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Autore: Funlove96    21/01/2021    1 recensioni
Natsu Dragneel è un giovane pilota della Magnolia Airlines.
Un giorno finisce su un'isola deserta e, vagando per la stessa, nota sulla spiaggia una bottiglia che, stranamente, si muove da sola. Deciderà, incuriosito, di prenderla, segnando l'inizio di una delle avventure più incredibili che il ragazzo abbia mai vissuto. Tra incantesimi non proprio riuscitissimi e un segreto da mantenere, riuscirà il pilota a resistere al fascino della bella genietta con cui si ritroverà a convivere? E soprattutto, riuscirà a non impazzire con tutti i personaggi strambi che si susseguiranno?
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Storia ispirata alla sitcom "Strega per amore", piccola avvertenza, non ripercorrerò gli episodi passo passo, ed alcune avventure le inventerò completamente. Non posseggo i diritti ne dei personaggi di "Fairy Tail" ne della trama di "Strega per amore". Spero vi piaccia questa pazzia nata dall'aver trovato una fanart, si, sono davvero così matta.
La storia è ambientata ai giorni nostri.
Buona lettura.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucy Heartphilia, Natsu
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo cinque: E adesso?



La osservava attentamente con le iridi purpuree, incapace di credere a ciò che le proprie orecchie gli avevano concesso di sentire...
No, non poteva essere. Non era la sua Lizzy -perché, in un certo senso, egoisticamente forse, era sua. Ache se lei non ne era consapevole, era sempre stata sua e lui suo. Non c'era mai stata altra verità che questa- quella davanti che gli stava davanti... vero?

"Tu che hai fatto?" era stupito e si, anche arrabbiato. Con lei e con se stesso per essere stato uno stupido.
Bixlow guardava gli occhi ancora umidi di Lisanna, stupito di ciò che aveva appena sentito uscirle dalla bocca. Davvero reagiva così per una scemenza simile?

Si era calmata un po', e lui non aveva resistito a chiederle cosa fosse successo. Non aveva azzardato a farlo prima, convinto che non sarebbe stato il caso di forzarla a rivivere quello che l'aveva ferita così tanto. Doveva essere grave per averla fatta agire in quel modo, aveva pensato.
Ma mai avrebbe immaginato che lei potesse fare una cosa simile per un così futile motivo. Cosa stava facendo la sua Lizzy? Era davvero la ragazza di cui si era innamorato e per cui si era dannato negli anni, quella che aveva appena finito di piangere? Era davvero lei quella che, seduta sullo sgabello accanto all'isola della cucina del suo piccolo appartamento?
La conosceva fin troppo bene, così come conosceva bene le lacrime che aveva versato e le parole con cui lei pensava di averlo tranquillizzato, facendolo agitare però ancora di più. Avrebbe riconosciuto l'illusione e la falsità che vi si celavano a chilometri di distanza. Erano le stesse che lui si era ripetuto fin troppe volte davanti allo specchio, nella vana speranza che il cuore smettesse, almeno per un po', di sanguinare.
E infatti smetteva, almeno per un po', di farlo, riprendendo però quasi subito, e più dolorosamente di prima...

Mi serve solo del tempo, si diceva di fronte a quella superficie che rifletteva il suo volto, segnato dalle occhiaie per l'ennesima notte di follie e alcol, terminata con la ragazza di turno che andava via, appena barcollante, anche se non più ubriaca. Si era ripetuto quelle bugie più volte, cercando di trovare le parole giuste per dire la verità a quella ragazza che ora, di fronte a lui, si ostinava a ripetere che si sarebbe risolto tutto per il meglio, non rendendosi conto di quanto si stesse prendendo in giro da sola.
Che sciocca che era nel pensare che Natsu si sarebbe fatto fermare da un pezzo di carta, e che sciocco era stato lui a non farsi dire tutto e subito.
Non l'avrebbe mai portata via di lì se avesse saputo...

Bugiardo!
La coscienza glielo gridava e lui lo realizzava, minuto dopo minuto, mentre macinava a grandi falcate, avanti e indietro, il parquet della cucina, in attesa che la ragazza, seduta a pochi passi, dicesse qualcosa che non fosse una totale baggianata. Una piccola parte di lui aveva, infame, gioito della cosa, e questo il bluetto lo sapeva, e no, non era certo di essersene pentito di tutto il male che aveva pensato del rosato.
Vigliacco! Che razza di amico sei? gli ripeteva la coscienza, che ormai aveva compreso anche troppo bene cosa davvero lo avesse spinto ad agire così, e sapeva che quel qualcosa era la stessa che gli si insinuava nel cervello, forte di quel maligno pensiero.
Magari ha ragione lei.

