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Autore: Kimly    20/01/2021    1 recensioni
La Seconda Guerra Magica è finita: i vincitori festeggiano, i vinti si ritirano per leccarsi le ferite.
Poi ci sono loro, i ragazzi di Serpeverde. Sempre in bilico fra il bene e il male, fra la luce e le tenebre.
Per Daphne e Astoria Greengrass, Blaise Zabini, Pansy Parkinson, Theodore Nott e Draco Malfoy è tempo di ricominciare, tempo di riprendere in mano le proprie vite e dimostrare di essere diversi dalle loro famiglie.
A qualunque costo.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Astoria Greengrass, Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Pansy Parkinson, Theodore Nott | Coppie: Blaise/Pansy, Blaise/Theodore, Draco/Astoria
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 6  ~ 10 settembre 1998
 


 
«Stai benissimo, Tori» disse Daphne, sorridendo a sua sorella che sfoggiava un meraviglioso abito color malva.
Astoria ricambiò il sorriso e uscì dalla sua stanza quasi di corsa.
La sorella si era rimessa completamente e Daphne non poteva esserne più felice. Astoria era davvero più forte di quanto tutti avessero mai creduto.
Daphne sospirò, guardando il suo riflesso allo specchio.
Il vestito azzurro ghiaccio che indossava le rendeva la pelle ancora più bianca. Se Astoria con i suoi capelli scuri e le sue guance rosse aveva l’aspetto di una normale ragazza di sedici anni, Daphne, con i suoi capelli chiarissimi, continuava ad avere sempre lo stesso aspetto algido e quasi distante dal mondo.
Sbuffò e seguì la sorella al piano di sotto, dove il salone decorato a festa attendeva gli ospiti della serata.
La madre stava dando le ultime disposizioni a Fanon, mentre il padre stava improvvisando un valzer con Astoria, nonostante non ci fosse la musica.
Ad un occhio esterno potevano quasi sembrare una famiglia normale.
«Ah, eccoti qui, Daphne», la madre le fece un sorriso. «È tutto pronto».
«Doveva essere una serata tranquilla, mamma. Non avrai esagerato?»
«I compleanni sono occasioni importanti e vanno festeggiati come si deve». Lucinda guardò verso il marito e Astoria, Daphne poté quasi giurare di vedere uno sguardo intenerito. «Soprattutto dopo quello è successo».
La ragazza non nascose un sorriso, ma si ricompose subito quando gli ospiti iniziarono ad arrivare.
Nel momento in cui intravide Pansy, Daphne si scusò con il mago con cui stava chiacchierando per raggiungere l’amica.
Pansy si teneva al braccio di Terence Higgs, che non era cambiato molto dall’ultima volta che Daphne l’aveva visto. 
Non era molto alto, ma conservava il fisico tonico di un giocatore di Quidditch. Portava ancora i capelli castani molto corti e anche l’espressione assente sembrava la stessa. Solo l’accenno di barba gli dava un’aria un po’ più adulta.
«Ciao, Daphne. Ti ricordi di Terence, vero?»
«Certo» rispose lei, mantenendo la facciata di circostanza. «È un piacere rivederti».
«Anche per me, Daphne. Sono contento di vedere che stai bene. La tua famiglia godeva di una certa fama, ma alla fine siete riusciti comunque a cava…»
«Terence, caro, perché non vai a prendermi qualcosa da bere?» lo interruppe Pansy, scambiandosi uno sguardo con Daphne. «E chiacchiera un po’ in giro, se ti va. Ci sono tante persone interessanti stasera».
«Oh, beh, sì, certo» farfugliò lui. «Come vuoi».
Pansy attese che Terence fosse abbastanza lontano, prima di fare un verso strozzato.
«È una tale lagna, alle volte. Fosse almeno bravo a letto! E invece no, è noioso anche durante il sesso».
«Perché semplicemente non lo lasci? Non mi pare abbiate molte cose in comune» commentò divertita Daphne.
«I miei mi stanno con il fiato sul collo. Devo dirtelo, non sono rimasti molti scapoli decenti sulla piazza. Tua sorella è riuscita a prendere al lazzo uno degli ultimi cavalli di razza».
«Credo che Draco sarebbe lusingato nel sentire le tue parole».
«Oh, come se i ragazzi non dicessero di peggio, quando non ci siamo noi in giro». 
Pansy riuscì a prendersi da bere senza aspettare il ritorno di Terence, che sembrava aver dato retta al consiglio della ragazza.
Draco era arrivato dopo pochi minuti, da solo, e Daphne aveva dovuto far finta di essere felice di vederlo, per evitare che la madre sospettasse qualcosa.
«Dovrete passare tutta la serata con noi, temo» disse Daphne a Draco, mentre entrambi cercavano Astoria fra le persone della sala. «Quando avete intenzione di dirlo?»
«Presto» rispose velocemente Draco, ma Daphne dubitava che la stesse ascoltando davvero.
Intanto Pansy, dietro di loro, era già alla terza Acquaviola.
Trovarono Astoria vicino al padre, che la stava elogiando davanti ad alcuni suoi amici. La sorella era visibilmente imbarazzata e Daphne riuscì abilmente a mettersi in mezzo alla discussione per liberarla dalla conversazione.
«Certo, certo. Va’ a pure a divertirti con i ragazzi della tua età» disse il padre, facendo un sorriso anche a Daphne.
