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Autore: Atlanteidos    21/01/2021    1 recensioni
Hatfield House non prende il nome dai suoi proprietari, ma dal suo costruttore: non di meno, Rose e le sue cugine l'hanno sempre considerata come una seconda casa.
Quando si riuniscono lì tutte insieme, per la prima stagione della piccola Leslie, nessuna di loro è ancora consapevole di cosa il futuro ha in serbo per loro: solo una cosa è certa, il matrimonio ne deve essere l'atto finale, soprattutto per le sorelle Duvette.
Fra convenzioni e convinzioni, libri, gentiluomini e una famiglia preziosa, la stagione delle ragazze di Hatfield House, attraverso lo sguardo di Rose.
© Tutti i diritti riservati - eventuali riferimenti a persone o eventi reali, odierne o del passato, sono puramente casuali.
Genere: Fluff, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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Capitolo 7
Un invito

 
- Nonna, non voglio parlare di matrimonio! –
Rose stava leggendo rannicchiata vicino uno dei finestroni della biblioteca, non c’era molto altro da fare in una giornata di pioggia come quella,  ma alzò lo sguardo dal libro che aveva in mano, richiamata dalle urla di Leslie che arrivavano dal salotto fino a lei, nonostante le pesanti tende e i tappeti sistemati proprio per attutire i suoni esterni.
Erano giorni che Leslie era nervosa come una vipera che fosse stata svegliata da un contadino irrispettoso, e tormentava tutta la casa e i suoi abitanti sbattendo porte e urlando contro chiunque osasse chiederle di avere un po’ più di grazia con gli infissi.
Suo nonno, che in quel periodo era particolarmente occupato a lavoro, Mr. Lewis in continuazione alla porta, ogni volta con carte, documenti da firmare a notizie non ancora di dominio pubbliche, era riuscito a scapparle, per la maggior parte del tempo, lasciando alle tre donne l’oneroso compito di trattare la nipote più piccola.
Talvolta Rose non poteva far altro che ammirare l’etica lavorativa del ragazzo.
Neanche Ginevra era riuscita a cavarle nulla di bocca, e l’unico a cui fossero risparmiati i suoi scoppi di rabbia era Mr. Mulligan, che però in compenso veniva trattato con un silenzio quasi risentito.
- Leslie, il tuo comportamento è a dir poco inaccettabile! -
Forse Rose non aveva mai sentito sua nonna alzare la voce a quel modo: aveva sicuramente altri efficaci modi per intimidire le sue nipoti, ma Leslie doveva averla proprio portata al limite.
Chiuse il libro, sistemando il segnalibro fra le pagine, e lo posò sulla scrivania lì accanto, pronta a riprenderlo appena possibile, prima di alzarsi per andare a vedere cosa diavolo stesse accadendo.
Scese le scale, vide Ginevra già sull’uscio del salotto e poteva solo immaginare la ruga di preoccupazione che doveva solcarle la fronte in quel momento, uguale a quella del nonno.
Leslie e Mrs. Duvette erano nella stanza, l’una di fronte all’altra, la nonna seduta in poltrona, il suo lavoro di cucito dimenticato in grembo.
- Se solo ci volessi raccontare cosa ti sta accadendo, invece di mancarci di rispetto ad ogni occasione! – stava dicendo sua nonna, mentre la ragazza davanti a lei si guardava con insistenza i piedi, il viso aggrottato in una smorfia rabbiosa.
- Non voglio parlare di matrimonio, non voglio parlare di Mr. Mulligan, è forse troppo da chiedere? -
Mrs. Duvette sbuffò, posando ciò che aveva in grembo, con una mal grazia che non le apparteneva, sul tavolo vicino a lei.
- No, signorina, soprattutto vista la frequenza con cui questo giovanotto è alla porta. Quali sono le tue intenzioni con lui? -
Leslie rivolse alla donna più anziana uno sguardo avvelenato.
