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Autore: Mercurionos    07/12/2020    2 recensioni
ULTIMO CAPITOLO: Alba e Cenere:
E lì, nell’ombra silenziosa e fredda,
sotto lo scampanellio della pioggia,
Vegeta volse lo sguardo alle proprie spalle,
e la vide.
L'Impero Galattico di Freezer, tirannico dittatore di tutto ciò che esiste: un periodo oscuro e inenarrato. Il rinnovato nucleo dell'impero attende tre guerrieri saiyan, gli ultimi della propria specie, predestinati a mostrare il proprio valore all'Universo. A partire dagli ultimi giorni del Pianeta Vegeta, fino a quel fatidico 3 Novembre, e oltre, nel massimo rispetto del magnifico Manga di Akira Toriyama.
Parte di "Dragon Ball: Sottozero", la vita dell'eroe che non abbiamo visto crescere.
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Freezer, Nappa, Nuovo personaggio, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dragon Ball - Sottozero'
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Capitolo 18 – L’Ultima Goccia, Parte 3 – Anno 2, 6/36 Ventoso
 
Radish stava ancora correndo per i corridoi della sezione A. Passò davanti all’aula del Club di Cultura, quello frequentato da Pump il giovedì e il venerdì, ma la trovò vuota. Tornò allora in fretta alla 2.A.0, ma anche lì non vide nessuno. Decise di fermarsi qualche istante per ragionare: Pump non aveva, come Vegeta, l’abitudine di saltare le lezioni dei club pomeridiani, quindi si trovava di sicuro ancora all’interno dell’accademia.
“Sarà andata in camera.” Pensò.
Radish si diresse in fretta verso la rampa di scale alla fine del corridoio e si precipitò verso il basso. Poggiandosi con salda presa sul corrimano, scavalcò la balaustra e si lanciò sulla fila di scale sottostante. Così cadde addosso a Pump.
 
“Ah! Ma chi cavolo… Radish?”
“Ahi, ahi… Cosa ci facevi seduta sulle scale?”
“Radish, per piacere…”
“Che c’è?”
“Levati!”
Alzando con forza un braccio, Pump scagliò in aria il compagno, che ricadde in terra qualche gradino più in basso.
“Cosa ti salta in mente? Saltare oltre il corrimano come un pazzo…”
“Come facevo a sapere che c’eri tu, lì?”
Pump voltò scocciata lo sguardo, lontano dagli occhi di Radish. Cauto, come se si stesse avvicinando ad un animale feroce, il ragazzo si avvicinò alla compagna e le si sedette accanto, facendo attenzione a non sfiorarla con la lunga chioma di capelli. Pump non si lasciò ingannare dal gesto affettuoso del compagno e non schiodò gli occhi dal muro bianco, impassibile di fronte alle attenzioni di Radish.
 
“Non devi offenderti per quello che ha detto Vegeta.”
Pump non reagì. I suoi pensieri erano troppo confusi per formulare una risposta sensata da rivolgere al ragazzo. Radish continuò il vano tentativo di rincuorare la compagna: “Possiamo allenarci da soli, no? Come abbiamo fatto durante le vacanze, andiamo sul campo del Club di Combattimento e gliela facciamo vedere, a quello sbruffone!”
Pump si voltò verso Radish. Il ragazzo si sorprese nel vedere gli occhi lucidi della saiyan, intrisi della tristezza e del dolore che in quel momento non riuscì a comprendere. Si allontanò da lei, incapace di venire incontro ai suoi sentimenti.
 
“Gliela facciamo vedere? Cosa dovremmo fargli vedere, Radish? Quanto siamo inadeguati? Quanto è grande la… voragine che ci separa? Cosa abbiamo noi che non ha quella?”
Radish barcollò leggermente. Tentò di balbettare qualche sillaba, ma nessun suono oltrepassò le sue labbra. Pump si alzò in piedi con foga, volgendo lo sguardo verso un punto imprecisato di fronte ai suoi occhi: “Lo hai visto anche tu quando è tornato, o sbaglio? Si è fatto anche un po’ più grande, adesso si nota che sono più bassa di lui… Basta guardarlo per vedere quanto è diventato più forte. E noi cosa abbiamo fatto, nel frattempo? Trecento? Abbiamo guadagnato trecento punti? Lui ne ha guadagnati tremila, nello stesso tempo! Lui non vuole stare con noi, non gli serviamo più! Vuole soltanto… vuole soltanto stare con lei!”
 
