Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: amirarcieri    26/01/2021    0 recensioni
Wyatt fin dalla nascita ha sempre sentito la mancanza di qualcosa, come ad essere stato privato di una parte importante di se stesso, ma nessuno gli ha mia dato conferme. Soltanto domande delle quali solo lui era a conoscenza e risposte a cui doveva trovare un riscontro mediante gli altri.
Un giorno Wyatt decide di andare dalla madre per farsi raccontare il segreto che nasconde, ma non è del tutto certo della sua decisione, perché privo di prove certe.
Il caso vuole che proprio nello stesso giorno, Wyatt, incontra una ragazza che lo scambia per un altro ragazzo e allora lì, Wyatt, non ha più dubbi.
Dopo averla invitata a pranzare a un ristorante, è certo che il suo pensiero è pieno di fondamento.
Genere: Commedia, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 5


 

Per sempre il suo bambino“


 


 

Quella mattina il sole li raggiunse pacato.
Cauto,li corteggiò tenue lasciando che i versi dei primi animali mattutini li rendessero in parte coscienti del suo arrivo.
L'aria era stemperata, con la tipica brezza che accompagnava il sorgere del sole ben percettibile nei pori della propria pelle.
Come ogni mattina, Margaret si svegliò al suo solito orario usuale e come ogni volta si apprestò a riempire la sua tazza di caffè,ma stavolta le sue ordinarie abitudini erano state deviate da un irreprensibile meta.
Margaret non poté resistere.
Non poté sottrarsi dal poter rivedere la figura del figlio dormire nel proprio letto come un tempo. Era un’esigenza che andava contro ogni altro istinto.
Così, si accostò alla porta attenta a non fare rumore, la dischiuse accurata nei movimenti, quindi lasciò alle sue pupille l'onore di focalizzarlo nei minimi particolari.
Era così bello poterlo rivedere all'interno di quel piumone e continuare a realizzare che nonostante il passare degli anni non fosse cambiato niente.
Margaret si ricreò nello scoprire che quando fosse abbandonato fra le braccia di Morfeo, tenesse ancora la coperta sollevata fin su l'estremità del naso, si sollazzò a notare i suoi legamenti superiori distesi mentre quelli inferiori piegati, ma più di tutto, si confortare nel accorgersi che un’immancabile espressione distesa dominasse l'integra parte del suo viso.
E Wyatt se ne stava li, ignaro di essere osservato dagli occhi di colei che l'aveva messo al mondo, lasciandogli credere che sarebbe rimasto per sempre il suo bambino, e che niente avrebbe mai cambiato certe parti di vita che aveva puntualmente trascurato negli ultimi due anni.
Margaret, richiuse la porta rincuorata. Poi si avviò in cucina sorseggiando il suo caffè.
Contemporaneamente, nell'altra stanza, anche Diana era intenta a praticare il suo stesso sport olimpico.
Anche lei, come lui, se avesse potuto, avrebbe optato per un lungo sonno risanatore, ma quel fresco lunedì di settembre, per qualche strana ragione si svegliò presto.