«Ragazzi, andate in giardino a passeggiare» suggerì Pansy a Draco e ad Astoria. «Nessuno si accorgerà della vostra assenza. C’è troppa gente».
Astoria guardò la sorella, che annuì. Avrebbe tenuto lei d’occhio la madre, e il padre era troppo impegnato a risollevare il nome della famiglia per prestare attenzione alle fughe della figlia minore.
Draco e Astoria erano usciti da almeno dieci minuti, quando finalmente Blaise si decise a farsi vedere alla festa.
Non era da solo. 
Accanto a lui, c’era una ragazza. I lunghi capelli castani e i grandi occhi verdi, uniti al suo viso molto carino, le davano un aspetto innocente.
Decisamente diverso dall’aspetto da farabutto che aveva Blaise.
Non era proprio il tipo di ragazza che Daphne e Pansy avrebbero visto vicino all’amico.
«Buonasera, bellissime» le salutò lui, sfoggiando un sorriso un po’ troppo tirato per essere autentico.
Aveva in mente qualcosa e, normalmente, le idee di Blaise portavano sempre e solo guai.
«Vi presento la mia dama, la signorina Tamsin Applebee».
Tamsin salutò entrambe, ma mentre Daphne tentò di ricambiare la stretta di mano senza risultare, come sempre, altezzosa, Pansy si premurò di ignorarla del tutto.
«Pansy è fatta così, lascia stare» disse Blaise all’orecchio della ragazza. Non si prese neanche la briga di abbassare la voce, cosa che indispettì ulteriormente Pansy.
Comprendendo il disagio, Tamsin si dileguò con una scusa.
«Non sei stata affatto carina, Pansy. Dopotutto, potevo portare un ospite e non mi pare che tu sia venuta da sola».
«Io ho portato un Serpeverde, esponente di una famiglia di un certo tipo» disse Pansy, non nascondendo il fastidio. Blaise, d’altra parte, più che arrabbiato, sembrava divertito. «Non ho portato una Tassorosso, il cui sangue, suppongo, sia contaminato da qualche Babbano».
«La madre è Babbana, in effetti, ma ha qualcosa in comune con il tuo Higgs, sai? Tamsin giocava a Quidditch, ai tempi di Hogwarts».
«Emozionante» commentò ironicamente Pansy. Blaise la guardava con un tale godimento, che Daphne iniziò a supporre che avessero quasi fatto una scommessa delle loro.
«Frequentava la scuola con noi?» domandò Daphne, tentando di smorzare i toni.
«Già, ma era qualche anno più grande».
«Quindi ora frequenti le Mezzosangue?» insistette Pansy, velenosa.
«Me l’ha presentata mia madre e non è stato difficile capire che la sua intenzione fosse trovarmi una moglie. Credo che voglia evitare che possa sposare una di voi due».
«Siete fidanzati quindi?»
«No, per Salazar, no» rise Blaise, scuotendo la testa. «Daphne, dimentichi il mio pensiero sul matrimonio. No, Tamsin è solo… un adorabile passatempo. Non ero mai stato con una Mezzosangue, né con una Tassorosso, e devo dire che non pensavo sarebbe stato così divertente e così… stancante».
«Sei disgustoso» disse Pansy con un’espressione schifata che fece sorridere Daphne.
«Oh, mi vorresti dire che non hai fatto un giretto sul tuo giornalista da strapazzo?»
«Vuoi davvero paragonare un Serpeverde a una Tassorosso? Non hai idea dei giochetti che facciamo Terence e io».
«Uhm, di solito una donna che si vanta dei suoi amanti ha qualcosa da nascondere. Non è che questa volta ti sei scelta un uomo poco focoso?» le domandò Blaise, avvicinandosi al viso della ragazza, che indietreggiò con difficoltà. I tacchi alti e l’alcol non erano una buona combinazione.
«Non ho nulla da nascondere. Sto bene con chi sto».
«Comunque, sappi che le porte di casa mia saranno sempre aperte per te». Blaise si voltò verso Daphne. «E per te, Daphne; in caso vogliate unirvi a me e a Tamsin. Penso che accetterebbe. Si fida di me».
«Ti conosce davvero poco» commentò Daphne, preoccupata per quella povera ragazza. Passare una notte con Blaise era un conto, innamorarsi di lui era un errore che le avrebbe procurato solo un cuore spezzato.
«Ecco Theo!» esclamò all’improvviso Pansy, indicando verso l’entrata della sala.
Blaise non soffocò una risatina e Daphne non capì il motivo di quel momento d’ilarità, fino a quando non si accorse di Tracey Davis, che era entrata vicino a lui.
Tracey si teneva al braccio di Theodore, nello stesso modo in cui Pansy aveva fatto poco prima con Terence. Come se Theodore fosse qualcosa da sfoggiare o, peggio, come a dichiararne il possesso.
Daphne non mutò espressione, ma dentro di lei imperversava un mare in tempesta.
Tracey e Theodore stavano insieme.
All’improvviso tutte le allusioni di Blaise di quelle settimane divennero chiare e si spiegava anche l’atteggiamento di Tracey nei suoi confronti, durante il processo. 
Tracey li indicò e Theodore non poté fingere di non averli visti.
«Buonasera», disse la ragazza, il rossetto che le brillava sulle labbra era della stessa tonalità scarlatta dei suoi capelli. «Bella festa, Greengrass».
«Grazie» replicò Daphne, facendole un flebile sorriso. «L’idea è stata mia, ma è stata mia madre a realizzare il tutto».
