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Autore: Mercurionos    04/01/2021    1 recensioni
ULTIMO CAPITOLO: Alba e Cenere:
E lì, nell’ombra silenziosa e fredda,
sotto lo scampanellio della pioggia,
Vegeta volse lo sguardo alle proprie spalle,
e la vide.
L'Impero Galattico di Freezer, tirannico dittatore di tutto ciò che esiste: un periodo oscuro e inenarrato. Il rinnovato nucleo dell'impero attende tre guerrieri saiyan, gli ultimi della propria specie, predestinati a mostrare il proprio valore all'Universo. A partire dagli ultimi giorni del Pianeta Vegeta, fino a quel fatidico 3 Novembre, e oltre, nel massimo rispetto del magnifico Manga di Akira Toriyama.
Parte di "Dragon Ball: Sottozero", la vita dell'eroe che non abbiamo visto crescere.
Genere: Avventura, Comico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Freezer, Nappa, Nuovo personaggio, Radish, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dragon Ball - Sottozero'
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Capitolo 19 – SVU: Saiyan Victims Unit, Parte 4 – Anno 2, 1/5 Germinale
 
“Gladyolo!”
“Che c’è, hai trovato qualcosa?”
“È meglio se vieni a vedere.”
Una volta accompagnato il ragazzo biondo nel salotto, Radish lo fece sedere proprio nel punto in cui si era accomodato lui stesso qualche istante prima. Gladyolo continuò a fissare confuso il compagno: “Che… devo fare qui?”
“Guarda in avanti.”
“Va bene.” Il sopracciglio sinistro di Gladyolo cominciò ad inarcarsi sempre di più.
“Lo vedi?”
“No.” La fronte del ragazzo si stava corrugando nervosamente, simile alla pelle piena di pieghe di un batracchiolo rospotente. Non ne avete uno in casa? Strano.
“Guarda il foro sulla finestra.”
 
Gladyolo focalizzò lo sguardo sulla grande lastra di vetro, attraversata da miriadi di crepe a causa della ‘brillante dimostrazione empirica’ di Vegeta. Un piccolo scintillio filtrò in quel momento dalla fessura rotonda e abbagliò il principe di Pyaneta. Incuriosito, Gladyolo si scansò dal raggio di luce, si rialzò in piedi e piano piano si avvicinò alla finestra, senza perdere di vista quel lontano bagliore intravisto oltre il piccolo foro. Poggiò una mano sul vetro, sempre più confuso dalla proposta di Radish: quel lontano luccichio proveniva dagli alti grattacieli di Kaoka, la città nella quale erano atterrati qualche ora prima i cadetti del N.I.S.B.A..
 
“No, Radish.” I sogni da maestro investigatore di Radish andarono in fumo.
“Eddai, perché? Si vede proprio quello dal buco, proprio sulla linea dello sparo!”
“Non ha alcun senso, non gli hanno sparato dalla città.”
“E perché no?”
“Come ‘perché’? Sarebbe un colpo da… cosa, oltre cinquanta chilometri? È impossibile, non esiste né un cecchino tanto abile, né un’arma altrettanto potente.”
Pump obiettò improvvisamente alla dichiarazione del ragazzo, con voce forse un po’ troppo squillante. Fu molto felice di poter cogliere in fallo l’impeccabile Gladyolo, quando finalmente si presentò l’occasione di contraddirlo: “Non è detto! – Pump si lanciò tra i due ragazzi con un balzo elegante – Caro il mio Gladyolo, mi sa che ti sei dimenticato di un piccolo particolare.”
 
“Sentiamo.” Per nulla offeso, Gladyolo si lasciò prendere dalla curiosità.
“Non abbiamo considerato una cosa, decisamente importante. Questo NON è un semplice omicidio.”
“E cosa sarebbe, altrimenti?” Chiese Radish, più confuso che incuriosito.
“È il terzo. Noi dobbiamo indagare su tre omicidi diversi, ve ne siete scordati? E guardate chi era la vittima del secondo assassinio.”
Disse questo porgendo in avanti il piccolo computer portatile, sullo schermo del quale lampeggiava il profilo di un uomo di mezza età. Il volto dell’uomo era accostato a decine di scritte, ma in cima al documento spiccava la parola ‘deceduto’.
 
