso. Spesso, era Goten a sfilargli le scarpe e a rimboccargli teneramente le coperte logore in modo che non prendesse freddo. Quella casa era fredda come il ghiaccio e i loro abiti non erano abbastanza caldi da poterli proteggere da spifferi e malanni. Trunks sapeva che quel compito sarebbe toccato anche a lui, che avrebbe dovuto prendersi cura di suo padre, ma l’unica cosa a cui riusciva a pensare era che le cose stavano andando proprio come aveva voluto, che adesso erano una famiglia, che Goten era suo fratello e che quindi avrebbe dovuto farle anche lui, quelle cose. La verità era che Trunks si sentiva sollevato e irritato allo stesso tempo. Ma perché si sentiva così se era quello ciò che aveva tanto desiderato? Non avrebbe dovuto essere geloso, no?
 
“Dai… Faremo tardi!”.
 
Si era morso l’interno della guancia per non sbuffare. Non aveva proprio voglia di ubbidire a Goten, ma sapeva di doversi alzare. Per questa ragione aveva poggiato i piedi nudi per terra, si era lavato, vestito, aveva ingurgitato la colazione ed era uscito da casa, senza però aver gettato un ultimo sguardo al luogo in cui era riposto il suo tesoro, il luogo che nessuno avrebbe mai dovuto scoprire.
 
*
 
Erano solo le dieci del mattino e aveva già perso il conto dei sacchi che aveva caricato sul carro. La schiena gli doleva immensamente e lo stesso valeva per le braccia e le gambe, ma non avrebbe neppure pensato di accennare un lamento. Aveva sopportato di peggio, in passato, e in memoria di quei momenti gloriosi, aveva deciso che non avrebbe neppure lontanamente pensato di lagnarsi.
L’unica cosa positiva di quell’ennesima giornata di lavoro estenuante, era sapere che presto avrebbero avuto una breve pausa per poter bere e mettere qualcosa sotto i denti.
I ragazzi sarebbero tornati a casa da scuola nel pomeriggio, e questa era l’unica cosa che in parte lo consolava: il fatto che vivessero almeno una parvenza di normalità, e che riuscissero a trascorrere quella normalità insieme.
Ancora si sorprendeva, Vegeta, quando formulava quel genere di pensieri. Era sempre stato un lupo solitario, un uomo rude, scostante, e in un primo momento aveva faticato a vedere suo figlio attaccarsi così tanto a qualcuno che, per un motivo o per un altro, un giorno se ne sarebbe andato. Il punto era, però, che, senza accorgersene, anche lui aveva iniziato ad avere bisogno di condividere le sue esperienze con qualcuno. In un certo senso, sentiva Trunks più vicino che mai, e lo stesso valeva per Goten.
Probabilmente non si sarebbe mai abituato a quei nuovi sentimenti, ma erano proprio questi che lo stavano spingendo ad andare avanti.
Non ne parlava mai con i bambini, ma non si era arreso. Ogni giorno, seppur con discrezione, cercava indizi, poneva domande, tentava disperatamente di ricostruire i fatti e dare una spiegazione a quanto accaduto.
I primi tentativi erano stati del tutto fallimentari: era stato estremamente rude e scostante nel chiedere a chi gli stava attorno, e questo aveva generato solo malumori e sospetti nei suoi riguardi.
Non era mai stato bravo a investigare. Era uno stratega, lui, e aveva sempre agito in seguito ai dati ottenuti dopo che altri avevano effettuato le opportune ricognizioni e, in quell’occasione, avrebbe preferito avere accanto a sé un supporto. Se si fosse trattato di qualcuno da comandare a bacchetta sarebbe stato anche meglio.
Chiedere aiuto ai bambini era fuori discussione: date le circostanze, non li avrebbe mai messi in pericolo. Era stato un guerriero, un soldato, non era mai stato uno stupido, e non avrebbe sicuramente iniziato a farlo proprio adesso.
Era decisamente spaesato, però, e decisamente indeciso sul da farsi. Quando aveva scovato per puro caso quel villaggio, non aveva di certo pensato di stabilirsi lì a vita. Aveva pensato di fermarsi giusto il tempo necessario per recuperare le forze e per fare qualche domanda in giro, non di mettersi a lavorare e piantarci le radici! Invece, non sapeva neanche lui come, si era ritrovato con la vanga in mano e una casa mezza diroccata da sistemare, con i bambini da sfamare e mandare a scuola, sommerso dalle responsabilità e da una stanchezza che non credeva potesse mai appartenergli, con un vuoto nel cuore e nell’anima che lo stava portando sull’orlo del baratro.
Il punto era questo: Vegeta si era convinto di essere in qualche misura la causa di quanto fosse capitato alla Terra e ai suoi abitanti. Non che questo gli importasse – quando mai aveva avuto a cuore quello stupido pianeta e quegli stupidi umani? Mica era Kaharot, lui! – ma sentiva di essere diventato una specie di calamita per catastrofi varie ed eventuali, e che quella appena capitata fosse solo l’ultima di una lunga serie di catastrofi appurate e poi sventate. Già. Peccato che non fosse mai stato lui a porvi fine, e questo era il pensiero che più di tutti lo stava ossessionando.
Del decerebrato, poi, sembrava non esserci alcuna traccia. Quell’idiota di Kaharot doveva essere sparito nel nulla, proprio come se fosse stato inghiottito da un buco nero, e Vegeta non aveva ancora capito come reagire a riguardo. Non lo voleva attorno, questo era poco ma sicuro. La sua presenza lo aveva da sempre irritato, ma il non sapere dove fosse lo metteva ancora più a disagio. Forse, avrebbe dovuto pregare quel re Kaioh di cui tutti parlavano tanto, ma non era una pratica che gli si addiceva. Se solo avesse avuto ancora la capacità di percepire le aure altrui, sarebbe stato in grado di individuarlo e… Già… Cosa avrebbe fatto, dopo? Sarebbe scappato da lui all’infinito insieme ai ragazzi?
 
