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Autore: Moriko_    02/12/2020    1 recensioni
Due compleanni, due persone, un'unica data: 12 Marzo.
Lo straordinario cammino della vita dai primi passi alla maturità, verso più grandi ed importanti traguardi.
[Il titolo, che riassume il tema dell'intera opera, è ispirato a una citazione di Jean Paul, scrittore e pedagogista tedesco: "I compleanni sono piume sulle ampie ali del tempo."]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Nuovo personaggio, Shingo Aoi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fanfiction
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Contatto

{Nove anni | Morisaki's side}

 

 

BGM: Yiruma - 이루마 - Do you?

 

 

 

[12 Marzo. Nankatsu, prefettura di Shizuoka.]

 

Pioveva molto quel giorno. A Nankatsu la stagione delle piogge sembrava essere iniziata in largo anticipo: quell’anno, dall’inizio di marzo, erano più i giorni di pioggia che quelli di sereno, al punto che tutti ormai avevano iniziato a fare l’abitudine e si recavano da un punto all’altro della città portando un ombrello sempre con loro. Nonostante in quelle ultime settimane la pioggia battente stesse facendo da sottofondo alle loro attività scolastiche, per tutti i bambini erano gli ultimi giorni di lezione, e ogni volta che uscivano da scuola già sentivano nell’aria l'atmosfera frizzantina dell’imminente arrivo della pausa primaverile.

Anche quel giorno era così, uguale a tutti gli altri in quella cornice uggiosa. Ciononostante Yuzo era felice, così come lo erano i suoi compagni di scuola: non gli importava del fatto che quel pomeriggio non avrebbe giocato nel cortile di casa con il suo amato pallone a causa della pioggia, perché aveva già pronta un’alternativa con la quale ingannare l’attesa prima della cena. Non sarebbe stato facile contenere la sua eccitazione, perché era pur sempre il giorno del suo compleanno: sia con la pioggia che con il sole, ogni anno la sua famiglia riusciva a renderlo speciale, a cominciare dai suoi fratelli e dalla sua sorellina con i quali avrebbe giocato per molte ore, e i suoi genitori che gli stavano preparando una grande festa insieme allo zio Noboru. Se avesse smesso di piovere, quel giorno Yuzo avrebbe fatto un salto al tempio di famiglia dove ad attenderlo vi sarebbero stati i nonni paterni e lo zio Hotaka, e con i quali avrebbe festeggiato nella piccola abitazione che si trovava nei pressi della sacra dimora delle divinità; non sapeva ancora se ci sarebbe stata la possibilità di vedere anche i nonni materni oppure li avrebbe incontrati solo qualche giorno dopo a causa del loro lavoro, ma in qualche modo il piccolo avrebbe avuto modo di giocare e divertirsi con ciascun membro della sua famiglia.

Ma quel giorno pioveva molto e sembrava non accennare a smettere. Con quel tempaccio, di certo Yuzo non sarebbe mai riuscito ad allenarsi con il suo pallone nel cortile o andare al jinja di famiglia... ma avrebbe potuto giocare con i suoi fratelli nell'ampio soggiorno o leggere nella cameretta, e in questo modo passare il tempo. Così, con lo zainetto sulle spalle, Yuzo attraversò i lunghi corridoi della scuola elementare, diretto verso la biblioteca che era situato all’interno della struttura.

Dalle finestre era ben visibile il grande campetto di calcio della Shutetsu: quel giorno era chiuso a causa della pioggia incessante, che non avrebbe mai permesso alle varie squadre della scuola di allenarsi come si deve. Solitamente Yuzo si recava proprio lì quando finiva le attività scolastiche, per ammirare i bambini più grandi esercitarsi in vista delle varie partite che avrebbero svolto nel corso dell’anno scolastico. Anche se era ancora piccolo per poter entrare nel club di calcio e per questo doveva attendere ancora qualche mese, come tanti altri bambini era un grande tifoso delle cinque squadre della scuola, e non mancava occasione per sedersi sugli spalti e tifare per i suoi senpai che ce la mettevano tutta per mantenere alto l’onore della scuola.

Yuzo fermò il suo passo, prima di svoltare l’angolo del corridoio che stava percorrendo.

Si affacciò dalla finestra e, nonostante la pioggia fitta, restò fisso ad osservare il campetto mentre la pioggia continuava a battere contro i vetri. Nel giro di un paio d’anni, anche per lui sarebbe arrivato il momento tanto atteso: quello di poter dare un piccolo contributo per la forza della squadra della quale avrebbe fatto parte, per portare alto l’onore e il prestigio della scuola.

 

Mentre si stava dirigendo verso l'ingresso della biblioteca, Yuzo vide da lontano la presenza solitaria di un altro bambino, appoggiato con la schiena al muro e immerso nella lettura di un libro. Lo sguardo era assorto sulle pagine, e quel piccolo non sembrava minimamente essersi accorto di lui che gli si stava avvicinando.

Incuriosito, Yuzo si fermò. Era la prima volta che lo vedeva: la scuola era molto grande e, sebbene gli alunni delle stesse classi si mescolassero di anno in anno, non l’aveva ancora avuto come compagno di sezione. A giudicare dal suo aspetto, quel bambino sembrava avere la sua stessa età, ma Yuzo pensò che potesse essere anche più grande: non poteva saperlo con certezza... almeno finché non avrebbe scambiato qualche parola con lui.

Però, Yuzo era molto timido di carattere e difficilmente riusciva a prendere l’iniziativa quando si trattava di prime conoscenze. Se ci fosse stato il calcio di mezzo sarebbe stato più semplice iniziare una conversazione, ma quel bambino era talmente preso dalla lettura che chissà se anche un semplice saluto lo avesse infastidito.

E se... e se non vuole essere disturbato?

Yuzo riprese a camminare e quando gli fu più vicino mormorò un «B-Buon pomeriggio...» di fronte al quale non ricevette subito una risposta. Aveva ipotizzato bene: quel bambino era troppo assorto nella lettura.

Yuzo abbassò la testa e, in silenzio, stette per passargli avanti...

Proprio in quel momento l’altro chiuse il libro e, senza alzare il suo sguardo, si voltò nella direzione dalla quale stava provenendo Yuzo. Nel farlo si urtarono inavvertitamente spalla a spalla: per loro fortuna nessuno dei due stava correndo o camminando velocemente, così entrambi riuscirono a rimanere in piedi senza farsi male.

«Ti... ti chiedo scusa!» esclamò Yuzo, inchinandosi più volte in segno di scuse. «È colpa mia: non mi sono spostato!»