«Allora dovrei complimentarmi con lei».
«Sarebbe meglio, sì».
Tracey la guardava come se l’avesse appena sconfitta ad un duello. Tutti gli anni ad Hogwarts passati ad ignorarla l’avevano resa rancorosa nei suoi confronti e quello era il suo modo per fargliela pagare.
«Forse avrei dovuto dirvi prima che Tracey e io…»
«Sì, avresti dovuto» lo interruppe Pansy. Era ricomparso il fastidio sul suo volto. 
Theodore continuava a cercare lo sguardo di Daphne, ma lei era ben decisa a ignorarlo per tutta la sera.
«Scusate, è il momento della musica. Vado a cercare il mio elfo domestico».
«Ti do una mano, se vuoi» disse Theodore. Era evidente il suo desiderio di rimanere da solo con lei per spiegarle ogni cosa.
Daphne non si voltò neanche a guardarlo.
«Non ce n’è bisogno. Goditi la serata con la tua dama».
La ragazza sentì la risatina di Blaise, ma non aveva tempo di prendersela anche con lui. Prese un bel respiro, senza farsi vedere, e disse a Fanon di occuparsi della musica. Astoria adorava ballare e Daphne avrebbe fatto di tutto pur di vederla felice.
Quando le prime coppie iniziarono a muoversi al centro della sala, Astoria e Draco si unirono a loro e Daphne non poté trattenere un sorriso di fronte a quella scena.
Era contenta che almeno qualcuno si godesse la serata.
Tracey quasi trascinò Theodore a ballare e Daphne non riuscì a staccare gli occhi dai due che volteggiavano assieme.
Theodore stava sorridendo a Tracey, mentre i capelli rossi della ragazza le ondeggiavano sulla schiena. Forse era più giusto così, pensò Daphne, allontanandosi dal salone. Tracey era sicuramente più affettuosa di lei ed era più propensa a mostrare i propri sentimenti. I Davis, poi, avevano decisamente meno problemi rispetto ai Greengrass. Theodore aveva bisogno di tranquillità nella sua vita.
Si chiuse nella sua stanza e si sedette per terra, appoggiando la schiena al letto.
Non passò molto tempo prima che qualcuno bussasse alla porta.
«Daphne, sono io. Posso?»
La voce dolce di Astoria fu quasi un toccasana per lei. 
La sorella entrò senza attendere risposta e le si sedette accanto, prendendole una mano.
Astoria aveva sempre le mani calde, proprio come Theodore, in netto contrasto con quelle perennemente fredde di Daphne. 
Stettero in silenzio per diversi minuti: Astoria la conosceva così bene da sapere che non era dell’umore per parlare. Starle accanto era il modo migliore per farla sentire meglio.
«Non è giusto che tu stia qui, Tori. È la tua festa».
«Hai bisogno di me» le disse Astoria, facendole un bel sorriso.
«Sto bene».
Astoria fece per risponderle, ma qualcun altro bussò alla porta.
«Daphne, sei qui?»
La voce di Theodore le diede quasi i brividi, ma nessuno, neppure Astoria, avrebbe mai potuto notare cosa la tormentasse.
«Sì, sono qui» disse Daphne, alzandosi in piedi e sdraiandosi sul letto. 
«Posso entrare?»
Astoria si avvicinò alla porta e la guardò, in attesa.
Daphne annuì e Theodore entrò nella stanza della ragazza.
Daphne lo vide darsi un’occhiata attorno, sapendo quanto la camera fosse familiare per lui.
Provò a sopprimere il peso che aveva sullo stomaco, ma sembrava essere più difficile del previsto.
«Dovrei parlarti».
«Astoria, torna pure alla festa. Ti raggiungo fra poco».
«Va bene». La sorella lanciò un’occhiata a Theodore, che però sembrava troppo preso a fissare Daphne per accorgersene. «A dopo».
Astoria chiuse la porta dietro di sé e Theodore mosse la bacchetta, senza emettere una parola.
Conosceva bene l’abitudine di Daphne di insonorizzare la stanza, per evitare che la madre udisse le sue conversazioni.
«Stai bene?»
«Ho solo un po’ di mal di testa» mentì lei, passandosi una mano sulla fronte. «Niente di che, davvero, ma volevo un po’ di silenzio».
«Sei sicura che non ci sia altro?»
Theodore si avvicinò al letto e, senza tante cerimonie, si sdraiò accanto a lei.
Gli occhi castani del ragazzo la stavano analizzando, ma Daphne rimase di pietra.
«Cos’altro ci dovrebbe essere? È solo un mal di testa».
«Dai, Daphne, io ti conosco. So quello che provi».
«Non mi devi alcuna spiegazione» disse Daphne, il tono più neutrale possibile. «Non stiamo insieme. E da parecchio anche».
«Daphne…»
«Però» continuò lei, voltandosi a guardarlo, «Una volta eri un libro aperto, mentre adesso sei diventato più criptico».
Theodore fece un mezzo sorriso, ricambiando lo sguardo.
«Sono ancora un libro aperto. Sei tu ad essere diventata una pessima lettrice».
Daphne non rispose, ma continuò a guardarlo. Occhi azzurri persi in occhi castani.
«Perché non me l’hai detto?»
Il ragazzo si leccò le labbra prima di rispondere.
«Non siamo ancora fidanzati. Ci stiamo solo frequentando» spiegò Theodore, come se non fosse importante. «La mia famiglia crede che un matrimonio…»
«… possa risollevare il nome dei Nott. Sì, l’ho già sentita». Cos’era quell’improvvisa fissazione di tutti per il matrimonio?