- Le mie intenzioni! Come se importassero! Sappiamo già che lo dovrò sposare, come desiderano i miei genitori. Cosa c’è da discutere? -
Ginevra, che aveva sapientemente scelto di non intervenire, si voltò a guardare la cugina, con sguardo consapevole: ecco finalmente il nervo scoperto.
- La mia domanda è molto chiara, ragazza. Nessuno qui ha intenzione di costringerti a fare ciò che non vuoi. Quali sono le tue intenzioni con Mr. Mulligan? – disse Mrs. Duvette, alzandosi e avvicinandosi alla nipote.
Sembrava improbabile, vista la statura ridotta della donna, ma in quel momento l’anziana signora sembrava più alta di Leslie di svariati centimetri.
Le due donne si guardarono per alcuni secondi, e Leslie sembrava ogni istante più vicina alle lacrime.
- Non lo so, non ne voglio parlare! – strillò alla fine, a pieni polmoni, prima di andar via, sbattendo la porta dietro di lei.
Le tre donne rimaste si guardarono, evidentemente perplesse da quello scontro, ma sentendosi tutte un passo più vicine alla ragione che scuoteva tanto l’animo di Leslie in quei giorni.

La mattina dopo Leslie si mise a letto, annunciando di avere un forte mal di testa, e senza voler vedere nessuno: persino Ginevra fu bandita dalle sue stanze.
Finalmente, sua nonna si decise a scrivere alla nuora, senza sapere più che fare con la sua nipote più giovane.
Intanto, se le visite di Mr. Mulligan, a seguito del cambiamento d’umore di Leslie, si erano ridotte, seppure dal momento in cui ebbe notizia del suo stato il giovane non mancò di inviare ogni giorno un piccolo dono diverso per l’inferma, Mr. Bow continuava, con più discrezione e cortesia, ad essere ospite frequente a casa loro.
Talvolta veniva solo, fermandosi a parlare anche con Mr. Duvette, quando l’uomo non era impegnato, talvolta accompagnato da Mr. Hatrow, come quel pomeriggio.
Mrs. Duvette l’avrebbe volentieri negato, ma da quando Rose le aveva comunicato che il gentiluomo non era sposato, come avevano pensato all’inizio, aveva spesso sfruttato la scusa del tempo insolitamente rigido per quel periodo, per tenerli in casa il più possibile, sotto la sua più rigorosa sorveglianza.
Rose sapeva bene che non era per una mancanza di fiducia nel suo senso di responsabilità o di stima nei confronti di Mr. Hatrow, ma perché la donna mai avrebbe lasciato che anche una sola male lingua si avvicinasse alle sue nipoti, soprattutto sotto la sua supervisione.
Suo malgrado, da quando aveva scoperto che l’uomo non era impegnato come credevano, Rose aveva notato dal canto suo l’insorgere di un certo affetto, una preferenza che di certo sarebbe stato inappropriato chiamare amore, nei confronti del gentiluomo, ma aveva buone ragione per essere convinta che sua nonna non ne avesse cognizione.
Soprattutto, non era in alcun modo intenzionata a perseguire o incoraggiare quei sentimenti, non per altro che perché sarebbe stata una totale assurdità persuadersi che Mr. Hatrow potesse anche lontanamente ponderare un qualsiasi altro rapporto al di fuori di una cortese amicizia, con lei.
Come sempre, Mrs. Duvette aveva fatto accomodare i due gentiluomini nel salotto buono, e ora aspettavano che venisse servito il tè.
Rose era vicino al caminetto, sulla sua solita poltroncina, e Mr. Hatrow aveva occupato il posto che solitamente apparteneva a Ginevra.
La ragazza, dal canto suo, ormai preferiva il divanetto, che poteva spartire con Mr. Bow, seppure ad una riguardosa distanza.
Mr. Bow, quel pomeriggio, sembrava incredibilmente nervoso, tanto che per un attimo Rose non si chiese se avesse intenzione di mettersi in ginocchio proprio quel giorno, per chiedere la mano di Ginevra.
Sarebbe senza dubbio stato affrettato, ma non immotivato o totalmente inusuale.
