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Autore: Signorina Granger    01/01/2021    11 recensioni
INTERATTIVA || Iscrizioni Chiuse
21 Dicembre 2019.
Due Auror, a seguito di una missione in Germania, salgono su un treno che da Berlino li porterà a Nizza, in Francia. I loro piani e quelli degli altri passeggeri vengono però sventati completamente quando sul lussuoso Riviera Express viene rinvenuto il cadavere di una donna. Fermato il treno in mezzo ad una bufera, il Ministero tedesco, d’accordo con quello britannico, assegna ai due il compito di rivolvere il caso trovando il colpevole che, di certo, viaggia sui loro stessi vagoni.
[Storia liberamente e umilmente ispirata a “Assassinio sull’Orient Express” di Agatha Christie]
Genere: Comico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 1 – “Sarà un Natale di merda!”
 
 
22 Dicembre, mattina

 
 
Delilah aveva faticato non poco a prendere sonno, quella notte. I movimenti del treno, infatti, non avevano fatto altro che peggiorare le difficoltà a dormire che la strega già riscontrava da sempre, da quando era bambina.
Non c’era da stupirsi, quindi, se la fotografa era ancora immersa nel mondo dei sogni a mattina inoltrata, rannicchiata sulla branda della sua cabina in II classe con il piumino a coprirla fino al mento.
O almeno finchè una lunga sequenza di suoni non la svegliò, costringendo la strega ad aprire pigramente gli occhi color nocciola e a guardarsi attorno con iniziale smarrimento, chiedendosi dove diavolo fosse.
Ben presto, ripresasi dal sonno, Delilah si mise a sedere massaggiandosi il retro del collo rammentando di essere in viaggio per Nizza, ma la canzone che l’aveva svegliata, cantata in una lingua che non conosceva e suonata da un’orchestra, le impedì di appurare che il treno non si stava più muovendo.
 
“Chi cazzo è che ascolta questa roba all’alba delle dieci!?”
 
Sbuffando, la strega si scostò il piumino blu notte di dosso e infilò i piedi pallidi nelle pantofole nere. Infine si alzò e aprì con mala grazia la porta della cabina, permettendo alla musica di solleticarle l’udito con maggior violenza.
“Si può sapere chi sta ascoltando questa roba a quest’ora?!”
“Ma signorina, sono le dieci passate…”
 
Il facchino in divisa verde con dettagli in oro, tra cui i bottoni della giacca a doppio petto e le cuciture del berretto piatto, tacque di fronte allo sguardo torvo che la strega gli rivolse. Era già pronta a fare visita ad alcuni dei suoi vicini per chiedere all’appassionato di lirica di farsi un giro in mezzo alla neve quando la porta della cabina accanto alla propria si aprì, rivelando la figura alta e longilinea di un ragazzo dagli ondulati capelli neri e, a differenza di Delilah, vestito di tutto punto.
 
Delilah che, ferma sulla soglia della sua cabina, si voltò verso il suo “vicino” in contemporanea con il mago, ritrovandosi a scordare momentaneamente la sua avversione per la lirica di prima mattina quando i suoi occhi indugiarono su un viso molto familiare.
“Laila?!”
“Ro-Ro?!”
 
Delilah e Prospero si studiarono per una frazione di secondo, prima che le labbra sottili del mago si incurvassero in un sorriso allegro, chinandosi verso la strega per stritolarla in un abbraccio.
“Che diavolo ci fai qui, pestifera?”
“Potrei chiederti lo stesso, ma sono felice di vederti. E’ da secoli che non ci incrociamo!”
Delilah sorrise di rimando, assestando all’ex compagno di scuola e di Casa un buffetto sul braccio quando Prospero sciolse l’abbraccio, guardandola divertito.
La strega stava per chiedergli se fosse sul treno per farsi una vacanza in Francia quando, all’improvviso, la sua fronte si aggrottò: Ro era suo vicino di cabina, a quanto sembrava. Dunque viaggiava in II classe.
“Aspetta un secondo… tu… tu viaggi in II classe?”
 Delilah lo scrutò, accigliata e seria in volto, ma non gli diede il tempo di rispondere: un istante dopo un sorrisetto iniziò a farsi largo sul volto pallido della strega, che guardò l’amico con occhi luccicanti.
Che cosa diavolo nascondi, Ro-Ro?”
“Un uomo non può viaggiare in II classe, per caso?”
 
Prospero aggrottò la fronte e guardò l’amica dall’alto in basso simulando un’espressione offesa mentre Delilah, sbuffando e incrociando le braccia al petto, ricambiava divertita:
“Non se è ricco quanto lo sei tu! Oh, beh, lo scoprirò, il mio lavoro stesso mi impone di essere ficcanaso in certe circostanze.”
“Come preferisci, piccola detective. Facciamo colazione insieme?”
“Volentieri, muoio di fame, anche se penso che prima dovrei darmi una sistemata…”
L’ex Serpeverde chinò lo sguardo sul suo pigiama nero dal taglio maschile mentre Prospero, ridacchiando, le assicurava che l’avrebbe aspettata.
La porta si era appena chiusa alle spalle della strega quando un’altra figura nota fece il suo ingresso nel vagone, attraversando il corridoio preceduto da un inserviente del treno.
Prospero guardò, attonito, Asriel Morgenstern passargli davanti senza apparentemente accorgersi della sua presenza, superandolo con un’espressione poco benevola impressa sul volto dai lineamenti marcati e coperto da un leggero strato di barba non fatta.
Dopo un iniziale momento di smarrimento, Prospero abbozzò un debole sorriso: aveva la sensazione che il viaggio sarebbe proseguito in modo molto poco ordinario.
 