«I Davis ne sono usciti completamente puliti e la famiglia è rispettabile».
«E non fanno parte delle Sacre Ventotto... Così tu sarei sempre un gradino sopra di lei. Tracey sembrerebbe la candidata perfetta».
Theodore sospirò, cogliendo l’ironia nel tono piatto di Daphne. 
«Posso chiederti una cosa?» domandò all’improvviso lei, distogliendo lo sguardo da quello del ragazzo.
«Certo».
«Da quanto tempo sapevi di Draco e Astoria?»
«È importante?»
«Lo è per me, sì».
Theodore sembrò rifletterci su, ma era chiaro che stesse prendendo tempo.
«Dal nostro sesto anno ad Hogwarts. Li ho beccati per caso una mattina, nel nostro dormitorio».
Daphne si voltò di scatto a guardarlo e Theodore le sorrise.
«Tranquilla, si stavano solo baciando», Daphne si rilassò, «Ma fu sufficiente per capire la natura del loro rapporto. Conosciamo entrambi Draco».
«Al sesto anno» ripeté Daphne, seria. «Prima o dopo la tua proposta di scappare?»
«Dopo» ammise lui, capendo dove volesse andare a parare. «Ma prima del mio rifiuto a scappare».
Theodore la guardò negli occhi, ma Daphne non disse più nulla.
«Ci sei arrivata, vero? Quel giorno non ti ho detto di no perché non volessi venire con te».
Daphne chiuse gli occhi, volendo quasi cancellare l’immagine di Theodore che le diceva quelle cose.
«Cambia qualcosa?»
«Cambia tutto» soffiò Daphne, ben sapendo in realtà quanto fosse oramai troppo tardi per loro due.
«Avrei dovuto dirtelo subito, ma conoscendo la situazione di Draco non volevo coinvolgere anche te e quindi…»
«Un momento» lo bloccò lei, tirandosi su a sedere, «Tu sapevi che Draco era diventato un Mangiamorte?»
«Mio padre era un Mangiamorte, Daphne» rispose Theodore, mettendosi anche a lui a sedere. «Era ovvio che lo sapessi».
«C-come hai potuto non dirmelo?» sbottò lei, incapace di contenere lo sdegno.
«Era una questione che riguardava Draco, non te».
«Ma era un nostro amico e, nel momento in cui hai scoperto di lui e Astoria, la questione riguardava anche me!»
«Astoria non è una bambina».
«Aveva quattordici anni, allora. Era una ragazzina ed era in pericolo». Daphne si alzò in piedi, furiosa. «Frequentava un Mangiamorte che stava pianificando un omicidio e tu non me l’hai detto?»
«Calmati. Astoria non correva alcun pericolo. C’ero io a tenerla d’occhio».
«Non era tuo compito tenerla d’occhio. È mia sorella».
«Sai che è come se fosse anche mia sorella» replicò Theodore, provando a tranquillizzarla.
«Ma non lo è. Non è tua sorella e non sarà mai tua sorella».
Il tono incattivito di Daphne non scompose Theodore.
«Ti stai davvero arrabbiando per Astoria o stai usando come pretesto tua sorella per urlarmi addosso?»
«Oh, ti prego, non darti troppe arie. Abbiamo avuto una storiella da ragazzini, che vuoi che me ne importi con chi vai a letto» disse Daphne, quasi schernendolo. «Avresti dovuto dirmelo».
«E cos’avresti fatto?»
«Sarei scappata lontano, anche senza di te» rispose Daphne, sicura. «Avrei badato io ad Astoria, come ho sempre fatto, e come avevamo detto che avrei fatto».
«Astoria non ti avrebbe mai seguito. Me l’hai detto tu, ricordi?»
«Avevo pensato a tutto, Theodore. Le avrei fatto un incantesimo del sonno, le avrei dato anche una pozione di nascosto, se necessario. Tutto, pur di tenerla al sicuro».
Theodore si leccò di nuovo le labbra, pensieroso.
«Dovevi dirmelo» ripeté Daphne, dura.
«Dopo aver scoperto di lei e Draco, tutto il nostro piano non avrebbe avuto senso. Lei avrebbe fatto di tutto pur di tornare da lui e tu lo sai. Credevo che Astoria avrebbe potuto salvare Draco e così è stato».
«Non hai pensato a cosa sarebbe successo se Astoria non ci fosse riuscita? O peggio, se Draco fosse riuscito ad uccidere Silente? Astoria sarebbe diventata il punto debole di Draco e sarebbe stata costantemente in pericolo».
«Dimentichi che conosco lo charme delle sorelle Greengrass» disse Theodore, quasi sorridendo. «Avevo completa fiducia in Astoria. E io l’ho sempre aiutata da dietro le quinte, in modo che Draco non sospettasse di nulla. Abbiamo fatto di tutto per salvarlo, Daphne, e ci siamo riusciti».
La ragazza provò a capire il suo punto di vista, ma era difficile, considerando la situazione.
«Avevi completa fiducia in mia sorella, ma non ti sei fidato di me».
«No, sono semplicemente stato egoista» ammise Theodore, non abbassando lo sguardo. «C’era una minima possibilità di non farcela e non potevo rischiare che succedesse qualcosa a te».
La dichiarazione colpì la ragazza, ma Daphne non lo diede a vedere.
