NON AVERE PAURA
*
Caduta libera
*
“Dobbiamo
uscire da qui.” Disse Adrien con aria preoccupata, se si fosse verificata
un’altra scossa di terremoto, sicuramente l’ascensore sarebbe caduto e loro,
nel peggiore dei casi avrebbero perso la vita.
Questo
se ovviamente, si stava parlando di ragazzi normali con una vita normale, ma
loro erano Lady Bug e Chat Noir, e se non fosse stato per il fatto che erano
costretti a mantenere il segreto sulle loro identità, si sarebbero trasformati
seduta stante.
Chat
Noir avrebbe usato il cataclisma e distrutto la porta, Lady Bug avrebbe usato
il Lucky Charm o lo Yo-yo per raggiungere il piano più vicino.
Marinette riuscì a
calmarsi e per un momento vincere la sua paura, ma ora doveva fare i conti con
la presenza di Adrien in uno spazio ristretto.
Il
suo profumo, aveva invaso quell’abitacolo e per poco non gli svenne ai piedi,
nonostante fossero passati anni, quello che non era di certo passato, era la
cotta per il modello francese, mai confessata.
Mentre
Adrien cercava un modo per aprire la porta, lei osservava attraverso la camicia
bianca la perfetta muscolatura dorsale assieme al suo lato B, messo in evidenza
dallo sforzo che il biondo stava compiendo.
“E’
ermetica.” Disse abbandonando la missione.
Lei
riuscì a volgere appena in tempo lo sguardo altrove, che si posò in una botola
posta in alto, sul lato destro ed ebbe un lampo di genio.
“Guarda”
Le disse indicando la porta “Se mi alzi, forse ci arrivo”.
Adrien
si abbassò in modo da farla salire sulle spalle.
“No,
no, no. Togliti quelle scarpe però, non vorrai arpionarmi con quelle armi e
fare due buchi sul mio fisico perfetto”.
“Queste
armi, come le chiami tu, sono di alta moda e ho speso tutto quello che
ho guadagnato questa estate per pagarmele per poterle indossare in questa
serata”.
“Giuro
che se usciamo da qui sani e salvi, te ne regalo un paio di molto più belle”.
Marinette arrossendo si
tolse le scarpe e le mise delicatamente in un angolo.
“Non
guardarmi sotto la gonna, ok?” Gli disse mentre si apprestava a salire.
“Non
era mia intenzione farlo, sono un gentiluomo sai?”. Ma inevitabilmente, mentre
guardava quello che stava facendo, l’occhio cadde su quel sedere perfetto, sodo
e nudo.
Sicuramente
indossava un tanga di pizzo come quelli che era abituato a vedere sulle riviste
o addosso a modelle famose, e solo a quel pensiero, Adrien arrossì vistosamente,
non aveva mai pensato a Marinette in quei termini, ma
ora che l’aveva sotto mano, pensò a quanto fosse cresciuta.
“Senti
gentiluomo, riesci ad alzarmi un po' di più?” A Marinette mancava pochissimo
per arrivare alla botola e riuscire ad aprirla.
“Milady
accontentata!” Si alzò in punta di piedi cercando di non perdere l’equilibrio,
ma fu lei a farlo, dopo aver udito quella parola.
Insieme
caddero sul pavimento, uno sopra l’altro.
“Come
mi hai chiamata?” Chiese interrogativa inchiodandolo al pavimento, senza dargli
modo di muoversi.
“Ehm…Milady,
perché?”
Non
poteva essere una coincidenza, però era un nomignolo che chiunque poteva
affibbiarle, non aveva nulla di strano o di personale.
Marinette lasciò andare
la presa e si alzò, dando il tempo anche a lui di fare lo stesso.
“Solo
una persona mi chiamava così, e mi ha fatto strano sentirla da te”. Spiegò
gesticolando con le mani.
“Chi?”
