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Autore: Placebogirl_Black Stones    06/02/2021    3 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 26: Aria di cambiamento
 
 
 
Erano ormai trascorsi sette mesi da quando Vermouth era stata condannata all’ergastolo e ognuno di loro era tornato alla propria vita di sempre, come se l’Organizzazione non fosse mai esistita. Il giovane detective stava affrontando il suo ultimo anno da liceale, esperienza che per un normale adolescente significava prepararsi ad entrare nel mondo degli adulti ma che per lui, che quel mondo lo aveva già conosciuto troppo presto, significava solo godersi del tempo con i propri amici. Shiho aiutava il Dottor Agasa nelle sue invenzioni, in attesa di decidere quale lavoro avrebbe voluto fare realmente. Era rimasta a vivere con lui, anche per via di Mendel che avrebbe così avuto un giardino dove poter stare, dal momento Mary e Tsutomu vivevano con Masumi in un appartamento al sesto piano di un palazzo, ma andava a trovarli tutti i week end e si tratteneva da loro. Avevano instaurato un bel rapporto e li aveva accettati come parte della sua famiglia. Quanto a lei e Shuichi, nulla era davvero cambiato rispetto a quando avevano lasciato il Giappone: il loro rapporto era sempre lo stesso, colleghi e amici. Non erano mai usciti da soli dopo il lavoro ma sempre insieme a Camel o a James.
Anche quella sera avevano organizzato un’uscita, Camel li aveva invitati in un nightclub di quelli per tutte le età che facevano anche musica dal vivo, un posto tranquillo senza il rischio di imbattersi in spaccio di droga o altre cose che non fossero costretti a vedere tutti i giorni al lavoro. James si era sentito comunque troppo vecchio per un posto del genere e aveva declinato l’invito, così sarebbero andati solo loro tre. Era comunque piacevole, potevano svagarsi, parlare di cose personali e avere un rapporto anche come amici e non solo come colleghi.    
Ormai si era quasi abituata all’idea che il loro rapporto sarebbe sempre stato così, nulla più di un’amicizia. Shuichi era gentile con lei, a volte la andava a prendere e la accompagnava a casa dopo il lavoro, la proteggeva, le faceva compagnia, pranzava con lei…le stava vicino in qualche modo, ma quell’invito ad uscire di cui avevano parlato la sera del processo a casa sua non era mai arrivato e alla fine si era convinta che la sua fosse semplice gentilezza nei suoi confronti. Teneva a lei, le voleva bene (in fondo avevano pur sempre avuto un passato insieme) ma non l’amava. Nonostante ciò si sentiva comunque serena: forse era davvero riuscita ad andare avanti.
Quella sera si era offerto di passare a prenderla alle nove, Camel invece sarebbe andato al locale da solo. Si trovarono tutti e tre davanti al locale e si misero in fila per entrare. Il posto sembrava effettivamente tranquillo, non troppo rumoroso come quelle discoteche dove era impossibile parlarsi perché la musica del dj avrebbe coperto anche gli spari di un fucile. Si chiamava “Pentagram”, nome piuttosto insolito per un night club, anche se era accessibile a tutte le età. Quando entrarono le fu subito chiaro il perché: dal lato opposto dell’entrata era situato un palco, non troppo grande ma delle giuste dimensioni per accogliere una band. Era chiaramente un posto che aveva fatto della musica il suo pezzo forte.
Lei e Shuichi si sedettero al primo tavolino che trovarono disponibile mentre Camel andò al bancone a ordinare da bere. Tornò da loro poco dopo con tre whiskey con giacchio.
 
- Mi sembra carino come posto, come lo hai trovato?- chiese a Camel.
- Me lo ha consigliato Roger, sai lui è appassionato di musica e quindi conosce bene tutti i locali dove fanno musica dal vivo- le rispose il collega.
- Ma ci sono delle band buone oppure dei ragazzini alle prime armi?-
- Beh, direi che non dovremo attendere molto per scoprirlo- intervenne Shuichi.
- E come lo sai?- gli chiese.
- Il palco è già stato preparato, le chitarre sono collegate agli amplificatori, quindi sicuramente ci sarà un’esibizione questa sera-
- Io credevo che fosse sempre disposto così, per fare scena- si stupì Camel.
- Non ti sfugge proprio niente, eh Shu?-
- Quando ero al college, per pagarmi gli studi, suonavo la fisarmonica in un locale come questo, forse dall’aria un po’ più retrò- confessò mentre sorseggiava un goccio del suo whiskey.
 
