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Autore: _Misaki_    02/01/2021    5 recensioni
Tra i grattacieli della moderna Seoul si nasconde l'associazione segreta per cui lavorano Iris, May, Wendy e Lizzy, quattro agenti oberate di lavoro. Al rientro dall'ennesima missione viene subito assegnato loro un nuovo, urgente incarico: recuperare una micro SD che contiene preziose informazioni sulle attività estere di una nota organizzazione mafiosa. All'inizio sembra un gioco da ragazze, ma la situazione si complica quando il nemico, ex collaboratore della loro stessa agenzia, ordina ai propri sottoposti di ucciderle.
Genere: Azione, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 DANGEROUS
 
- Cap. 18 -
 
 
 
 
   Cancùn, 6:35 AM.
 
   Il mattino seguente, Iris si alzò presto e iniziò a prepararsi per l’imminente missione. La sera precedente aveva fatto una telefonata al quartier generale di L per sapere se ci fosse qualche informazione riservata sul territorio che era meglio sapere prima di avventurarcisi. Era risultato che l’isoletta fosse in realtà proprietà privata di un riccastro statunitense, incarcerato già da qualche anno per una montagna di accuse legate ai suoi fondi finanziari illeciti. Che ci fosse un qualche tipo di relazione tra lui e Kang TaeYoo era verosimile in quanto c’erano buone probabilità che l’isola disabitata avesse a che fare con il magnate. Dopotutto non c’è posto migliore di un luogo sconosciuto ai più per nascondere della droga. Ma, in ogni caso, a stabilire che connessione ci fosse tra i due ci avrebbero pensato altri agenti, la loro missione prevedeva solo di catturare Kang TaeYoo e mettere fine al suo traffico di droga.
   Mentre rifletteva su queste considerazioni, Iris si infilò un paio di pantaloncini di jeans e si sistemò in vita la pistola e il pugnale. Poi prese gli orecchini GPS e li posò davanti allo specchio del bagno. Osservò con attenzione il proprio riflesso, aveva un’aria stanca, ma almeno si sentiva ben salda a terra. La sua cervicale sembrava fare giudizio.
   Si pettinò e legò i lunghi capelli in una coda alta per poi lavarsi di nuovo il viso con dell’acqua fredda. Doveva fare in modo di essere ben sveglia e reattiva, la attendeva una giornata difficile. Si asciugò il volto e indossò gli orecchini, controllando che funzionassero a dovere. Dopodiché tornò in camera, prese una camicetta bianca dal taglio un po’ largo, che aveva appeso nell’armadio quando aveva disfatto le valigie, e la indossò. La allacciò e legò tra loro le due estremità inferiori, poi arrotolò le maniche fino ai gomiti. Si specchiò di nuovo, facendosi coraggio, e prese lo zaino che teneva sulla sedia. La sera precedente ci aveva messo dell’acqua, del cibo e altre cose che potevano tornarle utili in caso di emergenza. Infine, si infilò un paio di scarpe da ginnastica e uscì.
   «Ehi, Iris! Dove vai?» subito fuori dalla camera incontrò Lizzy, tutta agghindata, che stava andando a prendere l’ascensore.
   «A lavorare… ieri sera ho provato a chiamarti, ci sono aggiornamenti sul caso.»
   «Ah.» rispose la bionda, un po’ delusa, restando a fissarla. «Che novità?»
   «Forse abbiamo trovato il magazzino.» Iris si guardò intorno. Non c’era nessuno oltre a loro due. «Probabilmente si trova su un isolotto disabitato vicino alla costa. Sto andando a verificare. Vieni anche tu?»
   «Che domande, certo che no! Ormai sono pronta per andare in spiaggia. E poi servirà pure qualcuno che resti a fare la guardia!»
   «La guardia, come no…» protestò Iris.
   «Beh, cara, buona fortuna!» Senza accettare repliche, Lizzy si incamminò spedita verso l’ascensore.
   A quel punto Iris decise di non insistere e andò a bussare alla camera di Wendy. Un attimo dopo la collega aprì la porta.
   «Hello! Pronta per oggi?»
   «Pronta! Ho in programma di tornare prima di sera.»
   «Speriamo vada tutto bene, sono in ansia…»
   «A chi lo dici… semmai, sai dove trovarmi.» Iris le indicò gli orecchini.
   «Mi auguro che funzionino!»
   «Li ho appena testati, funzionano alla perfezione. Tu vai da Dawon?»
   «Sì, tra poco vado. Dov’è Lizzy?»
   «È passata di qui un attimo fa.»