Il cellulare era lì, muto. Era passato diverso tempo e lui di certo, se fosse stato davvero intenzionato a chiarire tutto, le avrebbe telefonato, o sarebbe andato a casa sua per fermarla. E in quel caso la coinquilina l'avrebbe almeno chiamata, ma nulla...
Era passata quasi un'ora e di certo lui quella lettera l'aveva letta. Eppure niente di niente. Non uno squillo, o anche solo messaggio.
Forse c'era davvero qualcosa sotto, e lui, da bravo traditore, troppo vigliacco per dire la verità, aveva preso la palla al balzo per liberarsi di una relazione che non voleva più vivere...

Infame! Altro che amico!
Continuava una piccola vocina in lui, forse l'unica parte sana che ragionava in quel momento.
Era un vigliacco infame, Bixlow Justine, perché un'altra parte di lui -quella più presente, martellante e si, doveva ammetterlo, decisamente più allettante da ascoltare, con tutte le immagini che faceva passare per la mente di lui finalmente felice con la donna che amava- pensava che niente di meglio poteva capitargli.
Quelle parole tenute a lungo segrete potevano essere lenitive per quel cuore così sofferente? Poteva lui, dicendole finalmente la verità, aiutarla a smettere soffrire per colui che stava dimostrando di non tenere a lei come un futuro marito -o come proprio il bluetto di fronte a lei, l'amico fedele che mai l'avrebbe fatta soffrire- dovrebbe fare?
È il momento giusto, gli ripeteva una vocina, presente, pressante, piacevole...
Troppo per non essere ascoltata...
Aveva ragione quella vocina, era il momento giusto, l'ccasione perfetta per uscire finalmente allo scoperto... con Natsu che, inconsciamente, lo aveva aiutato facendola soffrire così.
La stava facendo soffrire...
Era quello il punto...

La donna che diceva tanto di amare era lì, in lacrime, convinta di fare la scelta più giusta per tutti quando, evidentemente, non lo era e lui che faceva? Pensava ai vantaggi che quell'errore -perché era un errore, lo sapeva bene lui, che lo aveva perpetrato per anni, accorgendosi troppo tardi di ciò che aveva fatto, quando ormai non c'era più rimedio- poteva portargli!
Era proprio un vigliacco!
La stava tradendo, come amico e anche come innamorato. E per di più stava pensando male di Natsu che, era certo, mai e poi mai avrebbe fatto del male alla donna che amava. Che amavano.
Amici dai tempi delle medie, aveva imparato a conoscerlo come un ragazzo buono e soprattutto sincero con tutti, in special modo con Lisanna, per la quale aveva sempre avuto un occhio di riguardo rispetto ad altri, e col tempo si era capito il perché.
Natsu era stato forse -forse, perché se solo Bixlow avesse avuto più coraggio...- il meglio che lei potesse scegliere, ed era sempre stato certo che non l'avrebbe mai fatta soffrire.
Non com'era pronto a fare lui proprio in quel momento...

Paradossalmente mandava al diavolo l'unica parte di lui ancora abbastanza ragionevole, per prendersi quello che, egoisticamente, era suo e del suo cuore.

Il suo cuore ora cattivo, egoista e stupido...

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Stupido!
Era uno stupido, perché se ne restava lì seduto anziché correre dalla sua fidanzata, proprio come un bravo futuro marito avrebbe fatto. Come un vero uomo avrebbe fatto, tanto per parafrasare il suo futuro cognato.
Non capiva perché il cuore, oltre che farlo star male, non volesse proprio collaborare, spingendolo a correre per le strade buie e afose di Magnolia, fino a scorgere la zazzera albina, afferrarla per le spalle e farla ragionare, dimostrandole il proprio amore con uno di quei baci solo loro, quelli colmi di passione, in grado di bruciare loro anche l'anima...

Ma se ne stava lì, Natsu Dragneel, in silenzio a testa bassa, con un inspiegabile senso di colpa a gravargli addosso...
La bionda, che intanto era andata a prendergli dell'acqua -le aveva fatto giusto un segno con la testa, indicandole la direzione, facile da seguire dato che dopo qualche passo aveva iniziato a intravedere quello strano oggetto metallico da cui fuoriusciva l'acqua, per rispondere alla domanda che gli aveva fatto, l'unica che era riuscita a porgli in tutto quel tempo- era rimasta muta, timorosa di dire qualunque cosa, se non le poche parole per farsi guidare fino a destinazione, mentre rimuginava agli avvenimenti che li avevano coinvolti. Il ragazzo sentì alcuni rumori dalla stanza dove la bionda era appena entrata, ma non si mosse e non disse nulla, troppo assorto nel desiderio di voler prendere a testate il muro, intanto che la ragazza tornava con un bicchiere colmo d'acqua fresca, ripensando bene a tutto ciò che era stata capace di scatenare...
Cosa stava facendo?

