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Autore: NPC_Stories    06/01/2021    3 recensioni
Sequel di "Vampier's Diaries - Libro primo: la mia morte"
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Sono sempre io, Erika Lesmiere, l'adorabile ragazza che avrebbe dovuto avere davanti a sé un brillante futuro. Avrei potuto fare una vita da nobildonna, o intraprendere una carriera militare, oppure avrei potuto ribellarmi alle tradizioni della mia famiglia e scegliere un percorso accademico come alchimista.
E invece no, mai una gioia. Mi sono ritrovata a diventare un vampiro.
Ma forse anche la non-vita mi riservava qualche sorpresa, dopo tutto. Forse finché siamo al mondo possiamo sempre trovare un po' di felicità.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forgotten stories of the Forgotten Realms'
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Capitolo 5: Ciò che ci lasciamo alle spalle


“Il testamento sembra in ordine, ma dov’è il certificato di morte di tuo padre?” Domandò John, facendosi scorrere fra le mani le pergamene che gli avevo portato.
Ah. Ecco. Un tasto dolente.
“La morte di mio padre non è mai stata ufficialmente riconosciuta” raccontai, e fin qui era vero. “È deceduto in un incidente di laboratorio, ma nessuno lo sa a parte me. Perfino la servitù crede che…” impallidii all’improvviso. La servitù. In teoria avevano il permesso di entrare in casa solo durante il giorno e dormivano nella dépendance durante la notte. Erano al sicuro?
Ragionai freneticamente. La dépendance ufficialmente apparteneva a mio zio. Anche la casa coloniale del Ventesimo Miglio, ma mio padre aveva l’usufrutto, motivo per cui aveva potuto dare il permesso a Yao Taman perché il vampiro potesse entrare. Ma quel permesso non si estendeva alla dépendance, probabilmente. I servitori dovevano essere al sicuro, sempre che non incrociassero Lord Yao all’alba o al tramonto.
“Signorina Lesmiere? Erika?”
La voce di John Smith mi riscosse dai miei pensieri.
“La servitù crede che sia solo malato. Ma ora che anch’io sono sparita, forse controlleranno. Io… non so davvero cosa succederà adesso.”
“Che cosa è capitato esattamente? Perché è stato necessario nascondere la morte di tuo padre?”
Pensai a lungo su come rispondere. Non mi ero preparata un piano. Sicuramente avrebbe capito che gli stavo mentendo, o almeno nascondendo parte della verità, quindi tanto valeva restare sul vago: se avessi dato una risposta dettagliata avrebbe capito che era una totale fola.
“Se la morte di mio padre fosse stata accertata, io sarei ricaduta sotto la patria potestà di mio zio. Ti ho accennato che non siamo in buoni rapporti?”
“Ma sei maggiorenne. Hai più di quindici anni” obiettò.
“Lui è un nobile. Sono maggiorenne, ma nubile. Può disporre di me fino al matrimonio o fino ai miei diciotto anni. È vero che per legge sono libera di fare quello che voglio, ma può diseredarmi se non faccio come vuole.”
“Ed entrare al Collegio della Signora rientra fra le cose che lui vuole? O pensavi di potergli tenere nascosta la tua presenza in città e la morte di tuo padre per due anni?”
“Era…” una scusa patetica “più o meno quello che volevo fare, sì.”
“Cielo” si passò una mano sul viso, come se fosse stanco. “È un piano disperato perfino per una sedicenne.”
“Ehi! Sono legalmente adulta!” Gli ricordai, piccata.
“Sì, e verrai ritenuta responsabile di omissione di testimonianza se la morte di tuo padre non verrà certificata. Comporta una multa di cinquanta monete d’oro, che se ho ben capito non hai.”
“No… è ovvio che devo certificare la morte di mio padre, a questo punto. Non posso avere alcuna eredità se lui è vivo, giusto?”
“Anche questo è vero. Ma se ora compilo il suo certificato di morte, lo dovrò depositare subito all’anagrafe e una copia verrà inviata d’ufficio a tuo zio.”
Ecco, questo era un problema.