Notando lo sguardo inquisitorio dei compagni, Pump proseguì a esporre la propria teoria: “Questo signor Mizugoke è, anzi no, era a capo del Centro Ricerche Balistiche di Lafiordi. È stato trovato ucciso da un colpo di fucile una quindicina di giorni fa nel suo laboratorio.”
“Me ne ricordo, – la interruppe Radish – ne abbiamo parlato prima delle lezioni, giusto?”
Gladyolo annuì lentamente, come se avesse immaginato dove avrebbe voluto andare a parare Pump. La ragazza continuò a parlare: “Anche il primo dei tre è stato ucciso con un fucile. E se anche in quegli altri casi si trattasse dello stesso cecchino, magari uno che può sparare davvero lontano, e magari con un fucile che hanno rubato da questo Centro Ricerche?”
 
“Mi siembra posible.” Era Bueno, che aveva ascoltato la conversazione assieme a Dylia e Vegeta. Si erano appostati lungo una parete, senza dare nell’occhio.
Vegeta si stava già innervosendo, stanco dell’investigazione lunga e inconcludente per le numerose stanze della villa: “Allora, cosa facciamo? Ce ne andiamo?”
Gladyolo divenne di secondo in secondo più pensieroso, finché non chiuse gli occhi. I suoi compagni stettero ad osservarlo in silenzio, pure Vegeta, che non aspettava altro se non una scusa per andarsene. Poi Gladyolo si risvegliò da quel concentrato torpore. Il ragazzo portò una mano alla testa e poggiò un dito sullo scouter: partì una chiamata. I suoi compagni fecero lo stesso e si unirono alla conversazione.
 
“Ispettore.”
“Dica, ha bisogno, lei?”
“Sì, qui abbiamo finito. Abbiamo ottenuto abbastanza immagini, ora ci dedichiamo ad un paio di piste da seguire. Le affido l’ordine della casa e… Sì, insomma, la salma.”
“Sono d’accordo, io. Possiamo fare altro, noi?”
“A dire la verità… Dove è situata la vostra centrale, di preciso?”
“La… nostra, di noi? Ce n’è solo una, ovviamente, quella. Sta nel distretto centrale della Capitale, quella. Quanti poliziotti pensa che siano in servizio su questo pianeta, lei?”
“Ah, io… Sinceramente non ne ho idea.” Gladyolo arrossì imbarazzato.
“Humpf, ma sul serio, questi giovani, chi li istruisce, loro? Che necessità vede di arruolare nuovi poliziotti, lei? Pensa che non siamo abbastanza, noi?”
“No, no, assolutamente!”
“Va bene, va bene, ci occupiamo della scena del crimine, noi. L’abbiamo già fatto due volte, noi, cosa crede, lei? Mi faccia avere il rapporto quando avete finito, voi.”
La comunicazione si interruppe di colpo.
 
Radish diede una pacca alla spalla del ragazzo: “Allora, che cosa facciamo adesso?”
Prima ancora che Gladyolo potesse rispondere, Vegeta emulò il gesto di Radish (sebbene con molta più forza): “Allora, io ho fame.”
Gladyolo sbiascicò qualche parola digrignando i denti: “Dobbiamo lavorare.”
“Ma io ho fame.” Disse Vegeta alzando una mano in direzione della grande finestra che dava sul giardino.
“Vegeta, no!”
“Vegeta ho-detto-che-ho-fame!”
L’ampia parete di vetro finì in pezzi, attraversata da un rapido lampo di energia luminescente. Vegeta balzò verso l’esterno, poi di nuovo verso il cielo, diretto verso la città.
 