   «Sono qui, orbe!» esclamò la bionda, spuntando di nuovo alle loro spalle. Aveva dimenticato la crema solare in camera. «Che fatica questa missione, ragazze! Non so voi, ma io ormai sono giorni che me ne sto appostata in spiaggia sotto al sole cocente!» disse, dopo essere uscita di nuovo dalla camera. «Kang-coso è scomparso. Volatilizzato! Sparito! Quindi nel frattempo ho deciso di divertirmi un po’, non preoccupatevi se non mi trovate al solito ombrellone, sono da Pablo. Ci si vede!» salutò le altre con un cenno della mano per poi andarsene di nuovo.
   «Appostata un cavolo…» protestò Wendy.
   «E adesso chi è Pablo?» chiese Iris.
   «Come minimo un povero malcapitato adescato ieri sera che nemmeno si chiama così!»
   Iris fece un lungo sospiro di esasperazione.
   «Bene, direi che è ora di andare. Ci vediamo più tardi, ok? Stai attenta.» concluse Wendy.
   «Ok, a più tardi!»
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Wendy prese un taxi per andare in ospedale, mentre Iris si recò in spiaggia, dove un signore noleggiava barche per turisti. Entrò sotto al gazebo adibito alle prenotazioni e si avvicinò al bancone, cosparso di volantini pubblicitari sui corsi di barca e di windsurf.
   «Salve, vorrei noleggiare una barca a motore, non troppo grande, una cosa semplice per girare nei dintorni, diciamo.»
   «Veramente… l’ultima l’abbiamo noleggiata proprio pochi minuti fa.»
   «Ah, capisco. Ci sono altri posti che le affittano da queste parti?»
   «Umm… non sono proprio nelle vicinanze, il primo è a sette chilometri da qui.»
   Iris stava per chiedere ulteriori informazioni, quando si sentì picchiettare sulla spalla. Si girò e si ritrovò di fronte Taeoh che la guardava con un sorriso innocente stampato in volto.
   «Ti serve un passaggio?»
   «Che ci fai qua?» chiese lei, in tono di rimprovero.
   «Lo so, lo so, ti avevo promesso che me ne sarei stato a casa, ma ho le mie buone ragioni.»
   «Ah!» esclamò sorpreso l’uomo dietro al bancone, aggiustandosi gli occhiali sul naso «È proprio lui quello a cui ho affittato l’ultima barca!»
   «Capisco… lo conosco, quindi mi metterò d’accordo con lui. La ringrazio per le informazioni, arrivederci!» Iris uscì dal gazebo trascinando fuori Taeoh per la mano.
   «Ehi…» disse lui, liberandosi dalla presa «Non ci sono altre barche, quindi volente o nolente devi portarmi con te.»
   «Taeoh.» La ragazza lo guardò dritto negli occhi e fece un lungo sospiro «Mi sembrava di essere stata chiara ieri sera… quel posto è pericoloso.»
   «Lo so. Comunque, dove sono le tue colleghe?»
   «Non ci sono.»
   «Mi hai mentito? Non dovevi andare con loro?» questa volta fu lui a biasimarla.
   «Non ti ho mentito, non sono potute venire.»
   «E tu stavi per andarci lo stesso. Da sola. I patti erano altri... avrai anche le tue preoccupazioni ma pure io ho le mie.»
   «Dai, non insistere. Se sono solo io in qualche modo me la posso cavare, ma non sono sicura di riuscire a proteggere anche te nel caso in cui ci trovassimo nei guai.»
   «E infatti non ho nessuna intenzione di scaricarti questa responsabilità! So badare a me stesso. Sono cintura nera di taekwondo, ho fatto boxe per anni e so anche sparare. Insomma, lo sai che in Corea il servizio militare è obbligatorio!» Taeoh si giocò il tutto per tutto, cercando di giustificare in qualche modo le proprie abilità per non insospettirla.
   «E quanti anni fa l’avresti fatto?» chiese dubbiosa Iris, calcolando che potevano esserne passati quasi dieci.
   «Insomma, non puntualizzare… a volte vado al poligono con gli amici, non mi sono dimenticato come si fa, ok?»
   «E va bene. Mi pare di capire che non ci sarà modo di farti cambiare idea.»
   «No, infatti. Andiamo, la barca è di qui.»
   «Aspetta. Visto che sai sparare, tieni questa.» Iris gli mise in mano la pistola.
   Taeoh ebbe un attimo di esitazione, aveva anche lui una pistola e, se si fossero trovati davanti Buffy e James, Iris avrebbe potuto trovarsi in difficoltà senza la sua, però, se avesse rifiutato, la cosa sarebbe risultata sospetta, perciò decise di accettare. Prese la pistola e fece strada fino alla barca.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Wendy era arrivata in ospedale e all’ingresso aveva incrociato Daeju, il quale stava per tornare a casa.
   «Ehi! Com’è andata stanotte?» gli chiese in modo allegro.
   «Ciao! Sembra bene. Ora è con l’infermiera nuova, vai pure a trovarlo.»
   «Infermiera nuova?»
   «Sì, una ragazza giovane, abbastanza carina… beh, io vado ora. Ci vediamo.»