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Cosa stava facendo lì?
Cosa ci faceva seduta lì l'albina? Invece di chiarire col rosato, l'uomo che avrebbe dovuto sposare a breve, se ne stava ancora a casa del suo migliore amico?
Non poteva permetterlo! In un attimo la parte più ragionevole e onesta -poteva definirla onesta quella che lo stava mettendo ancora al posto in cui si era accontentato di stare per anni, mentendo spudoratamente a sé stesso e a tutti?- riprese il controllo, facendogli prendere la decisione migliore per tutti.
Per tutti, tranne che per lui, ma che importava? Lisanna doveva stare bene, era quello l'importante...

"Lizzy!" disse all'improvviso facendo sussultare la ragazza sullo sgabello, interrompendola dal rigirarsi tra le mani il bicchiere, ormai svuotato dell'acqua che vi era dentro. "Sai anche tu cosa devi fare, e io non ti permetterò di scappare anche stavolta!" doveva essere duro. Sebbene con lei gli era sempre sembrato impossibile, doveva farlo, era disposto anche a prenderla di peso e riportarla da Natsu, ma non avrebbe permesso che lei attendesse oltre.
Rischiava di farsela sfuggire dalle mani, ancora una volta, quella occasione che, come altre mille in passato, gli si era presentata, ma non poteva lasciare che fosse lei a soffrire come aveva fatto lui per tanto, troppo tempo. Tanto ormai, lui alle lacrime ci era abituato...
Dovevano risolvere tutto in quello stesso momento!
Non importava cosa poteva succedere dopo, non importava se fosse finito col star male più tardi. Doveva fare tutto il possibile per farla stare bene. Si sarebbe strappato il cuore -lo aveva fatto mille volte e lo stava facendo ancora- pur di saperla felice, anche con un uomo che non era lui.
Lo stava facendo per lei, inconsapevole di ciò a cui la stava per sottoporre. Inconsapevole che sarebbe stato lui la causa di tutto. Che la colpa sarebbe stata sua, sua solamente...

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Era colpa sua. Tutta colpa sua!

Come al solito non era stata capace di controllarsi, costringendolo a tentare di calmarla, nel momento meno indicato per di più, e ora il ragazzo era seduto su quel divano a dannarsi per un errore non suo.
Poteva combinarne una giusta una volta tanto?

"Sono uno stupido..." esordì lui, che ancora non capiva perché quelle gambe non si erano lanciate in una corsa verso qualunque luogo dove poteva trovarla...
Forse casa sua, ma dubitava sarebbe andata lì, o sarebbe finita vittima di uno dei piani infallibili di Cana, comprendente diverse bottiglie di birra e una ubriacatura senza precedenti. L'albina non era mai stata una gran bevitrice e sarebbe soltanto peggiorato tutto.
Perché era così incapace di fare l'uomo quella sera? E perché il senso di colpa, oltre che la strana consapevolezza che quella fosse la punizione giusta per lui, non lo lasciava in pace?
Accettò il bicchiere d'acqua che la bionda gli porgeva, e solo mentre egli beveva ella aprì bocca. Sentiva di doverlo chiedere, di volerlo sapere, cosa fosse accaduto mentre era via. Non era nemmeno suo diritto, ma non era riuscita a frenarsi. Come al solito...
"Lo so... so che non sono affari miei... ma se ne vuoi parlare ecco... io sono qui. Cioè, se posso saperlo... c-cosa è successo esattamente?" trovò il coraggio di guardarlo per bene negli occhi smeraldini, che si erano appena alzati ad incrociare i suoi, sforzando un mezzo sorriso al quale la bionda non riuscì a non sentire le gambe molli. Fortuna che erano seduti sul divano...
"È successo che faccio pena come fidanzato e come uomo, ecco cosa è successo!" rispose il ragazzo, non nascondendo una punta di rabbia, non certo rivolta alla ragazza -che però ne aveva interpretato male il tono, chinando il capo per il senso di colpa- ma più a se stesso, così idiota e patetico da farsi pena da solo. Era vero accidenti!
Faceva pena sotto tutti i punti di vista, perché sentiva che voleva -idiota egoista, non ne aveva neanche il diritto- stare lì, seduto su quel divano, con quella ragazza accanto, e non dove doveva realmente stare...
Di fronte alla sua fidanzata, a spiegarle l'accaduto...
Cosa c'era da spiagare poi? Come se non avesse mai abbracciato qualcuno in vita sua. E si che sapeva come fosse fatto lui, non sopportava veder qualcuno piangere davanti ai propri occhi, e più di una volta era stato il sostegno morale per tanti loro amici nei momenti più duri.

