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Autore: StClaire    22/01/2021    3 recensioni
Hermione, dopo gli avvenimenti successi al Ministero della Magia e la morte di Sirius, prova una sensazione nuova, una sensazione che non aveva mai provato prima. Paura. Non riesce più a dormire, non riesce più a essere tranquilla, non riesce a parlarne con nessuno.
Tranne che con un'insospettabile persona: Severus Piton.
Quanto dolore e quanta paura si cela dietro quegli occhi neri come la notte più scura?
Dal testo:
Hermione si sentì arrossire, si sentiva studiata dal suo professore. Di solito i suoi sguardi erano carichi di disprezzo e spesso, come aveva orgogliosamente notato, pieni di odio per non poterla disprezzare più del dovuto, per colpa della sua diligenza.
Abbassò lo sguardo, incapace di tenere ancora i suoi occhi i quei buchi neri, che sembravano ancora più profondi.
Notò l’uomo chiudere gli occhi emettendo un debolissimo e impercettibile sospiro.
«Torni a dormire Granger», disse improvvisamente Piton, «E… per quanto possibile, provi a non pensarci più», continuò, per poi congedarsi, senza aspettare una risposta, con il lieve fruscio di mantello che Hermione aveva imparato a riconoscere ovunque.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Hermione Granger, Severus Piton | Coppie: Hermione/Severus
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
Capitoli:
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Capitolo 5
 