Il tremolio animatosi negli occhi di Radish si fece di istante in istante sempre più palese ed incontrollato. In cuor suo stava disperatamente tentando di condividere il dolore provato dalla compagna, ma qualcosa glielo impediva. Forse era lo sguardo triste di Pump, forse la sua incapacità di comunicare le proprie emozioni. Forse ancora era un sentimento nuovo, un pensiero nascosto nei profondi anfratti della sua mente, un’idea che non voleva esplorare, nemmeno conoscere o di cui accettare l’esistenza. Il disagio vissuto da Pump era incomprensibile per lui, però chissà se il ragazzo, in quel momento confuso, fu sincero con sé stesso e con le proprie disordinate sensazioni.
 
Radish poggiò una mano sul liscio lastricato della scala, nel vano tentativo di sottomettere i tremiti del suo corpo. Aprì la bocca, compì uno sforzo immane per un gesto tanto piccolo, sentì gemere ogni tendine nella guancia, fremere i denti per quello che avrebbe chiesto all’amica.
 
“Pensi… Credi di essere in competizione con Mirk?”
 
Le minuscole iridi di Pump si rintanarono ancora più a fondo nei suoi occhi corvini. Il respiro le si mozzò in gola, al limite del pianto, un orizzonte che non voleva assolutamente raggiungere, ma al quale si trovò vicina come mai prima di quel lunghissimo attimo. Come avrebbe dovuto rispondere? Come avrebbe potuto rispondere? La logica alla quale aveva fatto affidamento tutta la vita si sbriciolò in mille pezzi soverchiata dall’incontenibile brusio dei suoi pensieri, vide tra le sue mani troppi fattori, troppi elementi da considerare, ma non le bastarono. Con la coda dell’occhio vide un nuovo movimento farsi largo sulle labbra di Radish, prendere forma sul viso che per la prima volta identificò come nemico, trascinata dal terribile presagio di non poter rispondere ad un’ulteriore domanda.
Ma Radish parlò.
 
“O c’è dell’altro?”
 
Pump se ne accorse: nella voce titubante del ragazzo non c’era più alcuna emozione, se non paura. Il panico suscitato in lei da quella domanda era in tutto e per tutto animato dagli stessi timori del compagno. E non seppe spiegarsi il perché di quel fatto. Lei soffriva. Lui non doveva soffrire. Quindi, perché tentava di condividere il suo dolore, l’angosciante dispiacere di un’incolmabile inadeguatezza?
 
Poi, l’illuminazione. Forse Radish desiderava proprio questo per Pump: poter condividere la sua sofferenza, poter spezzare la sua amarezza in modo che venisse subita da entrambi ed infine accettata. Tutto ciò che le serviva era il tempo di porgli questo quesito, il primo pensiero lucido balenatole nella mente. Si voltò verso di lui liquidando la triste smorfia disegnata dal suo volto, abbozzò un sorriso, ma non ci riuscì. I suoi pensieri crudeli avevano già scelto come agire. Le sottili labbra della saiyan si aprirono, libere dal razionale controllo della sua intelligenza. Pump seppe di commettere un errore, un terribile sbaglio che avrebbe potuto evitare, ma che il suo corpo volle compiere a tutti i costi. Aprì la bocca devastata dalla tristezza, e incontrollata rispose alla domanda che le era stata posta.
 
“Non lo so!”
 
Il tempo smise di scorrere. Pump restò immobile, rapita dagli occhi di Radish, e lo stesso fece lui. Videro il nero del loro dolore, il terrore svanire dai propri volti e, a poco a poco, compresero il peso di quelle parole. Lo spavento divenne certezza. Ogni traccia di luce, di vita e calore, svanì dagli occhi dei saiyan. Pump aveva parlato, contro la sua volontà infranta dallo sconforto, ma non aveva mentito. Quello che fu certo, ad entrambi i giovani, fu che la ragazza aveva lasciato parlare il proprio cuore. E il suo cuore era confuso, dilaniato da percezioni indecifrabili. Nulla di tutto ciò che stava scombussolando il suo giudizio, bombardandolo di pareri contrastanti, osservazioni inconcludenti e pensieri raccapriccianti, nulla le fu chiaro, se non una cosa: non avrebbe potuto scegliere parole più sbagliate.
 