"Scusami padrone..." era troppo stanco anche per protestare a quella parola, che comunque aveva ancora il potere di fargli andare il sangue al cervello per la frustrazione. Si alzò sbuffando dal divano, per avvicinarsi al tavolino di vetro, stringendo forte il bicchiere ormai vuoto tra le proprie mani. Era arrabbiato, e il senso di colpa non lo lasciava in pace, ricordandogli che tutto quel casino si era creato perché lui era troppo idiota e codardo per fare le cose per bene.
"Non hai da scusarti..." era difficile parlare senza lasciar trasparire la propria frustrazione, in gran parte scaricata sul bicchiere che ancora teneva tra le mani "Non è colpa tua. Non c'è nulla che tu abbia fatto di male. Casomai io sono l'unico colpevole... l'unico vero idiota della situazione, che non è capace di correre da- ahi!" sussultò a causa del dolore, non riuscendo a finire la frase.
Il vetro del bicchiere, inesistente a causa della forza con cui era riuscito a frantumarlo, si ritrovava ora sparso mentre la ragazza scattava in piedi avvicinandosi e prendendo la mano del ragazzo tra le proprie, esaminando le piccole ferite sparse per tutto il palmo, da cui iniziavano ad uscire le prime goccioline di sangue.
"Che idiota eh?" si schernì il rosato, mentre guardava il volto della ragazza, troppo assorta nel contemplare le ferite per accertarsi che non vi fossero schegge rimaste all'interno per accorgersi dello sguardo del ragazzo. Un altro guaio di cui era colpevole l'odalisca.
Una regola importante era quella di non permettere a nulla di far del male al proprio padrone, ed era riuscita ad infrangere anche quella, da brava inetta che era ...
"N-Non è niente..." cercava di sottrarsi alla stretta della ragazza, che però si stava dimostrando più forte di quanto pensasse. O forse era lui non aveva la forza di fare nulla. Come non l'aveva avuta quando doveva, perché avrebbe dovuto averla adesso?

"Non è niente, davvero..." ripeteva, senza però ricevere risposta dalla bionda, che continuava ad osservare le ferite, e solo dopo essersi accertata che nessuna scheggia fosse rimasta dentro, prese un lembo del proprio abito e cominciò a tamponare per fermare il sangue.
"Lucy posso pensarci da solo ok? Prima sarà meglio togliere i vetri..." guardò l'ordine sparso dei cocci cristallini che giacevano sul pavimento, muovendosi per raggiungere lo sgabuzzino e prendere una scopa, ma la bionda si era piantata sul posto, tenendo la sua mano così fermamente -stava attenta a non stringere troppo per non fargli male, e Natsu si stupì di come la presa fosse ferrea e delicata al contempo, permettendo a una parte di sé di bearsi un pochino di quella situazione- che non gli consentiva quasi di muoversi. Forse era anche lui che non voleva muoversi.
E allora decise di non farlo, capendo quanto la ragazza ci tenesse, e forse scorgendo solo adesso il vero sentimento che l'aveva afflitta da quando era rientrato. Solo adesso, perché prima troppo concentrato a darsi dell'idiota, tra il senso di colpa e le sue mille domande per capire che la ragazza si stava addossando le colpe che non le appartenevano.
Forse era meglio farsi trascinare dalle proprie sensazioni, tanto peggio di così di certo non poteva andare...
"Ho quasi fatto, penserò io a ripulire questo disastro..." le uniche parole che disse, ancora concentrata sulla sua mano, ebbero però il potere di sfatare quell'ultima speranza. "Risolverò tutto io..." continuò, e il rosato capì che forse non so riferiva solo all'arto di cui si stava prendendo cura. "Sistemerò la situazione e me ne tornerò da dove sono venuta... e scusa... scusami per averti messo nei guai..."

Peggio di così non poteva andare, vero?
Falso...

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Falso. Solo una falsa speranza, e ora lo capiva perfettamente...

Avrebbe dovuto intuirlo quando lo smartphone aveva iniziato a squillare a quell'ora insolita. Aveva posato lo spazzolino col quale si era appena lavato i denti ed era andato in camera, prendendo l'oggetto dal comodino e rispondendo alla chiamata dopo aver visualizzato il suo nome. "Dimmi tutto Bix!" a qualsiasi ora il verde avrebbe risposto e, da bravo fratello, non si sarebbe fatto attendere. Se aveva bisogno di lui, ci sarebbe sempre stato. Si volevano bene, anche se non erano fratelli di sangue, e se c'era una cosa che sapevano entrambi era che in qualunque momento ci sarebbero stati l'uno per l'altro. Era successo in passato, e sarebbe successo sempre.

"Freed io..." quel tono però gli spezzò qualcosa dentro. No, non poteva essere...
Tutto quel tempo che era passato, eppure quello non era cambiato di una sola virgola...