Lei e Camel lo fissarono sconvolti, ancor più di quella volta in cui aveva ammesso di saper cucinare. Non si sarebbero mai immaginati nemmeno nei loro sogni più strambi che avesse fatto quel tipo di lavoro e che suonasse uno strumento come la fisarmonica.
 
- Davvero suoni la fisarmonica?- chiese Camel, rubandole le parole di bocca.
- Perché, è strano?-
- No no, sono solo sorpreso- scosse le mani.
- Perché non chiediamo al barman se hanno una fisarmonica? Voglio sentirti suonare!- si entusiasmò lei, che ora voleva una dimostrazione.
- No grazie, fortunatamente non devo più mantenermi al college- rifiutò lui.
 
La loro conversazione venne interrotta da un ragazzo che salì sul palco e annunciò al microfono l’entrata in scena della band che si sarebbe esibita quella sera.
 
-Buonasera a tutti e grazie di essere qui stasera. Siete pronti per ascoltare buona musica?- chiese, attenendo il riscontro positivo del pubblico prima di continuare - Allora senza ulteriori indugi, date un caloroso benvenuto agli Endless Doom!-
 
Nel locale si sentì un applauso e qualche fischio da parte dei fan più stretti, ma lei non li aveva mai sentiti nominare. Non che fosse una massima esperta di musica, ma poteva dire di saperne abbastanza sull’argomento e quella band di certo non era fra le più famose o conosciute.
 
- Voi li conoscete?- chiese Camel, che evidentemente era ignaro come lei della loro esistenza.
- Mai sentiti, ma non sono un grande esperto di musica e non mi tengo particolarmente aggiornato a riguardo- ammise Shuichi.
- Io invece seguo qualche gruppo ma questi non li ho mai sentiti-
 
La band salì sul palco, rivelando uno stile decisamente gotico nell’abbigliamento. Il cantante, un tipo tatuato coi capelli neri e lunghi fino alle spalle, aveva gli occhi visibilmente truccati di nero. Salutò il pubblico presentando la sua band e poi iniziarono a suonare partendo da un assolo di chitarra. Lo stile di musica rispecchiava quello degli abiti che indossavano.
 
- Sono troppo rock per i miei gusti- storse la bocca Camel.
- Già, fanno un bel baccano- lo appoggiò Shuichi.
- Non ditemi che non vi piace la musica rock?- li guardò come se volesse rimproverarli e giudicarli.
- Mi piace, ma non così pesante…preferisco un rock più leggero- spiegò Camel.
 
Mentre la band suonava, il ragazzo che li aveva presentati si avvicinò al bancone poco lontano dal loro tavolino e si mise a parlare con il barman. Probabilmente anche lui faceva parte dello staff del locale, nonostante non indossasse la maglietta con il loro logo. Lo guardò per qualche secondo, le sembrava di averlo già visto da qualche parte ma non ricordava dove. Purtroppo riusciva a vederlo solo di spalle o di profilo e quando si trovava sul palco prima era troppo lontano per poterne vedere chiaramente i lineamenti.
 
- C’è qualcosa che non va Jodie?- le chiese Camel, notando la sua distrazione.
- Eh?- si girò verso il collega, temendo di essersi persa qualcosa.
 
Non si era nemmeno resa conto di essersi distratta e di aver continuato a fissare il tizio al bancone.
 
- Cosa stai guardando? C’è forse qualcuno che conosci?-
- Mi sembra di aver già visto il ragazzo che ha presentato la band e che ora è al bancone, ma forse mi sono sbagliata. Non si riesce a vedere molto bene nella penombra dei locali-
 
Shuichi fece roteare il ghiaccio rimasto dentro al bicchiere, ormai aveva finito il suo whiskey. Anche lei e Camel avevano ormai finito il loro.
 
- Che dite, facciamo un secondo giro?- Camel scosse il suo bicchiere, facendo tintinnare i cubetti di ghiaccio all’interno.
- Attento che poi devi guidare per tornare a casa- lo avvertì Shuichi.
- Due bicchierini di whiskey li reggo bene-
- Io non guido, ho l’autista- scherzò lei, indicando Shuichi.
- E se l’autista partecipasse al secondo giro?- la guardò con aria di sfida e con un sorrisetto beffardo sulle labbra.
- Vorrà dire che ci schianteremo da qualche parte- replicò facendo spallucce.
- Allora vado a ordinare altri tre bicchieri- si rallegrò Camel, alzandosi in piedi per recarsi al bancone.
- Aspetta Camel- lo fermò - Vado io, così magari riesco a vedere da vicino quel tizio e capire se lo conosco oppure no-
 