«Harry!», lo richiamò Hermione, «Dovresti stare attento!».
Hermione guardò il libro vecchio e malconcio che Harry leggeva avidamente. Se si fosse impegnato così tanto negli anni precedenti l’avrebbe superata in tutte le materie!
«Hermione, sei pazza?», s’intromise Ron, «Avessi avuto io la fortuna di beccarmi quel libro adesso sarei un genio delle Pozioni! La solita sfortuna…».
Hermione scrollò il capo contrariata, «Devo ricordare proprio a te», chiuse il libro che stava leggendo, puntando il suo sguardo su Ron, «Cosa è successo l’ultima volta che qualcuno ha preso ordini da un mucchio di pagine?».
«Hermione hai fatto tutte le ricerche che potevi», esordì Harry, gli occhi verdi arrossati dal troppo leggere, «Non hai trovato nulla sul Principe. Cosa dovrebbe esserci di male? Sarà solo un vecchio studente molto bravo in pozioni!».
«Non so», Hermione si massaggiò le tempie, «Non mi fido!».
«Sei solo gelosa che il Principe sia più bravo di te!», la schernì Ron.
Hermione sbuffò a quell’accusa. In quel preciso periodo chiunque sarebbe stato più bravo di lei!
Guardò fuori dalla finestra, il tempo era freddo, ma almeno non nevicava come il giorno della gita a Hogsmeade. Era riuscita fortunatamente a evitare le domande dei suoi amici e non farsi scoprire sul fatto che si era dimenticata completamente della loro punizione.
Aveva deciso di passare più tempo con loro, aveva deciso di smettere di scappare dai suoi amici.
Non sempre era facile, spesso si sentiva come oppressa in quella falsa compagnia che dava.
Gli occhi di Harry spesso si erano fermati nei suoi, lei leggeva in quegli occhi la domanda a cosa stesse succedendo.
Quanto avrebbe voluto parlare con lui, con Ron, ma ogni volta qualcosa le bloccava il petto.
La voce di Harry la riportò alla sala comune.
«Vieni con noi al campo dopo cena allora?», Harry la guardava, gli occhi verdissimi.
Hermione buttò di nuovo un occhio al cielo nero, carico di nubi, «No, grazie. Sento freddo già solo a guardare fuori».
Scesero verso la Sala Grande discorrendo del più e del meno, e cenarono in tranquillità. Hermione quasi si godette la cena dopo tanto tempo. Combatteva con se stessa per non guardare verso il tavolo dei professori, per non cercare Severus Piton.
Non si era più presentata alla sua porta, dopo la gita a Hogsmeade. Bruciava dalla voglia di leggere quel libro ma non riusciva a capire perché avesse paura di ritornare nell’ufficio di Piton.
Salutò Harry e Ron che si dirigevano verso gli allenamenti e poi si lasciò andare a un sonoro sospiro. Si guardò intorno e si senti improvvisamente sola. Il vociare dei suoi compagni le metteva molta malinconia addosso, le fiammelle delle candele era sfocate. Cercò di guardare verso il tavolo dei professori senza farsi accorgere. Stupidamente viveva con l’idea che Piton la controllasse ovunque.
Lui non c’era. Doveva già essere andato via.
Si alzò di scatto e iniziò a incamminarsi verso l’ufficio di Piton. Mentre saliva le scale pensava a cento cose. Cosa avrebbe detto al suo professore per giustificare la sua mancanza di rispetto? Il suo professore l’aveva invitata a leggere un libro della Sezione Proibita e lei era sparita per giorni! Si fermò una volta davanti la porta. Inspirò e si lisciò le pieghe della gonna. Non sapeva perché aveva fatto quel gesto. Non le era familiare. Si pettinò i capelli dietro le orecchie e finalmente bussò.
«Avanti».
La voce di Piton, grave come sempre, l’invitò a entrare.
Aprì la pesante porta di legno ed entrò, trattenendo il respiro.
«Buonasera professor Piton», esordì, cercando di dare un tono tranquillo alla sua voce, ma si sentiva tremare.
«Signorina Granger», Piton alzò lo sguardo dalle carte che aveva sulla scrivania, «Si accomodi», aggiunse indicando una delle due sedie di fronte.
Hermione attraversò la stanza e si sedette, lo sguardo basso, «Professore, mi dispiace non essere venuta prima e non averla avvisata», disse tutto in un fiato.
In risposta Piton rimase immobile, «Non c’è bisogno che si scusi, certo un biglietto avrebbe fatto comodo», Hermione si morse un labbro, «Ma non mi aspettavo tanto. Come ha passato queste sere, signorina Granger?».
Hermione rimase un attimo senza risposta. Il tono di Piton era sempre il solito, cantilenante, secco, scocciato.
Come avrebbe dovuto rispondere a quella domanda?
«Per facilitarle le cose, vedo che il suo livello di apprendimento è veramente calato», riprese Piton beffardo, «Ha parlato con i suoi amici?».
«Avevo capito perfettamente», rispose Hermione piccata, «Ho parlato sì, ma non come voleva lei», mormorò infine.
«Io non voglio niente signorina Granger», rispose Piton, «Il mio è solo un consiglio. Prima parlerà con i suoi amici, prima si libererà di quella morsa che le stringe il petto».
«Adesso», riprese Piton, «Vuole o no leggere quel libro?».
Hermione alzò finalmente gli occhi per guardare il suo professore, «Si certo».
«Bene», Piton le indicò la solita poltrona, dove Hermione si accomodò, poi, con uno schiocco secco delle dita il pesante tomo levitò dalla libreria a lei.
Hermione l’afferrò e subito un brivido eccitato, la percorse. Era sempre felice di leggere un libro. E quello sembrava davvero promettente.
Si sistemò al meglio sulla poltrona, quel libro era veramente pesante, girò la prima pagina.
Piton era tornato alla sua scrivania, ai compiti che stava correggendo. Alzò impercettibilmente lo sguardò spiando la sua studentessa. La guardò illuminarsi appena aveva iniziato a leggere, toccando con le punta delle dita la sottile grana delle pagine di quel libro che lui conosceva molto bene. La Granger aveva delle mani piccole e delicate. I capelli mossi e indomiti le accarezzavano il volto. Severus raschiò la propria gola, per riprendersi. La Granger era così immersa nella sua lettura che neanche se ne era accorta.
Meglio così.
Ritornò a concentrarsi sui temi dei suoi alunni da correggere, sorpreso, che la presenza della Granger non lo disturbasse per nulla.
 
