Non
lo saprai mai
A
Matilde
È strano come la memoria
scelga i ricordi.
Ci sono cose importanti –
date, persone e dettagli –, quelle che la testa ha deciso di
conservare per sempre e guai a dimenticarle, quasi che il mistero
dell’universo si nasconda dentro di esse. E per ricordarle,
la mente trova ogni volta nuovi stratagemmi e associazioni, come le
filastrocche insegnate a scuola per memorizzare i concetti fondamentali.
Ce ne sono
un’infinità, di simili rebus, nella mente di
Charlie Weasley, tanti – troppi,
si dice a volte – legati all’amica Tassorosso dei
tempi della scuola. Sono passati anni dall’ultima volta che
gli è capitombolata tra le braccia, eppure non ne ha mai
scordato nemmeno uno. Anzi, a volte teme di averne cancellati altri, di
ricordi importanti – come la data di compleanno di zio Bilius
o il numero di Case della Luna –, tutto per essere certo di
non dimenticarsi nulla di lei, nemmeno il colore delle stringhe dei
suoi anfibi sfondati. Se lei lo sapesse, è certo che
riderebbe di quella sua povera testa che ha minuziosamente collezionato
ogni sorriso, fazzoletto a pois o ciuffo sfuggito dalle mollettine
colorate.
È un po’ patetico,
se ne rende conto, ma ogni volta che uno dei suoi fratelli sfoglia
annoiato il libro di Storia della Magia per un compito, subito ritorna
a quelle mattine di scuola passate per inerzia su un vecchio banco
giochicchiando sovrappensiero con la piuma, la mano che senza
nemmeno volerlo traccia una
manciata di lettere e iniziali nell’angolo della pergamena,
con un ordine nemmeno troppo casuale. Si tratta di mattine fatte per
essere archiviate, di cui ci si ricorda forse solo una vaga sensazione
di nebbia per
tutte quante, mentre vengono lasciate andare. Quello che resta,
è solo un nome tracciato e subito cancellato, arrossendo e
cercando di nascondere il significato che racchiude. E il momento in
cui ha capito che non sarebbe mai riuscito a dirle niente.
“Oh,
avanti, Charlie! Fammi vedere che cosa hai scritto.”
“Non
se ne parla, sono cose personali.”
“Oh
oh, il Capitano di Grifon-tonto è innamorato. Chi
è la fortunata?”
“Nessuno
che ti interessi, Ninfadora.”
Ogni cespuglio di more, di quelli che
costeggiano i sentieri che percorre al mattino per salire alla tenuta
dei draghi, sembra volergli rammentare la torta preparata da sua madre
la prima volta che l’ha invitata a casa, un baffo di
martellata rimastole sulla guancia e che lui si è premurato
di pulire con un leggero sfregare di polpastrelli. Charlie lo ricorda,
perché è stata la prima volta che le è
stato così vicino, il respiro di lei a solleticargli le
labbra, e ha desiderato ardentemente berlo fino a ubriacarsi, quel
respiro. Ma ha anche capito che non sarebbe mai riuscito a cancellare
quei pochi centimetri.
“Che
fai, Weasley, vorresti baciarmi?”
“Io…
no, certo che no, che scemenze dici? Siamo amici, noi.”
“Ben
detto, o mi avresti costretta a tirarti un pugno su quel buffo
naso.”
“Io
non ho un naso buffo, signorina, quella sei tu.”
“Oh,
dici che questo becco è buffo?”
Tutte le cicatrici che negli anni ha
collezionato, ogni volta che se ne aggiunge una nuova o passa
distrattamente il dito sull’increspatura della pelle, non
fanno altro che riportarlo ai pomeriggi primaverili per il parco di
Hogwarts, le ginocchia sbucciate di Tonks che sbucavano dai
pantaloncini leggeri. Charlie ricorda ogni graffio e botta e taglio su
quella pelle bianchissima, tutte le storie nascoste dietro ciascuna
– quando non ha visto una radice sporgente, quando ha provato
ad arrampicarsi su un platano, quando ha usato per la prima volta un
paio di cesoie –, come avrebbe desiderato medicarle lui. E
come si sia reso conto che lei non ne avrebbe mai avuto bisogno.