I suoi compagni lo guardarono attraverso la vetrata infranta, mentre si allontanava sempre di più verso sud.
“Senti – disse Radish rivolgendosi nuovamente a Gladyolo – so che non hai un fucile, ma…”
Gladyolo comprese subito il malefico quanto condivisibile pensiero del saiyan: “Oh, certo, non mi serve un fucile per questo.” Alzò una mano e tese l’indice in direzione di Vegeta.
“Scommetto el pranzo che lo golpisce.” Bueno aveva voglia di giocare.
“Ci sto.” Dylia si unì al gioco.
I due saiyan rimasti nella villa affondarono le avide mani nelle rispettive sacche, poi puntarono la loro posta su Vegeta. In quel momento Gladyolo sparò.
Nessuno seppe mai se l’attacco filiforme di Gladyolo colpì effettivamente il principe dei saiyan, fatto sta però che l’esplosione del suddetto colpo lo travolse in pieno e lo fece precipitare qualche chilometro verso oriente, nelle acque del grande lago nei pressi di Kaoka.
Più o meno mezz’ora più tardi il gruppo si riunì in un bel localino al centro della città tropicale, ordinarono da mangiare e alla fine i saiyan furono costretti ad offrire il pasto ai loro compagni.
 
“Come procediamo?” Una volta che tutti ebbero finito di pranzare, Radish volle riportare l’attenzione del gruppo alla loro missione. Se la sua intuizione si fosse rivelata corretta, probabilmente la soluzione del caso non era tanto lontana.
“Dovremmo andare a vedere questo laboratorio. Se hanno davvero un fucile del genere magari l’assassino è collegato al Centro Ricerche.” Propose Pump.
“Non credo sia una buona idea.” L’obiezione di Gladyolo la sorprese non poco.
“Perché? Hanno ucciso lì la seconda vittima, non possiamo approfittarne?”
“Il CRB non ci farà entrare così, su due piedi. E la nostra è soltanto una teoria, prima dobbiamo avere la certezza che sia stato usato un fucile a lungo raggio in questo omicidio, poi negli altri. Solo allora faremo una visita al laboratorio.”
“Che noia! Io volevo solo vedere i fucili.”
Bueno allora si fece avanti: “Portanto dobiamo comprovar che è stado utilisado un fucile, no?”
“Cosa vuoi fare?” Indagò Dylia.
“Dobiamo solo trovar da donde hanno disparato, sarà aquì intorno, in ciudad.”
 
Vegeta sbatté le mani sul tavolo, si alzò e uscì dal locale. Distratto dagli sguardi confusi dei compagni, si fermò sull’uscio. Fece loro cenno di seguirli sbuffando, così tutti si alzarono e seguirono il saiyan. Una volta che tutti gli studenti furono usciti, Vegeta li chiamò: “Allora, datevi una mossa, dannazione!” Era sopra di loro, che levitava a mezz’aria sopra la via gremita del centro di Kaoka. Uno dopo l’altro si levarono verso il cielo, superarono gli attici degli immensi edifici che li circondavano e ad un tratto la città si trovò ai loro piedi. Immense torri di metallo si stagliavano qua e là, infiammate dal sole allo zenit. Vegeta si fermò e cominciò a guardarsi intorno.
 
“Si può sapere che cosa stai facendo, Vegeta?” Gladyolo mise presto in dubbio le azioni del saiyan.
“Dobbiamo trovare da dove hanno sparato, come ha detto Bueno. E se il nostro cecchino non è un imbecille assoluto deve aver eluso la sorveglianza della città. È improbabile che si sia fermato a sparare nei dintorni di una telecamera.”
“Ebbene, da dove avrebbe potuto sparare?”
“Da lì.”
 
Vegeta puntò l’indice in direzione di un palazzo, alto poco meno degli immensi edifici che stavano intorno ad esso, e che non rifletteva la luce tanto bene quanto gli altri. Anzi, a guardarlo meglio il gruppetto si accorse di come la luce stesse filtrando attraverso le colonne della costruzione. Gli studenti si lanciarono in direzione del palazzo che più somigliava ad una cassettiera vuota: la realizzazione dell’edificio non era ancora stata terminata, mancavano muri, porte e corridoi, ma non i pavimenti di ogni piano, grigi e ricoperti di calcinaccio stinto. Nessun carpentiere fu in vista, anzi il cantiere pareva fermo da parecchio tempo.
 
Non perdetevi assolutamente la parte numero cinque! Grazie mille per aver letto fin qui!
   
 
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