   “Allora che ci sto a fare io se c’è una ragazza giovane e carina?” pensò Wendy tra sé e sé. «Ciao! Buona giornata.» lo salutò.
   Arrivata al primo piano, Wendy sentì dei rumori provenire dalla camera di Dawon e il ragazzo che urlava «Piano! Piano!». Un po’ preoccupata, accelerò il passo, bussò alla porta e vi si affacciò.
   «Posso?»
   Una ragazza sulla ventina, di statura minuta e dai capelli di un rosso sgargiante legati in una lunga treccia, stava cercando di alzare lo schienale del letto di Dawon stando praticamente sopra di lui e schiacciandogli in faccia il suo decolleté.
   «Ho interrotto qualcosa?» chiese Wendy, sentendo immediatamente accendersi la fiamma della gelosia.
   «Ma dov’è la leva?» continuò imperterrita l’infermiera, evidentemente alle primissime armi e anche un po’ maldestra, infilando le mani ovunque.
   «No, ehi! ferma!» si lamentava Dawon, cercando di liberare la testa.
   «Hello?» ripeté Wendy, alzando un po’ la voce. «Serve una mano?»
   «Wendy, per favore, falle vedere tu come si alza lo schienale!» implorò Dawon, ormai prossimo al soffocamento.
   «Ma non è nemmeno infermiera!» protestò la rossa.
   «Sì…» Wendy si avvicinò allo schienale, tirò la leva e lo reclinò in avanti «Così va bene?»
   «Oh, meglio!» disse Dawon, spingendo via l’infermiera col braccio sano e riprendendo fiato.
   «Ok, per ora ho finito!» esclamò la ragazza, come se avesse risolto lei il problema «A dopo ciccino!» uscì dalla stanza facendo l’occhiolino a Dawon.
   «Ciccino?» chiese Wendy.
   «Sì, è una nuova infermiera arrivata stamattina. È un po’ imbranata.»
   «Awww! Povero ciccino!» lo prese in giro lei, strizzandogli le guance «Pensavo fosse la tua nuova fiamma, sicuro che non vi ho disturbati?» Wendy cercò di buttarla sul ridere, ma per qualche motivo vedere quella ragazza avvinghiata a Dawon le aveva dato estremamente fastidio. Era convinta di sentirsi solo in colpa nei confronti del ragazzo, invece, pensandoci bene, la sera prima era stata a trovarlo anche se non era necessario e quella mattina si era svegliata presto solo per stare di nuovo tutta la giornata con lui. Tutto lasciava pensare che si fosse presa una bella cotta per Dawon, ma non poteva certo dirglielo apertamente, anzi, non poteva nemmeno ammetterlo a se stessa. E poi distrarsi per queste sciocchezze era un rischio per la riuscita del proprio lavoro.
   «No! Che nuova fiamma!? Ha fatto tutto da sola, io stavo solo per soffocare!» si giustificò il ragazzo, che aveva notato molto bene il disappunto di Wendy.
   «Seh, certo.» la ragazza prese posto sulla sedia vicino al letto.
   «Senti, per caso sai se passerà di qua anche Taeoh oggi? Non l’ho ancora sentito.» di solito Dawon e Taeoh si tenevano costantemente in contatto, ma da quando lui era entrato in ospedale, Taeoh era stato piuttosto indaffarato a indagare. La sera precedente gli aveva parlato delle brutte intenzioni di Buffy e James e gli aveva detto che li avrebbe seguiti a vista d’occhio, ma da allora Dawon non aveva più ricevuto aggiornamenti ed era ansioso di sapere se c’erano novità.
   «No, non ne ho la più pallida idea. Ieri sera però l’ho lasciato con Iris quando sono venuta qui.» rispose Wendy, rimanendo sul vago.
   «Davvero? Non me ne aveva parlato.»
   «In ogni caso non l’ho più visto neanch’io, quindi non saprei.»
   «Colazione!!!» esclamò euforica la stessa infermiera di prima, entrando in camera con un vassoio. «Oggi per il nostro orsacchiottone abbiamo latte e cereali!»
   «Orsacchiottone?» esclamò Wendy, non riuscendo a trattenere le risate.
Dawon sarebbe voluto scomparire per la vergogna.
   «Senti, Maria…» ci pensò un attimo prima di riuscire a ricordarsi il cognome dell’infermiera «Ramirez. Ti dispiacerebbe lasciare tutto sul tavolo e andare?»
   La ragazza lo guardò perplessa, con in mano già un cucchiaio per imboccarlo, così Wendy cercò di aiutarlo a salvarsi da quella situazione.
   «Senta, infermiera, mi farebbe il favore di smettere di chiamare con quei nomignoli ridicoli il mio fidanzato?»
   «Fidanzato? Mah, come vuole signorina…» Maria Ramirez posò il cucchiaio sul vassoio e se ne andò.