«Però potevi rischiare che capitasse qualcosa ad Astoria».
«Tua sorella conosceva bene i pericoli che avrebbe corso, ma non si è voluta tirare indietro» spiegò lui, serio. «E quando l’ho pregata di non dirti nulla, lei ha accettato».
«Perché mai avrebbe dovuto?»
«Non è ovvio? Voleva proteggerti, esattamente come tu volevi proteggere lei». Theodore la fissò, piegando la testa da un lato. «Per quanto tu possa essere forte, ci sono persone che vorrebbero che non ti accadesse nulla».
«Si può?» domandò Pansy, aprendo la porta per entrare nella stanza.
Blaise, dietro di lei, sorrise nel vederli insieme.
«Ci si può unire o disturbiamo?»
La nota maliziosa non diede fastidio a Daphne, troppo occupata a pensare ad altro.
«Credo che qualcuno ti stia cercando, di sotto» disse Blaise in maniera allusiva.
Theodore si alzò dal letto e, senza dire una parola, uscì dalla stanza.
Pansy richiuse la porta dietro di sé e Daphne prese la bacchetta per bloccare l’entrata. Non voleva nessun altro in camera sua.
Poi la ragazza, dopo essersi tolta i tacchi alti, si sdraiò nuovamente sul suo letto.
Blaise e Pansy la raggiunsero subito, uno a destra e l’altra a sinistra.
«Tu lo sapevi?» domandò Daphne, ad occhi chiusi.
«Sì».
«Com’è che tu sai sempre tutto, Blaise?» domandò Pansy, contrita. «Dovresti scrivere tu per le riviste di gossip».
«Sono sempre al posto giusto nel momento giusto. Vero, Daphne?»
La ragazza non rispose e sentì Pansy appoggiare la testa sulla sua spalla.
«Cosa ci vedrà in quella Tracey! È proprio una brutta persona».
«Per una volta, do ragione a Pansy. È una delle poche ragazze che non toccherei neanche per sbaglio».
«Strano» commentò Pansy. «Mi sembra di ricordare un tuo debole per le rosse».
«Solo perché una volta ho detto che la Weasley era carina…»
«Due volte».
«Il suo atteggiamento da maschiaccio mi eccitava» disse Blaise, senza vergogna. «Ma ero troppo schizzinoso all’epoca e non ci avrei mai provato con una Babbanofila. Ora, però, quasi quasi…»
«Te la puoi anche scordare. Oramai fa coppia fissa con San Potter».
«Vorrà dire che mi accontenterò delle amanti che mi restano».
Daphne sentì Pansy dare uno schiaffo a Blaise e aprì gli occhi giusto in tempo per vedere il ragazzo prendere la mano dell’amica e darle un morso affettuoso.
Pansy la guardò e sorrise.
«Sai che puoi riavere Theo quando vuoi, Daphne».
«Vero» aggiunse Blaise, annuendo. «Basterebbe solo una tua parola e lui annullerebbe tutto».
«No, non è così».
«Ma certo che è così! Theo è innamorato di te da anni e se solo tu…»
«Quella volta non sono stata io lasciarlo, Pansy. È stato lui».
Blaise non disse nulla, perché, come sempre, lui sapeva già tutto. Aveva ragione: era davvero al posto giusto nel momento giusto.
«Come sarebbe dire che è stato lui a lasciarti? Non è possibile!»
«E invece è così».
«Ma perché non ce l’hai detto?»
Daphne apprezzò il silenzio di Blaise e buttò fuori l’aria.
«Perché non volevo che ve la prendeste con lui. Non tutti gli amori adolescenziali durano per sempre. Guarda te e Draco».
«Per favore, non paragonare il rapporto mio e di Draco a quello fra te e Theo. Era ben diverso».
«Beh, qualsiasi cosa fosse oramai è finita. E, presto, Theodore si sposerà con Tracey Davis».
«Non accetterò mai la Davis nel nostro gruppo» grugnì Pansy, arrabbiata. «E non perdonerò mai Theodore di aver scelto lei come moglie».
«Io penso che lo ringrazierò, invece». Blaise fece un sorriso a Daphne. «Mi ha lasciato te e non avrei potuto chiedere di meglio».
«Blaise, dacci un taglio. Con Daphne è una partita persa e lo sai» disse Pansy, quasi ridendo.
«Uhm, lo so?». Blaise chiese conferma a Daphne, in un modo che sottintendeva cose che Pansy non doveva sapere.
La ragazza lo freddò con una sola occhiata e Blaise mimò di cucirsi la bocca.
«Piuttosto, non sei depresso? Stai per perdere non solo Draco, ma anche Theodore».
Blaise passò lo sguardo da Daphne a Pansy e le fece un sorriso.
«Mi consolerò fra le braccia di Tamsin, tesoro, ma, come ho già detto a voi, anche per Theodore e Draco le porte di camera mia saranno sempre aperte».
«A noi avevi detto casa tua, non camera tua» sottolineò Pansy, volendo precisare.
Blaise passò un braccio attorno a Daphne, che era sdraiata accanto a lui, ma guardò Pansy quando parlò.
«Perché con voi non riuscirei ad aspettare nemmeno un secondo prima di spogliarvi».
«Sei un porco» cantilenò Pansy, ma stranamente rideva. «Torniamo alla festa?»
«Vi va se rimaniamo ancora un po’ qui?» propose Daphne, continuando a preferire la tranquillità di camera sua rispetto al chiasso del piano di sotto.