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Era appena rincasato, dopo l'ennesima giornata di lavoro nella piccola trattoria in cui lavorava. Era di proprietà del suo migliore amico, che gli aveva chiesto di dargli una mano per qualche tempo, finendo poi a lavorarci con tanto di contratto.
E anche quella sera, in cui il suo unico pensiero era quello di rilassarsi, era andata così. Lo aveva chiamato tardi Bixlow, poco dopo la mezzanotte, e lui sapeva quanto a quell'ora il ragazzo fosse impegnato, in genere con una donna, e a fare ben altro che una telefonata. Ma era ubriaco e Freed capì subito il motivo. Pochi giorni prima Lisanna e Natsu avevano ufficializzato la loro relazione, e lui aveva già avuto il sentore che suo fratello non l'avrebbe presa bene. Ed ora la riprova dei suoi timori era lì, sbiascicante e per niente lucida, mentre beveva quella che dedusse essere l'ennesima birra. Non aveva perso tempo a rivestirsi e correre a casa del bluetto, che trovò in procinto di uscire, seriamente intenzionato a fare una qualcosa che, col senno di poi, non avrebbe portato per niente bene...
Sarebbe andato da Lisanna se non lo avesse fermato, e anche se il blu non lo poteva ricordare in quel momento, aveva chiesto lui stesso al fratello di fermarlo dal fare qualunque sciocchezza se, come aveva temuto tempo prima -quando i due avevano cominciato ad uscire da soli più spesso, e il ragazzo gli aveva confidato la sua paura- fosse collassato.
Era stata una nottataccia, con suo fratello ridotto come uno straccio, e il timore di ciò che sarebbe potuto succedere da allora. Bixlow il mattino dopo si era ripreso, bene o male, dalla sbronza, lasciando il verde a dormire sul divanetto grigio, per andare a congratularsi con l'amica...
Doveva lasciarla andare -come fosse stata sempre sua, ma quando mai, almeno per lei, Bixlow Justine era mai stato più di un caro amico? Che idiota...- indossando ancora i panni del migliore amico, che mai aveva davvero svestito, troppo codardo e convinto che gli servisse solo un po' di tempo in più. Tempo che era servito a qualcun'altro per prendersi quel posto tanto desiderato accanto alla bella albina...


E ora, col telefono attaccato all'orecchio, stava rivivendo ogni cosa...
C'era stato anche un momento felice -tanto felice quanto effimero e menzognero per di più, ma felice per certi versi- per suo fratello, lo ricordava perfettamente, pochi anni prima...

Lisanna era corsa subito da lui, l'unico uomo -oltre suo fratello e il rosato- di cui si fidava ciecamente. Gli aveva telefonato, dicendogli di dovergli dire qualcosa di importante, e si era permesso di sperare Bixlow, un'altra volta, l'ennesima, che ci sarebbe riuscito.
Erano degli studentelli della Fairy Hills Higolschool, vicinissimi al diploma e con tanti sogni nel cassetto, ma ancora dei mocciosi petulanti per certi versi. Sapevano distinguere bene una cottarella dall'amore vero e profondo, e il bluetto più di tutti aveva capito la differenza ancora una volta in quegli anni.
Non stavano ancora insieme i due -quella notizia sarebbe arrivata poco tempo dopo, devastando il ragazzo- e quello era uno dei momenti in cui lui e l'albina potevano passare un po' di tempo lontani da tutto e da tutti. Quello stesso pomeriggio Bixlow si era messo in testa di dichiararsi, finalmente, e lo aveva comunicato a Freed poco dopo aver ricevuto la telefonata in cui la ragazza gli comunicava di avere qualcosa da dirgli.
Quale migliore occasione? Il tempo delle lacrime era ormai finito, ma ancora una cosa rimaneva da fare, una cosa che avevano rimandato per molto, troppo, tempo. Suo fratello non poteva negare di esserne risentito -nella vicinanza dell'albina e del rosato cominciava a vederci qualcosa di più della semplice amicizia, e avrebbe voluto che il bluetto non si illudesse troppo, forte del suo istinto che gli diceva di fermarlo dall'andare troppo in là con la fantasia- ma in fondo era felice che fosse andata a finire in quel modo. Bixlow lo aveva mollato per correre dall'amore della sua vita, certo che fosse la sua ennesima chance, quella che non avrebbe di certo sprecato. Era la prima volta, dopo tanti anni, che lo vedeva così, magari stavolta sarebbe stata quella buona. Volle convincersene a tutti i costi, relegando l'istinto che gli urlava dentro, per concentrarsi sulla speranza che sarebbe andata bene. Ci sperava lui, che aveva assistito ai suoi sfoghi e le sue lacrime. Eppure, quella sera stessa, ebbe la conferma che il suo istinto -accidenti a lui!- non si fosse sbagliato, e nel modo peggiore...