“Sei
la solita pasticciona… Dai, passami la bacchetta per
curarlo, ti brucerà.”
“Ma
no, è solo un graffio, si sistemerà da solo. Ah,
voi uomini… siete così bambini!”
“Scusa
tanto se mi sono preoccupato per te, signorina.”
“Non
ce n’è bisogno, Charlie: non è mai
morto nessuno per un graffio. E poi saprei curarlo da sola.”
Ai palloncini delle fiere collega ancora
il pomeriggio a Hogsmeade durante la festa di Lughnasadh1,
quando, tra un banchetto di presunte veggenti e uno di gelati al gusto
di Cioccozucca, lei ha dato il suo primo bacio al Prefetto di
Corvonero. Charlie lo ricorda, perché è stata la
prima volta che si è sentito strano, un pugno allo stomaco a
mozzargli il fiato e la felicità nel vederla innamorata e
ricambiata. E ha capito che tra loro non ci sarebbe mai potuta essere
alcuna storia.
“Stephan
mi ha baciata, te ne rendi conto?”
“Ho
visto, i tuoi capelli parevano le lucine di Natale.”
“Dice
che gli piaccio da quando gli ho rovesciato la boccetta di inchiostro
sulla divisa.”
“Romantico,
non c’è che dire!”
Si tratta di ricordi a volte luminosi e
altre striati di nero, ma sono parti essenziali di ciò che
è, di quello che è diventato, e guarda sempre a
ciascuno di loro con affetto, soprattutto a quelli con
l’amica e le sue stramberie per protagoniste. E la mente non
li può cancellare, quelli, perché basta un
colore, un profumo o una foglia che cade per riavvolgere il filo con
cui ha ricamato ciascuno di essi e riportarli nel presente, dietro le
ciglia, a far accelerare il battito del cuore al suono di un solo nome
– Tonks.
Ora sono anni che non la sente
più, e forse lei avrà anche imparato a camminare
dritta, finalmente. Ma Charlie può solo rendersi conto che
lei è sempre stata, e sempre sarà,
l’unica per lui, e che c’è una cosa
– una sola, l’ultima – che vorrebbe
poterle sussurrare tra i capelli:
Eri
davvero bella quando cadevi e dicevi “Ahia!”.
Per me è stata una storia quasi necessaria da scrivere, da quando ho sentito “Ahia!” dei Pinguini Tattici Nucleari che fa da colonna sonora ideale alla fic (ma tutta la loro discografia, per me, parla di loro), e forse quella che mi ha, paradossalmente, fatto più male; mi spiaccio solo un po’ di averla scritta a orari indecenti, tra i libri per gli esami: sia Matilde che Charlie e Tonks meritavano molto di più.
E dato che vado a risparmio, ho usato (più o meno forzatamente, me ne rendo conto) anche i pacchetti lasciatimi al gioco “Scrivimi” del gruppo fb Caffè e calderotti rispettivamente da Lisbeth Salander e Sia_. Il primo prevedeva una commedia (ah ah, come no!), il personaggio di Tonks e la citazione obbligatoria dal film Anastasia: “Ah, gli uomini! Sono così bambini!”, che ho un pochino rimaneggiato. Il secondo invece chiedeva una storia su una coppia a mio piacimento (ma Sia_ strizzava alla Charlie/Tonks, per cui eccotela qui, spero ti piaccia!), con ambientazione a Hogwarts e ispirata alla canzone “You will never know” di Imany, punto obbligatorio del pacchetto. Buon Natale di cuore anche a voi!
Ultimo ma non per importanza, tantissimi auguri di buon Natale a Matilde: spero che la storia sia stata di tuo gradimento e ti abbia fatto piacere avermi come Secret Santa, ameno quanto ha fatto piacere a me esserlo.
E buon Natale anche a chiunque sia passato di qui, grazie di cuore per il vostro tempo dedicato alla lettura.