«Certo» disse Pansy, abbracciandola.
Blaise, che continuava a tenere il braccio attorno a Daphne, con la mano riuscì ad arrivare alla testa di Pansy e ad accarezzarle i capelli neri.
«Sapete, ci sono tante cose che si possono fare in tre su questo letto».
«Blaise!»
«Era solo un’idea».
 
 
 
 
 
~
 
 
 
 
 
Daphne aprì debolmente gli occhi e subito si accorse di essere rimasta sola sul letto.
Si doveva essere addormentata e Blaise e Pansy avevano preferito lasciarla riposare da sola.
La ragazza si mise a sedere e si sfregò gli occhi, ma smise subito, quando capì di essere osservata.
«Tori» disse Daphne, a bassa voce. «Accidenti, vuoi farmi prendere un colpo?»
Astoria piegò le labbra in un debole sorriso.
«Mi dispiace, non volevo svegliarti, ma ho davvero bisogno che tu sia dalla mia parte».
«Di che cosa stai parlando?» chiese Daphne, alzandosi dal letto e avvicinandosi alla sorella.
Astoria non indossava più l’abito elegante che aveva sfoggiato alla festa, ma un semplice completo di un verde molto scuro.
«Draco e io abbiamo deciso di parlare a mamma e a papà. Vorrei che tu fossi presente».
Daphne, ancora un po’ intontita dal sonno, ci mise un po’ più di tempo per registrare quelle parole.
«Aspetta, vuoi farlo proprio oggi? Cioè, adesso? Ora!?»
Astoria annuì e le fece cenno di uscire dalla stanza. Draco le aspettava nel corridoio e anche lui aveva un look più casual.
«Se non lo faccio oggi, non avrò più il coraggio. È il momento perfetto: domani tornerò ad Hogwarts e loro avranno tutto il tempo di assimilare la notizia fino alle vacanze di Natale».
Daphne lanciò un’occhiata a Draco, che fece spallucce. 
«Penso che sia meglio per tutti».
«È notte fonda, Draco» puntualizzò Daphne, mal tollerando le sue frasi lapidarie. «Avreste dovuto prepararli prima di…»
«Ti prego, Daphne, ti prego!» disse Astoria, prendendola per mano.
Caldo e freddo s’incontrarono di nuovo.
«E va bene» sospirò Daphne, non potendo dirle di no. «Andiamo, coraggio».
Scesero tutti e tre in silenzio e andarono alla ricerca dei genitori.
L’orologio dell’ingresso segnava la mezzanotte, ma trovarono Erebus e Lucinda seduti al tavolo della cucina, intenti a ridere di qualcosa.
Daphne e Astoria non avevano mai visto la madre ridere così davanti a loro, ma con il padre Lucinda era sempre stata diversa.
Daphne quasi si sentiva in colpa a rovinare un momento come quello.
Entrò per prima e i genitori si voltarono di scatto, sorpresi di vederla comparire così all’improvviso.
«Daphne, che ci fai qui? Dovresti essere a letto».
«Mi dispiace, ma dovremmo parlarvi».
Astoria e Draco fecero il loro ingresso e Daphne notò la confusione negli occhi dei genitori.
«Draco» disse Lucinda, guardando il ragazzo, «Sei ancora qui?»
«Sì».
Lucinda si voltò verso Daphne. Era ovvio che pensasse che ci fosse qualcosa fra lei e Draco. E dall’espressione era chiaro che non approvasse. Se non approvava lei, che era la figlia prediletta, chissà com’avrebbe reagito con Astoria, una volta scoperta la verità.
«Sediamoci» disse Daphne, prendendo in mano la situazione. Astoria sembrava ammutolita di colpo.
Tutti presero posto attorno al tavolo.
«Allora?» domandò Lucinda, sollecitandoli a parlare.
Erebus passava lo sguardo da Draco alle sue figlie, provando ad unire i pezzi.
«Questa sera ho chiesto a vostra figlia di sposarmi» disse Draco, senza la minima traccia di paura o imbarazzo. «E, fortunatamente, lei ha accettato. Volevamo mettervi al corrente di questa cosa».
Daphne si ritrovò gli occhi dei genitori addosso e non seppe cosa dire. Guardò Draco in tralice. Non le avevano parlato di nessun matrimonio.
«Daphne!»
«Io non c’entro nulla, mamma».
«Come sarebbe dire?» continuò la madre, rossa in viso per la rabbia. «Ma se Draco non parlava di te, allora…»
Astoria si strinse nelle spalle e Lucinda la fulminò con gli occhi.
«Tu».
«Sì, sono anch’io tua figlia, mamma».
«Non è il momento di fare dello spirito, Astoria» disse il padre, serio. «Dicci cosa sta succedendo».
«È vero, papà. Siamo fidanzati».
«Sei minorenne» constatò il padre, quasi come se volesse chiudere il discorso.
«Non ci sposeremo subito» chiarì Draco, non perdendo il controllo. «Aspetteremo che Astoria finisca la scuola e che la situazione si sia placata prima di organizzare tutto».
«Ma da quanto va avanti questa storia?» sbottò Lucinda, sconvolta.
Astoria e Draco si scambiarono un’occhiata.
«Non ricordo precisamente quando sia iniziato il tutto, ma direi poco più di un anno e mezzo, giusto?»
Astoria annuì a Draco.
Lucinda saettò lo sguardo verso la figlia maggiore.
«E tu, da quanto lo sapevi?»