“Se solo riuscissi a capire la causa di tutto questo… Se solo riuscissi a scoprire perché quell’ebete sia diventato una specie di calamita, un vortice risucchia-energia vitale… Tsk! Mi sembra di impazzire! Quello è diventato un’autentica macchina da guerra e io sto qui a chiudere sacchi e a zappare la terr…”.
 
Il colpo di frusta era arrivato con una tale violenza da spezzargli il fiato e farlo cadere in avanti, con il viso nella terra. Non si era accorto della sferzata fino al momento in cui non aveva raggiunto la sua schiena. Provare a respirare era parso impossibile, in un primo momento, così come era parso impossibile restare collegato con la realtà.
 
“Dei scattare quando ti parlo, nullità! SCATTARE!”.
 
Leon.
Era stato lui a colpirlo. Era ovvio, chi altri poteva esserci di così abietto da sfogare la propria frustrazione sugli altri se non quel minuscolo essere schifoso?
 
“Adesso ho la vostra attenzione, maestà?”.
 
Leon lo aveva odiato sin dal primo istante in cui lo aveva conosciuto, e non aveva fatto niente per celarlo. Vegeta era certo di non aver detto o fatto niente che potesse indurre quell’individuo a nutrire nei suoi riguardi sentimenti così gretti, ma questo non aveva cambiato le cose. Certo era che Leon non fosse gentile con nessuno, ma lui era la sua vittima preferita, seppure, prima di allora, non si fosse mai spinto a tanto.
 
A fatica, si era rimesso in piedi, cercando di non mostrare l’intenso dolore provato. Un dolore inflitto più al suo orgoglio che non al suo fisico. Quante volte si era ritrovato a terra, in ginocchio, nell’ultimo periodo?
 
“Hai capito, cane?”.
“Ho capito”.
 
Si era dovuto trattenere dallo sputare veleno o dal fare qualcosa di peggio. Nonostante avesse perso i suoi poteri, era comunque più forte di un essere umano non allenato, e avrebbe certamente avuto la meglio su uno come Leon, ma gonfiarlo come una zampogna avrebbe causato tutta una serie di reazioni a catena che avrebbero condotto lui al patibolo e i bambini per strada. In quel luogo non si adottavano mezze misure, e le azioni considerate rivoltose venivano punite con la pena capitale. Aggredire un superiore gli avrebbe procurato un biglietto di sola andata per un ultimo ballo in coppia con il boia.
 
“Bene. Adesso che ho di nuovo la tua attenzione, stupido idiota, va a scaricare quei sacchi dal carro laggiù! E cerca di sbrigarti se vuoi vedere la paga della settimana… Ah! Luridi cani… Non siete altro che luridi cani!”.
 
Aveva chiuso gli occhi e ingoiato il rospo, cercando di ignorare il sangue che colava sulla schiena e il dolore acuto che quel bastardo aveva provocato al suo corpo e al suo orgoglio.
Prima o poi si sarebbe vendicato, poteva starne certo.
 
*
 
Il tempo era trascorso più in fretta di quanto aveva creduto, e Genio non era ancora riuscito a individuare il possessore dell’oggetto che tanto stava cercando.
Aveva temporaneamente evitato il peggio, sigillando Goku nella grotta di cui nessuno avrebbe dovuto mai sapere l’esistenza. In qualità di custode di quel luogo così antico e pericoloso, si sentiva responsabile di quanto accaduto. Forse, l’età lo aveva portato a essere meno attento, meno vigile, e quello che era capitato ne era la prova più tangibile. Per questa ragione aveva deciso di rimediare. Per questo, e per il fatto che Goku non sarebbe rimasto sotto l’influsso del suo potere per sempre. Ah, se Baba lo avesse scoperto, se avesse saputo! Doveva evitare di essere scoperto a ogni costo. Ne andava della sua dignità di guerriero e di custode della caverna.
 
Continua…

 
E che ve lo dico a fare?
Ormai, provare a scusarsi è praticamente inutile. Vorrei semplicemente ringraziarvi per la pazienza e l’affetto che mi state dimostrando: siete rimasti con me a prescindere dai miei ritardi e dalle mie crisi esistenziali. Siete magnifici. Grazie di vero cuore.
A questo punto, restiamo così: aggiornerò ogni volta che potrò!
Dunque: Goku è stato temporaneamente messo KO da un Genio che sembra custodire segreti inenarrabili, Trunks è sempre più irrequieto, Goten è sospettoso e Vegeta si sente sempre più inutile. Devo dire che le cose stanno veramente migliorando, non trovate?
Poveri i nostri Saiyan… Capitano sempre tutte a loro!
A presto! (Spero).
Un bacino
 
Cleo

 
   
 
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