Era finito così, Bixlow, nella prima di una lunga serie di sbronze, atte a dimenticare il dolore costante al petto, almeno per quelle poche ore di buon sesso con la prima sconosciuta che capitava...
E ancora oggi era lì, nell'ennesimo locale, stavolta il Twilight Ogre, in cerca di alcol e dell'avventura di una notte, a telefonare a suo fratello dopo aver parcheggiato la moto. Non sapeva perché avesse cercato il numero di Freed in rubrica, e nemmeno perché avesse avviato la chiamata. Forse per avvertirlo che sarebbe tornato a casa in taxi, non senza una bella tipa al seguito, e dirgli di non preoccuparsi troppo se il giorno dopo non si fosse fatto sentire, finendo però per fare l'esatto opposto.
Negli anni tante cose erano cambiate, meno che quello...

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Non era cambiato di una virgola quello. No, non riusciva a concepire quella parola, ancora meno se rivolta a lui. Ed era ancora più inammissibile per il rosato che a pronunciarla fosse lei, che con quelli prima aveva imparato a ripeterla, quasi come se ella non valesse nulla in confronto a chi l'aveva solo sfruttata, per poi gettarla via, quando non erano riusciti, forse -lo sperava, ma lo uccideva il pensiero che qualcuno potesse aver raggiunto quello scopo, mettendola da parte una volta accontentato. Tanto bastava tappare la bottiglia e gettarla da qualche parte...- ad ottenerlo.

"Smettila..." ringhiò. Non l'aveva mai fatto, soprattutto con una sconosciuta, e ancora meno con una già a disagio di suo e con cui si era ripromesso di essere più gentile del solito. "La smetto, non preoccuparti..." le ferite cominciarono a bruciare, e osservando la sua stessa mano il ragazzo capì il perché. Piccole goccine cadevano dagli occhi della bionda, posandosi sulla pelle lacerata. "Risolverò tutto e ti lascerò in pace..." un singulto maltrattenuto, che non lo stupì affatto in verità, fece sobbalzare appena l'odalisca, che non aveva il coraggio di alzare lo sguardo, certa di trovarvi solo rimprovero in quegli occhi smeraldo.
Lo aveva visto tante volte, in tutte le persone che aveva servito negli anni, capendo che quella sbagliata era solo e soltanto lei. Ma sentiva che, per quanto una certa parte di lei ci fosse abituata, non sarebbe stata in grado di sopportarlo. Non stavolta. Non con lui.

"Scusa... mi dispiace tanto padro-" e fu solo un attimo, la ragazza si ritrovò schiacciata con la schiena a una delle pareti, alzando di poco il viso per lo stupore, e portando ad incastrare il cioccolato con quei due occhi verdi, che sembravano febbricitanti tanta era la rabbia che vi bruciava dentro.
"Ho detto smettila!" era un ordine per caso? Forse si, ma quella benedetta ragazza proprio non capiva, costringendolo a fare l'ultima cosa di cui sarebbe mai stato capace...

La teneva per le spalle, il volto pericolosamente vicino al suo, quegli occhi color speranza pericolosamente vicini a quelli cioccolato. Sembrava quasi che potessero scavarle nell'animo...
"Pa-Padro-" l'intensificarsi della stretta la frenò dal terminare quello che stava per dire, facendola tremare appena. Di paura certo, ma anche di... aspettativa?
Perché una parte di lei aveva gioito nel trovarselo così vicino non lo sapeva, di certo però, anche quella più intimorita era d'accordo col lasciarlo fare...

Il tremore però non passò inosservato al rosato, che lasciò la presa allontanandosi di qualche passo, a testa bassa per non mostrarle l'espressione sconvolta.
"Scusami... io... io non so che mi è preso..." era vero, cosa gli era preso? Cosa gli stava prendendo da quando era tornato da quell'isola?
Le passò il pollice sulle gote, scacciando delicatamente le lacrime cadute e accennandole un sorriso, ignaro di quanto anche solo quel gesto fosse in grado di scombussolare la ragazza di fronte a lui. E le stesse gote che, ormai sgombre dalle lacrime, si colorarono di rosso, attirarono lo sguardo assorto del ragazzo. Decise però di non pensarci, tante erano le cose da risolvere, che lui, solo lui, aveva incasinato in così poco tempo.
"Vado a prendere la scopa ok? Non muoverti per favore, rischi di farti male." si voltò dopo qualche secondo per dirigersi verso la sua meta, dove non arrivò mai, perché una palla di pelo grigiastra gli si avvicinò accoccolandosi sulla sua gamba.
"Happy... scusa amico, ti avevo proprio eclissato hehe" ridacchiò di fronte all'affetto che gli dimostrava il felino, che non finiva di strusciarsi sulla gamba del padrone ma, mentre si chinava per accoglierlo tra le braccia, purtroppo -o per fortuna, dato che altrimenti sarebbe potuto toccare al povero felino- finì col dorso della mano già ferita su uno dei cocci che, infame, si trovava così vicino al micio che avrebbe rischiato di fargli male se avesse fatto anche un solo movimento in più, finendo però per procurarsi una ferita ben più grossa e dolorosa delle precedenti.
"Accidenti!" scattò di nuovo in piedi, stavolta con un gemito di dolore bello forte. "Oh cielo Natsu!" si preoccupò la bionda, dimenticando -per la contentezza del rosato- di apostrofarlo con quel fastidioso aggettivo. E mentre il micio con qualche zampata si allontanava tranquillo, evitando ogni coccio presente sul pavimento, il ragazzo si diresse in bagno per disinfettare la ferita, non accorgendosi di essere seguito dalla bionda. E infatti si voltò solo quando udì la sua voce. "Ho detto che ci penso io!" rispose a quel suo Padrone masticato a mezza voce, voltandosi verso di lei con uno sguardo di fuoco. "Va via!" continuò, rompendo qualcosa nella bionda...