L’altro gli sorrise tranquillo, come se non fosse successo niente. Chinò leggermente il capo e disse: «Non importa... non ti sei fatto male, vero?»

«N-No...»

Yuzo alzò gli occhi e li puntò su di lui. Ora che lo stava osservando meglio, aveva avuto la conferma che non aveva mai visto prima quel bambino: aveva i capelli neri e gli occhi verdi, era alto proprio come lui, e stava indossando la sua stessa divisa.

Per qualche secondo tra i due calò il silenzio: tranquillo per quel bambino che stava continuando a sorridere; assordante per il povero Yuzo che non sapeva se fosse stato il caso di proseguire verso la biblioteca o meno. Più il piccolo Morisaki lo guardava, e più si sentiva in imbarazzo a causa della sua timidezza: gli sembrò che anche il suo semplice respiro fosse rumoroso come un urlo, in grado di propagarsi per l’intero corridoio.

«Hai bisogno di aiuto?» gli chiese quel bambino, senza battere ciglio.

«N-No, grazie. Ora devo andare, ciao!»

In un lampo Yuzo superò quel bambino e si allontanò a passo spedito, ma subito l’altro gli urlò: «Ehi, dove stai andando?»

Yuzo si fermò. Senza voltare le spalle, rispose: «Alla... alla biblioteca...»

«Anch’io! Possiamo andarci insieme, se vuoi!»

A quell’affermazione Yuzo sentì il suo cuore accelerare sempre più. Un bambino che non conosceva, di una sezione diversa dalla sua e forse anche di un anno diverso dal suo, gli stava chiedendo di percorrere lo stesso tragitto fianco a fianco, forse anche scambiando qualche parola in più per conoscersi meglio.

In entrambi i casi non ci sarebbe stato nulla di male ad andare in biblioteca con quel bambino che non conosceva... giusto?

«S... sì! Va bene!»

«Però la biblioteca non è di là... è dall’altra parte...»

Yuzo alzò lo sguardo, che fino a quel momento aveva continuato a tenere abbassato. Non appena rivolse gli occhi verso il fondo del corridoio, constatò che quel bambino aveva ragione: aveva preso la direzione sbagliata, verso l’uscita della scuola!

Con sguardo più sereno si incamminò verso l’altro e gli sorrise imbarazzato. «Eheheh... hai proprio ragione!»

 

I due bambini giunsero all’ingresso della biblioteca e Yuzo spinse la maniglia della porta, come faceva sempre per entrare in uno dei luoghi che amava di più al mondo, ma si sorprese del fatto che la porta non si aprì.

«Oh, no... è già chiusa!»

L'altro bambino, che fino a quel momento aveva seguito Yuzo in silenzio, era rimasto piuttosto sorpreso del fatto che la biblioteca avesse chiuso in anticipo. Sulle loro teste, un piccolo cartello bianco era affisso con l’annuncio dell’anticipata chiusura.

[A causa della riunione degli impiegati, la biblioteca resterà chiusa nel pomeriggio. Ci scusiamo per il disagio.]

«Accidenti...» mormorò quel bambino, stringendo i suoi pugni. «Questa non ci voleva... proprio oggi!»

«Già...»

Yuzo divenne triste di fronte a quell’improvvisa notizia. Giorni prima si era recato in quel luogo e aveva prenotato un libro che voleva leggere per la pausa primaverile; non vedeva l’ora di averlo già tra le mani, e per questo motivo non gli andava di attendere ancora per qualche giorno.

Gli venne da piangere. «Non è giusto... proprio oggi che è il mio compleanno, e fuori piove: non posso vedere gli allenamenti della squadra, né uscire nel mio cortile a giocare a pallone... e oggi non posso nemmeno leggere il libro che avevo chiesto in prestito!»

«Hai detto “pallone”

L'altro bambino si incuriosì. «Anche a me piace giocare a pallone... ma quale sport? Pallavolo, rugby...»

«Calcio! Sai... mi sto esercitando tanto per entrare in una delle squadre di calcio come portiere!»

La risposta di Yuzo fu talmente colma di candore che colpì il suo interlocutore: i suoi occhi brillavano di una gioia che non aveva mai visto nei suoi compagni di sezione, ma solo in alcuni senpai che già militavano nelle varie squadre. Ogni pomeriggio suo padre, il preside della scuola, lo accompagnava dopo le lezioni nei pressi delle panchine del campo e da lì il piccolo vedeva il modo in cui i giocatori si allenavano in vista delle partite che avrebbero dovuto affrontare. I suoi compagni di sezione non sembravano essere molto interessati al calcio e, anzi, dall'anno successivo volevano entrare a far parte di altri club dove il pallone non era il protagonista come il kendo[1] e il kyūdō[2]; per lui non sarebbe stato un grosso problema, dato che le classi si sarebbero di nuovo mescolate e lui avrebbe dedicato parte del pomeriggio a ciò che piaceva; l’incontro con quell'altro bambino al quale piaceva così tanto il calcio gli aveva portato sorpresa e gratificazione, perché si era imbattuto in qualcuno con il quale condividere la sua stessa passione, in tutto e per tutto.

Anche lui vuole essere un portiere...

Aveva iniziato a capire che non sarebbe finita lì per entrambi: la loro scuola era molto grande ma di sicuro si sarebbero incontrati di nuovo, forse proprio nel club di calcio. Chiuse gli occhi e sorrise. «Beh... sono felice. Anche a me piace molto il calcio, e non vedo l’ora di entrare a far parte della squadra!»

«Anche tu?!»

«Sì. Per questo motivo tutti i giorni, prima di tornare a casa e allenarmi, vengo qui, in biblioteca: non sai quanti libri e video di calcio ci sono qui dentro! Di tutto e di più... da restarci per giorni interi!»

«Davvero?!»

«Certo! Pensa che un giorno mi sono messo anche nei guai con i miei genitori proprio per questo fatto: hai presente la piccola televisione che c’è in biblioteca e che noi usiamo per guardare i video? Devi sapere che una volta mi sono messo a guardarla per ore e ore, senza più tornare a casa... al punto che mio padre è stato costretto a regalarmi l'intera edizione dei video del calcio mondiale pur di non restare in biblioteca per sempre! Non puoi immaginare la gioia quando ho visto quel grande pacco tra le braccia di papà: lo desideravo così tanto!»

Yuzo stava osservando quel bambino con sempre più crescente stupore e ammirazione. Aveva incontrato un suo simile che sembrava essere molto appassionato di calcio al punto da arrivare ad isolarsi dal resto del mondo... proprio come lui.