Si avvicinò al bancone, affiancando il ragazzo. Era alto, aveva più o meno la sua stessa età, capelli tra il biondo cenere e il castano chiaro, occhi azzurri e un corpo muscoloso ben visibile da sotto la camicia che indossava, la quale aderiva perfettamente al suo corpo. Stava sorridendo al barman mentre parlavano e trovò che avesse davvero un sorriso bellissimo, denti bianchi e perfetti. Obiettivamente era un bellissimo ragazzo che non sarebbe stato difficile notare. Ora che lo aveva visto più da vicino, la sensazione di averlo già conosciuto da qualche parte si fece ancora più forte.
Si accorse che lo stava fissando troppo quando il barman si girò verso di lei e le chiese cosa volesse ordinare. Chiese altri tre whiskey indicando il tavolo dove gli altri due la stavano aspettando. Camel stava guardando la band e Shuichi stava guardando lei, probabilmente in attesa di vederla tornare. Ordinò anche degli stuzzichini, per mettere qualcosa nello stomaco oltre all’alcol anche se avevano già cenato prima di arrivare al locale.
Si accorse che il ragazzo la stava fissando e si girò verso di lui lanciandogli un’occhiata veloce: lui le sorrise e lei ricambiò, per poi voltarsi di nuovo. Non se la sentiva di dargli troppa confidenza e si sentiva imbarazzata dal suo sorriso.
 
- Ma come, ci rivediamo dopo dieci anni e non mi saluti nemmeno?- lo sentì parlare accanto a lei.
- Dici a me?- si girò nuovamente verso di lui, puntando un indice verso se stessa.
- E a chi altri, Jodie Starling?-
 
Sgranò gli occhi, sorpresa: sapeva perfettamente il suo nome e cognome, quindi doveva per forza conoscerla bene. A differenza sua, chiunque lui fosse si ricordava benissimo di lei.
 
- Ci conosciamo?- gli chiese, temendo di ferire il suo entusiasmo nel rivelargli che non si ricordava di lui.
- Davvero non ti ricordi di me? Eppure andavamo allo stesso liceo, ci siamo andati per tre anni a dire il vero-
- Sul serio? In effetti ho avuto l’impressione di averti già visto da qualche parte, ma non riesco proprio a ricordare chi tu sia. Scusami…- fece un’espressione di sincero pentimento.
- Non devo averti lasciato un segno indelebile allora- rise, scuotendo la testa - Sono Clay Parker, eravamo allo stesso corso di letteratura-
- Clay Parker…- ripeté quel nome, scavando nei cassetti della sua memoria.
 
Finalmente, dopo un viaggio nei ricordi, riuscì a ricordarsi di lui e sgranò gli occhi, spalancando la bocca.
 
- Non dirmi che sei quel Clay Parker che girava sempre sullo skateboard con quelle felpe extralarge?!- lo guardò scioccata.
- Esatto, sono proprio io- si picchiettò una mano sul petto.
- Non ci posso credere, sei cambiato tantissimo!-
- In meglio spero-
- Beh direi di sì, quelle felpe erano davvero orrende!- ammise.
- Ehi, adoravo le mie felpe, le conservo ancora!- rise di gusto - Anche tu sei cambiata comunque, hai messo gli occhiali e ti sei accorciata i capelli- indicò il suo volto.
- Non devo essere cambiata così tanto se mi hai riconosciuta dopo una sola occhiata-
- Diciamo che già dieci anni fa ti avevo notata, anche se cercavi di non dare nell’occhio eri davvero bella, non passavi inosservata. A differenza mia a quanto vedo- si riferì al fatto che non lo aveva riconosciuto.
- Ma tu stavi con Abby Morgan, una delle ragazze più popolari della scuola. Non sono solita mettere gli occhi sugli uomini impegnati e in ogni caso cercavo di tenermi alla larga dal circolo dei famosi- si atteggiò a finta snob.
- Il “circolo dei famosi”- lo fece ridere nuovamente - Piuttosto, che fai nella vita? Ricordo che ridevano tutti quando dicevi che volevi diventare un’agente dell’FBI-
- Beh se vuoi ridi pure allora, perché faccio esattamente quello- storse il naso.
- Non ci credo, mi stai prendendo in giro!-
- Se vuoi puoi chiedere conferma ai miei colleghi con cui sono venuta qui stasera- si girò a guardare il tavolo, notando che Camel e Shuichi la stavano fissando - E forse è meglio che torni da loro, li ho lasciati là da soli ad attendere i loro drink-
- Quindi sei davvero un’agente dell’FBI?- chiese nuovamente, come se non ci credesse.
 