*
 
“Zorba? Merlino, dove ti sei cacciato? Certo, tanto poi Papà Brontolo se la prende con me, non col suo amato gattino!”
James parlò con un sospiro mentre esaminava con cura il vagone della II classe, pregando affinché il micio non si fosse infilato in qualche cabina: non aveva nessuna intenzione di bussare alle porte dei passeggeri di prima mattina, specie considerando che a breve si sarebbe disseminato il panico misto alla frustrazione per l’interruzione del viaggio.
 
Quando individuò un gatto nero raggomitolato sotto ad un termosifone per scaldarsi, James provò un immenso moto di sollievo. Avvicinandosi, tuttavia, si rese conto che il gatto – che gli lanciò un’occhiata diffidente con i grandi occhi verdi – non aveva il collarino rosso di stoffa con sonaglietto che Zorba portava sempre.
Il giovane Auror si chinò leggermente, mettendosi i palmi sulle ginocchia mentre osservava il felino di rimando:
“Mh, no, non mi sembri Zorba. Di questo passo dovrò Appellarlo…”


“Mon chère, Qu'est-ce que tu fais ici? » *
 
Udendo una dolce voce femminile ammorbidita da accento francese James alzò lo sguardo appena in tempo per vedere una strega – che ad occhio doveva avere un paio d’anni più di lui – dagli ondulati capelli color cioccolato e grandi occhi da cerbiatta, contornati da lunghe ciglia scure.
“Excuse moi, Monsieur.”
Incurvando le labbra carnose in un sorriso cordiale la strega rivolse un cenno del capo al gatto e James, intuendo che fosse lei la proprietaria, si affrettò ad annuire e a fare un passo indietro per permetterle di prendere il micio in braccio.

“Oh, certo. Scusi.”
“Oh, Anglais. Scusi lei, il mio gatto è un po’… come si dice, turbolento.”
 
James abbozzò un sorriso – evitando di informarla di essere alla ricerca di un gatto dal carattere molto difficile e di essere a sua volta proprietario della gatta più impossibile mai esistita – prima di chiederle, aggrottando la fronte e ringraziando mentalmente che la strega parlasse inglese, se per caso avesse visto un altro gattino nero in giro.
“No Monsieur, je suis desolè. »
La ragazza scosse il capo, dispiaciuta, e James, che intuì il significato delle sue parole, sospirò prima di annuire con un debole sorriso:
« Grazie comunque. Arrivederci. »
 
Il ragazzo la superò per andare a setacciare la III classe e Clara, rimasta sola con Loki, il suo gatto, lo seguì brevemente con lo sguardo prima di lanciare un’occhiata alla grande vetrata che aveva di fronte. Il treno si era inequivocabilmente fermato.



*
 
 
“Monsieur, esigo di sapere perché il treno è fermo. Dovevo essere a Nizza entro stasera tarda!”
“Sono desolato Miss Leroux, ma non posso… non possiamo ancora farne parola con i passeggeri, mi dispiace molto.”
 
Corinne Leroux, una dei passeggeri della I classe, sedeva nella zona del vagone ristorante adibita ai fumatori tenendo pigramente una delle sue Gauloises Blondes Bleues tra le dite. Le gambe pallide accavallate con disinvoltura e i capelli biondi perfettamente pettinati, la strega teneva i penetranti occhi azzurri fissi sull’inserviente che aveva davanti, un ragazzo della sua età che, però, ricambiava il suo sguardo quasi con un che di intimorito.
“Lei sa quanto ho speso per questo biglietto, vero? E adesso ci fate arrivare in ritardo a Nizza?! Alla faccia del rigore di voi tedeschi.”
“Miss Leroux, sono sicuro che la Compagnia provvederà a rimborsare tutti i passeggeri, se il ritardo dovesse essere molto consistente.”


Corinne sbuffò piano e distolse lo sguardo, liquidando il giovane con un rapido gesto della mano che impugnava con grazia la sigaretta.
Non erano i soldi, infondo, a preoccuparla. Di quelli ne aveva a sufficienza. Ma l’idea di passare il Natale e le sue agognate vacanze in un angolo remoto della Germania, bloccata su un treno, non la rallegrava per niente.
La strega si era alzata presto e aveva già fatto colazione: la tazza, il piccolo bricco e il piattino che aveva davanti infatti erano già vuoti. Stava per andare a ritirarsi nella sua cabina – anche se la musica lirica che proveniva dal suo stesso vagone non accennava ad arrestarsi, facendole quasi venire voglia di restare nel vagone ristorante – quando una voce familiare e che parlò la sua lingua madre la costrinse a voltarsi di scatto dal finestrino:
“Coco!”
Erano ben poche, al mondo, le persone che la chiamavano con quel dolce soprannome. Soprannome che le provocò un sorriso istintivo, seppur colmo di stupore, quando posò lo sguardo su chi l’aveva salutata.
“Clara! Qu'est-ce que tu fais ici? »
«Beh, che domande, vado a Nizza. Tu invece… mi sorprende non vederti a qualche convegno, ricevimento o cose del genere. Non viaggi con Èole?”
L’ex compagna di scuola le si avvicinò sfoderando un amabile sorriso, e Corinne si alzò per abbracciare l’amica e salutarsi con il consueto doppio bacio sulle guance prima di scuotere la testa e ricambiare il sorriso, mostrando così il diastema dentale che la caratterizzava fin dalla nascita.
“No, per un viaggio del genere ho preferito il treno, questa volta. Devi fare colazione? Io ho già finito, ma ti faccio volentieri compagnia… E’ da quasi un anno che non ci vediamo.”
“Non per colpa mia, non sono io la bella star sempre troppo impegnata!”
 