*
 
«Si può sapere dov’è che scompari tutte le sere?».
La voce di Ron la fece sobbalzare facendole sparpagliare il succo di frutta per tutta la tavola. Lo fece scomparire con un secco gesto della bacchetta, «Che urli di prima mattina?», domandò seccata Hermione.
Ron e Harry le si sedettero vicino, «È tutta la settimana che dopo cena scompari!».
«Ginny sostiene che forse hai una relazione!», continuò Ron.
«Una COSA?», Hermione era sbigottita.
«Beh! Sparisci nel nulla! Sei misteriosa! Non dici a nessuno dove vai!», ribatté Ron.
Hermione scrollò il capo, «Non ho nessuna relazione Ron, e se anche l’avessi, avrei tutto il diritto di mantenere la mia privacy!».
«E allora dov’è che scompari?», chiese Harry. Ingenuo come sempre. Agli occhi di Hermione Harry era veramente ingenuo, ma nel senso buono e tenero del termine.
Non aveva avuto il coraggio di confessare ai suoi amici dove andava tutte le sere. Pensava che evitare la discussione sarebbe bastato, ma si sbagliava palesemente.
Sospirò, «Vado semplicemente a leggere in un luogo più calmo», affermò, cercando di sembrare convincente.
Le faceva sempre male mentire ai suoi amici e non riusciva a capire il perché di quel segreto!
Sospirò, guardando verso il tavolo dei professore. Piton era lì, impassibile, come sempre.
Alzò lo sguardò in un secondo, e Hermione incrociò gli occhi neri e profondi del suo Professore.
Hermione si agitò così tanto da far cadere una seconda volta il suo calice, “Stupida, stupida, stupida!”, pensò mentre ripuliva tutto. Cercò di mantenere lo sguardo fisso sul suo piatto, mentre Harry e Ron la guardavano con fare interrogativo. Hermione tentò un sorriso, che ricordava più una smorfia, «Mi sono ricordata solo adesso di alcuni compiti da rivedere!», mentì, ignara, che dall’altro capo della sala, Piton stava ghignando e si stava alzando per raggiungerla.
Lo capì solo poco dopo, quando le risate dei suoi compagni di tavolo cessarono di botto.
Hermione inspirò e cercò di trovare il coraggio di alzare lo sguardo verso Piton.
«Signorina Granger», esclamò Piton, la voce bassa, trascinata, «Mi dispiace dirle che stasera non potrò accoglierla nel mio studio», un ghigno gli apparve in viso, alla vista dei suoi amici sorpresi da quell’affermazione, «Ho un altro impegno. Le farò sapere quando sarò di ritorno».
Hermione lo guardò, gli occhi lucidi, «V-va bene professore», rispose, «Grazie».
Le lacrime gli bruciavano gli occhi, quel “tradimento”! L’aveva capito subito. Appena si era avvicinato. Lui sapeva. Lui sapeva che non aveva ancora detto niente ai suoi amici. Così l’avrebbe costretta. Guai a fidarsi di quell’uomo.
Piton lasciò la Sala Grande, il mantello ondeggiava, il ticchettio dei suoi passi che l’accompagnò fino al suo studio.
Lo sguardo della sua alunna gli aveva lasciato una strana sensazione addosso. Una specie di turbamento. Si sedette alla sua scrivania, lanciando un’occhiata al tavolino vicino al camino, dove il tomo Storia delle Arti Oscure lasciato dalla Granger era ancora lì.
Qualcuno bussò alla porta, «Avanti», mormorò scocciato.
Gli occhi azzurri e la lunga barba lucente di Silente fecero il loro ingresso nel suo ufficio.
«Preside», Severus si alzò, «Poteva mandarmi a chiamare, sarei venuto io da lei».
Silente alzò una mano, fermandolo, «Non ti preoccupare Severus. Cambiare aria mi fa solo bene», l’uomo avanzò ancora nell’ufficio, la mano ferita adagiata sopra la mano sana, verso la poltrona, «Allora», esordì, «dove eravamo rimasti?».
 
*
 
Hermione non si era mai sentita tanto imbarazzata come in quel momento. L’aria pungente del parco per sua fortuna le ghiacciava le lacrime, che altrimenti sarebbero scese copiose sul viso.
 
*
 
Sirius le stringeva la mano così forte da farle quasi male, ma l’adrenalina, mista alla paura del momento, erano più potenti. Pensava che il cuore le sarebbe esploso come aveva visto esplodere tutte quelle sfere nelle altre stanze del ministero. Sirius si fermò di colpo, Hermione andò a sbattere contro la schiena dell’uomo. Lui si girò, abbozzando un sorriso nervoso, le sistemò velocemente i capelli dietro l’orecchio e le prese il viso tra le mani, «Pronta?», le domandò sussurrando. Hermione annuì impercettibilmente.
Mentì.

Non si sentiva affatto pronta.
 