Sospirò aprendo la piccola borsa che si era portata appresso e cercando il suo badge, che portava sempre con sé anche quando non era al lavoro. Lo estrasse e glielo mostrò, stando però attenta a non dare nell’occhio.
 
- Wow, è davvero incredibile! Sei una grande!- gli si illuminarono gli occhi, come se avesse assistito a un miracolo.
- Lo so, grazie- finse di darsi delle arie.
- Cosa ci fa qui un’agente dell’FBI?-
- Si rilassa con dei colleghi dopo il lavoro. Guarda che siamo umani anche noi eh-
- Touchè-
- Tu invece che cosa fai? Lavori qui?-
- Sì, mi occupo di trovare le band per le serate di musica live. Dopo il liceo ho fatto uno stage in una casa discografica a Los Angeles, ho avuto modo di stringere contatti con gente dell’ambiente. Sono rimasto lì per sette anni, ma Los Angeles e la concezione di musica che avevano le major discografiche non facevano per me, così sono tornato a New York e ho continuato in qualche modo ad occuparmi di musica- spiegò.
- Non ci vai più sullo skateboard?-
- Qualche volta- sorrise.
- Senti io adesso devo tornare dai miei amici altrimenti penseranno che gli ho dato buca, però mi ha fatto davvero piacere rivederti. Magari qualche volta torno qui dopo il lavoro, ma mi aspetto che ci siano delle band ottime- gli puntò il dito contro.
- No dai, ci rivediamo dopo dieci anni e te ne vai così? Restiamo qui a parlare dei vecchi tempi, quand’eravamo giovani e pieni di speranze e sogni- scherzò.
- Mi piacerebbe, ma non è carino abbandonare così le persone con cui sono uscita. E poi tu non stai lavorando?-
- Sì, ma la band suonerà ancora qualche altro pezzo, perciò ho tempo-
- Perché non vieni a sederti con noi? Così te li presento-
- D’accordo, accetto volentieri l’invito-
 
Prese due dei bicchieri che il barman aveva lasciato sul bancone di fronte a lei, mentre Clay il terzo bicchiere e la ciotola di salatini. Si diressero verso il tavolo sotto lo sguardo indagatorio di Shuichi e quello perplesso di Camel. Raggiunti i suoi colleghi, posarono il tutto sul tavolo.
 
- Scusate l’attesa ma ho incontrato qualcuno che non vedevo da anni- indicò il suo vecchio compagno di scuola - Lui è Clay, andavamo al liceo insieme. Clay questi sono Shuichi e Andrè-
 
I due strinsero la mano al nuovo arrivato, ma mentre Camel gli sorrideva, Shuichi era rimasto serio e lo fissava con sguardo indagatore. D’altra parte mettere la gente a proprio agio non era mai stato il suo forte.
 
- Piacere di conoscervi, confesso che sono un po’ nervoso all’idea di sedermi a un tavolo con tre agenti dell’FBI- si grattò la nuca.
- Hai la coscienza sporca Parker?- lo prese in giro.
- Può darsi- scherzò, regalandole un altro bellissimo sorriso.
- Lavori qui al locale?- chiese Camel.
- Sì, mi occupo di ingaggiare le band e i solisti, sia quelle famosi sia i nuovi emergenti-
- Immagino che quelli di stasera non siano particolarmente conosciuti- intervenne Shuichi, che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
- No, non ancora almeno. Forse non vinceranno mai un disco di platino, il loro è un genere di nicchia, ma credo che abbiano del potenziale. I loro testi sono ottimi se si pensa che hanno solo vent’anni-
- Te ne intendi parecchio di musica- si complimentò Camel.
- Ho sempre amato la musica, sono felice di essere riuscito a fare della mia passione il mio lavoro- annuì.
- Credevo che la tua passione fosse andare sullo skate. E anche cadere dallo skate- lo prese in giro mentre si rigirava fra le dita un paio di arachidi.
- Questo è un colpo basso, sarò caduto al massimo due o tre volte!- le fece notare, ma in realtà si vedeva che si stava divertendo più di lei.
- Una delle quali a pochi metri da me-
- Meno male che non ti ricordavi di me fino a dieci minuti fa!-
- Mi è tornata la memoria- sorseggiò il suo secondo whiskey fingendo indifferenza.
- Ti confesso un segreto: quella volta che sono caduto davanti a te è perché mi sono distratto. Ti stavo guardando e non ho saltato bene la panchina che faceva da ostacolo- rise.
- Tu mi guardavi?- si stupì - Ma se ci parlavamo a malapena! Ricordo di averti parlato per una ricerca che dovevamo fare insieme e poi per quella lezione speciale in cui il professore di letteratura ci aveva messo in coppia con delle persone che normalmente non frequentavamo per farci conoscere meglio. Credo che quello sia stato il giorno in cui ci siamo parlati di più che in tre interi anni di liceo!- alzò un sopracciglio.
- Beh è proprio da quel giorno che ho iniziato a guardarti. Ti ho rivalutata, prima eri solo la ragazza carina ma silenziosa che sembrava voler evitare tutti, ma dopo che ti ho conosciuta meglio sei diventata la ragazza carina che faticava a farsi degli amici anche se li voleva. Ma in quel periodo stavo già con Abby, anche se avevamo dei problemi. Però ricordo che mi sono detto “che peccato non averla conosciuta prima, forse adesso potrebbe esserci lei al posto di Abby”-
- No grazie, non voglio essere paragonata alla reginetta dei party che si sbronzava e combinava casini- storse le labbra in un’espressione di disapprovazione.
- Non intendevo in quel senso!-
 