Chissà - pensò - se un giorno avrebbero avuto la fortuna di capitare nella stessa squadra. A lui avrebbe fatto molto piacere, con tali premesse...

Yuzo gli restituì un sorriso colmo di dolcezza, per poi dire: «Se ti va... domani pomeriggio possiamo incontrarci qui. Io devo tornare perché devo ritirare il libro che ho chiesto in prestito...»

«Ti piace leggere?»

«Sì, molto!» rispose Yuzo, con uno sguardo sempre più felice. «Mi piacciono molto le storie d’avventura, di magia... ma le mie preferite sono quelle sul calcio!»

«Anch’io!» esclamò quel fanciullo, e indicò il libro che portava in una mano. Amava tutti i libri sul calcio, che fossero volumi enciclopedici o semplici racconti di vita quotidiana, e al termine delle lezioni non perdeva occasione per immergersi nella biblioteca della scuola dopo aver chiesto informazioni sui libri da consultare all’impiegato che trovava all’ingresso: anche se a casa ne aveva molti sull’argomento, amava quella convivente atmosfera di serenità e di caos tipica della sua scuola. Inoltre a casa era l’unico che amava il calcio e, anche se nella biblioteca scolastica aveva incontrato qualcun altro con il quale poter condividere le proprie impressioni, nessuno in quel luogo sembrava essere interessato all’argomento come lo era lui.

«Vedi,» proseguì, «oggi ho finito di leggere questo libro: è molto bello, parla di un bambino che vuole diventare un grande campione di calcio! Solo che oggi dovevo riportarlo qui e non a casa... ieri mi è stato detto che l’avevano già prenotato, e lo credo: è un libro davvero bello!»

«Posso vederlo?»

«Certo! Devi leggerlo, sai? A me è piaciuto molto: un giorno spero tanto di essere come il protagonista!»

Yuzo prese in mano il libro che l'altro gli stava offrendo: la copertina raffigurava un bambino che stava saltando mentre calciava il suo pallone, e come sfondo i palazzi di una città. Il piccolo studente spalancò gli occhi per la grande sorpresa: nel leggere il titolo... quel libro era infatti proprio lo stesso che aveva prenotato in biblioteca.

“Il mio sogno.”

Nel vedere lo sguardo di Yuzo così fisso al libro che teneva tra le mani e senza dire una parola, gli domandò: «Ti piace?»

«È... è il mio libro!»

Il bambino fu colto di sorpresa per quell'affermazione. «Come?»

«È questo! È proprio quello che oggi dovevo ritirare in biblioteca!» rispose Yuzo, mostrandogli il libro con grande soddisfazione. «È proprio lui! Posso tenerlo, per favore? Ti prometto che domani diremo tutto al ragazzo all’ingresso... però sai: non vedo l'ora di leggerlo!»

L'altro annuì, ma ad un tratto gli strappò il libro dalle mani.

«Ehi!» esclamò Yuzo con disappunto e stette per replicare, ma subito si calmò quando udì da quel bambino una leggera risata.

«D'accordo... te lo darò, ma ad una condizione.»

«Cioè?»

«Il tuo nome. Come ti chiami?»

«Vuoi sapere il mio nome... e poi mi darai il libro?»

«Hai la mia parola: da questa sera il libro sarà tuo.»

Yuzo esitò prima di rispondere, ma poi ricacciò dentro tutta la sua timidezza. In fondo, anche lui era molto curioso di sapere come si chiamasse il bambino con il quale stava parlando. Chinò leggermente la schiena e mormorò: «Mo... Morisaki Yuzo. Sono della 3-C...»

«Morisaki?»

«Proprio così! Si scrive con i kanji di “foresta” e “promontorio”...»

Il bambino sgranò gli occhi, e lo fece per due motivi: il primo riguardava che quello Yuzo avesse la sua stessa età, anche se era capitato in una sezione diversa; il secondo, invece, era che quel cognome non gli fosse del tutto nuovo. Anzi, il fatto che Yuzo gli avesse detto come si scrivesse il suo cognome stava alimentando ancora di più ciò al quale stava pensando. «Per caso...» iniziò a chiedergli. «Per caso hai a che fare con i Morisaki del jinja della montagna?»

«Sì: sono il nipote del kannushi! Cioè... mio nonno è il fratello del kannushi, però sono sempre suo nipote!»

Quel bambino non riusciva a credere a ciò che aveva appena sentito. Quell’affermazione aveva fugato ogni dubbio: Yuzo era parente proprio di quei Morisaki! Ad essere più precisi era un loro diretto discendente, e in più amava il calcio come lui...

... che buffa coincidenza!

Il bambino chinò leggermente la schiena, come se volesse anche lui presentarsi. Poi mise le mani nelle tasche dei pantaloni e, dopo aver mostrato un sorriso compiaciuto, voltò le spalle a Yuzo. «Invece io sono della 3-A... e sono felice di averti incontrato. Allora ci vediamo domani qui, dopo la lezione... così diciamo al ragazzo all’ingresso che siamo riusciti a scambiarci il libro anche se la biblioteca era chiusa.»

Mentre stava per allontanarsi da lui, Yuzo lo chiamò. «Aspetta! Non mi hai detto come ti chiami... posso saperlo, per favore?»

Quel bambino arrestò il suo passo e si voltò di nuovo verso Yuzo, ancora sorridendogli. In realtà aveva fatto apposta a non presentarsi prima: voleva vedere se Yuzo fosse stato così interessato ad incontrarlo ancora, oppure se una volta avuto il libro che tanto desiderava lo avesse lasciato perdere. Ci aveva visto giusto, quando lo aveva guardato negli occhi: dopo l’iniziale momento di timidezza, Yuzo ci teneva molto a continuare quel legame di conoscenza che si era appena instaurato tra loro.

Tutto ciò aveva inaspettatamente rallegrato il suo animo. Yuzo gli sembrava un bambino interessante, e non vedeva l’ora di continuare a parlare con lui.

«Hai ragione. Io sono Wakabayashi Genzo, e la mia classe è la 3-A.»

«Wakabayashi?! Sei parente del preside della scuola?»

Ora era Yuzo ad essere stato colto di sorpresa, e il piccolo si aspettava che l’altro gli desse una risposta a quella domanda. Invece lo vide solo sorridere e riprendere il suo cammino, alzando la mano destra come se avesse voluto salutarlo silenziosamente.

Di fronte a quella scena Yuzo strinse a sé il libro e lo ringraziò con molto entusiasmo. «Grazie per il libro, Wakabayashi-san! Grazie mille! A domani, ciao!»