Diana, camminava lungo la via con gli occhi chiusi e quando Margaret la vide sgambettare per il corridoio, gli sorrise gentile scomodandosi a preparare una tazza di caffè anche per lei.
«Buongiorno» mugugnò la più giovane ancora intontita dal sonno.
«Buongiorno. Non sono certa che ti piaccia» le palesò la donna passandogli la tazza di caffè.
«Si, in Italia e di gran lunga superiore. Nonostante la quantità sia minore, il gusto è eccezionale» Diana lo sorseggiò comunque, malgrado sapeva quanto pena facesse.
L'avevano avvertita i parenti in Italia, gli avevano detto che era pessimo, ma lei era curiosa di provarlo e non appena lo portò alla bocca, si attribuì un’espressione allucinata.
Era sicuro che la tazza fosse ripiena di qualcosa?
Perché quel liquido marrone era totalmente privo di gusto. Assente di un sapore distinto che ne rimase particolarmente scioccata.
«Vuoi un po' di latte?» consigliò Margaret intuendo che non fosse di suo gradimento.
«No. Io sono allergica al latte» Diana mise la mano davanti a se in segno di divieto. La sola parola “Milk” , le fece salire alla gola un’ondata di nausea.
Perciò per scacciarla, prese un altro sorso di caffè e finì per sciacquarsi la bocca.
Nel vedere quella scenetta comica, Margaret accennò un sorriso divertito.
«Vorrei tanto visitarla qualche volta» e lì, la voce della donna assunse un tono malinconico.
L'Italia era il paese che tutti gli stranieri sognavano di visitare, ma per lei era sopratutto il paese dove collegava una forte quantità di dolorosi ricordi.
«Gliela consiglio. Cioè non perché sono Italiana» Diana aveva capito a cosa fosse rivolto il deprimente stato d’animo della donna, quindi cercò di operare a beneficio della meta come una testimonial viaggi abituata a persuadere le persone a sfruttarne l’opportunità sconto.
«E’ perché trovo che sia bello ritrovarsi in un altro angolo del mondo dove ogni cosa è dissimile. Un angolo dove le ricorrenze, le leggi e persino il modo di pensare è impari» paese che trovi, usanza che va. E si era proprio vero.
In qualunque parte del mondo un individuo si fosse trovato, avrebbe avvertito istintivamente il brusco cambiamento d'ambiente.
Anche solamente se il suo spostamento fosse stato da Milano a Napoli. Perché ogni regione si diversificava per le sue distinte particolarità.
Ognuna con la propria storia e i propri valori che sarebbero stati tramandati di generazione in generazione.
«Lui sta ancora li?» ebbe l’ardire di chiedergli Margaret. Diana capì istintivamente che si riferisse al marito. Era stato il movimento dei suoi occhi a farglielo capire.
«Insieme a Xavier suppongo. Gli unici contatti che ho con lui sono quando mi manda i soldi mensili per non venire meno al patto e delle laconiche lettere in cui mi dice lo stretto necessario» quando Margaret concluse la frase, lasciò di stucco Diana.
Allora non sapeva niente? Non aveva saputo davvero più niente dell'ex marito e del gemello rubato?
Poteva essere che da quel giorno avessero definitivamente perso i contatti?
Diana si chiese come avrebbe reagito la donna nello scoprire la verità?
«No» esclamò secca. Ma a questo punto che erano venuti fuori tutti gli altarini, aveva davvero importanza dire una verità di più o meno?
«Si sono trasferiti?» dedusse Margaret confusa.
«Si» Diana avrebbe anche continuato così. Con le sue ormai famose risposte fisse che raggiunto un certo livello di sopportazione trovava irritanti anche lei. Però stavolta, forse complice il sonno ancora ben percettibile tra le sue palpebre pesanti o forse l'innaturale bisogno di gettare fuori la verità, fu straordinariamente diretta,