Camel li ascoltava attentamente, ma dall’espressione sul suo volto era chiaro che non stava capendo nulla della loro conversazione. Ogni tanto lanciava delle occhiate a Shuichi che invece non sembrava minimamente interessato a partecipare a quel dialogo. Guardava la band sul palco mentre tracciava con il polpastrello dell’indice il bordo rotondo del bicchiere. Shuichi era sempre stato un tipo un po’ solitario, però da dopo la fine dell’avventura con l’Organizzazione le sembrava che fosse diventato meno asociale. Invece quella sera era tornato il vecchio Shuichi, quello che dopo la morte di Akemi si era chiuso in se stesso. Forse non gli piaceva il locale o forse non gli stava simpatico Clay, ma non era uno che giudicava all’apparenza quindi la seconda ipotesi le sembrò strana. Poteva anche solo essere assorto nei suoi pensieri, a rimuginare su qualcosa.
 
- Shu, va tutto bene?- gli chiese.
- Perché me lo chiedi?-
- Mi sembravi distratto…-
- Forse li stiamo annoiando con i nostri aneddoti sul liceo- intervenne Clay.
- No, al contrario, stavo ascoltando. Visto che la tenevi così tanto d’occhio speravo di sapere un po’ di più su com’era Jodie al liceo- si girò finalmente a guardarlo in faccia.
 
Le sembrò quasi di scorgere uno sguardo di sfida nei suoi occhi, come se stesse in qualche modo fronteggiando Clay. La domanda era perché. Forse anche quello era solo frutto della sua impressione, nella penombra dei locali era difficile leggere negli occhi delle persone.
 
- Diciamo che era una a cui non piaceva farsi notare. Pochi amici, sempre gli stessi, silenziosa. Un’ottima studentessa però. Se posso dirlo era anche molto bella e non era difficile notarla, ma si teneva un po’ alla larga da tutti quindi alla fine anche gli altri non si avvicinavano troppo, me compreso-
- E dopo che ti è successo? Come mai sei diventata una tale chiacchierona festaiola?- si girò verso di lei, con quel suo solito ghigno sulla faccia.
- Io non sono affatto una “festaiola”- mimò le virgolette con le dita per sottolineare la parola - Mi piace ogni tanto svagarmi dal lavoro. E per te sono tutti chiacchieroni, tu non parli mai!-
- Devo dire che però alle feste ogni tanto veniva, più che altro a quelle che organizzavamo nel piccolo locale gestito dal padre di un ragazzo che veniva al liceo con noi. Era un posto tranquillo, molto simile a questo, dove potevano andare anche ragazzini minorenni. Organizzavamo serate con musica dal vivo e ci sono stati dei musicisti conosciuti- continuò Clay.
- Sul serio? Non sapevo che fossi una groupie- continuò a prenderla in giro Shuichi.
- Io non sono affatto una groupie, mi piace ascoltare musica dal vivo che c’è di male?- lo guardò con un’espressione infastidita.
- Ma voi due siete sempre così?- rise Clay, divertito da quel teatrino.
- Solo quando Shuichi si atteggia da primo della classe- fu il suo turno di lanciare una frecciatina.
- Alzo le mani allora. Comunque se vi interessa questo venerdì suoneranno i Marjorie Fair, posso farvi avere dei pass speciali per entrare saltando la fila e risparmiando il costo del biglietto-
-Sei molto gentile, ma non so chi siano i…- provò a ringraziarlo Camel, ma venne interrotto dalla sua esclamazione.
- Stai scherzando?! I Marjorie Fair saranno qui?! Amo le loro canzoni, specialmente “Empty Room”-
- Meno male che non eri una groupie- ne approfittò Shuichi per battere il colpo.
 