Un sorriso colpevole incurvò dolcemente le labbra di Corinne, che ignorò deliberatamente l’occhiata scandalizzata che l’amica riservò alle sue gambe completamente nude, lasciate scoperte dalla gonna del suo elegante vestito nero.
“Mon dieu, ancora non hai imparato cosa siano le calze, Coco?! Morirai assiderata!”
“Via, non fare la tragica… Monsoir? Porti alla mia amica tutto ciò che vorrà, è mia ospite.”


 
*
 
“Porco di un Merlino, le sue mutande e il suo cappello, ma quando finirà?! Hai dei tappi per le orecchie da prestarmi, Ro?”
“No Laila, sono desolato. Puoi sempre andare a sfondare la porta della cabina, però, oserei dire che la musica provenga alla I classe.”
Prospero abbozzò un sorriso divertito mentre entrava nel vagone ristorante insieme all’amica dopo aver aspettato che Delilah si vestisse. Ora la strega, che presentava come suo solito una mise total black, si stava rassettando distrattamente i capelli color pece con le dita, e sbuffò sonoramente alle parole dell’amico, lanciandogli un’occhiata eloquente:
“Credi che non ci abbia pensato? Ma poi mi butterebbero fuori dal treno, figuriamoci! Sarà sicuramente una sorta di… passeggero di tutto rispetto a cui tutto il personale leccherà i piedi.”
“In effetti mi sorprende vederti in II classe, Laila.”
 
La strega ignorò deliberatamente il commento divertito dell’amico, facendo scorrere lo sguardo sui tavolini apparecchiati e sui pochi passeggeri presenti. In effetti, visto il periodo, era piuttosto certa che la locomotiva fosse poco affollata.
C’erano due ragazze della sua età che chiacchieravano animatamente in francese infondo a destra. Il volto della bionda le era particolarmente familiare, ma decise che ci avrebbe ragionato una volta messo qualcosa sotto i denti: stava morendo di fame.
Trascinò così Prospero verso il tavolo più vicino e poco dopo, mentre ordinava una quantità industriale di leccornie – “Offri tu, vero Ro-Ro?” –, una strega mora, pallida e con addosso una buffa sciarpa gialla e arancione prese posto nel tavolo dietro al loro, osservando il menù a sua volta.
 
“Allora, De Aureo! Che mi racconti, che ci fai sul treno? Lavoro, immagino.”
Poco dopo Delilah chiuse il menù con un gesto secco e, poggiati i gomiti sul tavolo, appoggiò il mento sulle proprie dita intrecciate per osservare l’amico con curiosità:
“Come sempre, ormai temo di essere prevedibile. Tu invece? Cosa ci facevi, a Berlino?”
“Mh, scusa Ro, non posso dirtelo, lavoro top secret.”
“Foto compromettenti su qualcuno?”
Prospero, che le sedeva di fronte tenendo le mani intrecciate in grembo e gli intelligenti occhi scuri fissi su di lei, abbozzò un sorrisetto divertito, chiedendosi chi fosse andata a pedinare l’amica fino in Germania.
“Diciamo di sì, sì… Ma temo sia meglio non rivelare l’identità del cliente, sai, ci tengono alla privacy.”


“Oh, certo, comprendo benissimo.”
 
*
 
Oramai James era disperato: non aveva trovato Zorba da nessuna parte, restavano solo il vagone ristorante e le zone dove tecnicamente non avrebbe dovuto mettere piede, come la cucina.
Il giovane si diresse sconsolato verso l’ala ristorante con un sospiro tetro e trascinando i piedi, chiedendosi dove si fosse cacciato il prezioso gattino del suo collega.
Era da tanto che desiderava di essere assegnato ad una missione insieme ad Asriel, che era uno degli Auror più stimati del Dipartimento, e ora di certo si sarebbe fatto una pessima figura.
 
Stava quasi per prepararsi un discorso dove annunciava al collega di non aver trovato il gatto quando, aperta la porta di vetro scorrevole, qualcosa di piccolo, nero e veloce gli sfrecciò accanto con uno scampanellio, intrufolandosi nel vagone sotto il suo sguardo sconcertato.
“Z-ZORBA! Ma dove diavolo eri?!”
James guardò attonito il gattino trotterellare verso uno dei pochi tavoli occupati, dove sedeva sola una strega mora. James non le poté scorgere il volto, visto che teneva il menù praticamente sollevato davanti al viso, ma in compenso vide Zorba miagolare e strusciarlesi su una gamba.
 
“Oh, che carino!”
Delilah, scorto il gattino, sorrise intenerita mentre il micio faceva le fusa sulla gamba della strega, che chinò lo sguardo e gli diede una carezza con un sorriso. L’ex Serpeverde avrebbe voluto fare altrettanto, ma l’occhiata eloquente di Ro la costrinse a desistere mentre aspettava la colazione:
“Laila, devo ricordarti che effetto fai ai gatti?”
“Oh, non è giusto, io vorrei solo dargli affetto e invece loro mi odiano! La vita è ingiusta, Ro!”


“Sì Laila, hai ragione, terribilmente ingiustissima.”
 