"S-Scusa..." no! Non doveva uscirsene così.
"Volevo dir- no Lu non piangere ti prego..." le disse quando vide quegli occhi cioccolato inumidirsi di nuovo. Perché doveva essere così difficile?
La prese per le spalle, stufo di tutta quella situazione, e deciso a porvi fine. Avrebbe risolto tutto, per prima cosa doveva fare un serio discorsetto alla ragazza di fronte a lui, e poi il tempo di rendersi presentabile per correre a cercare la sua ragazza e spiegarle tutto. Sarebbe tornato alla sua vita di tutti i giorni, doveva solo fermare quel fiume in piena, di lacrime e scuse sussurrate, che non lo aiutava affatto dato che non sapeva nemmeno da dove iniziare...

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Non sapeva da dove iniziare per ringraziarlo, restando lì a guardare la strada dove il ragazzo era sparito sulla sua moto, poco dopo averla fatta scendere di fronte a casa di Natsu.
Ancora una volta Bixlow si era rivelato l'amico migliore del mondo. Si domandava perché un ragazzo come lui preferisse evitare storie d'amore, qualunque donna sarebbe stata felice di avere un fidanzato così. Ma lui preferiva cambiarne una a sera, e lei più volte aveva cercato di capire il motivo di quella decisione, ed era capitato che gliene parlasse apertamente. Non erano affari suoi come egli viveva la sua vita certo, ma sapeva che c'era dell'altro. Bixlow non era il tipo usare qualcuno per qualche ora di buon sesso, e molte ragazze che erano passate dal suo letto, sapeva, le aveva sempre trattate bene, preferendo parlare chiaro quando qualcuna, rincontrata per caso, gli chiedeva il bis, cercando di essere sempre gentile nel far loro capire che non aveva intenzione di passare un'altra serata con loro. Voleva capire la ragazza, più volte alle superiori le aveva parlato dei suoi progetti per il futuro, e figuravano sempre una moglie e una famiglia felice, ma negli ultimi anni i suoi obbiettivi sembravano cambiati, e senza che ci fosse una precisa ragione. Magari doveva solo trovare la persona giusta, e la ragazza si augurava che succedesse al più presto. Magari avrebbero potuto organizzare qualche uscita a quattro con lei e Natsu.
Natsu...

Aveva lo stomaco in subbuglio l'albina, ancora timorosa, perché il suo istinto le diceva di non attraversare quel vialetto. Lo imputò all'agitazione che ancora resisteva nel ventre, laddove il timore regnava sovrano, non come nella mente, che si era finalmente decisa a farla tornare la Lisanna ragionevole che era sempre stata. C'era una spiegazione sensata e avrebbe ascoltato ogni parola che Natsu avrebbe potuto usare per spiegargliela.
Frugò nella borsa, non trovando però le chiavi, e ricordando solo in quel momento di averle lasciate sul mobiletto in corridoio, quando era entrata la prima volta. Che imbranata!

Le ci volle un po' per suonare il campanello, aspettando ancora di calmarsi e sperando che il ragazzo non fosse troppo offeso dal suo gesto precedente. Ne avrebbe avuti tutti i diritti, si era comportata da ragazzina, scappando al primo, stupido, fraintendimento, come sperava di affrontare la vita matrimoniale con lui se si comportava così?
Prese un ultimo respiro, aspettando che lui le aprisse, chissà cosa le avrebbe detto...

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Cosa le avrebbe detto?
Non lo sapeva Natsu. Così come non sapeva perché avesse incollato le labbra a quelle della bionda, piastrandola sulla porta del bagno e infilandole la lingua in gola. Lenti movimenti, timidi quelli di lei, che si era lasciata andare dopo un breve irrigidimento, più decisi, ma non per questo meno intenzionati a godersi -si, se lo stava godendo il rosato- la dolce danza tra le loro lingue, che sembravano non aver fatto altro per tutta la vita...