Gli lanciò un’occhiataccia, fulminandolo con lo sguardo. L’atteggiamento che aveva iniziato ad avere da quando Clay era arrivato al loro tavolo le stava dando non poco sui nervi. Sembrava che volesse farsi grande agli occhi di tutti i presenti, anche se non ce n’era alcun motivo.
 
- Vedo che sei l’unica che sa di cosa sto parlando, quindi ti farò avere quel pass- le disse Clay, salvandola dal tirare un pugno a Shuichi.
 
Sorrise felice come una bambina a quelle parole, era da un pezzo che non assisteva al concerto di una band che le piaceva e l’idea la entusiasmava.
Dopo circa quattro, cinque canzoni, la band terminò la sua esibizione, salutò il pubblico e lasciò il palco tra gli applausi, che però non erano così fragorosi. Si capiva che era una band emergente e che non si erano ancora fatti un nome.
Anche Clay si alzò contemporaneamente, posando i palmi di entrambe le mani sul tavolo.
 
- Purtroppo devo lasciarvi, il lavoro mi chiama-
- Ma non devono più suonare- gli fece presente Camel.
- Sì ma parte del mio lavoro consiste anche nell’occuparmi delle band dietro le quinte. Controllare che non prendano droghe, non si ubriachino e non causino danni al locale. Bella la vita da rockstar- ironizzò sorridendo.
- Ah, certo, capisco-
- Beh, direi che possiamo andare anche noi, domani si lavora quindi dobbiamo essere riposati- disse Shuichi.
- Senti che stacanovista- lo punzecchiò.
- Andate già via? Peccato, speravo di ritrovarvi più tardi...- si dispiacque Clay.
- Torneremo a trovarti se ci proponi band che vale la pena di ascoltare- gli rispose.
 
Si alzarono tutti e tre dal tavolo e si avviarono verso la cassa per pagare le loro consumazioni. Stava per seguire Camel e Shuichi quando si sentì afferrare delicatamente il braccio: si girò a guardare e vide che Clay la stava trattenendo.
 
- Almeno lasciami il tuo numero, altrimenti passeranno altri dieci anni prima di vederci! E poi ti devo dare quel pass per venerdì sera-
- Questa mi puzza tanto di scusa…- storse il naso.
- È vero lo ammetto- rise - Ma vedila così: tu vedrai gratis i Marjorie Fair e io potrò invitarti a cena. Che ne dici?- le chiese, regalandogli un altro di quei bellissimi sorrisi che le aveva rivolto per tutta la serata.
- Mi stai chiedendo di uscire?- chiese stranita ma in un certo senso anche lusingata.
- Lo trovi strano?-
- Considerando che sono passati secoli dall’ultima volta che un uomo mi ha invitata a cena, direi proprio di sì-
- Non sei impegnata quindi?-
 
Ripensò alla conversazione avuta mesi prima con Shuichi e anche a quella con sua madre, al fatto che se fosse capitata l’occasione non lo avrebbe aspettato invano. In quel momento Clay rappresentava la sua occasione: era bello, molto bello, con un sorriso incantevole, simpatico, ci sapeva fare. Erano molto simili caratterialmente parlando, lo percepiva dal fatto che dopo dieci anni che non si vedevano era bastato parlarsi dieci minuti per instaurare una sintonia tale da far pensare che fossero amici da una vita. Si chiese se c’era forse qualcosa che doveva trattenerla dal non accettare quell’invito e il suo sguardo cadde inevitabilmente su Shuichi. Era al bancone di fronte alla cassa insieme a Camel, ma più che prestare attenzione al barman stavano entrambi osservando lei e Clay. Dovevano averlo capito anche loro che Clay ci aveva provato tutta la sera con lei, eppure Shuichi non aveva mosso un dito; al contrario si era dimostrato molto interessato alle sue vicende da liceale e l’aveva presa in giro. Per un attimo le era parso che fosse geloso, come se quelle domande che aveva rivolto a Clay fossero state fatte al solo scopo di sfidarlo e di dimostrargli che era migliore di lui, ma forse era stato tutto frutto della sua immaginazione. Doveva smetterla di costruirsi castelli in aria: era tempo di voltare pagina, di darsi un’altra possibilità. Se la meritava.
 