«Inizialmente lui viveva in Italia con la sua nuova famiglia, poi però non so per quale ragione è tornato all'estero, e li, a quanto pare ha conosciuto un’altra donna per la quale ha lasciato la moglie attuale»
«Mi sembra di averla già sentita questa storia» Margaret era fortemente risentita da quell’informazione avuta.
«Si, però stavolta ha deciso di seguire la sua diletta solo. Senza marmocchi tra i piedi. Xavier e la figlia avuta con la seconda moglie, sono rimasti a quest'ultima» nel continuare a sentire il resto della storia, Margaret scosse la testa con un sorriso amareggiato.
«Avrei dovuto sapere che non gli importava niente di Xavier. Il suo è stato solo un capriccio per soddisfare la sua marcata parte narcisista»
«Non è propriamente così» la ammonì Diana.
«A no?» La bocca di Margaret si socchiuse per lo sbigottimento.
«No» Diana abbassò lo sguardo come per scusarsi del tono appena usato.
«Lui è letteralmente rapito dal figlio e Xavier ricambia il suo amore» a quella nuova informazione, Margaret sorrise forzata.
«È vero stanno distanti, e che lui li ha nuovamente abbandonati per un’altra, ma non gli fa comunque mancare niente e di tanto in tanto Xavier va a stare per qualche mese da lui per trascorrere le vacanze estive o di Natale» Diana fece una pausa nella quale posò sul tavolo la tazzina.
«Non mi fraintenda. Non sto dicendo che è un bravo padre. Anzi, io pensò che sia un ruffiano senza pudore, però riesce ad essere anche quel che basta per apparire perfetto agli occhi dei figli» spiegò concisa. Margaret acconsentì, facendogli capire che aveva afferrato il principio base. Quindi passò ad un argomento più piacevole.
«Vorrei poterlo rivedere sai?» le confessò. E stavolta si riferiva ovviamente al figlio.
«Lui è» Diana cercò l'aggettivo adatto per descriverlo nel complesso.
«Sbalorditivo»
«Vorrei esserci anch'io! Intendo, quando si riconcilieranno. Vorrei essere presente a questo irripetibile momento. Ho perso fin troppi avvenimenti importanti di mio figlio in questi ultimi mesi» la disse tutta, citando il figlio che ancora se ne dormiva di là, non curante delle ore che scorrevano sotto il suo naso.
«Le prometto che al suo ritorno saranno in due e non più uno» difficilmente Diana non portava a termine una promessa fatta. Per lei mantenere le promesse era come vincere un premio oscar.
La prendeva più come una competizione fra se stessa e i suoi limiti, che il più delle volte venivano superati con la percentuale massima.
«Crederò di essere ubriaca?» ironizzò la donna.
«Il più delle volte è cosi» al pensiero dei due gemelli siti uno dinanzi all'altro, Diana sorrise con naturalezza.
Chissà come si sarebbero sentiti in quel momento.
A che impercettibile rapidità avessero battuto le loro palpitazioni cardiache una volta stretta tra le braccia quella loro medesima metà perduta.
Infinite alternative si generarono nella sua mente, ma nessuna forse avrebbe mai rispecchiato quella reale.
Senz'altro però sarebbe stata una scena magica. Carica di emozione e gioia.
Questo pensiero ricco di totalità, trasmise a Diana un nodo alla gola.
«Beh, io vado a rinfrescarmi» la ragazza scacciò il pensiero dalla testa, portando la priorità all'igiene personale.
«Okay! È tutto in bagno. Se ti serve qualcosa in particolare chiamami» la istruì alzandosi per portare le tazze nel lavello.
«D'accordo e» Diana sollevò le spalle timida.
«Grazie?» le rese la gentilezza sotto forma di punto di domanda. Odiava mostrare il suo lato dolce a quello altrui. La faceva sentire sottomessa e contagiata da quell'amore disperso e ormai raro da trovare in giro per il mondo,ma in situazioni di questo genere era d'obbligo lasciarne defluire qualche minima scaglia. Giusto la certezza di avvalorarsi il rispetto del prossimo e non sentirsi in torto con quest'ultimo.