Radish si voltò. Immobile, rivolse lo sguardo vacuo nel nulla, un punto imprecisato di quella silenziosa rampa di scale. Pump comprese di aver ferito il ragazzo come non era mai riuscita a fare in anni di battaglie, allenamenti e sfide. Aveva sbagliato, non le fu chiaro come, né perché, ma seppe di aver sbagliato. Provò lo stesso desolante dispiacere di quando fu costretta ad uccidere. Sentì il sangue chiazzarle i guanti candidi, scivolarle lungo la schiena, imbrattandola nell’indelebile peccato appena commesso. Forse avrebbe potuto rimediare, avrebbe potuto correggersi, ma non le parve il caso: parlando aveva recato un enorme dispiacere alla persona che le era più cara, parlando ancora non avrebbe fatto altro se non rincarare la dose. La minuta saiyan, schiacciata dal peso delle sue azioni, si chiuse in sé stessa. Chiuse gli occhi, terrorizzata da ciò che avrebbe potuto vedere, da tutto ciò che avrebbe dovuto subire, da tutto ciò che non avrebbe mai avuto, per quanto fosse grande il suo desiderio.
 
Quasi impercettibile, la raggiunse un tremolio, poi un debole suono. Levò il capo, attirata da un inquietante presentimento. Radish si era mosso. Un passo, poi un passo ancora, si stava allontanando da lei. Volle alzare una mano, afferrarlo per la tuta cenerina e tenerlo vicino a sé. Le sue braccia non si mossero, attorcigliate nella triste morsa della sua tristezza. Radish continuava ad allontanarsi, sempre più lontano da lei, sempre più vicino a quella porta che dava sul cortile dell’Istituto.
 
“Dove vai?”
 
Ancora una volta, le parole scivolarono sulle sue labbra, libere dal giogo della sua mente ora tanto confusa. Nella sua voce rotta si sentiva la paura, il diniego di chi non sa, né può, accettare una perdita. I rantoli che seguirono non interessarono il ragazzo, che silenzioso continuò la propria discesa. Pump singhiozzò, sempre più sbigottita dalle proprie emozioni. Tutto ciò che aveva detto a Vegeta, tutti quei discorsi sulla sua fierezza, sul suo coraggio, tutti quei concetti svanirono dalla mente della giovane saiyan, di punto in bianco non le appartennero più. Si divincolò, liberandosi dal fin troppo saldo abbraccio che stava stringendo attorno alle proprie ginocchia. Fece per alzarsi, ma congelò sul posto. Radish aveva alzato una mano, premendola su quella porta ora tanto vicina. Pump non seppe come fermarlo. La porta scivolò via dalla propria postazione e si nascose all’interno della parete. Soltanto poi Radish rispose.
 
“A combattere. Sono un saiyan.”
 
E svanì.
 
Note dell’Autore:
 
Questo capitolo è stato parecchio difficile da scrivere, ma Yoko Shimomura aiuta parecchio nella scrittura. Questa terza parte è stata scritta sotto l’influenza di “The Other Promise”.
 
Il capitolo 18 è simbolo di questo secondo libro, del secondo anno al N.I.S.B.A. Prima di tutto intrighi, poi lo scontro tra le mentalità dei principi, e infine questo. Non so come definirlo bene.
 
Radish in ogni caso non è andato subito “a combattere”, prima deve frequentare il club di Sport, quindi poteva anche non fare il drammaticone. Ma ehi, è un adolescente confuso, non posso mica ricordarglielo ogni due minuti.
 
Spero che vi sia piaciuto in ogni caso. Non perdetevi assolutamente il prossimo capitolo!
 
Che farà schifo! Non lo so, ditemelo voi. Grazie per aver letto il capitolo 18!

   
 
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