   «Wow, essere il tuo ragazzo mi salva da un sacco di guai! Mi piace questa cosa!» esclamò Dawon.
   «Non abituartici, appena uscirai da qui sarai di nuovo single.»
   «Peccato, mi piaceva essere viziato. Senti, tu hai già mangiato? Sennò potresti prendere qualcosa al bar di sotto e mangiarlo qui con me. Io non posso fuggire al momento, Maria Ramirez mi osserva!»
   «D’accordo, vado. Ma che sia chiaro, non sono una schiava. Ti faccio compagnia solo perché ti ho sulla coscienza.»
   «No, tranquilla, quando uscirò da qui ripagherò il favore.»
   Wendy sollevò il panda gigante dal comodino e lo lanciò a Dawon. «E vedi di trovargli un nome!» poi uscì a comprare la colazione. Wendy si rese conto troppo tardi di essere stata di nuovo scortese. Dawon si era preoccupato che anche lei mangiasse qualcosa e le aveva chiesto di nuovo di farle compagnia, eppure lei si era sentita a disagio e aveva agito d’istinto, accusandolo per nulla. Forse, però, era meglio così, se avesse iniziato a trattarlo troppo bene lui avrebbe anche potuto farsi illusioni sul suo conto e lei non aveva intenzione di cedere. Era fermamente convinta che ci volesse ben altro per conquistare il suo cuore.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
   Nel frattempo, Iris e Taeoh avevano quasi raggiunto l’isola. Arrivati a qualche metro dalla costa, spensero il motore e si avvicinarono con i remi fino a una distanza in cui l’acqua arrivava circa al ginocchio. A quel punto sarebbe toccato scendere in mare per spingere l’imbarcazione sulla spiaggia. Iris fece per alzarsi, ma Taeoh la bloccò immediatamente.
   «Ferma! Dove pensi di andare tu?»
   «A spingere la barca...» rispose lei, con aria confusa.
   «Ci penso io, non devi sforzare la schiena.»
   «Sì, ma-»
   «Ma è il tuo lavoro eccetera, eccetera. Non importa, non morirò per così poco. Prendilo come un favore.»
   «Va bene…» si arrese lei.
   A lavoro compiuto, Iris si sedette sul bordo dell’imbarcazione, ma, prima che potesse saltare sulla sabbia, il ragazzo le porse la mano per aiutarla a scendere.
   «Taeoh… ho solo ogni tanto le vertigini, non sono decrepita. Posso scendere da sola da un metro scarso di barca.» protestò pacatamente. Ricevere tutte quelle attenzioni la stava facendo sentire a disagio. Non perché le dessero fastidio, anzi. Ma era abbastanza sicura che non significassero nulla, che fossero solo parte del modo di fare di Taeoh, che, come amico, semplicemente si preoccupava per la sua salute. Mentre per lei ogni volta era una lotta contro se stessa, un mettere freno ai propri sentimenti e ricordarsi che, anche nella improbabile ipotesi in cui fosse ricambiata, non doveva innamorarsi di lui. Non poteva permetterselo, non voleva esporlo a rischi inutili.
   «Ok, scusa. Volevo solo essere gentile, non farti sentire decrepita.» rinunciò lui a galanteria rifiutata, realizzando che forse stava un po’ esagerando. In fondo Iris sembrava stare bene.
   «Va bene, va bene. Andiamo a dare un’occhiata in giro. Mi raccomando, restami vicino e non perderti.»
   «Agli ordini!»
 
   Come aveva detto la veggente, l’isola era piuttosto piccola. Dopo pochi metri di spiaggia cominciava una fitta foresta di alberi che cospargeva tutto il territorio, impedendo di scorgere se ci fosse altro più avanti.
   I due si addentrarono nella foresta e camminarono per diversi minuti senza trovare nulla. Gli alberi coprivano la luce e le erbacce ostruivano gran parte del cammino. Ad un certo punto si ritrovarono di fronte a uno spiazzo, al centro del quale si ergeva a fatica una casetta di legno dall’aspetto precario.
   «Lo sapevo che c’era qualcosa! Altro che disabitata!» esclamò Iris, contenta di aver verificato le proprie teorie.
   La ragazza si avvicinò cautamente e sbirciò attraverso la finestra per vedere se dentro ci fosse qualcuno. Subito notò che anche Taeoh stava facendo lo stesso. Almeno all’apparenza la casa era vuota. Il ragazzo la precedette nel raggiungere la porta e cercò di aprirla.
   «Per essere una catapecchia ha un bel lucchetto… hai una forcina?»
