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Autore: Ciuscream    19/01/2021    8 recensioni
Il buio accoglie, il buio culla, il buio nasconde, conforta. Il buio mortifica gli inetti, il buio è di un nero così denso che puoi sentirtelo scorrere addosso, penetrarti nei pori, sporcarti il sangue, allagarti gli occhi, spalancarti le labbra. Il buio ingolfa le vene, il buio ti ovatta, il buio ti certifica di essere ancora vivo, di sentire l’adrenalina infiammarti le dita, brulicarti negli arti.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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La mort en noir

 
Buio e silenzio. Qualcuno li confonde, li mischia, li associa. Il buio accoglie, il buio culla, il buio nasconde, conforta. Il buio mortifica gli inetti, il buio è di un nero così denso che puoi sentirtelo scorrere addosso, penetrarti nei pori, sporcarti il sangue, allagarti gli occhi, spalancarti le labbra. Il buio ingolfa le vene, il buio ti ovatta, il buio ti certifica di essere ancora vivo, di sentire l’adrenalina infiammarti le dita, brulicarti negli arti. Vorrei che nemmeno da quella finestra minuscola filtrasse il minimo accenno di luce, vorrei starmene qua, abbracciata da queste tenebre dense, che mi consentono di scivolare altrove, che non mi schiaffano in faccia la desolazione del reale. Nel buio ti ho venerato, ho anelato il tuo spirito e il tuo corpo, l’ho sentito scivolare su di me, dentro di me, sopra di me. Con premura di serpente, liscio e denso, liscio e denso come il buio, ti ho avuto e ti vorrei avere ancora. Nel tetro scenario del buio sento le radici della familiarità, sento la mia anima che si spande, prende vita, si adegua. La mia anima nel buio si liquefa nel suo splendore cupo, striscia negli anfratti, scivola fra le fughe di questi mattoni sconnessi che adesso tasto solo coi polpastrelli e, nel buio, potrebbero essere quelli su cui siamo giaciuti, per notti infinite, per le ere della passione bramosa dell’eterno. Nelle fughe del pavimento, nel buio di questa cella, la mia anima evade e viene a cercarti. Lo sento che ci sei, è il buio che me lo confessa. Il buio mi dice di aspettare, che tornerai a prendermi, che mi benedirai con le tue sacre tenebre. Lo dice la mia anima che striscia verso di te, verso la fonte del buio più sconfinato e potente, nel nero del nucleo del mondo, nel nero della magia più profonda e primitiva, nel nero delle tue mani che sfiorano quest’ombra, la intrappolano e me la restituiscono, plasmata dalla tua potenza sorda ed imponente.
Il silenzio, invece, mi disturba, mi ronza nelle orecchie presagi sinistri. Sento la mancanza del mio Signore, nel silenzio. Lo sento lontano, perduto, sconfitto. Sento queste gocce pigolare sul pavimento con così docile placidità, nel silenzio. Plin, plin, plin. Che stridio sinistro, il silenzio. Lo sento che mi preme sull’orecchie, mi afferra la gola, mi mozza il respiro con puntute lame di ghiaccio. È così splendente, il silenzio. Così trasparente. Voglio tornare ad immergermi nel buio delle grida di supplica, nelle urla del tormento, in quello strazio cullante quanto le tenebre. Sì, silenzio e buio sono così diversi. Sento quelle note leggere, le sento salire, le risate di un uomo e di una donna che si amano e sono felici che la guerra sia finita. Con quanto piacere sento le risa stridere fino a diventare grida. Non mi piace il silenzio, non posso lasciarti stare. Devi gridare, donna. Grida. Cantami la canzone che stavi mormorando, prima che la mia bacchetta ti mozzasse il respiro. Cantamela ancora, non tacere. Ti farò gridare più forte, ecco. Più forte. Le tue grida sono balsamo, le sento salire, le sento arrampicarsi lungo la mia stridula gioia, lungo il tuo immenso spavento. Canta, te lo ordino. Parole e grida. Come faceva quella canzone? Forza, canta. C'est lui pour moi, moi pour lui dans la vie, il me l'a dit, l'a jure pour la vie. Cantala più forte. Non sento. Più forte. Gridala, voglio che le tue parole si mischino alle tue urla, gridala. Voglio sentire i timpani tremare, spezzarsi e lenirsi nel piacere del tuo dolore.
Le grida sono così simili al buio. Le grida sono plasmate di buio. I gemiti sono plasmati di buio. Queste grida di piacere e di dolore che si spalancano, si flettono, si tendono, esplodono, eludono le logiche del silenzio. Le sento salire, dalla gola, dalle mani, dai nostri umori, che frusciano, si strusciano, salgono. Sento le mie grida, sento le tue. Il cigolare del letto, che suono povero, solo il silenzio te lo mostra. Non farlo sentire, grida, gemi, latra, ancora, in una discesa infinita in cui il silenzio è lontano, è perduto, è finito. Tu non lo sei, non cederò al silenzio di questa cella. Voglio che gridi più forte, voglio scavare nelle viscere della mia mente fosca e lasciarmi cullare da quelle urla che ho causato, di dolore, di piacere, di spavento, di rovina, di supplica, di oblio, di inneggiante vanità. Non lasciatemi in silenzio, lasciatemi al buio. Non voglio la verità della luce, voglio il mormorio delle ombre, voglio la loro carezzevole pietà. Voglio il buio con i suoi artigli, voglio che struscino sul mio collo con la certezza della fine. Con il rumore della morte. Sarà che se canti la vie en rose, io ci vedo la mort en noir ma voglio sentirti cantare e gridare, cantare e gridare, fino a che ogni luce venga inghiottita dalla notte eterna. Mio Signore. Azzera ogni luce, cancella il silenzio.  



 
Non ci sono molte spiegazioni per questa storia. Solo un susseguirsi di parole che perdono di senso, si riagguantano, cadono ancora, scivolano. 
Ho immaginato Bellatrix immersa nel buio e nel silenzio della sua cella di Azkaban. Mentre il buio, suo elemento naturale, la culla e, immersa nello stesso, si permette di andare a cercare il suo Signore, si permette il lusso di immaginarlo e attenderlo, quando si accorge del silenzio che la avvolge le cose cambiano. Il silenzio non le piace, la indebolisce. Non si rivolge più a Voldemort, lo sente perduto. Scava nei ricordi per cercare qualcosa che quel silenzio possa riempirlo. Trova le ultima grida che ha provocato, quelle del dolore di Alice e Frank. Ho immaginato lei stesse canticchiando una canzone, quando loro li hanno trovati e catturati. E lei voleva che quella canzone la gridasse, per mischiare le parole alla sua sofferenza, al suo terrore. Torna lì, a ricordare quello, per scappare dal silenzio. Ritrova anche le urla di piacere, di dolore, del piacere del dolore e del dolore del piacere. E quando le ritrova, immersa nel silenzio ma alla ricerca del rumore, parla con entrambi: invita Alice a cantare ancora, cerca ancora il Suo Signore.
"Sarà che se canti la vie en rose, io ci vedo la mort en noir" è una citazione, però. Giorgio Canali & Rossofuoco - Mostri sotto il letto.

 
   
 
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