- Quest’oggi siamo qui, in realtà, perché desidererei parlarvi di qualcosa – stava giusto dicendo il giovane, e Rose avrebbe potuto giurare che il battito del cuore di sua cugina, improvvisamente accelerato, fosse percepibile anche da dove si era accomodata lei. 
Mrs. Duvette mostrò una certa compostezza, facendogli un cenno quasi disinteressato della mano, per continuare.
- Fra tre settimane dovrò passare brevemente da Oxford, per alcuni affari, e vi dovrò rimanere alcuni giorni – sul volto di Ginevra, seppure impercettibilmente, il sorriso si gelò, senza dubbio già vagamente triste per la breve separazione prospettata – e, poiché ho molto parlato con Miss Duvette della bellezza della cittadina, volevo domandarvi se foste disposte ad una breve gita in città. Mr. Hatrow è stato così gentile da promettermi la sua compagnia, e nulla mi farebbe più lieto di avere con noi Miss Duvette, e ovviamente anche lei e Miss Griffiths -
Così come Ginevra si era rattristata, allo stesso modo il suo viso si illuminò a quella proposta, scambiandosi un sorriso radioso con Mr. Bow.
- Oh nonna, sarebbe meraviglioso! -
Rose guardò soddisfatta la coppia sul divanetto: quella non era una proposta di matrimonio, ma di sicuro ben rivelava le intenzioni del giovane nei confronti di sua cugina.
Da parte sua, cercò di contenere un sorriso o di fare qualcosa di stupido come voltarsi verso Mr. Hatrow: quello non era di certo un viaggio per il suo divertimento, quanto per quello di Ginevra, ma in ogni caso la prospettiva di partire qualche giorno, con una compagnia così interessante e sua cugina, la rendeva, seppure non ai livelli di Ginevra, entusiasta dell’idea.
Mrs. Duvette tacque un attimo, probabilmente ponderando bene la sua risposta, prima di annuire anche lei.
Se le sue nipoti non l’avessero conosciuta tanto bene, si sarebbero probabilmente perse il sorriso compiaciuto che nascose versandosi altro tè, tenendo sulle uova il povero Mr. Bow.
- Immagino possa giovarci qualche giorno lontani dalla città… - iniziò a dire, ma Ginevra non le diede neanche il tempo di finire, alzandosi e prendendole le mani, con una gioia tale da far rimanere l’anziana signora spiazzata.
- Nonna, sei così cara! -
Mrs. Duvette quasi arrossì, prima di schiarirsi la voce e continuare.
- … Possiamo organizzare, di certo. Mr. Bow, lei è molto gentile. Sarebbe meglio forse ne parlasse con mio marito, non appena Mr. Lewis sarà andato via, sicuramente fra voi potrete definire meglio i dettagli -
Mr. Bow annuì, anche lui visibilmente accaldato, e Rose sarebbe stata pronta a scommettere il suo scrigno di gioie che nessuno, nella storia di Hatfield House, aveva mai salito le scale che conducevano allo studio di suo nonno come il gentiluomo, non appena Mr. Lewis fece capolino dalle scale.

Nella mezz’ora seguente, mentre Mr. Bow e suo nonno erano impegnati al piano di sopra, Ginevra e sua nonna si sedettero vicine, improvvisamente dimentiche dei loro doveri di ospitalità, a discutere del viaggio, lasciando l’onere a Rose, che fino a quel momento aveva parlato giusto il necessario.
- Non dovrebbe essere anche lei con Mr. Bow? Visto che prenderà anche lei parte a questo viaggio, se non ha capito male? - disse, cercando di sembrare il meno speranzosa possibile, mentre lo affiancava accanto al pianoforte, dove Leslie aveva lasciato, l’ultima volta che lo aveva aperto, un plico di spartiti in bella mostra.
L’uomo scrollò le spalle, sorridendole appena prima di tornare a rivolgere la sua attenzione agli spartiti.