   «Dove le hai imparate certe cose?» chiese Iris. Temeva che Taeoh volesse giocare a fare l’agente. «Ci penso io.» Iris prese una delle forcine che aveva nascosto tra i capelli e scassinò il lucchetto, ma, appena fece per entrare, Taeoh glielo impedì, parandole un braccio davanti. L’agente lo guardò con aria confusa e cercò di fermarlo, ma ormai lui aveva già varcato la soglia, tenendo puntata davanti a sé la pistola che gli aveva prestato la ragazza. Iris mantenne il silenzio finché non ebbero appurato che la casa fosse assolutamente deserta, dopodiché non poté più trattenersi.
   «Taeoh!» lo rimproverò di nuovo. «Lo vuoi capire che non è un gioco? Se ci fosse stato qualcuno nascosto qui dentro che avresti fatto? Di questo passo mi farai morire d’infarto.»
   «Lo so che non è un gioco, per questo non ti avrei mai mandata avanti disarmata. Ti ricordo che ho io la tua pistola.»
   «Sì, ma chi è che sta lavorando qui tra i due?»
   «Tu. Hai ragione. Però se vuoi fare da sola almeno riprenditi questa.» le passò la pistola.
   «Non se ne parla neanche. Se dovesse succedere qualcosa tienitela stretta e scappa.»
   Per un attimo Taeoh credette di stare per impazzire. Non aveva affatto bisogno di essere protetto, anzi, era Iris che lo preoccupava, perché se per caso avessero incontrato Buffy e James o qualsiasi altro malintenzionato non avrebbe potuto combatterli ad armi pari. Allo stesso tempo, capiva la preoccupazione della ragazza, ma non poteva rassicurarla dicendole la verità, sarebbe stato controproducente. Doveva inventarsi al più presto qualcosa.
   «Il fatto è che… ho lavorato nell’esercito per diversi anni. Quindi davvero, sono pronto a qualsiasi evenienza. Non c’è motivo di preoccuparsi, anzi, posso persino esserti utile in questa situazione.» finalmente il suo cervello aveva elaborato una scusa plausibile. Nonostante ciò, Iris, con quel sopracciglio alzato e l’espressione corrucciata, aveva tutta l’aria di chi non se l’era bevuta affatto.
   «Fidati di me. Solo per questa volta, ok?» la implorò.
   La ragazza fece un lungo sospiro e decise di rassegnarsi. Dopotutto, fin dall’arrivo sull’isola, le era sembrato che Taeoh seguisse uno schema ben preciso, come se sapesse esattamente come muoversi in situazioni del genere, perciò stava iniziando a pensare che potesse esserci un fondo di verità in ciò che le aveva appena raccontato.
   «E va bene. Tieni d’occhio se arriva qualcuno, io controllo il resto.»
   Senza perdere tempo, Iris tornò a concentrarsi sul lavoro e iniziò a perquisire da cima a fondo la catapecchia. Non sembrava esserci nulla di strano. A sinistra c’era un vecchio armadio con all’interno un paio di coperte polverose e utensili di vario genere. Al centro un tavolo di legno su cui erano state abbandonate delle normalissime carte da gioco e, intorno a quest’ultimo, quattro sedie. L’agente si avvicinò all’unica porta presente nella stanza oltre a quella d’ingresso. Come prima, aprì la serratura usando una forcina.
   La porta dava su un ripostiglio, buio e senza finestre, stracolmo di scatoloni impilati uno sopra l’altro. Iris ne prese uno e, col pugnale che aveva portato con sé, lacerò il nastro adesivo da imballaggio per verificare cosa contenesse. Alla vista di alcune bustine contenenti una ben nota polverina bianca, le sue labbra si incurvarono in un mezzo sorriso. I sospetti erano fondati: quello era il vero magazzino di Kang TaeYoo.
   «Arriva qualcuno…» avvertì sottovoce Taeoh, che era rimasto a fare la guardia fuori dal ripostiglio.
   Iris nascose in fretta lo scatolone aperto sotto ad altri ancora intatti e richiuse la porta con il lucchetto.
   «Dalla finestra!» suggerì il ragazzo, sicuro che le persone arrivate sull’isola avessero quasi raggiunto la porta d’ingresso, dal lato opposto della stanza.
   L’agente scavalcò velocemente il davanzale, seguita a ruota da Taeoh, e fece cenno al ragazzo di nascondersi dietro alla folta vegetazione che circondava l’intera isola, dalla spiaggia fino a pochi metri dalla casa.
 
   Nel frattempo, due uomini erano entrati nel magazzino. Si lamentavano ad alta voce per aver trovato il lucchetto scassinato e giravano per tutta la stanza con passo pesante, controllando che non ci si stesse nascondendo qualcuno, cosa improbabile vista la quasi totale mancanza di arredamento. A giudicare dalla lingua dovevano essere messicani.
   «O qualcuno è stato qui, o quel coglione ha dimenticato di nuovo di chiudere!» esclamò uno dei due. Dal tono di voce sembrava più arrabbiato che preoccupato. Evidentemente era già successo che qualcuno di loro si dimenticasse di richiudere la porta col lucchetto.