Adrien iniziò a sudare freddo e il battito del cuore accelerare come se avesse
il turbo, come se in quel momento pezzi di un puzzle mai terminato e lasciato
lì abbandonato, stavano piano piano andando a posto,
però poi pensò che non fosse una parola così strana da poter portare solo ad
una persona che non vedeva da tanto.
Marinette gli diede le
spalle “Non ha più importanza ormai. Sono mesi che non lo vedo”.
“Non
mi avevi mai parlato di questo ragazzo.”
“Era
solo un amico.” Ma per lei Chat Noir significava molto di più.
“Dal
tuo tono non sembrerebbe.”
“Senti,
dobbiamo parlarne proprio ora?” Chiese infastidita, avevano altri problemi più
grossi a cui pensare e quello non era di certo il momento più adatto a
rinvangare il passato.
Non
fece tempo a finire la frase, che l’ascensore venne colpito da una frustata
talmente violenta, che s’inclinò leggermente, e quando i due ragazzi alzarono
in contemporanea lo sguardo, videro che la lamiera si era lievemente deformata.
Marinette deglutì
rumorosamente, le corde dell’ascensore si stavano staccando.
“Dobbiamo
sbrigarci, altrimenti faremo la fine del gatto col topo”. Lo disse senza
pensare.
Adrien
colse subito l’analogia, ma il fatto che Lady Bug, le avesse affidato il miraculous del topo in passato, non significava che non
fosse stata un’illusione o qualcosa di simile solo per depistarlo, del resto,
anche lui aveva fatto la stessa cosa quando aveva accettato il miraculous del serpente dalla coccinella.
E
ora che ci pensava meglio, durante la battaglia contro Miracle
Queen, Marinette non compariva tra i possessori di miraculous.
“Strano
detto da te” Sorrise sghembo.
“Che
vuoi dire?”
L’ascensore
tremò di nuovo mettendo in allarme i due ragazzi, e la lampada di emergenza si
spense.
“Perfetto!
Ci mancava questa.” Sospirò Marinette mentre una luce
accecante si propagava nell’abitacolo: era Adrien che faceva luce con la torcia
del suo cellulare.
“Ti
conviene risparmiare la batteria, magari quando usciremo da qui avremo bisogno
di chiamare qualcuno”. Lo rimproverò lei.
“Le
linee sono saltate, non riusciremo ad avvertire nessuno in ogni caso.”
*
Passarono
interminabili minuti, e l’aria viziata rendeva difficile persino respirare.
Marinette e Adrien rimasero in silenzio, lei seduta in un angolo con le
mani dentro i capelli, lui in piedi dalla parte opposta con la fronte
appoggiata alla parete.
Adrien
forse si trovava nello stesso ascensore proprio con Lady Bug, ma allora perché
non si trasformava e lo portava in salvo?
Per
lo stesso motivo che portava lui a non trasformarsi in Chat Noir: proteggere la
propria identità, sperava che i soccorsi arrivassero presto, perché sapevano
che c’era qualcuno intrappolato in quell’ascensore.
Marinette si alzò a
fatica, determinata però a portare Adrien fuori da quella trappola.
“Riesci
ad alzarmi ancora?”.
Lui
la guardò e annuì con il capo, ma restare in equilibrio e in punta di piedi con
l’ascensore un po' pendente, non era facile, ma Marinette
questa volta riuscì ad arrivare alla botola ed aprirla non con poca fatica.
Vennero
investiti da un po' di polvere e detriti di piccole dimensioni, e Adrien chiuse
gli occhi, quando qualcosa ci finì dentro.
“Stai
bene?”
“Si,
si, riesci ad andare su?”
Marinette si aggrappò
alle estremità e si issò raggiungendo il tetto.
“E’
come sospettavo, un cavo si è staccato” Poi guardò su, la cabina si era fermata
a pochissimi centimetri da una porta scorrevole, si avvicinò e con fatica
riuscì ad aprirla di poco “Adrien, siamo arrivati, riesci a salire e darmi una
mano ad aprire la porta?”. Si era affacciata all’apertura dell’ascensore e a
tendergli una mano per aiutarlo a raggiungerla, avrebbe messo i piedi nella
maniglia di sicurezza e issato senza problemi.