Mentre si stava allontanando sempre più da Yuzo, Genzo mise di nuovo la mano in tasca e si lasciò sfuggire un piccolo sbuffo divertito. Non sapeva ancora nulla di quel bambino che aveva appena incontrato ma, per un attimo, aveva percepito nel suo sguardo una luce diversa, tipica di chi non vuole arrendersi mai.

Proprio come lui.

 

 

Dopo aver posto accuratamente il libro nello zaino, Yuzo aprì l’ombrello e uscì da scuola. La pioggia era ancora intensa, ma al piccolo non importò: era felice perché era riuscito a recuperare il libro che gli interessava, e anche perché aveva conosciuto qualcuno che sembrava essere molto appassionato al calcio, con il quale poter trascorrere qualche pomeriggio in biblioteca... e, un giorno non molto lontano, entrare a far parte dello stesso club.

Nella classe di Yuzo vi erano alcuni bambini che avevano grande curiosità sul calcio, ma nessuno di loro era così patito come lui: Yuzo era l’unico a voler entrare nel club calcistico per essere un vero e proprio giocatore, mentre gli altri erano più interessati ad essere tifosi o, restando al fianco dell'allenatore, imparare le basi solo per divertirsi con la squadra della quale avrebbero fatto parte.

In una scuola grande come la Shutetsu, Yuzo aveva imparato a capire che non sarebbe stato l’unico ad essere così appassionato di calcio: nelle varie sezioni c’erano altri bambini che avrebbero aspirato a essere dei giocatori di calcio, e grazie all’incontro casuale con quel Wakabayashi aveva iniziato ad esserne più certo.

Yuzo non vedeva l’ora di potersi confrontare con loro quanto prima: mancavano ancora molti mesi per l’iscrizione al club, però la sua mente era già proiettata a quel momento... ed era così proiettata e talmente immersa che non si accorse subito del fatto che qualcuno gli avesse colpito la testa in modo delicato.

«Ciao, com’è andata oggi?»

Solo quando udì quella voce, Yuzo si voltò. Alle sue spalle Ken'ichi aveva arrotolato tra le mani il giornalino della scuola, con il quale aveva appena sfiorato la sua testa con sguardo fiero: il fratello maggiore indossava la sua stessa divisa scolastica con un cappellino alla pescatora che gli era stato dato proprio per le giornate di pioggia incessante.

Yuzo lo guardò contento prima di rispondergli. «Tutto bene! Ho anche incontrato un altro bambino che ama il calcio, tanto come me!» Poi si guardò intorno, prima di proseguire: «Ma... sei da solo? Dov’è l’altro fratellone, è già tornato a casa?»

Ken'ichi indicò davanti senza dire una parola. Lontano da loro, seduto su una panchina posta sotto una pensilina, Takaji stava dondolando le sue gambe mentre aveva gli occhi rivolti verso il marciapiede, con aria malinconica.

«Non ho capito cos’ha,» aggiunse Ken'ichi. «È da quando è uscito che si è seduto laggiù e non ha detto nulla. Gli ho chiesto cosa è successo ma non mi ha risposto: sembra essere molto triste per qualcosa...»

I due fratelli si avvicinarono a Takaji che continuava a tenere lo sguardo fisso per terra, senza nemmeno salutare il suo amato fratellino. Yuzo lo prese per mano e gli disse con la sua solita aria allegra: «Torniamo a casa?»

Il mezzano non proferì parola. Mugugnando qualcosa di incomprensibile di tanto in tanto, non staccò mai gli occhi dal marciapiede ed era così disinteressato all’affettuosa richiesta di Yuzo, al punto che anche quest’ultimo iniziò a preoccuparsi.

«Cosa c’è, fratellone?» chiese il più piccolo dei fratelli. «Perché sei così triste? Ti hanno preso in giro a scuola?»

Takaji smise di ciondolare le gambe e nascose il volto tra le mani, sembrando che stesse per piangere. Quando Yuzo si affiancò a lui, sedendosi accanto, quest’ultimo aprì di scatto le mani verso di lui e fece una smorfia divertente. «Buh! Scherzetto!»

Il gesto improvviso colse di sorpresa Yuzo che, nonostante il gran spavento, riprese subito il fiato che gli era stato mozzato. «Mi sono spaventato!» piagnucolò il minore dei fratelli, incrociando le braccia e corrugando la fronte. «Non è giusto!»

«Ahahah, ci sei cascato! Ci sei cascato!»

Takaji si alzò dalla panchina compiaciuto per lo scherzo e si avvicinò ulteriormente a Yuzo: stette per mettergli una mano sulla spalla per rincuorarlo, ma l’altro gli voltò le spalle con sguardo seccato.

«Eddai, fratellino: non fare così!» disse il mezzano. «Oggi è il tuo compleanno, non c’è bisogno di essere tristi!»

«Anche perché un certo Takaji ha altro per cui essere “triste”, vero?» Ken'ichi gli rivolse un sorriso beffardo e fece un risolino. «Guarda che mamma e papà non sono scemi, eh: ti devi impegnare di più a scuola!»

«Ma non mi piacciono tutte le materie!» rispose Takaji annoiato. «Adoro tantissimo il kendo... ma odio la matematica: i problemi sono così difficili!»

Sia Yuzo che Ken'ichi trattennero una risata. Il maggiore dei fratelli sorrise nel vedere quel guizzo di felicità tornare tra le labbra del suo fratello minore: aveva detto quelle parole non solo per prendere in giro Takaji, ma soprattutto per rendere felice Yuzo. Ken'ichi constatò che il mezzano aveva ragione: il suo amato fratellino non doveva aver motivo di essere triste, perché quello era il giorno del suo compleanno... ed egli, da sangue del suo sangue, amava quando le labbra di Yuzo formavano un dolce sorriso. La felicità del fratellino era così contagiosa sia per Ken'ichi che per Takaji che, se fosse stato per loro, avrebbero trascorso insieme a lui anche le ore di scuola.

Il maggiore dei fratelli iniziò ad incamminarsi verso casa, facendo cenno agli altri due di seguirlo. «Dai, andiamo!»