   «Cazzi suoi! Noi facciamo solo da corrieri, non possono dirci nulla. Pigliamo la roba e andiamo.»
   «Ma sì, vaffanculo!»
   I due aprirono il ripostiglio, presero quattro o cinque scatoloni da portare a terra e lasciarono la casa, dando un calcio alla porta per richiuderla.
 
   «Andiamo a prendere la nostra barca e seguiamoli.» ordinò Iris, con l’intenzione di scoprire dove stessero portando la merce. Il fatto che non si fossero accorti dell’imbarcazione di Iris e Taeoh sulla riva giocava a vantaggio di questi ultimi.
   I due si affrettarono ad attraversare il bosco e raggiunsero la spiaggia. Una volta arrivati, tuttavia, trovarono soltanto una distesa di sabbia.
   «Dov’è finita la barca? Era qui un attimo fa!» esclamò Taeoh, preoccupato.
   «Com’è possibile?» anche Iris era incredula. «Non possono essersela portata via quei due! Sono andati in un’altra direzione.»
   La ragazza esaminò con attenzione i segni sulla sabbia. A pochi passi dai solchi lasciati dalla loro barca c’erano i segni di un’altra imbarcazione e anche le impronte per terra erano mischiate a quelle di altre persone.
    «Guarda.» continuò l’agente, abbassandosi per esaminare le tracce da vicino. «Dalla misura si direbbero scarpe da uomo, ma non mi sembrano le tue.»
   Taeoh provò a confrontarle con i solchi lasciati dalla suola delle proprie scarpe.
   «Già, sono completamente diverse.»
   «Non sembrano di altre due persone differenti?»
   «Umm…» anche Taeoh si abbassò per osservarle da vicino. «Già, in tutto ci sono quattro impronte diverse, due sono le nostre e le altre, chissà… che i messicani si siano accorti della nostra barca appena arrivati sull’isola e l’abbiano fatta sparire?»
   «Non sembravano sospettare di nulla, ma non è da escludere che stessero fingendo. In ogni caso l’inseguimento ormai è fuori discussione.»
   «E se invece fossero ancora sull’isola e ci stessero cercando?»
   «Beh, un modo per scoprirlo c’è. Facciamo un giro dell’isola, non dovrebbe volerci molto. Se siamo fortunati potremmo trovare la nostra barca e magari anche la loro.» Propose la ragazza.
 
   Nemmeno un’ora dopo, Iris e Taeoh avevano già percorso tutto il perimetro.
   «Bene, ci hanno fregato la barca, ora ne sono certo!» disse Taeoh, in un tono tra l’amareggiato e l’arrabbiato.
   «Già, e i solchi lasciati dall’imbarcazione dei messicani erano piuttosto distanti dalla nostra. Questo vuol dire che fino a poco fa c’era qualcun altro che girava indisturbato sull’isola.» constatò Iris. Se le impronte trovate prima erano di scarpe da ginnastica, quelle dei messicani sembravano più simili a ciabatte da spiaggia, non erano stati loro a rubare la barca.
   Nel frattempo, il cielo si era annuvolato e si era alzato un forte vento. Anche il mare si era increspato e le onde sbattevano rumorose contro la battigia, inghiottendo morsi di sabbia. Improvvisamente qualche goccia di pioggia cominciò a cadere dal cielo. Stava arrivando un temporale.
   Iris controllò il display del telefono.
   «Ovviamente non c’è campo.» disse, rassegnata. Se lo aspettava.
   «Siamo bloccati qui con una tempesta in arrivo. Grandioso, semplicemente grandioso.» ironizzò Taeoh. «Torniamo alla casa, non vedo altre soluzioni. Se non altro con la tempesta in corso nessuno verrà in questo postaccio.»
   «Sì, non ci resta che aspettare. Wendy sa che siamo qui, verrà sicuramente a cercarci quando il mare si sarà calmato.»
   «Bene, allora andiamo, sbrighiamoci.» concluse Taeoh, affrettandosi a riattraversare il bosco. Aveva già iniziato a piovere più forte.
 
    «Non c’è un bel niente in questo rifugio!» esclamò Iris, in cerca di qualcosa per asciugarsi dalla pioggia che, nel tragitto fino alla casa, aveva completamente inzuppato sia lei sia Taeoh. La camicetta bianca che aveva indosso da quella mattina le si era mezza appiccicata addosso, dando luogo a un fastidioso e umidiccio vedo non vedo.
   «Se non altro non ci serve granché, basta che stiamo al riparo dalla pioggia. Fino a domattina sopravvivremo senza proble- eh- tchù.» mentre parlava, Taeoh era intento ad accendere una lampada elettrica trovata in un angolo della stanza. Ormai era pomeriggio inoltrato e, un po’ anche a causa delle nuvole scure che coprivano il cielo, si stava facendo buio.