Margaret le sorrise comprensiva poi andò alla volta del lavello e si accinse a lavare le tazzine con accuratezza.
Diana camminò verso il corridoio con le spalle irrigidite.
La leggera brezza si era fatta abbastanza compatta da poter provocare la pelle d'oca sulle sue braccia scoperte e rizzargli il pelo.
Attraversò perciò il piccolo corridoio facendo una piccola corsa, dopo chiuse la porta tramite una spallata e tirò via un sospiro. Poi i suoi occhi si sollevarono, potendo ammirare lo scenario davanti a se.
La cameretta doveva essere stata della sorella maggiore dalla mentalità basica, non troppo pretenziosa: tanto per cominciare c’era un letto al centro ornato con una coperta blu acciaio, un armadio di vecchia datazione appostato all’angolo sinistro e per finire un mobile con cassettoni gettato a caso all’estremità destra sul quale era stata sistemata una lampadina giallo canarino.
In un angolo remoto della stanza, appallottolati uno sopra l'altro e nel più totale del disordine, facevano capolino i suoi vestiti.
Incerta del fare un passo in più, Diana allungò una mano, arricciando il naso quando furono stretti nelle sue mani.
Per lei non c'era niente di più riprovevole dell'indossare gli stessi capi d'abbigliamento per due giorni consecuitivi.
Era come quasi un’allergia che gli dava quell’irrefrenabile voglia di grattarsi un po' da tutte le parti e di trovare pace solo dopo essersene liberata.
Però era quello che aveva, quindi doveva adeguarsi alla situazione nonostante avesse il disperato bisogno di rifornirsene mediante l'albergo dove alloggiava.
Irritata fin nelle viscere, Diana ammassò tra le sue braccia tutto l’indispensabile di cui aveva bisogno, si chiuse in bagno e appropriandosi della doccia ci rimase per un’ora piena.
Il bagno era un ambiente dai colori marittimi come il verde acqua o il perlato, nell’aria si respirava l’odore balsamico del gelsomino mischiato all’iris, tuttavia malgrado fosse dotato sia di bagno che doccia, Diana optò per la seconda.
Quando fu soddisfatta dell'effetto risanatore che aveva avuto su di lei, uscì, si vestì non troppo entusiasta. Poi fu la volta di accendere il phon, che accese, cominciando a smuovere la sua bellissima chioma naturale.
Mentre si impegnava a dare alle sua chioma di spirali una forma compatta, la porta si aprì all'improvviso. Diana si curò speditamente di richiuderla.
«Chi è?» disse sicura di sapere già chi fosse.
«Wyatt?» il ragazzo fece dell’ironia e spinse con il piede sulla porta per replicare alla forza contraria esercitata dalla ragazza su di lui.
«Non sei nudo vero?» si premurò di chiedergli lei. Diana era realmente preoccupata di quest'ultima incognita.
«Non ho intenzione di rispondere a questa domanda» replicò Wyatt particolarmente divertito della scena. Diana allora allentò la presa per cercare di scorgere qualcosa.
«Perché lo sei o perché è scontato che non lo sei?» ridomandò Diana con voce impancata. Wyatt accennò un’altra risata.
«Tu. Sei. Incredibile.»
«E tu. Sei. Ambiguo.» la ragazza ne rimproverò la paradossale negligenza quasi fosse una cugina responsabile e di tre anni più grande. Ma alla fine, si arrese, lasciando la presa solida dalla manovella per dargli il dovuto benvenuto.
«Buongiorno» Diana lo accolse solare mentre gli fissava spudoratamente i tatuaggi.
Perché appunto, il ragazzo aveva soltanto i boxer ultra aderenti a coprirgli il corpo completamente denudato.
«Buongiorno» rispose questo con la stessa insolita spensieratezza, andando spedito a prendere il dentifricio e lo spazzolino.
Adesso, gli occhi di Diana erano cascati incuranti alla vita smilza del ragazzo.