- Non penso sia necessario, Mr. Bow è abbastanza entusiasta di organizzare il tutto da valere per due e più -
Rose annuì, vagamente preoccupata per l’umore curioso dell’uomo.
Dopo qualche secondo di raccoglimento, indecisa sul da farsi, alla fine cedette e, seppure forse risultando un po’ indiscreta, non si trattenne dall’aprir bocca.
- Mi perdoni se le risulto invadente, ma sta bene? La vedo insolitamente silenzioso e cupo, quest’oggi -
L’uomo le sorrise, seppure un po’ tirato, e scosse la testa.
– No, non si preoccupi Miss. In realtà, è da un po’ che mi stava chiedendo … - disse poi l’uomo, prima di interrompersi dubbioso, e abbassando lo sguardo per fissarlo su di lei.
- Si stava chiedendo? – lo incalzò lei, improvvisamente curiosa.
Non era proprio del suo improbabile amico l’essere incerto.
- Mi stavo chiedendo se  le farebbe piacere chiamarmi per nome. Se lo ritiene adeguato, certo. Fare la sua conoscenza e avere la sua amicizia mi ha fatto enormemente piacere, e spero nel non sbagliarmi nel pensare che il nostro rapporto sia ora più intimo di quello fra due conoscenze appena accennate -
Se Rose pensava di avere ordinariamente un buon autocontrollo, doveva averlo improvvisamente perduto.
Le guance in quel momento dovevano starle andando a fuoco.
Che Mr. Hatrow la considerasse un’amica le riempiva il cuore di gioia, e fosse stata un’altra, meno consapevole delle sue condizioni, probabilmente avrebbe sperato la sua fosse una richiesta che celava una qualche tenerezza, ma nel suo caso nulla la rendeva meno felice della semplice realtà.
- Mi farebbe molto piacere, William – rispose, esitando appena prima di pronunciare il suo nome, che sulla lingua le sembrava quasi curioso ed estraneo – anch’io la considero un amico, e mi renderebbe felice mi ricambiasse la cortesia – aggiunse poi, prima che le mancasse il coraggio.
Se non fosse stata così presa a guardarsi i piedi, improvvisamente in preda dell’imbarazzo, probabilmente la ragazza non si sarebbe persa il sorriso luminoso dell’uomo alle sue parole.
Nonostante questo, bastò anche solo la sua risposta a farle battere più velocemente il cuore.
- Certamente, mia cara Rose –

I preparativi per la gita, nei giorni successivi, si susseguirono velocemente, con un fitto carteggio fra Mr. Bow e Mr. Duvette.
Leslie venne a sapere della loro partenza, ma sembrò, contrariamente a quello che avrebbero pensato fino a qualche settimana prima, quasi sollevata dall’esserne esclusa, mentre Mr. Mulligan continuava a mandarle piccoli cadeaux, ognuno più bello del precedente.
Ginevra e Rose riuscirono a pranzare con lei qualche mattino, in cui sembrò quasi tornare alla normalità, ma comunque continuava a rifiutare di uscire, o di considerarsi ristabilita abbastanza da riprendere la vita di società.
L’arrivo di sua madre fu per tutti loro di gran sollievo.
La donna, seppure non del tutto ristabilita, alla notizia delle condizioni della figlia aveva deciso di essere abbastanza in forze da affrontare il viaggio in carrozza.
Mrs. Sylvie Duvette non era molto alta, ma era sempre stata una bellezza, una a cui neanche le sue figlie poteva ambire ad arrivare: Rose fu più che felice di vederla, soprattutto per il peso che veniva sollevato dalle spalle di Ginevra, che accolse la mano con gli occhi lucidi.
La prima cosa che fece la nuova arrivata, scesa dalla carrozza e preso possesso delle sue stanze, fu una discussione a porte chiuse con Mrs. Duvette, su entrambe le sue figlie, prima di chiudersi per un lungo pomeriggio nelle stanze della sua figlia più piccola.
Alla sera, Leslie cenò con loro in sala: non del tutto sé stessa di nuovo, ma brillante come non la vedevano da tempo.
   
 
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