- No, accetto volentieri l’invito. Dammi il tuo cellulare-
 
Clay le allungò il suo smartphone e lei digitò il suo numero e lo salvò sotto il nome “Jodie del liceo”.
 
- Che razza di nome è?- rise lui.
- Così se conosci altre Jodie sai distinguermi- gli restituì il telefono.
- Mi ha fatto molto piacere rivederti- la fissò intensamente.
- Anche a me-
 
Lo salutò con un cenno della mano e raggiunse Camel e Shuichi, che li stavano ancora guardando.
 
- Scusate, vi ho lasciati andare da soli. Pago il mio conto e poi andiamo-
- Non serve, ci ho già pensato io- le disse Shuichi, in tono quasi scocciato.
- Ma perché? Non dovevi Shu…- si stupì di quel gesto.
 
Forse erano proprio i momenti come quello a renderle più difficile l’idea di lasciarlo andare: sapeva essere un gentiluomo d’altri tempi e farla sentire come se fossero ad un appuntamento insieme quando in realtà non lo erano affatto.
Non rispose alla sua domanda, si limitò a incamminarsi verso l’uscita del locale seguito da Camel. Sospirò e affrettò il passo per raggiungerli. Quando furono fuori dal locale si salutarono e andarono verso le rispettive macchine, che avevano parcheggiato in punti diversi.
Appena saliti in macchina, Shuichi mise in moto e partì. C’era silenzio dentro quell’auto, un silenzio pesante.
 
- Grazie per aver pagato anche il mio conto, non ti dovevi disturbare- cercò di avere una conversazione con lui.
- Tranquilla- rispose semplicemente.
 
Le sembrava che si stesse comportando in modo strano, come se stesse nascondendo qualcosa. Era diverso da com’era prima che arrivassero al locale, qualcosa in lui a un certo punto era cambiato e lo aveva reso più silenzioso e più scontroso. La domanda era cosa.
 
- C’è qualcosa che non va?- gli chiese.
- Me lo hai chiesto anche al locale, ti ho detto che va tutto bene-
- Mi sembri quasi scocciato…è colpa mia? Lo so che non vi ho prestato molta attenzione stasera ma non vedevo Clay da dieci anni e mi sembrava scortese piantare lì la conversazione e ignorarlo- abbassò lo sguardo.
- Non devi giustificarti, hai fatto la cosa giusta-
- Forse Clay non ti piace?- azzardò l’ipotesi.
- Non lo conosco per poterlo giudicare-
- Shu ti conosco, hai la faccia da “sto rimuginando su qualcosa”- cercò di metterlo con le spalle al muro per farlo parlare.
- Sono solo un po’ stanco, quella band non faceva per me-
 
Sapeva perfettamente che non era vero, ma era inutile insistere: non voleva confidarsi con lei, come sempre preferiva tenersi tutto dentro. Questa cosa la feriva profondamente e si chiese se avrebbe mai smesso di fare così male. Voleva essere il suo supporto anche solo come amica, ma lui preferiva mantenere le distanze. Era suo amico entro certi limiti, oltre i quali non si spingeva.
In poco tempo arrivarono davanti al palazzo dove abitava e Shuichi fermò la macchina, girandosi a guardarla per la prima volta da quando avevano lasciato il locale.
 
- Grazie del passaggio e grazie ancora per aver pagato il conto. Riposati, domani in ufficio non voglio vedere quel muso lungo- gli picchiettò l’indice sulla spalla, in un ultimo tentativo di sciogliere quella corazza di ghiaccio che aveva indossato per l’ennesima volta -Buonanotte Shu-
- Buonanotte Jodie- rispose semplicemente, ma guardandola negli occhi.
 
Scese dalla macchina ed entrò nel portone del palazzo, senza accorgersi che per tutto il tempo lui aveva seguito ogni suo singolo movimento.
 