 
“Zorba, vieni qui subito!”
James – sforzandosi di apparire minaccioso, per quanto il maglione coi fiocchi di neve ricamati glielo permettesse – fece un passo avanti per acciuffare il gatto, ma Zorba fu più rapido e scattò via con un miagolio, correndo verso una porta che doveva condurre alle cucine.
“Oh, ma andiamo! Perché devo fare il cat-sitter?!”
 
“Che succede con quel gattino?”
Corinne aggrottò la fronte e lanciò un’occhiata scettica al gatto e al ragazzo che lo stava inseguendo mentre Clara, sorridendo quasi intenerita, parlava divertita:
“Oh, quel ragazzo lo cercava anche prima, dev’essere suo.”
“Bah. Anglais. Ehy!”
Era bastato un attimo, un solo istante di distrazione: Corinne aveva distolto lo sguardo e Clara, velocissima, le aveva sfilato la sigaretta dalle dita per poi farla Evanascere, sfoggiando un adorabile sorriso innocente di fronte all’occhiata torva dell’amica:
“Lo faccio per te, ti fanno male, il fumo uccide!”
“Ne ho tre pacchetti, Clara, non puoi farle sparire tutte una ad una.”
“Vogliamo forse scommettere?”
 
*
 
“Due porzioni di pancake, bacon, uova, caffè, sciroppo d’acero… Ma quanta roba mangia questa gente?”
 
Ruven guardò il foglietto con la comanda con gli occhi chiari fuori dalle orbite, chiedendosi con che razza di stomaco avesse a che fare.
Stava per mettersi al lavoro prendendo la pastella già preventivamente preparata quando un gatto nero entrato di soppiatto insieme al cameriere saltò sul bancone, guardando con curiosità lui e poi tutte le leccornie in preparazione con sguardo famelico.
“Oh, un ospite. Scusa carino, ma la cucina per i mici non è ancora aperta, dovrai tornare più tardi.”
Ruven, la giacca nera da chef a doppio petto addosso e una bandana bianca e nera allacciata sulla fronte, riservò un’occhiata divertita al gatto prima di sollevarlo e grattargli la testa, affrettandosi a toglierlo dal bancone mentre un ragazzo apparentemente esasperato entrava in cucina ignorando le proteste dei camerieri.
“Fatela finita, non parlo tedesco, è inutile! Devo prendere il gatto, chiedo scusa…”
“Non c’è problema, adoro i gatti. Ne ho uno anche io, starò gironzolando da qualche parte.”
Ruven, parlando in un inglese dal marcatissimo accento tedesco, consegnò il gatto tra le braccia di James, che sospirò sollevato e lanciò al micio un’occhiata di rimprovero:
“Ti sembrano cose da fare? Sparire dopo il ritrovamento di un cadavere? Brontolo avrà i nervi a fior di pelle e non vogliamo che il suo gattino sparisca, no?”
Zorba miagolò in segno di protesta, e cercò di sottrarsi alla presa di James, che però non aveva alcuna intenzione di farselo scappare mentre Ruven, guardandolo attonito, gli chiedeva di che diavolo stesse parlando.
“Ops, non dovevo dirlo! Beh, a breve lo sapranno tutti immagino… Grazie per il gatto, ma devo proprio andare, il lavoro chiama!”
 
Il giovane sfoderò un sorriso di scuse prima di affrettarsi ad uscire dalla cucina, lasciando lo chef a prendere il mestolo per la pastella con la fronte aggrottata, improvvisamente serio.
 
*
 
 
Le note di “Tutto cangia, il ciel s’abbella” riempivano la cabina dalle modeste dimensioni, ma il grosso gatto dal lungo pelo nero e dagli occhi eterocromi non sembrava prestarci attenzione, quasi ci fosse abituato: stava infatti acciambellato su una sedia, gli occhi chiari, uno verde e l’altro azzurro, fissi sulla sua padrona.
Canticchiando la melodia a bassa voce, Elaine stava finendo di vestirsi.
La sua branda era ricoperta dal gran numero di abiti che la giovane strega aveva portato con sé, ma tutto sarebbe presto tornato in ordine con un suo semplice colpo di bacchetta.
Elaine, in piedi davanti allo specchio, si stava ravvivando i lunghi capelli rossi dopo essersi truccata con estrema cura. Un paio di scarpe rosse dalla particolare suola del medesimo colore dotate di un tacco non indifferente stavano sul pavimento, in attesa che dei piedi le calzassero.
 
“Hai visto che bella giornata, Ailuros? E’ davvero una bellissima giornata.”
Le labbra dipinte di un tenue rosa antico della strega si incurvarono in un sorriso mentre, dopo essersi voltata verso di lui dando le spalle allo specchio, allungava una mano per sfiorare con le dita pallide il morbido pelo del gatto, che la lasciò fare senza smettere di guardarla placidamente.
 
Continuando a canticchiare a mezza voce le note del brano rossiniano, la strega sedette sul bordo del letto per infilarsi le scarpe e finire di prepararsi.
Come di consueto, si lanciò un’ultima occhiata allo specchio prima di aprire la porta, controllando di essere in ordine. I suoi capelli ramati, così come il tono acceso delle scarpe che indossava, spiccavano come lanterne nell’oscurità sul costosissimo completo nero che indossava sopra ad una camicia bianca di seta.
“Vieni Ailuros.”
Elaine rivolse un debole cenno al gatto, che come sempre obbedì e, dopo essere balzato giù dalla sedia, la seguì facendo ondeggiare la lunga coda pelosa. La padrona spense il giradischi e, raccolta la propria bacchetta, uscì dalla cabina in compagnia dell’inseparabile animale, che si stiracchiò mentre Elaine lanciava un’occhiata alla porta, chiusa, della cabina accanto alla sua.
 