Stava analizzando con attenzione la sua struttura fisica - snella, ma simmetrica e allenata - in cui si facevano bella mostra mostra di se i suoi molteplici tatuaggi.
Diana ne contò in tutto tre nel braccio destro, due sulla scapola, cinque nel bicipite sinistro.
Ma era sicura che in tutto quel groviglio di linee e inchiostro nero, gliene fosse sfuggito qualcuno.
«Ma non provi imbarazzo a startene mezzo nudo davanti ad una signorina?» si decise a parlare poi, ma continuando a fissare gli addominali netti sulla pelle chiara.
«Può darsi, ma ormai quel che è fatto, è fatto» replicò lui cominciando a spazzolarsi i denti candidi come niente fosse.
«Potresti sempre metterti una maglietta!» lo ammonì lei senza convinzione.
«E comunque se stai così per me non è un problema, anzi, è più un sollievo» gli manifestò perciò, incrociando i suoi occhi ambra attraverso lo specchio.
Wyatt si bloccò sorpreso di quella confidenza, e rimanendo con lo spazzolino a pochi centimetri dalla bocca, ne ricambiò lo sguardo nell’equivalente modo.
Quello che aveva appena affermato era la verità più vera che avesse mai pronunciato.
Wyatt aveva colto il suo reale contenuto, per questo gli sorrise non poco dopo, simulandogli un si con il movimento della testa.
Il sollievo che Diana aveva avvertito nel scorgerlo coperto solo da un paio di boxer, non poteva essere descritto con nessuna parola esistente.
Senza saperlo stava già cominciando a guarire quella sua malattia derivata dal cuore.
Niente più inganni, né occultamenti, ma solo lei e la prova di essere nelle sue integre facoltà mentali.
Perché quei tatuaggi erano l'unica cosa a cui poteva tenersi salda per definirsi tale.
La mano alla quale doveva aggrapparsi per poter ricordarsi chi fosse la persona posta davanti a lei.
E quella persona era Wyatt.
Confortata dai suoi stessi pensieri, Diana riaccese il phon, ma subito lo spense, fulminata da un pensiero troppo importante per non essere condiviso con quest'ultimo.
«Ah, Senti dobbiamo passare dal mio albergo per prendere parte dei miei oggetti personali» gli riferì inarcando le sopracciglia disperata. Già non sopportava più l'avere addosso il maglioncino cobalto del giorno precedente.
«Okay» Wyatt acconsentì nel contempo che si sciacquava la bocca.
«Okay» ripeté anche lei, riaccendendo il phon. Ma lo spense un secondo dopo.
«E tuo padre sta in Canada» specificò per essere sicura di non avere altre perdite di tempo. A quella indicazione Wyatt si accigliò confuso.
«Credevo stesse qui, a Londra»
«No! Ho dimenticato di dirtelo, vive a Toronto»
«D'accordo! Faremo dei biglietti direttamente all'aeroporto» risolse, tamponandosi le labbra bagnate con la tovaglia.
La pazienza di cui quel ragazzo era a disposizione, Diana la trovava quasi disgustosa.
Che derivasse dal nome di cui usufruiva o i bigliettoni posseduti, la sua calma risuonava sempre come qualcosa di terribilmente fastidioso.
E se pensava a come era andato fuori di testa il giorno prima, Diana realizzava che il suo tachimetro emozionale non partiva da una velocità pari a trenta, ma pressava direttamente a centocinquanta.
Portando via dalla testa questo futile pensiero mediante una sventolata di testa, Diana riaccese il phon per riprendersi a spazzolare la chioma con le dita.
Wyatt stava per lasciare la scena del crimine, quando d'un tratto la ragazza cominciò a canticchiare Teenage Dream.
I suoi piedi, quasi come se qualcuno avesse messo pausa, si bloccarono in attesa di ricominciare a sentire quella carezzevole melodia.
Non curante di essere ascoltata, Diana continuò a canticchiare con un andamento di tempo molto equilibrato e Wyatt attese la parte giusta per attaccare le parole possedute da quella base improvvisata.