Ken'ichi sorrise nel vedere con la coda dell'occhio i suoi fratellini che, anche sotto la pioggia, amavano giocare e battibeccarsi amorevolmente tra loro. Quelli erano anche i suoi ultimi giorni di scuola, e per lui quel periodo stava avendo un significato diverso rispetto agli anni precedenti: a breve avrebbe intrapreso il percorso delle medie e ciò significava che, dal momento in cui sarebbe ricominciata la scuola, anche se le rispettive strutture delle elementari e medie erano adiacenti tra loro, molto probabilmente non avrebbe più condiviso quella passeggiata quotidiana con i suoi fratelli. Li avrebbe comunque rivisti a casa, ma non sarebbe stato più lo stesso: per questo motivo Ken'ichi non perdeva occasione per trascorrere quanto più tempo possibile con Takaji e Yuzo anche subito dopo la fine della giornata scolastica. Era molto affezionato a loro, e si chiedeva cosa avrebbero combinato da soli lungo la strada del ritorno a casa.

Gli venne da pensare che, di certo, a loro due la sua presenza sarebbe mancata molto.

 

 

 

Venuta la sera Yuzo si era ritirato nella sua stanza, preparandosi per andare a letto. La giornata si era conclusa in modo splendido per lui: anche se non era riuscito ad andare nel cortile per giocare con tutti i suoi fratelli, sua mamma aveva allestito il soggiorno in modo tale da creare una vera e propria area di gioco, spargendo sul divano i peluche dei piccoli e rivestendo il pavimento con un tappetino morbido e non scivoloso. Lì Yuzo si era divertito con loro finché, al rientro del suo papà, si era riunito con tutta la famiglia intorno al tavolo della cucina, al centro del quale vi era un gustoso cheesecake al cioccolato che aveva inviato sua nonna Chiharu nella mattina.

Dopo aver aperto i regali e lavato i denti Yuzo aveva salutato il papà e i fratelli, per poi tornare nella sua cameretta. Si infilò il pigiama e si coricò nel letto, rivolgendo lo sguardo verso la porta: aspettava infatti la mamma, che andava in ogni stanza dei suoi figli per augurare loro la buonanotte, e ormai conosceva molto bene il giro che faceva, perché era solita andare prima dai fratelli maggiori Ken'ichi e Takaji per poi arrivare da lui e sua sorella Hanako.

Infatti, come aveva ben previsto, dopo qualche secondo la porta si aprì: sua madre entrò nella sua cameretta e gli si avvicinò, sedendosi al suo fianco. «Allora, come è andata oggi?»

«Bene, mamma!» rispose lui felice. «E ho anche preso in prestito un libro dalla biblioteca!»

«Ah, che bravo!»

Gli occhi di Izumi brillarono d’orgoglio nei suoi confronti. Tra i tre figli, Ken'ichi e Yuzo erano quelli che amavano molto leggere e studiare, a differenza di Takaji che, invece, sembrava essere interessato ai libri solo quando avevano come argomento la natura. Ma in realtà, anche se non lo dava molto a vedere per timore di gelosie tra i fratelli, la donna era segretamente fiera del più piccolo poiché la sua passione per il calcio non stava intaccando la sua voglia di studiare, con brillanti risultati a scuola.

Con tali premesse Izumi pensò che, se un giorno suo figlio avesse deciso di non giocare a calcio, probabilmente avrebbe avuto comunque un futuro roseo in qualsiasi tipo di lavoro.

Se un giorno non vorrà essere un calciatore, sarebbe bello se diventasse un professore come il mio Hideki... ma non importa: qualunque cosa deciderà di fare, sarò sempre orgogliosa di lui... purché lo faccia bene!

Izumi arruffò i capelli a Yuzo e gli chiese: «Di che libro si tratta?»

«Il maestro ci ha detto di leggere una storia durante le vacanze primaverili,» rispose allegramente il fanciullo. «Così ho scelto la storia di un bambino che vuole diventare un grande calciatore... proprio come me!»

«Bene! Sono certa che lo finirai in un attimo, mio piccolo campione

Yuzo diede una leggera risata, di fronte alla quale sua madre non riuscì a trattenere un sorriso. «Buonanotte Yuzo,» disse lei, mentre si alzò dal letto di suo figlio. «Sogni d’oro.»

«Buonanotte, mamma.»

Subito il bambino si girò sul fianco. Dopo avergli accarezzato i capelli, Izumi gli diede un bacio sulla fronte e uscì dalla sua cameretta.

Tuttavia, quella sera Yuzo non aveva voglia di addormentarsi subito: ci teneva a terminare la lettura del libro che gli era stato dato a scuola così, cercando di non fare molto rumore, andò verso la scrivania e lo prese dal suo zaino; dopo aver preso un segnalibro al quale era attaccata una piccola luce che subito accese, si infilò nuovamente sotto le coperte. Aprì il libro che aveva in mano e iniziò a leggerlo, quasi divorando le pagine: il tempo sembrava essersi fermato, imbottigliato in quell'atmosfera silenziosa che la notte aveva portato nella casa.

Quando giunse a pagina venti, ad un certo punto Yuzo sentì aprire la porta della sua cameretta: nell’udire quel leggero rumore e nel vedere la porta che si stava lentamente muovendo, subito spense la lucina del segnalibro e nascose il libro sotto il cuscino, credendo che fosse tornata sua madre. Lei non l’avrebbe mai rimproverato di brutto per ciò che stava facendo ma, conoscendola, avrebbe iniziato a dirgli che non era l’orario adatto per leggere, che il riposo era importante se voleva crescere e diventare un grande campione, e altre cose del genere... pur di interrompere la lettura e vederlo immerso nel mondo dei sogni.

Invece, con grande stupore di Yuzo, colei che ora si trovava sulla soglia della porta non era sua madre, bensì sua sorella Hanako: non le era stato difficile arrivare alla maniglia e abbassarla, poiché era abbastanza alta per arrivarci, e per questo non era ciò che aveva colto di sorpresa il bambino, ma piuttosto il fatto che per il tardo orario la piccola fosse ancora sveglia e, per di più, che fosse riuscita a raggiungere la sua stanza da sola senza essere sorvegliata dai loro genitori.

Hanako si stava stropicciando gli occhi per il sonno e, portando con sé un peluche a forma di gatto, si avvicinò al letto del fratello.

«Cosa c’è, sorellina?» chiese Yuzo, mettendosi seduto.

Dopo aver dato un profondo sbadiglio, la piccola mormorò: «Non voglio dormire... voglio stare con te, fratellone...»

«Ma ora è tardi: la mamma vuole che andiamo tutti a nanna adesso...»

«Ti prego... posso stare con te?» domandò la piccola, quasi sul punto di singhiozzare. «Oggi è il tuo compleanno... e voglio giocare ancora con te; possiamo continuare a giocare? Ancora un po’, ti prego... poi farò la nanna, te lo prometto!»