Si era svegliata molto presto, in effetti, ma aveva passato del tempo stesa sulla branda a rimuginare, osservando la neve cadere placida e silenziosa oltre il finestrino.
Non aveva potuto fare a meno di udire un urlo strozzato, delle imprecazioni e poi dei passi davanti alla sua cabina. Infine, aveva sentito delle voci parlare nella sua lingua riferendosi alla sua vicina di cabina che, a quanto sembrava, era stata disgraziatamente trovata priva di vita.
 
“Su, andiamo a fare colazione. Avrai fame, tesoro.”
Elaine s’incamminò con grazia verso il fondo del vagone con l’enorme gatto al seguito, per niente stupita dal fatto che il treno fosse fermo.
 
 
*
 
 
 
“Conosceva la donna morta, Signor Morningstar?”


Morgenstern. Si, di sfuggita, ma non ho idea del perché si trovasse sul treno. Non l’ho vista a cena ieri, io mangio tardi ed è probabile che avesse già mangiato. Avete mandato un gufo al Ministro?”
Asriel, seduto nella cabina del capotreno, accettò di buona grazia la tazza di caffè – il suo stomaco ancora reclamava la colazione – che il tedesco gli rivolse, guardando il mago annuire prima di lanciare un’occhiata tetra alla distesa di neve in mezzo a cui si trovavano.
“Sì, lei ha fatto altrettanto?”
“Ho scritto al capo del Dipartimento, immagino che ci penserà lui a riferire. Penso che finchè non avremo risposte il treno dovrebbe restare fermo, Signore.”
“I passeggeri non ne saranno felici.”
Asriel aggrottò la fronte prima di bere un sorso di caffè liscio, come a voler dire che dell’opinione dei passeggeri non gliene importava un bel niente, prima di borbottare qualcosa con tono neutro:
“Tra i passeggeri o tra il personale c’è un assassino, Signore, penso che se ne faranno una ragione. Anzi, credo che dovrebbe convocare tutti nel vagone ristorante per spiegare perché il treno si è fermato.”
 
“Come vuole. E’ sicuro che sia stata uccisa?”
“Secondo lei non riconosco i segni dell’Anatema che Uccide? Dovrò requisire le bacchette di tutti, e dico tutti i presenti. E voglio una lista completa dei passeggeri a bordo. La vittima è una persona molto conosciuta, in Inghilterra, la notizia farà scandalo.”
 
Poggiata la tazza ormai vuota sul tavolino di legno, Asriel colse il sospiro cupo e il pallore sul volto del capotreno, ma decise di non farci caso: di certo la Compagnia avrebbe subito perdite molto consistenti dopo una notizia del genere, ma al momento il suo unico interesse era capire cosa fosse successo. E perché quell’arpia della Sutton fosse stata uccisa.

Stava rimuginando sulla scena del crimine quando, dopo aver udito bussare alla porta, un giovane facchino l’aprì rivolgendosi serio al Capotreno in tedesco, comunicandogli che un ragazzo voleva parlare con il “Signor Morningstar”.
 
Per i baffi di Merlino, è MOR-GEN-STERN! Come diavolo fate a sbagliarlo, siete tedeschi, per Morgana!”
“Scusi, Herr Morgenstern, essendo britannico pensavamo…”
“Lasciamo perdere. Chi mi vuole parlare?”
 
Il facchino in divisa si spostò permettendo ad un James sorridente di entrare nella visuale di Asriel, che parve illuminarsi quando scorse un ammasso di pelo color pece tra le braccia del più giovane:
“Zorba, eccoti! Dove ti eri nascosto?”
Asriel rivolse il più amorevole dei sorrisi al gattino quando lo prese tra le braccia, guardandolo fare le fusa mentre James sorrideva soddisfatto, pronto a ricevere le lodi che si era meritato:
“L’ho trovato in cucina, a dire il vero, mi ha fatto dannare!”
 
“Un gatto? Nella cucina del MIO treno?”
 
Ops, non dovevo dirlo
 
James sfoderò un piccolo sorriso di scuse al Capotreno, che parlò con un tono scandalizzato che fece immediatamente voltare Asriel verso di lui. L’Auror più vecchio ridusse gli occhi chiari a due fessure, lanciandogli un’occhiata raggelante prima di sibilare qualcosa a mezza voce:
“Considerando che dovrò togliervi da questo immenso casino, sono sicuro che il mio gatto potrà andare dove gli pare e piace. Corretto?”
“C-certo, Signor Morgenstern.”
“Bene. C’è un medico a bordo?”
“Non che io sappia, ma le farò avere al più presto la lista completa dei passeggeri… Sono piuttosto sicuro che ci sia una certa “Ollivander”, però. Non sono i vostri fabbricanti di bacchette? Magari potrà esservi utile.”
 
*
 
Renée si chiuse la porta della cabina alle spalle prima di infilare le mani nelle tasche dei pantaloni blu polvere del tailleur e lanciando al contempo un’occhiata obliqua al paesaggio innevato che circondava lei e il treno in cui, almeno fino a qualche ora prima, stava viaggiando.
La strega si avvicinò al finestrino e, ravvivandosi distrattamente i capelli biondi sciolti sulle spalle grazie al suo riflesso, udì una voce a lei familiare e dal tono preoccupato esprimere i suoi medesimi pensieri:
“Perché l’avranno fermato, secondo te?”
“Sarà un semplice guasto, che vuoi che sia… sono certa che ripartiremo presto, May.”
 