"Before you met me, I was a wreck but things

Were kinda heavy, you brought me to life
Now every February, you’ll be my valentine, valentine"

Afferrando le sue intenzioni, Diana prese la spazzola pronta a duettare insieme al suo partner.


"Let’s go all the way tonight

No regrets, just love
We can dance until we die
You & I
We’ll be young forever"
entrambi si fermarono nello stesso istante per emettere una risata gaia e darsi un cinque di tutto rispetto.

«Wow! Sei tosta» se ne complimentò eccitato più che mai della scoperta.
«Grazie! Anche tu non sei male» ironizzò lei, dandogli un colpo di spazzola al centro del petto.
«Riesci a fare il ritornello?» volle approfondire Wyatt arci – curioso.
«Tendo a stonare su alcuni punti» gliela palesò lei, facendo una smorfia comica.
«Lo sospettavo» disse Wyatt portandosi una mano sotto il mento fregiato dal sottile pizzetto.
«Cerchi di fare il maestrino provetto di canto?» gli domandò lei, fingendo noia.
«No! Stavo solo evidenziando i tratti della tua profondità vocale! Non è malaccio. Con un po’ di esercizio potresti perfezionarti» le espose serio. In realtà stava anche pensando che se fosse sbucata fuori due o tre anni fa, lui e Noah, l’avrebbero sicuramente presa nella band come seconda vocalist in comando.
«Lo so! Non sei il primo che melo fa notare» disprezzò lei, dirigendosi spedita nella sua stanza. Wyatt la seguì con gli occhi per tutto il percorso che fece nel passargli accanto.
«Ma non mi convincerai mai a fare i provini per Xfactor o quelle robe lì» bocciò l’idea sul nascere e gli chiuse la porta in faccia trionfante.
Diana era stata incitata da molte persone di provare a sfruttare questa sua dote.
Si, era vero, non aveva la voce perfetta, ma riusciva a essere straordinariamente intonata nella maggior parte delle scale e se avesse deciso di partecipare a qualche show canoro o anche solo essere guidata da un professore di canto, certamente l'avrebbe perfezionata, lasciandogli raggiunge l'eccellenza.
Peccato che lei cantasse per svago. Solo per poter sentirsi più leggera e in pace con se stessa.
In pratica era un hobby che adoperata principalmente quando era di buon umore.
Quando tutto gli appariva chiaro e pacifico, dove ogni angolo era per lei ubicazione di imprevisti.
Wyatt, tuttora immobile davanti alla porta, sorrise all’essersi visto bocciare l’idea prima ancora che venisse proposta, poi si affrettò a fare anche lui una doccia.
Per la partenza decise di vestirsi con il suo look casual che indossava generalmente: skinny di jeans chiari, pullover di cotone blu con su stampata una faccina gialla sorridente e un paio di comodi stivaletti in pelle nera.
Un look comodo, ma abbastanza evanescente che riusciva comunque a metterlo al centro dell'attenzione femminile.
La partenza era vicina e all'arrivo del veicolo successe ciò che Margaret aveva sperato.
Wyatt si era fermato a salutare tutti con la sua naturalezza più disinvolta, tuttavia una volta ritrovatosi dinanzi alla madre, si fermò per contemplarla torvo.
Gli occhi di Margaret erano così fragili, schiavi ancora della cicatrice mostrata qualche ora antecedente.
E Wyatt non riusciva proprio a giustiziarla, né a rendere i suoi sentimenti un’emozione di rigetto verso di lei, semplicemente perché, sua madre era il suo eroe.
Colei che aveva salvato l'anima del suo cuore custodendola come il gioiello più prezioso dell'intero universo, chi l'aveva affiancato nei momenti più difficili quando tutto il mondo gli era apparso come un’enorme minaccia nera e chi per nessun motivo al mondo avrebbe messo a repentaglio la sua vita pur di tenere salva la sua.
Cogliendo il perdono tra i suoi occhi, Margaret mosse una mano, per sfiorarlo con un tocco che da carezza si divulgò in un caloroso abbraccio.
E tutto fu perfetto.
Tutto per una scheggia di secondo tornò a risiedere nel passato.
Margaret portò una mano alla nuca del figlio che non era più l'uomo del presente, ma il piccolo pargoletto che ai suoi occhi non avrebbe mai smesso di essere.
Lo stesso che tornando dalla scuola materna gli si gettava tra le braccia urlando il suo nome mentre le ripeteva in continuazione quanto la amasse.
«Vai e non trattenerti. Digli tutto ciò che pensi di lui» lo incitò perciò la donna con tenacia.
«Parlerò anche a nome tuo» promise caparbio. Commossa dalle sue parole, Margaret lo strinse più intensamente a se, prima di sciogliere definitivamente l'abbraccio.
«Mi mancherai» gli disse dal profondo del cuore.
«Anche tu. Ma tornerò. Tornerò come ogni volta» le fece sapere guardandola dritta negli occhi. L'assicurazione del suo ritorno era ben evidente tra le sue pupille ambra cariche di purezza.
Per questo la madre gli credette senza remore.
«Ed è questo che ho ancora la forza per continuare ad aspettarti. Perché sp che tu tornerai sempre da me» i due si riabbracciarono nuovamente, poi fatto il giro di saluti sia da parte sua che di Diana, salirono in macchina.
«Allora dove si va?» l’autista fece la domanda di prassi che avrebbe ripetuto fino al giorno della sua tanto guadagnata pensione.
«All'hotel non so il nome» rispose Wyatt, voltandosi verso Diana per incitarla a dargli un punto di orientamento.
«The Cavendish» disse lei guardandolo sbadatamente.
«Bene! Si parte ragazzi» l’amico autista schiacciò il piede nell'acceleratore e lasciò sfrecciare la macchina sull'asfalto con Katy Perry in sottofondo che colorava di positività il viaggio.



NOTE AUTRICE: e rieccomiiiii con il sesto capitolo. Allora che ne pensate? Continua a piacervi? Wyatt e la madre hanno fatto pace vi ha fatto piacere o pensavate ci volesse ancora un po'? 
E di DIana e Wyatt che pensate? Il loro rapporto si intensifica sempre di più, rendendoli più vicini e consapevoli di questo. 
Diana deve ancora venire fuori per benino, ma poco alla volta si svelerà non temete. 
Bhe, che altro dire? Ringrazio chi leggerà, chi leggerà e recensirà, chi mi aggiungerà alle varie opzioni di scelta della storia. 
Al solito, se volete aggiungermi ai social sono: 

Twitter | Facebook


Thank you so much e alla prossima. 

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: amirarcieri