«Da pochi mesi» ammise lei, tranquilla. «Ma non mi avevano parlato di un matrimonio».
«Mi dispiace, Daphne, è successo tutto così in fretta. Non ho avuto tempo di dirtelo» disse Astoria, dispiaciuta.
«Non capisco cosa vi aspettate adesso. Vorreste la nostra approvazione?» domandò Lucinda, indispettita. «Perché, in questo caso, non approviamo. Affatto. Non ho niente contro di te, Draco, lo sai. Ti conosco fin da bambino e ho sempre apprezzato la tua amicizia con Daphne, ma dopo tutto quello è successo… questo potrebbe portare al declino delle nostre famiglie».
«Mamma, hanno detto che aspetteranno. Magari tra qualche anno la situazione si sarà calmata e…»
«Daphne, mi pare di capire che tu non c’entri nulla» la fermò la madre, secca. «Se Astoria è grande abbastanza per accettare una proposta di matrimonio, allora sarà anche in grado di difendersi da sola».
Daphne annuì e Astoria ringraziò la sorella con un sorriso.
«Astoria, la nostra famiglia è sull’orlo del baratro e un matrimonio fra una Greengrass e un Malfoy potrebbe portare alla nostra rovina!»
«Non ho alcuna intenzione di discutere, mamma. Almeno per una volta, non potresti essere felici per me?»
«È questo il prezzo della tua felicità? La disfatta dei Greengrass!?»
Erebus appoggiò una mano sulla spalla della moglie e Lucinda provò a calmarsi.
Daphne si trattenne dal commentare e ringraziò il cielo che Draco non avesse un temperamento diverso. 
Astoria non si scompose, benché fosse palese il dispiacere sul suo volto.
«Non siamo venuti a chiedervi il permesso. Aspetteremo che io diventi maggiorenne e poi sarò libera di sposare chi voglio» disse Astoria, sicura come mai Daphne l’aveva vista. «Credi davvero che pretenda la tua approvazione, mamma? Non l’ho avuta per tutta la vita e non ho la presunzione di chiederla adesso».
«Astoria…»
«No, papà, non ho finito. Io vi amo, voi lo sapete, e sono a conoscenza di quello che davvero pensare dei Malfoy. Tutti voi». Astoria posò lo sguardo su Daphne, che si stupì della lucidità del suo giudizio. «Ma io so quello che voglio e se devo rinunciare al nome dei Greengrass per averlo, ebbene lo farò».
Lucinda quasi buttò la sedia all’indietro, furiosa.
«Questa conversazione è durata anche troppo. È tardi, Draco, è meglio che torni a casa».
La donna uscì dalla stanza velocemente e Daphne la seguì con lo sguardo, continuando a stare in silenzio.
«Papà, io…»
«Ci avete pensato bene?» domandò il padre, le mani intrecciate appoggiate al tavolo. 
«Certo» disse Astoria, non perdendo sicurezza.
«Il vostro legame dovrà essere molto forte per affrontare tutto quello che verrà detto contro di voi».
Astoria guardò Draco, che però fissava Erebus.
«Lo è già».
Daphne si morse le labbra nel sentire quelle parole. Continuava a non vedere di buon occhio il loro rapporto, ma non poté ignorare il significato delle parole di Draco.
«Quindi, sei d’accordo?»
«Il polverone che si è alzato dalla fine della guerra prima o poi svanirà del tutto. È già successo» disse il padre, facendole un sorriso. «E le mie figlie saranno sempre più importanti del mio nome».
Astoria e Daphne gli sorrisero felici e la più piccola si alzò per corrergli incontro e abbracciarlo stretto.
«Grazie, papà».
Erebus sorrise e si scambiò uno sguardo con Daphne, che rimase seduta al suo posto.
«E con la mamma?»
«Ci penseremo Daphne e io» rispose lui, con serenità.
Draco fece un sorriso di breve durata che Daphne riuscì ad intercettare. Le sembrava ancora così strano che Draco Malfoy, un giorno, avrebbe sposato la sua sorellina.
«Ora dovremmo parlarne con mia madre, Astoria» disse lui, mettendosi in piedi.
Astoria annuì e si avvicinò al ragazzo.
«Non è un po’ inopportuno andare a casa della gente a quest’ora?» chiese Daphne, provando a farla desistere.
«Domani Astoria partirà presto» rispose Draco, senza guardarla. «È meglio farlo subito».
«Va bene, Astoria, ma torna presto» disse il padre e Astoria annuì, prima di uscire con il ragazzo dalla cucina e lasciare Daphne ed Erebus da soli.
Il padre si concentrò sulla figlia maggiore e le sorrise.
«Cosa c’è, Daphne? Vuoi dirmi che anche tu sei fidanzata?»
«No, certo che no».
«Meglio» ammise lui, toccandosi il pizzetto chiaro. «È molto più facile fare felice Astoria, lei vede il buono in tutti. Tu sei più selettiva. Lo sei sempre stata».
Daphne provò a comprendere il senso di quelle parole, ma preferì lasciar perdere.
«Papà, posso chiederti una cosa?»
«Dimmi».
«È vero che hai scritto una bozza per un contratto matrimoniale assieme a Tobias Nott?»
Erebus non nascose lo stupore e schiarì la voce.
«E tu come lo sai?»
«Me ne hanno parlato durante l’udienza. Avevano trovato la copia di Tobias a casa sua».
«Ah».