Yuzo sorrise, scese dal letto e in punta di piedi corse a chiudere la porta che Hanako aveva lasciato aperta. Aveva capito cosa lei volesse intendere con la sua richiesta, e per questo il bambino non aveva alcuna intenzione di convincerla a tornare a letto, oppure chiamare la mamma se non ci fosse riuscito.

Sebbene i due riuscivano sempre a ritagliarsi un momento per giocare insieme quando Yuzo tornava da scuola, a lui non dispiaceva mai stare con sua sorella. Già qualche mese dopo la nascita di Hanako, Yuzo aveva subito iniziato ad andare a scuola così come i loro fratelli maggiori, restando in classe fino al pomeriggio; man mano che cresceva, lui tornava a casa per mettersi subito a studiare nella sua cameretta. Nel corso della settimana gli unici momenti che i due riuscivano a condividere erano quelli della cena e tutte le volte che Yuzo usciva nel cortile per giocare a pallone; lo stesso accadeva anche con gli altri due fratelli, in particolare con Ken'ichi che stava per concludere il percorso delle elementari. A differenza di Yuzo, Hanako stava vivendo i suoi primi tre anni di vita giocando solo con la mamma per la maggior parte della giornata: a volte la piccola sentiva la mancanza dei fratelli che le volevano così tanto bene che, se avessero potuto, avrebbero trascorso volentieri tutta la giornata anche con lei.

Per questo motivo i quattro fratelli Morisaki trovavano sempre un modo per stare insieme tra loro il più possibile, soprattutto nei giorni in cui non andavano a scuola o durante le vacanze. Spesso era Ken'ichi a fare da “capogruppo” perché stava per varcare la soglia dell’inizio dell’età adolescenziale, e i suoi genitori gli avevano dato il compito di vegliare sempre sugli altri piccoli di casa: egli aveva visto nascere tutti i suoi fratelli, perciò ormai conosceva qualsiasi cosa di loro; il ragazzino cercava così di accontentare le loro esigenze, nei limiti di ciò che potevano fare.

Ogni volta che si trovavano insieme, che fosse nel cortile della loro casa o per un’uscita fuori porta con i genitori, i fratelli Morisaki non perdevano l’occasione per fare qualsiasi cosa insieme: un giro sulle giostre, uno scherzo allo zio Noboru, una visita al tempio di famiglia o una piccola marachella di nascosto alla loro mamma e al loro papà. A volte Ken'ichi portava in giro sulle proprie spalle la piccola Hanako, scatenando l’apprensione di mamma Izumi che lo seguiva come un’ombra; a volte Takaji collaborava con il maggiore per afferrare di nascosto il piccolo airone in legno che nonno Akihiko aveva portato dal suo ultimo viaggio, e che si trovava sulla libreria a zig-zag del soggiorno. A volte si riunivano tutti insieme per aiutarsi tra loro con i compiti, mentre Hanako era impegnata a disegnare sui fogli della brutta copia che i fratelli le passavano, e sui quali ogni tanto anche lei fingeva di fare i compiti; a volte si intestardivano nel voler giocare a tutti i costi nel soggiorno anche dopo la cena, arrivando ad addormentarsi ormai stanchi sul divano.

Se dei quattro fratelli Ken'ichi e Takaji erano quelli più legati tra loro - complice anche il fatto di avere solo un anno di differenza - si poteva dire lo stesso di Yuzo e Hanako. I due cercavano sempre di trascorrere insieme quanto più tempo possibile e ogni tanto, sotto la supervisione della loro mamma, Yuzo giocava a passarsi la palla con Hanako. Sebbene fosse ancora piccola a lei piaceva molto calciare quel pallone, e si poteva dire che in un certo senso aiutasse il fratello con gli allenamenti, dato che lei tirava verso Yuzo e quest’ultimo parava anche se i calci della piccola non erano poi così potenti.

I compleanni dei fratelli Morisaki rientravano nei momenti molto speciali, nei quali i quattro giocavano e si divertivano tutti insieme. Erano attimi unici, quasi irripetibili, che spezzavano quella quotidianità fatta di doveri scolastici che stavano lentamente entrando nel pieno delle vite di Ken'ichi, Takaji e Yuzo, e che presto avrebbero occupato anche quella di Hanako.

Dunque, quella sera Yuzo aveva lasciato che Hanako potesse stare con lui nella sua cameretta, senza sbuffare né lamentarsi per quell’inaspettata sorpresa: in quel momento sua sorella era molto più importante di quel racconto nel quale il calcio era il protagonista.

Dopo essersi accertato di aver chiuso bene la porta, Yuzo tornò dalla piccola Hanako, la prese per mano e la portò vicino alla scrivania, dove si sedette; poi la prese in braccio e con dolcezza le chiese: «Allora, a cosa vogliamo giocare?»

La bambina indicò il portapenne che era sul piano della scrivania. «Voglio disegnare, fratellone!»

«Va bene, allora disegniamo...»

Yuzo accese la luce della scrivania, prese un foglio bianco dal cassetto e lo pose sul piano. «Cosa vuoi disegnare?» le sussurrò.

«Un albero con i fiori!»

«D’accordo. Prendi i colori, che ti aiuto!»

Hanako allungò il braccio per afferrare il portapenne; nel farlo notò, un poco più distante, una cornice di legno con una fotografia. L’oggetto si trovava nella parte più interna del piano, al di sotto della libreria che faceva parte della scrivania.

«Chi sono quei bimbi?» chiese la piccola, con grande curiosità.

Anche se la cornice era nell’ombra, in quell’immagine Hanako aveva riconosciuto proprio l’immagine di due bambini. Yuzo afferrò la fotografia e la avvicinò alla sorella, che ora riuscì a vederla in modo più nitido: si trattava di due bambini che sorridevano felici, dentro a quello che sembrava essere un parco a giudicare dagli alberi sullo sfondo.

«Fratellone, questo sei tu?» disse Hanako, indicando uno dei due bambini e riconoscendo in lui proprio Yuzo.

«Sì!» rispose l’altro. «Ero più piccolo, avevo due anni in più di te... ma sono proprio io!»

«E questo?»

Lo sguardo curioso della piccola si spostò sull’altra figura: un bambino alto come Yuzo, che orgoglioso reggeva sotto il braccio un pallone.

Yuzo sorrise. Continuò a reggere la cornice con la mano, sfiorando con le sua dita quella fotografia. «Questo è un mio amico…»

«E come si chiama?»

«Hikaru.»