L’Obliviatrice, dal canto suo, lanciò all’ex compagna di scuola – che aveva incontrato per puro caso la sera prima nella stazione di Berlino, sulla banchina, scoprendo di dover prendere il medesimo treno – un’occhiata dubbiosa mentre si avvicinava a sua volta al finestrino. Tormentandosi la collanina d’oro che indossava sopra al dolcevita nero, May si guardò attorno senza trovare traccia di alcun riferimento particolare: non aveva idea di dove si trovassero, tutto ciò che poteva scorgere era semplicemente ricoperto di neve.
 
“Colazione? Ho davvero fame… non ho dormito molto, ieri notte.”
“Sì. Neanche io, di norma non faccio colazione così tardi… Beh, andiamo, forse potremmo chiedere a qualcuno di darci qualche spiegazione.”
May annuì e, quasi invidiando la calma placida dell’amica, s’incamminò assieme a lei attraverso il vagone della I classe dove Renée alloggiava per raggiungere il vagone ristorante.
“Ah, mi sono scordata di chiedertelo ieri sera, a cena… Come sta la piccola Pearl?”
Renée rivolse un debole sorriso all’amica, che parve scordarsi momentaneamente dei pensieri che l’affliggevano e ricambiò vivacemente:
“Bene, non vedo l’ora di rivederla! L’ho lasciata coi miei genitori, non potendo portarla con me, un po’ già mi manca.”
“Non so davvero come tu faccia, a badare ad una bambina piccola e a far conciliare quella parte della tua vita con il tuo lavoro… per quanto adorabile Pearl sia, ovviamente. Insomma, mi ci vedi?”
Renée aggrottò elegantemente la fronte e rivolse all’amica un’occhiata sinceramente dubbiosa, guardando May trattenere a stento una risatina mentre scuoteva il capo: no, decisamente faticava a figurarsi Renée Olivander, con il suo aspetto sempre impeccabile, i suoi bei vestiti su misura e la passione smodata che nutriva per il suo lavoro, a correre dietro ad una marmocchia.
 
*
 
“Grazie per aver trovato Zorba, ero preoccupato.”
Asriel chinò lo sguardo sul micino che stava facendo le fusa tra le sue braccia, e James si appuntò mentalmente di segnarsi quella data sul calendario prima di sorridere, allegro:
 
“Non c’è di che! Io ho chiuso Alpine nella mia cabina per evitare che scappi, anche se penso che non ne sarà molto felice…”
Il giovane Auror sospirò tetro, preparandosi alla terribile accoglienza che la sua gatta gli avrebbe riservato mentre Asriel, grattando distrattamente le orecchie del suo gattino, gli proponeva di fare colazione:
“Muoio di fame, e gradirei godermi un pasto in santa pace prima che la notizia del… tu sai cosa si diffondi. Al momento lo sa solo il personale, speriamo che non trapeli anche tra i passeggeri.”
“Pensi che dovremmo occuparcene noi?”
“Pf, è ovvio! Giacché siamo qui di certo ci accolleranno le indagini, non ho dubbi. Lo dicevo, io, che prendere il treno era un’idea di merda!”
 
James fece per rispondere, ma si ritrovò a riservare un’occhiata perplessa ad una donna che gli dava le spalle, appena uscita dalla sua cabina in II classe: era la stessa che aveva visto quella mattina, a colazione, a giudicare dalla sciarpa che indossava. Quella a cui Zorba aveva fatto le fusa.
Ora che ci pensava, era molto raro vedere quel gatto essere affettuoso con qualcuno che non fosse il suo padrone.
 
“Asriel, per caso conosci quella ragazza? Zorba le faceva le fusa, quando l’ho trovato… Strano, no?”
Il superiore aggrottò la fronte, perplesso e pensando la stessa cosa mentre la scrutava senza riuscire a scorgerla in volto, considerando che gli dava le spalle e stava chiedendo qualcosa ad un facchino.
Gli occhi chiari e ormai avvezzi ai dettagli di Asriel indugiarono sulla sciarpa gialla e arancione della donna, trovandola sinceramente orribile, e sui suoi capelli scuri, lunghi e lisci.
Ma fu quando vide il facchino congedarsi e allontanarsi che l’Auror scrutò, come scorgendolo solo in quel momento, lo zaino che la strega portava sulle spalle.
 
No. Era assolutamente impossibile.
Doveva essere un caso.
 
Un orribile zainetto di pelle colorato nella maniera più obbrobriosa, con alcune tasche color verde acido e altre fucsia, arancio fluo e turchese.
C’era solo una persona al mondo capace di indossare, alla faccia del buon gusto, un oggetto simile.
 
“Tienimelo un momento, per favore.”
Prima di avere il tempo di dire qualsiasi cosa James si ritrovò di nuovo Zorba tra le braccia. Il gatto miagolò offeso in direzione del padrone e il giovane guardò, sempre più confuso, Asriel attraversare a passi di marcia il corridoio, raggiungere la suddetta strega e prenderla per un braccio.
 
“Noi due adesso parliamo.”
“EHY!”
Sentendosi strattonare per un braccio la strega si voltò, scandalizzata, ma non riuscì a liberarsi dalla presa ferrea di Asriel, che spalancò la porta della sua cabina e quasi ce la trascinò al suo interno, ignorando gli strilli della strega:
 
“Scusate, un uomo grande e grosso mi sta trascinando in una stanza vuota contro la mia volontà! Nessuno ha intenzione di fare niente, davvero?!”
 