“No! Non deve saperlo prima che io sia iscritta al Collegio. Studiare è una nobile occupazione e non potrà obiettare pubblicamente; potrà farmi pressioni in segreto ma non può certo parlare contro un’Istituzione voluta dalla nostra Alta Maga. A quel punto dovrò aspettare i diciotto anni e non potrà rimuovermi dall’asse ereditario a meno che io non faccia qualcosa di davvero disonorevole.”
“Il problema è che per pagare la retta ti serve l’eredità di tuo padre” ricapitolò “ma per avere quell’eredità ti serve il certificato di morte.”
“Non può essere che il certificato arrivi all’anagrafe cittadina ma poi la copia da inviare a mio zio si perda? I disservizi postali possono sempre capitare.”
“Uhm… i funzionari dell’anagrafe non sono corruttibili, se è questo che intendi. Ma i portalettere forse sì. Lascia che ci pensi io.”
“Fantastico! Grazie!” Gli regalai il mio sorriso più affascinante. Senza canini.
“Prima dovrò solo confermare la morte di tuo padre.”
Un brivido mi corse lungo la schiena. “Cosa?”
Si strinse nelle spalle come per indicare che era impotente. “Una testimonianza sola non è sufficiente.”
“Ma sono l’erede!”
“Motivo in più per non fidarsi, avresti tutto da guadagnare a fingere la sua morte.”
“La parola di una nobile non vale niente, dunque?”
“Mi rincresce, ma qui a Silverymoon i nobili non hanno potere politico. Il titolo di Barone poi è poco più che un’onorificenza.”
“Dubiti del mio onore!”
“Applico la legge, invece” ribatté lui. “Certo, potrei scrivere il falso attestando che ho verificato la morte di saer Rebran Lesmiere. La mia parola come funzionario generico vale qualcosa più della tua e non verrebbe messa in discussione. Ma come fidarmi, dal momento che non mi hai raccontato la verità su nulla fino ad ora?”
La sua presa di posizione infranse le mie speranze come un sasso lanciato contro uno specchio. Questo mi metteva davvero nei guai. Che opzioni avevo? Cercare un altro funzionario più compiacente? Ma se avesse parlato? Magari avrebbe cambiato idea sull’aiutarmi se lo avessi minacciato?
Ma no, che idea stupida, era un mago che studiava al Collegio della Signora, non conoscevo le sue capacità, forse aveva perfino poteri clericali visto che aveva promesso alla prostituta di guarirla con la magia. E poi aveva sicuramente un sacco di conoscenze in quell’ambito, era uno studente anziano.
Forse avrei potuto sedurlo? Poco prima aveva reagito con interesse al mio approccio… non avevo mai provato a incantare qualcuno con i miei poteri da vampira ed esitavo a farlo, ma avevo ancora le mie arti femminili che sapevo già usare quando ero viva.
“Mi hai giudicata male” lo guardai con occhioni luminosi, innocenti. “Mio padre è appena morto e sto cercando di sopravvivere in un mondo che lascia poco spazio alle donne. Voglio solo la libertà che dovrebbe essere garantita a tutti i cittadini. Voglio inseguire il mio sogno di diventare un’alchimista come mio padre, anziché obbedire a mio zio e sposare qualche vecchio Contabile per aggiungere un altro pezzo di terra ai possedimenti di famiglia.” La mia espressione desolata doveva essere molto credibile, perché lo vidi tentennare. Era il momento di passare alla fase due: lusingare il suo ego. “Lo so che mi sto muovendo sul filo della legalità e detesto chiedere la complicità di un giovane così ligio al dovere… ma il corso della mia vita dipende da questo” mi alzai dalla mia sedia e girai intorno alla scrivania. Era un po’ presto per sedermi sulle sue ginocchia, quindi poggiai la mano sinistra sulla scrivania accanto alla sua, toccando le sue dita con le mie, con studiata timidezza.
Lui mi lasciò parlare. Le sue dita si flessero e poi si stesero, cercando un contatto più netto con le mie.
“Se riuscissi a iscrivermi al Collegio potremmo vederci spesso. Non so se avremo delle lezioni in comune, ma potremmo vederci nelle pause e sarebbe bellissimo poter parlare con qualcuno che già conosco. Ci terrei davvero tanto a rimanere in contatto con te.” Il modo in cui avevo detto contatto avrebbe dovuto evocargli alla mente la possibilità di contatti più intimi.