*
 
La voce di Harry la ridestò dai suoi pensieri.
«Hermione?», l’amico la guardava, sinceramente interessato.
«Harry», Hermione tirò su col naso, «Non ti avevo sentito arrivare».
«Cosa succede?», domandò Harry, gli occhi fissi in quelli della sua amica. Erano giorni, anzi, settimane, se non mesi che la vedeva combattuta, «Sono preoccupato, anche Ron. Cosa succede?».
Hermione scrollò la testa, «N-niente», balbettò.
«Perché ci hai nascosto questa storia con Piton?», domandò ancora Harry.
«S-storia?», Hermione si mise dritta, «Nessuna storia», mormorò, «Mi ha solo permesso di leggere un libro, estremamente affascinante, ma devo leggerlo nel suo studio».
«Perché?»
«Beh, perché fa parte della sezione proibita!», esclamò.
Harry, inaspettatamente rise, una risata sincera.
«Che hai da ridere?», sorrise a sua volta Hermione.
«Perché adesso ti riconosco», disse Harry, «Quando parli di libri i tuoi occhi si illuminano, e soprattutto quando fai una cosa proibita, lo dici candidamente, come se nulla fosse!».
Hermione gli diede un leggero pugno alla spalla, «Non è vero! Sono sotto la supervisione di un professore. Non è illegale!»
«E Piton non dice niente?», domandò curioso Harry.
Hermione scosse il capo, «No. Solitamente lui corregge i compiti o altro, e io leggo».
«Come è che nata questa cosa?».
«In biblioteca», Hermione mentì, di nuovo, «In biblioteca», ripeté.
Piton l’avrebbe scoperta sicuramente.
 
*
 
Hermione si sentiva un po’ meglio, dopo quella chiacchierata con Harry. Certo, ancora non aveva affrontato i suoi demoni, ma proprio con Harry non ce la faceva. Lui aveva perso il suo padrino, l’unica persona che poteva definire la sua famiglia.
Lei? Lei chi aveva perso? Un amico? Un confidente? Cosa?
Non lo sapeva neanche lei.
Fuori era ancora freddo. I prati erano ancora coperti di una spessa coltre bianca. Avrebbe voluto tanto andarsi a sedere sotto una delle querce vicino al lago. Sospirò, camminando per il castello. Piton ancora non le aveva fatto sapere se poteva tornare nel suo ufficio. Fuori dalle lezioni sembrava scomparso.
Hagrid aveva raccontato di aver visto Piton e Silente litigare, ai confini della Foresta Proibita. A Hermione era sembrato tutto così strano, Silente aveva sempre difeso Piton da tutti gli attacchi che negli anni Harry e Ron avevano fatto verso il professore ma anche Piton le era sembrato sempre estremamente devoto al Preside. Quei due le avevano sempre fatto pensare che la fiducia cieca tra le persone potesse esistere.
Nelle sere passate a leggere nell’ufficio di Piton, Hermione aveva più volte sorpreso se stessa a guardare con attenzione l’uomo seduto alla scrivania. Era buffo, pensava, lo aveva sempre visto come il suo professore e le faceva strano adesso rendersi conto che il suo professore fosse un uomo.
Ne seguiva con attenzione le mani, il loro movimento leggero ed elegante mentre Piton correggeva i compiti. Seguivano le braccia, le sembravano forti, avvolte nelle camice curate, bianche o nere, dalle maniche larghe. Su quelle braccia, pensava, doveva esserci il Marchio Nero. Lo guardava intensamente. Una volta quell’uomo, il suo Professore, era stato uno degli uomini fedeli di Voldemort.
Voldemort. Quante vite aveva rovinato quel pazzo?
Sospirò profondamente. Era arrivata alla Sala Comune. Sperava che non ci fosse troppo casino. Entrò e il chiacchiericcio la colpì immediatamente. Con tutto quel rumore non riusciva a pensare. Si stava già irritando quando una ragazzina del primo anno le si avvicinò.
«Per te», disse imbarazzata, porgendole un biglietto, «Il professor Piton», continuò, rabbrividendo al solo pronunciare quel nome. Adesso Hermione capì perché le sembrava tanto terrorizzata.
Hermione afferrò il bigliettino, sorpresa sia dal biglietto stesso che dalla quella piccola scintilla di emozione che si era risvegliata nel suo petto.
 
“Oggi pomeriggio. 4pm.”
 