«Non l’ho mai visto...» rispose candidamente Hanako, guardando suo fratello negli occhi. «Dove abita?»

Yuzo appoggiò di nuovo la cornice sulla scrivania, e posò la piccola sul pavimento. Poi prese per mano sua sorella e la portò vicino alla finestra, indicando l’abitazione che si stagliava di fronte alla loro. «Vedi quella casa?»

«Quella?»

«Sì! Hikaru abitava proprio lì...» continuò il bambino, inginocchiandosi al suo fianco e guardandola negli occhi, «ma poi è andato via, all’improvviso...»

«Dove?»

«Molto, molto lontano...»

«E non è più tornato?» chiese la piccola: la sua espressione era diventata triste, vedendo il fratello che, nel frattempo, aveva l’aria piuttosto pensierosa e malinconica. «Avete litigato?» domandò lei.

«No, no...» disse lui, tornando a sorridere e prendendola in braccio. «Certo che no! Non abbiamo mai litigato... perché siamo sempre stati grandi amici!»

Yuzo si sedette di nuovo, e mise sulle sue ginocchia la piccola Hanako. «Sai... un vero amico non si dimentica mai di te, anche se sei tanto lontano!»

«Davvero?»

«Sì!» le rispose; questa volta gli occhi di Yuzo brillavano di una luce più gioiosa, sebbene fosse ancora nostalgica. «Ci sono amici ai quali vuoi così tanto bene, che anche se sono lontano lontano... li senti sempre vicino a te!»

Hanako guardò suo fratello con un po’ di perplessità; poi, da quell’ultima frase, si ricordò di una favola che le aveva raccontato la loro mamma, attraverso uno dei libri che le avevano regalato. «Come quel mostriciattolo... ecco... ah! Come E.T.? Come E.T. e Elliot?»

«Esatto!» rispose Yuzo.

Il bambino non nascose la sua sorpresa di fronte al paragone della sorella, ma ne fu felice. Anche lui conosceva il film di E.T., ma fino a quel momento non aveva mai pensato ad un possibile collegamento tra l’amicizia dei protagonisti e quella che lui aveva avuto con quel fanciullo. Gli era quasi sembrato spontaneo pronunciare una frase del genere: “i veri amici sono sempre vicini a te, anche se sono fisicamente lontani”.

Yuzo aveva sempre ammirato Hikaru per ciò che era: un bambino con un carattere solare e che piangeva raramente, cercando sempre di trattenere le lacrime anche quando si faceva male o veniva sgridato da sua madre. Con lui aveva instaurato fin da subito un legame speciale: tra loro vi era solo un mese di differenza e i due erano come gemelli, condividendo la stessa passione per il calcio e trascorrendo il tempo libero sempre insieme, giocando nei cortili delle loro case o recandosi al parco con le loro mamme. Yuzo lo seguiva dappertutto come un’ombra, guardandolo con ammirazione quando il suo amico faceva rimbalzare il pallone sulle ginocchia o sulla testa, oppure quando gli diceva che un giorno sarebbero diventati dei grandi calciatori, promettendogli che sarebbero rimasti sempre insieme.

Per un bambino come Yuzo, era stato uno shock terribile perdere all’improvviso un compagno di giochi del genere, e da quel giorno il piccolo aveva sentito come se quella promessa che si erano fatti a vicenda avesse avuto un significato diverso rispetto all’inizio.

Diventare dei bravi giocatori di calcio.

In quel momento Yuzo aveva preso una decisione: anche se era rimasto da solo, almeno lui avrebbe continuato ad allenarsi con il suo pallone... come se il suo amico fosse ancora lì con lui, fianco a fianco. Mentre era nel suo cortile, gli capitava ancora di sentire la voce di Hikaru da qualche parte, come se il suo amico lo stesse spronando ad esercitarsi sempre più.

 

«Forza, Yuzo! Puoi farcela!»

 

Ma, ogni volta che Yuzo si voltava, alle sue spalle non vedeva nessuno oltre a lui. Soprattutto nei primi giorni, quel cortile gli sembrava essere uno spazio più ampio del solito: senza di Hikaru, giocare a pallone non era la stessa cosa.

Ogni tanto Yuzo si sedeva accanto al muretto che divideva le due abitazioni e alzava lo sguardo verso il cielo, inseguendo con gli occhi le nuvole bianche che attraversavano velocemente il cielo spinte da un forte vento. E, in quei momenti, la sua mente era pervasa da un solo “perché”.

Perché lui?

Non aveva mai trovato una risposta a quel “perché”, nemmeno ora che aveva compiuto nove anni... ma con la nascita di sua sorella Hanako le cose erano iniziate a cambiare. Man mano che cresceva, quella bambina dagli occhi grandi e profondi come la notte aveva conquistato lui e gli altri due fratelli: la sorellina era molto tranquilla, ma riusciva anche a saper essere imprevedibile e così a cogliere di sorpresa chiunque.

Yuzo si ricordava ancora quando, in un giorno di primavera, lei aveva tirato con grande entusiasmo il suo primo calcio al pallone, per poi finire proprio tra le mani del piccolo portiere. Fino ad allora Hanako non l’aveva mai fatto e, anzi, spesso si nascondeva tra le gambe della madre quando il pallone sembrava arrivare nella loro direzione... ma quel giorno non aveva indietreggiato. Con grande curiosità la piccola aveva osservato il pallone che si era fermato vicino ai suoi piedini, per poi restituirlo al fratello con grande entusiasmo; un attimo dopo era corsa da lui tendendogli le braccia, quasi implorandolo di continuare a giocare a pallone con lei.

Hanako aveva solo due anni, e da allora Yuzo aveva iniziato a non percepire più quella strana sensazione di immensità del piccolo cortile di casa sua dove, ogni tardo pomeriggio, giocava con il suo amato pallone.

Anche con lei, ogni tanto Yuzo sentiva ancora quella voce.

 

«Forza, Yuzo! Puoi farcela!»

 

Da quel momento Yuzo era tornato a sorridere, e aveva smesso di chiedersi quel perché inspiegabile: in cuor suo sapeva che il suo amico lo stava ancora incoraggiando, ovunque lui fosse. Perciò in quella notte di metà marzo, continuando a tenere in braccio la piccola Hanako, Yuzo non aveva pensato due volte a pronunciare quella frase sull’amicizia.

Aveva ragione la sua sorellina. Non importava quanto tempo fosse trascorso, e quanto ce ne sarebbe stato in futuro: il suo caro Hikaru era proprio come E.T., il grande amico di Elliot.

Era sempre lì, nel suo cuore... e mai se ne sarebbe andato.