John Smith mosse la mano e accarezzò la mia, il palmo contro il mio dorso. Le sue dita scivolarono fino al mio polso, sollevò la mia mano nella sua e poggiò le labbra contro il mio palmo. Il suo tocco era delicato, e non mi disgustò. Pensavo che il tocco di un uomo mi avrebbe schifata, dopo quello che mi era successo, ma lui era così diverso da Yao Taman. Non cercava di prendersi quello che non era suo. I suoi occhi scivolarono nei miei come se stesse cercando di soppesarmi, ma anche di chiedermi il permesso.
“Sono più corruttibile di quello che pensi” mormorò, contro il palmo della mia mano. Le sue dita accarezzavano il mio polso e il mio avambraccio. “Tutto questo potrebbe finire molto bene o molto male, Erika, dipende da quello che farai adesso.”
Le sue parole mi avrebbero fatta arrossire, se il mio sistema circolatorio avesse funzionato ancora come quando ero viva. Mi stava chiedendo di concedermi a lui subito?
“Sembra che tu abbia un problema, mia cara” lasciò andare la mia mano, lentamente, come se stesse posando un giocattolo di porcellana. “Le tue mani sono gelide e non sento alcun battito nel tuo polso.”

Mi bloccai, atterrita. Non mi stava concupendo, mi stava studiando! Mi aveva completamente raggirata, mentre io cercavo di ingannare lui.
Ora conosceva il mio segreto, o almeno lo poteva indovinare.
Che cosa avrei dovuto fare? Quali alternative avevo?
Ucciderlo? Scappare? Negare tutto?
‘Dipende da quello che farai adesso’, aveva detto.
“Teoria interessante. Magari non hai molta sensibilità nelle dita.” Tentai di restare calma.
John Smith sorrise, sicuro di sé.
“Quindi il tuo primo tentativo è continuare con le menzogne. Bene, immagino che ci sia di peggio. Non funziona, prova qualcos’altro.”
Feci un passo indietro, sempre più in angoscia. Sperai che non si notasse troppo.
“Quali scelte mi lasci se non assoggettarti o ucciderti? Io non vorrei fare nessuna delle due cose. Sei stato gentile con me, finora.”
“Oppure vuoi solo tenere un profilo basso, visto dove ti trovi. Perché una come te dovrebbe scegliere di vivere proprio sotto gli occhi di una maga potente come Lady Elué Dualen? In una delle città più sicure e controllate di tutto il nord? Everlund sarebbe una scelta migliore. O più a ovest: a Neverwinter, o a Lus… come si chiama… Illusk. Perfino Waterdeep potrebbe essere una meta da considerare. Silverymoon sembra una pessima scelta per una… non morta?”
Sospirai, anche se non avrei avuto bisogno di respirare.
“Diciamo che ho i miei motivi per essere qui.”
“C'entra qualcosa tuo zio e la sua eredità?”
“Ho un cugino che diventerà Barone alla morte di mio zio. Pensi che sia qui a rischiare la vita solo per soldi? Per un potere sociale alquanto limitato che potrei usare solo rimanendo in questa regione?”
“Allora è chiaro. Stai fuggendo da qualcosa. O da qualcuno.”
“Come potrò mai sopravvivere in questa città se sono così trasparente?” sbattei una mano sul ripiano della scrivania, frustrata. La scrivania scricchiolò.
“Cosa può spaventare qualcuno che è già al di là della morte?”
Non mi andava di raccontargli tutti i fatti miei, ma non aveva senso rivelare la parte più scottante della verità a qualcuno, e non raccontargli i dettagli che avrebbero potuto ammorbidire il suo giudizio. Nella mia storia io ero la vittima, e non avevo ancora fatto del male a nessuno. Se avevo una possibilità di portarlo dalla mia parte, era con la verità.
“Quello che mi sono lasciata alle spalle. Il mio Sire.”
John Smith mi fissò per un lungo momento.
“Penso che tu abbia molto da raccontare. Preparo una tisana, ne vuoi? Puoi bere?”
“Ah… non lo so. Non ho mai provato.” Tornai alla mia sedia e mi ci lasciai cadere sopra. Mi sentivo improvvisamente stanca, la notte stava calando e avrei voluto bere ben altro.

   
 
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