James, attonito, seguì la scena senza riuscire a muoversi per alcuni istanti.
Che buffo, anche se l’accento era decisamente strano c’era come qualcosa di familiare, in quella voce.
 
*
 
“AHIA, LASCIAMI SUBITO!”
“Non prendermi per idiota! Cos’è, hai una parrucca?!”
 
Asriel, sbuffando spazientito, afferrò i capelli della strega cercando di toglierle la parrucca, ma lei lo allontanò con una spinta poderosa con uno strillo prima di incrociare le braccia al petto, scoccandogli un’occhiata velenosa:
“Non ho nessuna parrucca, idiota!”
“Se volessi davvero passare inosservata dovresti smetterla di portarti appresso quello zaino che insulta ogni forma di arte e di bellezza concepita dall’uomo, Clodagh!”
“Sei il solito brutto scimmione, Brontolo! Per poco non mi mandi al diavolo la copertura!”
Copertura? Quale copertura, persino una doppia testa sarebbe più facile da camuffare del tuo accento irlandese! Che diavolo ci fai qui?”


Asriel imitò la collega stringendo al petto le braccia muscolose e coperte dalle maniche di tweed della giacca mentre Clodagh, estraendo la bacchetta spazientita, la puntava contro i suoi stessi capelli.
Stavano prendendo una particolare sfumatura ramata, accorciandosi al contempo, quando la porta si aprì e James, più confuso che mai, fece capolino sulla soglia:
“Asriel, ma che succede? … CLO! Ma che ci fai qui?!”
“JJ, ciao!”
La strega sorrise calorosamente al ragazzo, abbracciandolo con entusiasmo mentre Asriel li osservava spazientito, la fronte pericolosamente aggrottata nell’attendere una risposta.
 
Sì, sì, è bello ritrovarsi tutti insieme e appassionatamente per questa scampagnata con omicidio incluso, ma gradirei sapere che cazzo ci fai qui e perché andavi in giro parlando con un accento assurdo – pessimo, oltretutto – e con i capelli neri.”
“Si dia il caso che io sia coinvolta in un lavoro top secret e di grande importanza, Brontolo.”
Clodagh, dandosi una ravvivata ai corti capelli rossi tornati alla loro vera forma, incrociò le braccia al petto e parlò alzando il naso per aria, lanciando al collega un’occhiata di sfida mentre Asriel, sempre più scettico, la guardava senza capire:
 
“Lavoro top secret? Fammi capire, Potter ti ha mandata nel nostro stesso treno e non si è neanche degnato di avvisami? Io lo vado dicendo da anni, che è un idiota!”
“Sono incaricata di controllare una persona che guarda caso viaggia sul treno, tutto qui, è una strana coincidenza, credo. Nemmeno io sapevo che vi avrei trovati, ma ho riconosciuto il piccolo Zorba questa mattina.”
Clodagh rivolse un sorriso affettuoso al gattino, che le si avvicinò miagolando e strusciandosi sulle sue gambe come poco prima mentre James spostava lo sguardo da un collega all’altro, assistendo allo scambio di battute senza osare intromettersi:
“Beh, almeno ora si spiega perché Potter non ci ha assegnati allo stesso caso come al solito. Ma perché ha mandato te? E chi devi controllare?”
Asriel inarcò un sopracciglio, scettico, e guardò la collega e partner di lunga data stringersi nelle spalle:
“Doveva venirci Weasley, a dire il vero, ma gira voce che sua madre sia piombata al Dipartimento con delle lasagne per Potter e che lo abbia convinto a non mandare Ronald…”
“Certo, figurati se manda in missione il cognatino e amico del cuore a Natale! Patetico… Ma si può sapere perché ti sei cambiata i capelli, comunque? Non penso che chiunque tu debba controllare ti conosca abbastanza bene da riconoscerti, e potevi anche essere in viaggio per vacanza.”
Benchè si conoscessero da anni – anche troppi, per i suoi gusti – Asriel aveva la costante sensazione di non riuscire mai ad afferrare e a comprendere fino in fondo le scelte e i pensieri di quella strega bizzarra. Clodagh infatti si strinse nelle spalle con un debole sorriso, guardandolo con aria colpevole:
Oh, beh sai, volevo fare un esperimento per vedere come starei se cambiassi colore di capelli e ne ho approfittato, ma non sono molto convinta, il nero mi incupisce un po’ secondo me… Tu che dici JJ?”
“Mh, sì, stai meglio rossa Clo.”
 
“Mi dispiace interrompere la vostra discussione profonda da salone di bellezza, ma c’è stato un omicidio e soprattutto IO HO FAME. Clodagh, per caso dovevi seguire la Sutton? Perché è stata uccisa ieri notte.”
“No, in realtà no… Ohhh! E se fosse stata uccisa dal mio obbiettivo?!”
Clodagh spalancò gli occhi chiari, ma invece che sembrare inorridita sfoderò un debole sorriso, quasi la prospettiva la emozionasse mentre il collega si stringeva nelle spalle:
“Beh, lo scopriremo. Ma prima dovrai farci l’onore di dirci il nome, di grazia!”
 
“Merlino Brontolo, sei proprio scorbutico! Dovresti bere latte e miele, io lo dico da anni.”
 