   «Tieni questo, ti prenderai un raffreddore.» Iris raggiunse il ragazzo vicino al tavolo e gli porse l’unico asciugamano che aveva portato con sé nello zaino per le emergenze preparato quella mattina.
   Taeoh si asciugò un po’ i capelli.
   «E tu?»
   «Sto bene così.»
   «Fradicia in quel modo? Vieni qui, non pensare di svignartela.» Taeoh la tirò a sé per una mano e le posò l’asciugamano in testa, sfregandole i capelli bagnaticci. «Sei gelata.»
   «Le mie mani sono sempre gelate. Sto bene, davvero. Tu piuttosto, vuoi qualcosa da mangiare? Ho sentito la tua pancia brontolare fin qui.»
   «Solo se ti asciughi per bene. Altrimenti faccio lo sciopero della fame! Sei troppo altruista, accidenti, al limite dell’abnegazione.»
   «Mi asciugo, mi asciugo. To’, ho pure il cambio.» replicò lei, passandosi l’asciugamano sul collo e tirando fuori una felpa dallo zaino.
   «C’è veramente di tutto lì dentro. Sembra la borsa di Mary Poppins!» Taeoh sollevò lo zaino da terra e lo appoggiò sul tavolo. «E pesa anche una tonnellata! Come te lo sei portata dietro tutto il giorno?»
   «Allenamento, tanto allenamento.» scherzò lei «Ma se ora mangiamo si svuoterà. Tieni, ho anche un paio di bottigliette d’acqua.» Iris tirò fuori l’acqua e qualche tramezzino preconfezionato. «Comunque, puoi girarti un attimo?»
   «Uhm? Perché?»
   «Mi voglio cambiare.»
   «Ah, sì, scusa.»
   Taeoh si voltò dall’alta parte, così Iris poté sfilarsi la camicia e indossare la felpa asciutta.
   «Fatto.» lo avvertì, appoggiandogli l’asciugamano sulla spalla. «Questo non mi serve più.»
   «Oh, ok.» questa volta Taeoh si tenne l’asciugamano senza fare obiezioni, tamponandosi un po’ la maglietta bagnata.
 
   I due mangiarono con calma, seduti al tavolo di legno. Fuori la tempesta non accennava a smettere.
   «Cavoli, quanto piove...» disse Taeoh.
   «Già, entra pure dalla finestra!» Iris notò che l’acqua stava creando una pozza sul pavimento e si alzò per cercare qualcosa con cui fermarla. Nell’armadio trovò un vecchio straccio stropicciato e lo stese lungo il davanzale. Proprio in quel momento un tuono rimbombò con grande frastuono, facendo tremare i sottili vetri del rifugio, e la fece sobbalzare. Come per riflesso, un capogiro un po’ più forte degli altri le fece perdere l’equilibrio.
   «Tutto ok?» le chiese Taeoh, che nel frattempo l’aveva raggiunta, permettendole di appoggiarsi a sé e mettendole un braccio intorno alla vita come per sorreggerla.
   «Sì, solita seccatura.» Iris chiuse gli occhi e aspettò qualche secondo. Recuperato l’equilibrio, rivolse lo sguardo verso Taeoh. Aveva i capelli arruffati e l’asciugamano ancora mezzo umidiccio sulle spalle. Quella notte avrebbe potuto starsene tranquillo e al riparo nella sua stanza d’hotel, invece per non lasciarla da sola si era ritrovato su un’isola deserta in mezzo a una tempesta. Eppure, per quanto le sembrasse sbagliato, era contenta che fosse lì con lei. La sua presenza stava rendendo molto più leggera quella missione e in un certo senso la rassicurava. Non riusciva più a distogliere lo sguardo e a rinunciare a quel lieve contatto fisico. Avrebbe tanto voluto restarsene un po’ accoccolata tra le sue braccia, ma la verità era che l’aveva di nuovo messo in pericolo e il solo formulare un pensiero del genere le sembrò egoista.
   «Passato?» le chiese Taeoh, riportandola alla realtà.
   «S-sì.» Iris arrossì e tolse immediatamente la mano dal suo braccio. Solo in quel momento anche Taeoh annullò il contatto fisico tra i due.
   «Accidenti a questo rifugio del cavolo. Non c’è neanche un posto dove stendersi un attimo!» protestò lui guardandosi intorno, in cerca per l’ennesima volta di un minimo di comfort che evidentemente non poteva esserci in quella catapecchia vuota e malridotta.
   «Mi dispiace. Ti ho messo di nuovo nei guai.»
   «Nah, sarei stato più in pensiero a restarmene in hotel.» rispose sinceramente lui, avviandosi verso il lato opposto della stanza, dove il pavimento era asciutto. «Vieni a sederti. Meglio il pavimento della terra se non altro.»
   Iris lo seguì e si sedette accanto a lui, con la schiena appoggiata al muro.