Gli aveva chiesto ancora scusa la ragazza, stavolta in un singulto maltrattenuto che quasi sfociò in un nuovo pianto, e lui non ci aveva più visto. Voleva che smettesse di chiedere perdono, voleva fermare quelle lacrime che quasi sentiva lui stesso bruciare sulla pelle, sentendosi più incandescente delle gote infuocate della ragazza, e aveva finito per posare le labbra sulle sue, perdendo completamente la ragione. O forse l'aveva persa ancora prima?
Sapevano di fragola quelle labbra, o magari era lui a immaginarlo, come ora immaginava la pelle della ragazza, ricoperta di brividi, gemelli dei suoi, che sentiva distintamente sulle mani posate sulle spalle mezze nude di lei, dove l'intralcio della stoffa semi-setosa era minimo. O forse quello che gli aveva mandato in pappa il cervello erano le diafane dita che si erano incastrate tra le ciocche rosa, stringendole appena e carezzando il cuoio capelluto, così lentamente che il ragazzo ebbe il tempo di visualizzare nella propria mente, limpido e cristallino, sentendone anche il tocco leggero sulla pelle, come sarebbe stato averle lungo tutto il corpo, magari nudo, e poco ci mancava che provasse a portare quella domanda nella realtà...

Ma il suono del campanello li aveva fatti separare, entrambi col fiatone e lui pentito solo di aver messo fine a quel momento...
Perché si, anni di fidanzamento, pochi mesi al matrimonio, e pochi secondi per distruggere tutto.
Ecco cos'era appena successo, e una parte di lui lo avrebbe rifatto dieci, cento, mille volte ancora, mentre l'altra si accaniva a chiedergli come avesse potuto...
Come aveva osato godere del sapore di un'altra? E come osava avere l'istinto di fiondarsi ancora su quelle labbra rosee, lasciate alle spalle per andare ad aprire quella dannata porta?
La parte più perversa e menefreghista di lui gli imponeva di cacciare malamente lo scocciatore e tornarsene da lei, godendosi il momento e rimandando tutto a dopo, e lui, ormai arreso ai propri istinti, decise di ascoltarla. Avrebbe liquidato l'idiota che si divertiva a disturbare la gente a quella tarda ora e sarebbe tornato da Lucy. Era deciso, e nulla gli avrebbe fatto cambiare idea!

Ma fu quando aprì l'uscio che la sua mente lo portò a riflettere seriamente sulla situazione, scacciando quella parte maligna con una mazzata tra capo e collo, di cui probabilmente tutta Magnolia aveva sentito il rumore talmente era stata forte...
Nel preciso istante in cui i suoi occhi smeraldini incontrarono quelli color cielo della sua ragazza, gonfi e arrossati, che lo guardavano imbarazzati -e forse, poteva azzardare, supplichevoli- il suo io più ragionevole fece capolino, lasciandogli comprendere bene quello che era successo in una manciata di secondi.

"Lisanna..." come c'era finito dal sentirsi in colpa per una scemenza a... a quello?
Si scostò per lasciarla entrare, quasi inconsciamente, con le labbra che sapevano ancora di quel tradimento, reale stavolta, che si era consumanto nel suo bagno, con l'arredo moderno in gress porcellanato come unico testimone...
C'era ancora una piccola voce, che fu proprio lui a reprimere, che gli diceva di inventarsi una scusa qualsiasi per liberarsi della ragazza e tornare dalla bionda. Ricordò tutto, dal momento in cui l'aveva vista correre via con gli occhi lucidi a quando aveva letto quella lettera. Tanto è finita. La vocetta malvagia continuava a sussurrarglelo per convincerlo che non stava facendo nulla di male, in fondo era un uomo libero, e proprio per volere dell'albina, che aveva appena fatto accomodare sul divano, frenandola con un gesto della mano dal porre domande sui cocci sparsi per il pavimento.
"Natsu..." arrossì abbassando lo sguardo. Cercò di non domandare cosa fosse accaduto, accontentandosi del gesto di lui che le chiedeva muto di sorvolare sulla cosa. D'altra parte, c'erano cose piuy importanti in quel momento a cui pensare...
"Credo che sappiamo entrambi perché sono qui." alzò finalmente gli occhi su di lui, inquadrando la figura slanciata del ragazzo, ancora fasciata negli abiti, ormai stropicciati e sudati, di poche ore prima.

E adesso?



Angolo autrice.
Ebbene si! Finalmente ho aggiornato!
E ora che succederà? Come la risolverà Natsu?👀
Stavolta c'è qualcosa di più che un semplice abbraccio, e credo che Natsu avrà un arduo compito. Vedremo come andrà a finire nel prossimo capitolo. Potrei dire qualche cosa di più, oltre che chiedere scusa per l'enorme attesa, ma credo che il capitolo sia già abbastanza lungo senza i miei sproloqui. Quindi grazie per aver letto. Alla prossima!
Ciao❤️
   
 
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