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Autore: padme83    15/12/2020    11 recensioni
Da mi basia mille, deinde centum,
dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque altera mille, deinde centum.

*
[Raccolta di flash e one-shot, omogenea ma non troppo - benché i baci, in qualche modo, c'entrino sempre. Arco temporale variabile, con una predilezione per il periodo a Godric's Hollow; alcuni capitoli partecipano a challenge o a eventi/attività di gruppi fb; POV alternati, si comincia con Gellert]
*
"La pioggia cade, cade, sottile, non si ferma e vi sommerge, vi travolge, vi protegge, testimone fidata e discreta del vostro amore. Sussurra favole di innamorati, prima di voi, fra le stesse lenzuola umide e vestiti sfatti dimenticati in un angolo. Racconta di notti insonni, di gemiti soffocati con furia tra i denti, di amanti felici e pazzi come voi, legati come voi, disperati come voi.
Ma nessuno è come voi."
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Silente, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: Lemon, Missing Moments, Soulmate!AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We were closer than brothers'
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Posso solo sederti accanto e piangere con te,
mentre ci domandiamo per l’ennesima volta:
perché è così?
(David Grossman – Che tu sia per me il coltello) 
 
 
 
 
 
 
~ Come la neve sui prati bianchi ~
 
 
 
 
 
 
Sale la nebbia sui prati bianchi
come un cipresso nei camposanti,
un campanile che non sembra vero
segna il confine fra la terra e il cielo.
Ma tu che vai, ma tu rimani
vedrai la neve se ne andrà domani,
rifioriranno le gioie passate
col vento caldo di un'altra estate.
Anche la luce sembra morire
nell'ombra incerta di un divenire
dove anche l'alba diventa sera,
e i volti sembrano teschi di cera.
 
 
 
 
 
 
Aria.
Ti manca l’aria.
Sono rabbiosi, i suoi baci, rabbiosi e disperati mentre ti travolge, scosso da una smania febbrile, e come una furia ti cade addosso, ti inchioda al letto, ti schiaccia sui cuscini con tutto il peso del suo corpo.
Le lenzuola sprigionano un tenue sentore aromatico, sono fredde e sfregano ruvide contro la schiena, ma tu a malapena te ne accorgi – in verità, nemmeno t’importa, occupato come sei a reagire ai suoi assalti, a farti largo coi denti e la lingua dentro la sua bocca, per strappargli alla gola un ansito caldo, uno scampolo d’ossigeno misero, sì, e tuttavia necessario.
Non è per questo che sei qui, Grindelwald?
Cosa vuoi sentirti dire, Professore?
Ha i capelli incrostati di neve, e sulle guance livide i solchi scavati dal gelo e dalle lacrime non accennano a scomparire.
È così che lo hai trovato – quante ore sono passate? Non ne hai tenuto il conto –, una macchia scura e confusa fra le ombre oblique dei cipressi, lo sguardo smarrito nel vuoto, le dita poggiate sopra una lapide bianca, a tracciare i contorni taglienti di un nome – di quel nome, il solo che, nonostante gli anni trascorsi, ancora non riesce a pronunciare.
Emanava dolore, Albus, e crudo rimpianto, e senso di colpa, un gorgo di emozioni tanto intense e distruttive da costringerti a ritrarre la mente, a erigere una barriera fra te e il suo cuore spezzato, ripiegato su sé stesso, che sembrava bruciare e consumarsi nell’oscurità tetra del crepuscolo.
In lontananza, un coro di voci argentine, attutito dalla nebbia e dal sibilo basso del vento, annunciava la nascita del Salvatore – il loro Salvatore, figlio di un Dio estraneo, incomprensibile, tirannico, mai riconosciuto o accettato, e spesso persino deriso.
Anche se.
«Non ti tormentare, ovunque lei sia, ora, sta bene».
«È sepolta sotto un metro di terra ghiacciata, Gellert, come può stare bene?»
Si è voltato di scatto e ti ha lanciato un’occhiata di fuoco, terribile e straziata – un pugnale, conficcato dritto in mezzo alle scapole, ti avrebbe fatto meno male che essere costretto a guardare (affrontare) il suo volto pallido e incavato, spento, vacuo, simile a un teschio scarnificato e distorto dalla luce morente di un cupo tramonto d’inverno.
Per un istante hai temuto che fosse sul punto di esplodere e schiantarti – ucciderti – lì, sopra la tomba della madre e della sorella – ci hai sperato, quasi. Farla finita, insieme. Battervi, scannarvi l’un l’altro fino a ridurvi a un cumulo di brandelli inceneriti e dispersi nella tormenta. Forse, ammetti tuo malgrado, forse sarebbe stato meglio, per entrambi – per tutti –, rassegnarsi una buona volta e rimettersi alla volontà di un destino, il vostro, comunque già scritto, ineluttabile.
Perché sei qui?
Passavo per caso.
Smettila con queste stronzate.
Vuoi che me ne vada?
Sì.
Bene.
No... No. Rimani, ti prego.
Ha chinato il capo, in un gesto di avvilita supplica, ed è indietreggiato di qualche passo. D’improvviso, semplicemente, ha annullato le distanze e ti ha attirato a sé, racchiudendoti in una morsa ferrea, impetuosa. Siete rimasti immobili a lungo, in silenzio, circondati dall'incerta luminescenza della sera e dall'eco sommessa delle campane. Albus si è scostato per fissarti, di nuovo, e lo scintillio ardente dei suoi occhi (vivi, vivi, vivi!) ti ha trasmesso un fremito, profondo e inconfondibile. Lui ha colto i tuoi sospiri accelerati, si è insinuato sotto il mantello e ti ha stretto i fianchi nelle mani; tu gli hai afferrato il viso e hai reclamato un bacio, con forza, con arroganza.
Vi siete presi, rivendicati, marchiati; un rivolo rosso è colato lungo la curva liquefatta delle vostre bocche e, per un attimo, soltanto per un attimo, lo sgomento vi ha spinti a fermarvi. Poi, lui ti ha sollevato, senza fatica, e tu ti sei aggrappato alle sue spalle, gli hai allacciato le gambe intorno alla vita e ti sei lasciato trascinare via, senza staccare le labbra dalle sue.
Adesso siete qui, avvinghiati e ansimanti sopra un groviglio di coperte sfatte, a lottare per liberarvi degli ultimi indumenti. Lui ti bacia il collo, lentamente, e la sua barba ispida ti pungola l’incavo sensibile del mento, ti eccita oltre il limite e ti fa impazzire, provocandoti un brivido infinito – eppure, eppure, tu hai bisogno di altro, di sentirlo e accoglierlo e trattenerlo in ogni singola cellula, di urlare che lo vuoi e che lo ami, lo ami con tutta l’anima, ascoltarlo rispondere che per lui è lo stesso e nell’agonia di un amplesso divorante sapere che è vero, è reale. Lo avverti con una chiarezza e una consapevolezza tali da toglierti il fiato. Non ci sono muri, in questo momento, nessun confine da abbattere, nessun ostacolo da superare, non più – nuda la pelle, intrecciati i pensieri, mischiate le ossa.
Vi arrendete e vi offrite l’uno all’altro, soverchiati dal piacere di un contatto assoluto, totale, che ubriaca i sensi, cancella l’angoscia e fa svanire la stanchezza – il dolore no. Quello, come sempre, permane, cucito fra i lembi più bui e nascosti del cuore.
(Il suo? Il tuo? Non c’è differenza.)
Ti distendi – ti frantumi – sotto di lui, assecondando il ritmo crescente dei suoi affondi. Lo cerchi, continuamente, lo invochi, lo implori, non gli concedi scampo e quando, dopo esservi dissolti nell’orgasmo – un orgasmo violento, smisurato, selvaggio –, i sussulti si placano e lui infine si abbandona, stremato, sul tuo petto, a te non resta che avvolgerlo in un abbraccio deciso, saldo, feroce e tenero a un tempo, e guidarlo con dolcezza verso il sonno, sussurrando il suo nome, cullandolo al suono lieve del tuo respiro.
 