*
 
Lenox sedeva con la sua cagnolina Polly, un’adorabile quanto turbolenta Cavalier King Charles Spaniel dal pelo blenheim, sulle ginocchia, carezzandole dolcemente la testa per sopperire al perenne desiderio di coccole della cagnolina.
Tutti i passeggeri del treno erano stati convocati nel vagone ristorante, e ora il mago aspettava aggiornamenti con trepidazione: il treno era fermo da un paio d’ore e sembrava che nessuno ne conoscesse la ragione.
Tutto ciò che sembrava noto ormai a tutti era che una cabina in I classe era stata sigillata, vietando l’accesso persino agli inservienti del treno e destando così un chiacchiericcio non indifferente tra i passeggeri.
 
Finn, seduto dall’altra parte della sala, teneva le braccia strette al petto. Un’espressione accigliata, quasi torva, gli oscurava il bel volto dalla pelle color caffelatte e coperto da un leggero strato di barba non fatta che il mago andò a sfiorarsi sovrappensiero.
Jessa glielo ricordava spesso, di tagliarsela, sfiorandogli il viso con un sorriso divertito ad illuminarle il volto. Non era raro che in assenza dell’amica Finn quasi scordasse di sistemarsela, e in quel momento più che mai si pentì di non averla accanto, incupendosi ancora di più.
Era salito su quel treno solo perché sapeva che ci sarebbe stata anche lei, ma Jessa non l’aveva seguito, decidendo di tornare a casa per le feste.
 
 
Lenox continuava a guardare fuori dal finestrino più vicino, irrequieto, quasi desiderasse che la locomotiva riprendesse a muoversi da un momento all’altro pur sapendo che non sarebbe stato possibile.
Quando un paio di persone, precedute dal Capotreno in divisa, fecero il loro ingresso nel vagone con tutti i passeggeri e i membri del personale presenti l’ex Tassorosso stava già iniziando a sentire una fastidiosa sensazione di calore opprimente, portandolo a sbottonarsi i primi bottoni della camicia che indossava sotto alla giacca.
Fu con lieve sorpresa, in effetti, che scorse la figura a lui nota – e impossibile da non riconoscere, vista la sua stazza non troppo comune – di Asriel Morgenstern, Auror di cui leggeva spesso sulla Gazzetta del Profeta e che soprattutto aveva condiviso con lui i banchi di scuola ad Hogwarts.
Serissimo come suo solito e vestito di tutto punto, era seguito da un ragazzo più basso di una decina di centimetri e visibilmente più giovane di qualche anno che Lenox non conosceva. Di certo aveva un’aria molto più affabile rispetto all’Auror, che scrutava i presenti quasi trapassandoli con lo sguardo.
 
“Mi dispiace per l’inconveniente, immagino che tutti i passeggeri abbiano dei piani da rispettare… ma temo che il treno non ripartirà a breve. Una dei passeggeri della I classe è stata ritrovata morta stamani, e il Ministro tedesco ritiene che non debba ripartire prima di scoprire cosa sia successo… Mi chiamo Asriel Morgenstern, sono un Auror e mi è stato affidato il caso. Verrete tutti interrogati, naturalmente, da me e dal mio collega. Nessuno lascerà la locomotiva finchè non avrò consegnato il colpevole alle autorità tedesche, potete starne certi.”


“Chi è la vittima?”
Finn parlò aggrottando la fronte, serissimo e gli occhi chiari fissi su Asriel, che rispose senza scomporsi mentre mormorii confusi e preoccupati in tedesco, inglese e francese si diffondevano tra i presenti
“E’ una donna britannica, e ho idea che tutti i passeggeri nostri concittadini la conoscano. Alexandra Sutton.”
 
Lenox deglutì e si trattenne dal sbottonarsi completamente la camicia alla presenza del personale e di tutti gli altri passeggeri, Auror inclusi. Iniziava decisamente a fare caldo, lì dentro.
 
 
Delilah, invece, sbuffò sonoramente, spazientita:
“Dovremo passare il Natale QUI, quindi? Porca Morgana, sarà un Natale di merda!”
 
 
 

*: "Che cosa ci fai qui?"
 
 
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Angolo Autrice:
Bonsoir!
Eccomi finalmente con il primo capitolo vero e proprio, mi auguro che lo abbiate gradito 😊
Il prossimo capitolo sarà strutturato come questo, ma è probabile che dal successivo io inizi ad approfondire un OC alla volta, quindi ogni volta vi chiederò di votare tra una piccola lista di personaggi.
Piccola piccola nota: chiaramente quando, ad esempio, Clara e Corinne parlano tra loro immaginatevi che lo facciano in francese, così come quando Asriel parlerà con Ruven o con altri membri del personale del treno, ovviamente in tedesco. Mi piacerebbe essere più realistica, ma penso che scrivere interi dialoghi in altre lingue sarebbe per voi abbastanza disagevole.
Spero che i vostri OC per quel che sono apparsi vi siano piaciuti, in caso fatemelo sapere ovviamente!
 
 
Prima di chiudere, ecco la carrellata di alcuni animaletti dei vostri OC (inauguro la Fiera del Gatto):
 
Loki (Clara)
Loki  
Artemis (Renée)
Artemis  
Neko (Ruven)
Neko  
Alpine (James)
Alpine  
Ailuros (Elaine)
Ailuros  
Kichona-kin (Prospero)
Kichona-kin  
Scottish (Lenox)
Scottish  
Polly (Lenox)
Polly  
 
 
A presto e, ovviamente, buon anno!
Signorina Granger


Ps. Ricordate quando ho detto che non ci sarebbero state coppie? Mentivo, scordavo che la Zoriel è già più che Canon.
   
 
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