«Perché volevi stipulare un contratto del genere? Theodore e io stiamo stati insieme per poco tempo ed eravamo dei ragazzini».
Erebus la fissò, confuso.
«Pensavo lo sapessi. È stato Theodore a chiedermi la tua mano».
Daphne faticò a trattenere lo stupore e si piegò verso il padre.
«Cosa intendi dire?»
«Sarà stato, quando… Poco prima dell’inizio del tuo sesto anno, credo. Theodore è venuto da me e mi ha detto le sue intenzioni. Nonostante avesse appena sedici anni, non penso di averlo mai visto più serio».
«E tu hai accettato?»
Erebus rise e annuì.
«Certo che sì, Daphne. Ero felicissimo. Tobias e io eravamo amici fin dai tempi di Hogwarts e tu e Theodore eravate cresciuti insieme. Abbiamo sempre notato il vostro legame e sapevamo che sarebbe solo stata questione di tempo».
«E poi, cos’è successo?» domandò lei, la voce era quasi diventata un sussurro.
«Poi, durante le vacanze di Natale, abbiamo saputo che fra voi era finita e quindi abbiamo lasciato perdere ogni cosa».
Daphne non disse nulla ed Erebus le sorrise.
«Ricordo ancora le parole di Tobias: “Deve essere il destino dei Nott quello di amare per tutta la vita una sola donna, che spezzerà loro il cuore”».
«Uh», disse Daphne, facendo un mezzo sorriso, «Theodore deve essere l’eccezione allora».
«Daphne, tu sei una persona intelligente, quindi, per favore, non dire cose stupide».
«Papà, non iniziare».
«Sei perfettamente consapevole che Theodore non provi nulla per la figlia dei Davis. È un matrimonio combinato per ragioni di prestigio. I Davis sono una famiglia molto importante e sono stati abbastanza furbi da tenersi lontani da guai, riuscendo a cavarsela anche dopo la fine della guerra».
«I Nott vogliono risollevare il loro nome, così come vuole fare la famiglia di Pansy».
«Già. E anche i Davis trarranno vantaggio da questo matrimonio. Dopotutto, i Nott sono una delle più importanti famiglie magiche».
«Lo so, papà» disse Daphne, non mostrando alcun tipo di emozione. «Ma questo non vuol dire che a Theodore Tracey sia indifferente».
«Da dopo la carcerazione di Tobias, quel ragazzo si è fatto carico di tutte le responsabilità dei Nott. Responsabilità che, per sua natura, non vuole disattendere. È la sua famiglia che gli deve aver arrangiato il matrimonio. Tobias non avrebbe mai accettato una cosa del genere».
«Quell’uomo non ha mai davvero tenuto al figlio» disse Daphne, facendogli capire quanto in realtà si stesse sbagliando.
Erebus le fece un sorriso accondiscendente.
«Sei ancora giovane, ma dovresti aver imparato che non tutti esprimono l’amore allo stesso modo».
«Dovresti smetterla di difendere chi non mostra l’affetto ai propri figli, papà».
Erebus colse la frecciatina alla moglie, ma decise di soprassedere.
«Tobias tiene davvero molto al figlio».
«Scherzi? Un Mangiamorte che non ha fatto altro che ignorare Theo per tutta la vita?»
«Theodore è la fotocopia di sua madre, Daphne. Non è stato facile per Tobias perdere la moglie».
«Neanche per Theo è stato facile perdere la madre e crescere senza un padre».
Erebus fissò Daphne e sospirò.
«Conosco Tobias meglio di te. Fidati, non approverebbe la figlia dei Davis. Per quanto possa aver fatto delle scelte sbagliate in passato, anche lui metterebbe la felicità del figlio al primo posto».
Daphne posò le mani sul tavolo e si alzò.
«Beh, Tobias Nott dovrà farsene una ragione. Suo figlio è un adulto, oramai, e ha deciso di sposare Tracey Davis».
Erebus piegò le labbra, senza scomporsi per quelle parole.
«Contratti più importanti di questo vengono recisi ogni giorno, non c’è nulla di certo, ancora» spiegò lui, cercando di cogliere qualche emozione sul volto della figlia. «E anche se si sposassero, non è detto che durerebbe a lungo. Nulla è definitivo, Daphne, tranne la morte. Anche se credo che tua madre riuscirebbe a contrattare anche in quell’occasione».
Daphne accennò un sorriso e Erebus tornò serio.
«Perché non dici a Theodore la verità?»
La figlia abbassò lo sguardo, poi incrociò le braccia al petto.
«Non sono una Grifondoro, papà. Non sono coraggiosa. Non lo sono mai stata».
«Astoria è una Serpeverde, eppure poco fa non ha avuto la minima esitazione nell’affrontare me e tua madre». Erebus sorrise. «Sei mia figlia, io ti conosco. Non c’è niente che tu non possa fare».
«Papà…»
«Non mostrare i propri sentimenti può proteggerci da chi ci vuole fare del male, Daphne, ma se tiene anche lontane le persone a cui vogliamo bene stiamo sbagliando qualcosa».
La ragazza annuì appena, capendo appieno il discorso di suo padre.
Erebus si alzò dal tavolo e sistemò la sedia.
«Pensaci su».
 


Note:

Tamsin Applebee non è un personaggio di mia invenzione. Compare in uno dei videogiochi di Harry Potter. Era una Tassorosso che giocava nella squadra capitanata da Cedric Diggory, nel ruolo di Cacciatrice.

 
   
 
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