 
 
 
 
 
 
“Ma tu che vai, ma tu rimani,
anche la neve morirà domani,
l'amore ancora ci passerà vicino
nella stagione del biancospino.
La terra stanca sotto la neve
dorme il silenzio di un sonno greve,
l'inverno raccoglie la sua fatica
di mille secoli, da un'alba antica.
Ma tu che stai, perché rimani?
Un altro inverno tornerà domani.
Cadrà altra neve a consolare i campi,
cadrà altra neve sui camposanti.
 



 
 
 
{Words Count: 917}
 
 



 
 

 
 
 
Nota:

Ci ho provato, giuro che ci ho provato a scrivere qualcosa di almeno un po’ sereno in occasione di questo Natale, ma proprio non ci sono riuscita. Questa spina mi tormentava da tempo, anche per tutta una serie di vicende personali che hanno reso la fine di questo anno terribile ancora più terribile, e l’unica cosa che potessi fare era cercare di toglierla. Spero che il racconto vi sia piaciuto ugualmente, se vi va, fatemelo sapere. Del resto, ormai è tradizione che questi due trascorrano la notte di Natale in modo alternativo, e chi sono io per mettermi in mezzo a consuetudini tanto radicate?
 
Gellert, ovviamente, non capita per caso al cimitero di Godric’s Hollow: il dolore di Albus lo terrorizza ma allo stesso tempo lo attira come una calamita, per cui, in questo momento di profonda crisi emotiva, non può far altro che correre dall’uomo che nonostante tutto continua ad amare, laddove sa per certo di poterlo trovare. Ricordate che, nel mio headcanon, loro si sentono, sempre (anche quando ne farebbero volentieri a meno).
 
Soundtrack: Inverno, Fabrizio De André.
 
Sapete che potete raggiungermi facilmente anche in altri meravigliosi luoghi di internet? Trovate tutti i link (tengo in particolar modo a Instagram) nella mia bellissima nuova bio – opera della fantastica Miryel, naturalmente.
 
Se siete invece interessati ad altre storie su questi due disgraziati, vi invito a cliccare sul link alla serie che trovate nello specchietto introduttivo in alto. Tenete presente che molte OS e raccolte sono pubblicate nella sezione di Animali Fantastici.
 
Grazie come sempre a chi leggerà – anche silenziosamente –, e a chi commenterà o inserirà questa raccolta in una delle liste messe a disposizione da EFP.
 
Grazie dal più profondo del cuore a chi lo ha già fatto <3
 
Vi auguro di trascorrere il Natale nel modo più sereno e sicuro possibile. Forse – forse – potrei farmi viva ancora prima della fine di dicembre, ma non posso promettere niente. In qualsiasi caso, questa volta è meglio evitare gli auguri di buon anno.
 
Alla prossima, quindi.
 
Un bacio e un abbraccio grandi, grandissimi :*
 
La vostra,
 
 
 
padme
 
 
 
Disclaimer:
Non concedo, in nessuna circostanza, né
l'autorizzazione a ripubblicare le mie storie
altrove, anche se creditate e anche con link
all'originale su EFP, né quella
a rielaborarne passaggi, concetti o trarne
ispirazione in qualsivoglia modo senza mio
consenso esplicito.

 
   
 
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