   «Taeoh…» richiamò la sua attenzione, facendosi più seria «Tu sapevi tutto già da prima, vero?»
   «In che senso?» chiese lui, preso un po’ alla sprovvista. Il suo cuore perse un battito. Lo aveva scoperto? Che fosse stato un pessimo attore era certo, ma perché non era arrabbiata se aveva scoperto la verità?
   «Che io, Wendy e Lizzy siamo agenti segreti. Lo sapevi anche prima di oggi, no?»
   «A-aspetta, perché me lo stai dicendo? Così, all’improvviso.» domandò di nuovo Taeoh.
   «Beh, non vedo come potrei tenertelo nascosto dopo che ti ho portato su un’isola deserta a inseguire degli spacciatori.»
   «In effetti… mi dispiace di averti messa alle strette insistendo per venire.» in quel momento Taeoh si rese conto che era stato sciocco pensare che seguirla durante le sue indagini non avrebbe portato a conseguenze. In più aveva commesso tutta una serie di errori: anche il più stupido degli stupidi si sarebbe fatto due domande se gli avessero messo in mano una pistola prima di salpare per chissà dove, ma lui, sapendo già tutto fin dall’inizio, non aveva minimamente pensato a come avrebbe dovuto reagire per sembrare ignaro dei fatti. Era logico che Iris se ne fosse accorta.
   «Non sentirti in colpa. Dopo quello che è successo a Dawon io e le mie colleghe abbiamo pensato più volte di mettervi al corrente della situazione, ma avevamo paura che potesse mettervi in pericolo più che proteggervi.»
   «Credi che quello che gli è successo c’entri col vostro caso?»
   «Non ne sono certa, ma non posso nemmeno escluderlo.»
   «Capisco.» a quanto pareva nemmeno le agenti avevano scoperto nulla sul mandante della sparatoria, ma, nonostante ciò, per tutto questo tempo si erano segretamente preoccupate dell’incolumità di Dawon e degli altri ragazzi.
   «Gli altri lo sanno?»
   «Non credo.» mentì Taeoh. «Dopo quello che Wendy ha detto a Dawon eravamo tutti convinti che foste agenti di polizia in vacanza. Certo, una vacanza un po’ strana…»
   «Uhm.» ci rifletté lei. «Non dirlo a nessuno allora. Non credo che l’uomo a cui stiamo dando la caccia sappia chi siamo, ma se per errore si spargesse la voce sareste i primi a subire le conseguenze dei suoi atti intimidatori. In questo momento siete le persone più vicine a noi, le uniche con cui abbiamo un legame, e non potrei mai perdonarmelo se vi succedesse qualcosa… soprattutto a te.»
   Ci fu una breve pausa di silenzio. La pioggia era aumentata di intensità e scrosciava rumorosamente contro il tetto di legno.
   «Scusa.» riuscì solo a rispondere Taeoh. Si sentiva terribilmente in colpa. Per quanto Iris si stesse impegnando a mantenere le distanze era evidente provasse qualcosa nei suoi confronti. Ed era stato lui a illuderla, ad avvicinarla a sé giorno dopo giorno e a pretendere la sua fiducia nonostante non potesse nemmeno garantirle che in futuro non le avrebbe fatto del male. Aveva egoisticamente insistito per seguirla, costringendola a rivelargli in prima persona una verità che già conosceva. Ma lui era la persona peggiore a cui potesse rivelarla, l’assassino che avrebbe dovuto ucciderla e che aveva dato inizio a questa messa in scena fin dall’inizio. E ora Iris era lì davanti a lui, su un’isola deserta, senza armi e senza difese, a scoprire tutte le proprie carte rendendosi vulnerabile. Se non era fiducia quella. In circostanze normali avrebbe semplicemente pensato che fosse una stupida ingenua e l’avrebbe uccisa senza batter ciglio, ma anche per lui, ormai, non era più una qualsiasi, era lei e non poteva fare a meno di sentirsi un essere spregevole e un bastardo a mentirle così.
   «Per cosa?» chiese Iris, interrompendo i pensieri del ragazzo.
   «Ah, niente.» Taeoh si limitò a rivolgerle un mesto sorriso di scuse e diresse lo sguardo alla finestra. «Piove ancora.»



Fine cap. 18
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   Ciao a tutti e buon anno! ^^
  E così alla fine Iris sull'isola non ci è andata da sola... mi sa che dopo la cotta di Wendy anche Iris l'abbiamo persa! XD E Taeoh coi suoi sensi di colpa si sta avvicinando al prendere una decisione drastica. Ma chissà perché gli dispaice così tanto ingannarla proprio non saprei... ormai lo sanno tutti tranne lui hehehe :3
   Beh, che dire, alla prossima! Ci saranno presto novità anche su May e Shion!


Misa

 
  
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