Ma
a volte il destino gioca scherzi beffardi e quando si inizia a intravedere uno
spiraglio, questi ti chiude inevitabilmente tutte le speranze.
Un’altra
scossa, un rumore sordo e Marinette fu costretta a
rientrare per non venire colpita da un’altra corda.
La
caduta venne attutita dal corpo di Adrien “Tutto ok?” Le chiese ignorando il
dolore all’addome.
“S-si”
Ma dalla sua gamba destra proveniva una fitta lancinante, la guardò, e in
penombra scorse un lungo taglio e il vestito strappato.
“Non
stai bene, guarda qua” Le disse Adrien accorgendosi della menzogna, e subito
cercò di correre ai ripari, rompendo ancora di più il vestito per avvolgerlo
attorno alla gamba.
“Il
mio vestito” Protestò lei.
“Sono
in debito di un paio di scarpe e ora anche di un vestito”.
“Eh
no! Così giochi facile.” Incrociò le braccia sotto il seno in segno di finta
offesa.
“Un’edizione
limitata? Un capo unico nel suo genere? Ti potrebbe interessare la cosa?”
“Va
bene, ma rilancio la posta aggiungendo anche una cena”. Lei glielo disse
scherzando, solo per smorzare la tensione e per non pensare al dolore.
“Non
vedo dove sia il problema, anzi, mi chiedo perché non lo abbiamo fatto prima!”.
“Intendi
io e te?”
“Si
esatto, che male ci sarebbe?”
“Niente,
è solo che…magari poi…pensano che io e te…si insomma…che siamo…che stiamo…”
“Che
pensino quello che vogliono, l’importante è quello che proviamo noi”. La guardò
dritta negli occhi, e a Marinette quella frazione di
secondo le sembrò un’eternità.
“Hai
ragione.”
Adrien
la vide pensierosa “Stai forse meditando cos’altro chiedere?” Scherzò, era
incredibile come tirasse fuori il suo umorismo anche in una situazione del
genere, dove le loro vite erano appese ad un filo, e non metaforicamente
parlando.
“No.
Comunque potrei benissimo chiedere dell’altro, visto che mi sarai debitore a
vita!”
“Cioè?”
Inarcò un sopracciglio.
“Semplicemente
perché se usciremo da qui, sarà solo ed esclusivamente per merito mio” Si
pavoneggiò.
Lo
vide increspare un labbro. “Vediamo, sei ferita e non stai facendo al momento
nulla di concreto, cosa ti fa pensare che sarai tu a salvarmi?”.
“Ho
un asso nella manica” Anche se avrebbe voluto dire nella borsetta.
“E
sentiamo, cos’è?” La invitò a continuare.
“Non
posso dirtelo”.
“Perché
no?” Si avvicinò pericolosamente al suo volto ormai sporco di polvere e grasso,
proprio come il suo.
“Sai
come si dice…la curiosità, ha ucciso il gatto”.
Adrien
si allontanò “Non so di che cosa tu stia parlando, ma voglio proprio vedere
cosa ti inventerai…” Si andò a sistemare alla parte opposta alla sua “…e
comunque anch’io ho un asso nella manica” Ammiccò.
*
Un’altra
scossa, questa volta più forte delle precedenti, che rischiava di metterli
ancora di più in pericolo di quello che non erano già.
Marinette si precipitò da
Adrien abbracciandolo più forte che poteva, come se quell’abbraccio le potesse
far passare ogni paura, come se fosse la sua unica ancora di salvezza.
Cessò
il tutto in pochi secondi, ma non il terrore di quello che stava per accadere.
Anche
l’ultima corda si staccò dall’ingranaggio e l’ascensore iniziò a precipitare a
grande velocità.
“Plagg, trasformami”.
“Tikki, trasformami”.
Invocarono
il loro potere in contemporanea, e in una frazione di secondo, uscirono da
quella che fino a poco tempo fa era la loro trappola mortale.
*
continua