Severus Piton
 
Le venne da ridere. Quel telegramma era veramente come il suo professore. Stringato.
Le ore passarono veloci, Harry e Ron erano ad allenarsi al campo di Quidditch e lei era rimasta nella Sala Comune, un po’ leggendo, un po’ chiacchierando con le sue compagne di corso e riprendendo i ragazzini del primo anno che erano troppo chiassosi.
Allo scoccare delle 4 del pomeriggio, Hermione era già nel corridoio dell’ufficio del suo professore.
Lo trovò fuori alla porta.
«Signorina Granger», disse a mo’ di saluto, con la voce bassa, come un tessuto, un velluto pesante ma comodo e caldo.
La voce di Piton era diversa da quella di Sirius, quella di Sirius era roca, come un latrato.
Piton la guardava, Hermione arrossì, «Salve professor Piton».
Piton sembrò annuire, e poi, sempre con modi eleganti, invitò Hermione a precederlo, «Camminiamo», disse.
Hermione si stupì. Camminare? Dove avrebbero dovuto camminare?
Hermione si sentiva improvvisamente in imbarazzo, aveva l’impressione che la lingua si fosse attaccata al palato. Camminavano in silenzio, uno accanto all’altra, senza proferire parola.
«Allora», Piton improvvisamente parlò, scuotendo Hermione dai suoi pensieri, «Spero che lei abbia fatto qualche passo avanti».
Hermione si guardò intorno nervosa, «In che senso?», erano diretti alla Torre di Astronomia.
Piton emise uno sbuffo divertito, «Sa benissimo di cosa parlo».
«No», ammise Hermione, «Ancora no. Ci hi provato, ma non riesco».
Piton si fermò di colpo, sulle strette scale a chiocciola della torre. La guardò, intensamente, molto intensamente, «Cos’è che la spaventa così tanto, signorina Granger?».
Hermione lo guardò, perdendosi in quegli occhi neri come la notte, «Io non ho paura», affermò, «Io… io…», ripeté, cercando le parole giuste, ma non le trovava. Sentiva invece un groppo in gola, ingoiò a vuoto, gli occhi le pizzicavano. Distolse lo sguardo da quello di Piton.
«I-io…», balbettò, mentre la vista si offuscava, «I-io, i-io… mi sento in colpa!», confessò, ad alta voce, quasi urlando.
Nascose il viso tra le mani, lo sentiva bagnato, caldo dalle sue stesse lacrime. I singhiozzi le scombussolavano il corpo. Si voleva calmare, ma più diceva a sé stessa di calmarsi, più il corpo non le rispondeva. Si sentiva così stupida a piangere, tra le scale, di fronte al suo professore.
Improvvisamente si sentì al caldo. Il viso poggiava su un tessuto fresco, asciutto che sapeva di buono. Un abbraccio la stava accogliendo. Hermione chiuse gli occhi, lasciandosi a quell’abbraccio.
«Shh…», soffiò Piton, «Non è colpa sua Granger, non è colpa di nessuno», mormorò, continuando ad abbracciarla. La Granger le sembrava piccolissima nel suo abbraccio, non sapeva cosa stesse facendo, gli era venuto così naturale. Aveva riconosciuto quel dolore, quel senso di colpa, anche se non poteva spiegarsi quello della Granger, ma conosceva il suo, «Black sapeva cosa faceva, lo avrebbe fatto comunque per salvarvi», continuò, «Non vorrebbe sicuramente che lei si incolpasse di questa cosa. Sono sicuro che non vorrebbe».
Hermione ascoltò in silenzio le parole del suo professore, il tono della sua voce calda, non si era accorta ma stava ricambiando l’abbraccio, il volto appoggiato al petto del suo professore, che respirava calmo, tranquillo, quasi ipnotizzante. Piton poggiava il mento sulla testa della sua alunna, il profumo di vaniglia che invadeva le sue narici, i capelli che accarezzava erano morbidi. Stringeva quel corpo singhiozzante che piano piano andava a calmarsi. Sentiva che la camicia era bagnata, lì, dove la sua alunna si era rifugiata, ma non gli dava fastidio. Mai avrebbe pensato di trovarsi in una situazione simile prima in vita sua.
Ma in quel momento stava bene. Lì, sulle scale, abbracciato alla sua alunna si sentiva bene, di nuovo umano.
Hermione strinse l’abbraccio ancora un po’. Le lacrime avevano finito di scendere. Un certo torpore la invadeva. Mai avrebbe pensato di potersi trovare abbracciata al suo professore. A Severus Piton poi. Ma aveva bisogno di quel calore, quel calore che le era così tanto mancato. Stava bene in quel momento.
Stavano bene.
 
 __

Salve! 
Spero di non aver corso troppo con la storia, è così difficile scrivere di Severus e Hermione!
Mi dispace pubblicare una volta ogni mille anni, ma  vi ringrazio per i bellisismi messaggi e recensioni che mi avete scritto.
Grazie davvero!
Spero che la storia continui a piacervi.
Un abbraccio!
StClaire

 
 
  
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