 
………………………
 
 
Attese di vederla entrare nel portone del palazzo prima di rimettere in moto la macchina e andare anche lui a casa. Voleva assicurarsi che fosse al sicuro, come avrebbe fatto un bravo angelo custode. Quel “Buonanotte” che aveva pronunciato e che alle orecchie di lei doveva essere parso solo come un formale saluto, per lui aveva avuto il significato di un addio. Aveva visto fin troppo bene come quel Clay l’aveva guardata per tutta la serata, le parole che le aveva rivolto: l’aveva corteggiata senza farsi troppi problemi. Ma la cosa che gli aveva fatto più male era vedere come lei sembrasse felice di ricevere quelle attenzioni, il modo in cui lo ascoltava, in cui scherzava con lui, i sorrisi che gli rivolgeva. Quei sorrisi che, egoisticamente, avrebbe voluto che continuasse a riservare solo a lui. Ma Jodie non era sua, non lo era più da molto tempo e questo lo aveva scelto lui. Mesi prima le aveva chiesto se le avrebbe dato fastidio se l’avesse invitata a uscire, ma alla fine non lo aveva mai fatto. Anche dopo aver cancellato il messaggio di Akemi e aver ricominciato a bere Scotch, i fantasmi non erano spariti. Aveva imparato che non bastava eliminare la prova del delitto per pulirsi la coscienza, che la strada per la redenzione era lunga e non vi era certezza di raggiungere la meta. La goccia che aveva fatto traboccare il vaso era stato il vederla salvare il suo numero sul cellulare di Clay. Poteva significare solo una cosa: che si sarebbero rivisti, ma stavolta non in sua presenza. Clay era arrivato dove lui non aveva ancora avuto il coraggio di spingersi, forse per paura, forse perché qualcosa lo frenava. La verità era che stava pensando da diverso tempo di invitare Jodie ad uscire da soli, senza Camel o James o chiunque altro. Erano stati qualcosa volta soli a casa sua o a casa di lei oppure a pranzo, ma voleva che il loro fosse un appuntamento vero e proprio, voleva dare a Jodie quello che meritava. Il problema era che si era soffermato troppo sul perfezionare i dettagli e non aveva previsto l’arrivo di qualcuno che, in quell’ambito, era dieci passi avanti a lui. Non bastava certo pagarle da bere per convincerla a tornare insieme a lui. Se si fosse trattato di lavoro, avrebbe fatto di tutto per sconfiggere il suo avversario, ma la felicità di Jodie non era paragonabile a tutto ciò. Che diritto aveva di intromettersi se voleva rifarsi una vita? Se quell’uomo l’avesse resa felice, poteva davvero allontanarlo da lei sapendo che le avrebbe spezzato il cuore un’altra volta? No, non poteva. La felicità di Jodie veniva prima di tutto, prima dei suoi piani, dei suoi stessi sentimenti e dei suoi rimpianti. Tutto ciò che avrebbe potuto fare era stare a guardare cosa sarebbe successo, ma dentro di sé non sapeva cosa sperare: che Clay si rivelasse un fallimento e Jodie lo piantasse prima di subito o che le cose andassero bene e Jodie fosse felice. Se avesse sperato la prima, sarebbe stato un  egoista insensibile che voleva condannarla a restare sola in attesa che lui si decidesse a fare la prima mossa; se avesse sperato la seconda si sarebbe condannato all’ennesimo rimpianto e l’infelice sarebbe stato lui. Perdeva in ogni caso.
Si era esposto troppo, Jodie aveva notato subito il suo cambio di umore e di atteggiamento. Non doveva più farlo, l’aveva fatta preoccupare e non era giusto. Doveva tenersi dentro rabbia e rimpianti e apparire sempre come l’eroe che lei credeva che fosse. Anche questo doveva fare un eroe: fingere per il bene degli altri. Lui non era capace di far sorridere Jodie come aveva fatto Clay, lui aveva saputo solo farla piangere. L’indomani al lavoro sarebbe stato il solito Shuichi, avrebbero preso il caffè insieme e l’avrebbe guardata in quegli occhi azzurri maledicendosi per averla lasciata andare.
Parcheggiò l’auto ed entrò nel palazzo dove si trovava il suo appartamento. Voleva solo andarsene a dormire e mettere fine a quella serata, anche se non avrebbe di certo fatto sogni tranquilli: quella notte avrebbe avuto un nuovo fantasma a fargli compagnia.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
Ed eccoci con il primo capitolo di questo arco narrativo dedicato allo sviluppo della relazione fra Jodie e Shuichi. Clay, personaggio da me inventato, ha fatto la sua entrata in scena e ci accompagnerà anche nei prossimi capitoli. Riuscirà a farsi strada nel cuore di Jodie?
So già che Clay sarà odiatissimo da chi segue questa storia per la coppia Shuichi/Jodie, ma spero almeno di averlo caratterizzato bene (è la prima volta che invento un personaggio e gli do così tanto spazio in una storia).
Per chi se lo stesse chiedendo (se qualcuno se lo è chiesto) la band che ha suonato è inventata da me.
Ringrazio come sempre tutti quelli che stanno supportando questa storia, in particolar modo chi mi scrive bellissime parole di incoraggiamento nelle recensioni! ♥
Ci vediamo al prossimo capitolo. 
   
 
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