 

 

Note dell'autore:

[1] Il kendo è un'arte marziale tradizionale giapponese simile alla nostra scherma; il termine significa "la via della spada". Curiosità: in Italia c'è il sito della Confederazione Italiana Kendo, dove si possono trovare maggiori informazioni su questa disciplina (e su altre affini) sul nostro territorio nazionale.

[2] Il kyūdō è un'altra arte marziale tradizionale giapponese affine al nostro tiro con l'arco; il termine significa "la via dell'arco". Anche in questo caso abbiamo l'Associazione Italiana per il Kyudo (A.I.K.), riconosciuta a livello internazionale.

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

... io ve l'avevo detto che l'argomento di Hikaru sarebbe tornato. Ops, scusate per i feels. ^^"

Questa volta, per la prima volta dopo ben sei capitoli (di cui tre su Yuzo), niente appendice dei nomi! Per ora vi ho presentato quasi tutti i personaggi, per cui possiamo procedere tranquilli con il resto delle note. Quindi...

 

- In questo capitolo abbiamo qualche piccolo approfondimento sulla vita scolastica giapponese, che (penso?) sia cosa nota a tutti: ciascuno di noi avrà visto una scena di un manga o di un anime ambientata durante la scuola - e Captain Tsubasa non fa di certo eccezione!

Ve la riassumo: prima di tutto il ciclo scolastico è leggermente diverso dal nostro, seguendo il sistema 6+3+3 (sei anni di scuole elementari, tre di medie inferiori e tre di medie superiori); la scuola dell'obbligo è fino ai 15 anni (ragion per cui - forse non a caso - Shingo parte per l'Italia proprio alla fine delle medie inferiori) ma il 99% degli studenti preferiscono proseguire il loro percorso scolastico. A ogni passaggio da un grado all'altro c'è da sostenere un esame di ammissione (come quello che si vede nel manga di CT quasi alla fine delle medie), e il più famoso è quello dell'accesso all'università - ma su questo torneremo più in là nella storia. Inoltre, l'anno scolastico ha inizio ad aprile e termina a marzo dell'anno successivo.

Sin dalla prima elementare i bambini si recano a scuola da soli, e la loro vita scolastica è molto intensa e li tiene impegnati per quasi tutto il giorno: dalle 8.30 alle 15.30-16, e nel corso della giornata oltre alle lezioni ci sono altre attività come le pulizie e il riordino delle aule. A partire dalla quinta elementare - anche se in realtà ci sono delle eccezioni, e con CT si sono viste LOL - gli studenti entrano a far parte dei vari club presenti nella scuola (ed è il motivo per cui in questo capitolo sia Yuzo e Genzo non sono ancora entrati in quello di calcio) che li tengono impegnati per l'intero pomeriggio, mentre esiste anche il dopo scuola con dei corsi serali (juku) dove si insegnano materie presenti negli esami di ammissioni per licei o università. Inoltre nelle scuole giapponesi non esistono classi "fisse", ma classi dove gli studenti delle varie sezioni si mescolano tra loro di anno in anno, diversamente da come accade in Italia dove all'inizio di un ciclo si entra in una determinata sezione finché non termina quel ciclo - per esempio i membri della classe "A" delle elementari che restano gli stessi per tutti e cinque gli anni di scuola. (E qui ringrazio Melanto con la quale molti mesi fa abbiamo discusso di questo argomento ;D)

Questo è tutto ciò che ha toccato la mia storia. Ora, l'unico dubbio che ho ancora riguarda proprio l'anno nel quale si può entrare a far parte di un club: l'unica informazione che finora sono riuscita a trovare è questa, per cui ho dovuto per forza aggrapparmi a quest'unico punto per costruire il capitolo. Come sempre, se qualcuno ne sa più di me, mi faccia sapere! :)

Partendo dal presupposto che l'accesso ai club parte dalla quinta elementare, in CT abbiamo molte eccezioni, come lo stesso Genzo Wakabayashi, Takeshi Sawada... e infine, il fratello di Tsubasa (Daichi) che rappresenta l'eccezione sulle eccezioni, perché già dall'età di cinque anni entra a far parte della squadra della Nankatsu! A cinque anni, dunque quando è ancora alla scuola materna X'D

 

Questo (unico malloppone di informazioni, per questa volta) è quanto riguardo la scuola. Nel complesso questa parte è più corta rispetto alla media ma nella quale, come sempre, cerco di continuare la storia di crescita del protagonista. In particolare, qui sono presenti due elementi: l'incontro con un piccolo Genzo e il dialogo con Hanako.

Riguardo la prima, mi faceva piacere raccontare quale potrebbe essere stato il primo incontro tra Yuzo e Genzo. Frequentando la stessa scuola potrebbe essere avvenuto ovunque e in qualsiasi momento: al club di calcio, in classe... qui, invece, ho preferito optare per un incontro casuale, che però permette ai due di iniziare a conoscersi e così proseguire il loro nascente rapporto d'amicizia e rispetto. In questa parte siamo proprio agli inizi del loro legame, nato con un classico incontro nel corridoio della scuola e lo scambio di opinioni sulle cose che hanno in comune; tra l'altro noi lettori sappiamo come andrà a finire tra questi due futuri campioni... per cui mi sono fermata qui, per ora. :3

Sulla seconda, invece, ho fatto riferimento al celebre film di Steven Spielberg: "E.T." è la storia di un'amicizia senza confini e senza tempo... in un certo senso simile a quella tra Yuzo e Hikaru nel modo in cui i due bambini sono legati tra loro. (Solo che E.T. è vivo e vegeto, mentre Hikaru... sigh.) Al di là di tutte le teorie e il modo in cui le varie religioni spiegano la vita dopo la morte, nel finale di questa storia ci tenevo a sottolineare questo concetto: quando un'amicizia è molto forte, nemmeno la morte potrà mai spezzarla completamente. Io sono convinta che, proprio come ho scritto nel testo, gli amici più cari e con i quali abbiamo condiviso le stesse passioni "sono sempre vicini a te, anche se sono fisicamente lontani", nel nostro cuore.

 

(Al di là del fatto che E.T. come personaggio possa incutere paura o meno, la potenza emotiva della scena finale del film con quel "Io sarò sempre qui" è devastante. Qui il video.)

 

E anche oggi ho parlato troppo in queste note, per cui chiudo subito le comunicazioni. XD Come sempre grazie a tutti coloro che anche oggi sono giunti fino a qui, ci vediamo al prossimo aggiornamento!

--- Moriko

 

 

   
 
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