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Autore: Flami151    07/02/2021    5 recensioni
Nessuno è fatto di sola luce o oscurità. In ognuno di noi alberga lo Spleen, un senso di noia, di disperazione, di male di vivere; e l’Ideale, la forza che ci spinge a sognare, lottare e amare.
Lo scopriranno insieme Hermione e Draco quando si troveranno a stringere un’inattesa alleanza, per svelare il mistero dietro la sparizione di Narcissa Malfoy.
Ancora una volta, sarà l'Amore a tenere le fila: amore per la vita, amore per la famiglia e amore di sé, spesso sottovalutato.
Dal testo:
«Narcissa, hai paura?» Le sussurrò Lord Voldemort.
Si era ripromessa che non si sarebbe lasciata piegare, che non avrebbe mai abbassato la testa se avesse dovuto difendere la sua famiglia. Ma il Signore Oscuro aveva ragione: lei aveva paura, talmente paura da non riuscire più a parlare.
«Eppure, non mi sembrava che avessi paura il giorno in cui mi hai pregato di risparmiare Draco dal Marchio Nero. Sapevi quali sarebbero state le conseguenze e ti sei fatta avanti comunque. Non dirmi che te ne sei pentita».
Lei scosse la testa. Non avrebbe mai rinnegato la sua scelta.
«Bene».
Genere: Avventura, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Narcissa Malfoy | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Capitoli:
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Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO V

 
20 Settembre 1996:
 
Narcissa era nata in una delle famiglia più potenti del Regno Unito. Suo padre, Cygnus Black, possedeva i più ampi latifondi di tutta l’Inghilterra: le sue terre, che si estendevano dalle campagne Londinesi fino allo Yorkshire, erano infinite distese coltivate a frumento, solcate da fiumi e torrenti, asilo di pascoli immensi e di riserve boschive destinate alla caccia.
Quello tra lui e sua madre, Druella Rosier, fu un matrimonio di convenienza tra famiglie Purosangue, dal quale nacquero lei e le sue sorelle maggiori, Andromeda e Bellatrix.
 
Alle tre ragazze non fu mai fatto mancare niente: salute, istruzione, denaro, servitù e potere. Ma tutto ciò che avevano lo pagavano al costo di una vita priva di affetto e colma di divieti e regole, di cui la più importante: Toujour pur.
Per sempre puri, ossia, il sague prima di tutto.
 
Anche sforzandosi al meglio delle sue possibilità, Narcissa non riusciva a ricordare un solo gesto amorevole nei suoi riguardi da parte di sua madre o di suo padre. Tutto l’affetto di cui aveva bisogno lo riceveva dalle sue sorelle, le sue uniche amiche e confidenti.
Bellatrix, la maggiore, era la ribelle. Insofferente ad ogni forma di regola o costrizione, capitava che scappasse di casa per settimane finendo immancabilmente nelle mani della legge: vandalismo, furti, aggressioni, qualisasi cosa la facesse sentire libera e al comando della propria vita. Ogni volta che veniva riportata a casa da qualche gendarme, Cygnus la chiudeva nel seminterrato e le impartiva punizioni severissime. Le sue urla di dolore ancora tormentano il sonno di Narcissa.
Andromeda, la sorella di mezzo, era quella brillante. Strega dalle doti magiche eccezionali, rispettosa delle regole e di rara bellezza: era l’orgoglio della famiglia. Non c’era giorno che a Narcissa e Bellatrix non fosse chiesto “Perché non cercate di somigliare di più ad Andromeda?”. Ma nessuna di loro provava invidia per la sorella, questo perché tra le sue innumerevoli doti, la dolcezza era sicuramente al primo posto: non c’era rimprovero o castigo che non fosse alleviato dai suoi poter curativi e dalle sue parole di conforto.
Infine Narcissa, la minore, era forse la più anonima delle tre. Le sue due più grandi aspirazioni erano soddisfare il padre e somigliare ad Andromeda.
 
Anche ad Hogwarts, lontano dagli abusi familiari, gli obiettivi di Narcissa rimmanevano immutati. Per questo motivo al suo primo anno supplicò il cappello parlante di smistarla nella casa di Serpverde, la stessa delle sue sorelle maggiori, e durante tutti gli anni a venire, Narcissa si impegnò a diventare la migliore strega del suo anno.
Andromeda era sempre al suo fianco: la aiutava nello studio, le insegnava a volare sulla scopa e le permetteva di trascorrere il tempo con i suoi amici più grandi, tutti rigorosamente Purosangue. È così che conobbe Lucius Malfoy.
 
Ma un giorno quell’equilibrio si spezzò. Tra i Serpeverde iniziò a girare una voce: Andromeda Black si frequentava con un Nato-Babbano di Corvonero chiamato Ted Tonks.
 
Narcissa non ci poteva credere e, una sera, affrontò la sorella di petto. “Andromeda, ti prego dimmi che non è vero, dimmi che mentono, dimmi che tra te e quel Sanguesporco non c’è niente”. Ma era tutto vero. La loro storia era iniziata due anni prima e l’avevano coltivata in gran segreto per tutto quel tempo.
 
“Ma perché lui? Proprio tu, che potresti avere chiunque, decidi di stare con uno della sua… razza? Perché?”
 
“Per amore” le disse Andromeda prendendole la mano. “Ricorda le mie parole Cissy, un giorno anche tu conoscerai l’amore e quel giorno mi perdonerai”.
 
Quello, per Andromeda, fu il suo ultimo anno ad Hogwarts, mentre per Narcissa, fu l’ultima volta che parlò con la sorella. Il suo nome fu bruciato dall’arazzo di famiglia, quello che riportava ricamato in oro il motto Tujour pur, e così la sua esistenza fu cancellata.
 
Anni dopo, Lucius chiese a Narcissa la sua mano. Lei non avrebbe potuto desiderare di meglio: un giovane e bellissimo stregone Purosangue di buona famigila. Non avrebbe mai dimenticato l’emozione che provò il giorno del suo matrimonio, quando suo padre la guardò negli occhi e le disse “Sono fiero di te”.
Quel giorno, quando all’altare pronunciò il si, pensò che forse era quello l’amore di cui parlava Andromeda.
 
Per un lungo periodo, Lucius e Narcissa vissero una vita agiata e senza alcuna preccoupazione nella villa della famiglia Malfoy, poi arrivò Lui. Si faceva chiamare Lord Voldemort, ed era il mago più potente che Narcissa avesse mai incontrato. La sua forza era pari solo al suo carisma, grazie al quale chiamò a sè i più abili maghi Purosangue del Regno Unito. Grazie a Lui il sangue dei maghi sarebbe stato ripulito e i Nati-Babbani avrebbero pagato per il potere che avevano rubato ai veri stregoni.
Lucius e Narcissa si unirono al Signore Oscuro e, insieme a loro, anche Bellatrix e suo marito Rodolphus Lestrange. Nonostante non ricevette mai il Marchio, Narcissa trovò nei Mangiamorte la sua nuova famgilia e, grazie a Lui, la sua vita ebbe di nuovo uno scopo. Si chiese se fosse quello, l’amore.
 
Poi, un giorno, una sorpresa inattesa: Narcissa era incinta.
Quando prese in braccio il suo bambino per la prima volta, Narcissa capì immediatamente che la sua vita era cambiata. Perché, da quel momento in poi, ci sarebbe stato sempre lui prima di ogni altra cosa. Non il sangue, non il Signore Oscuro, solamente lui. Quello era Amore.
 
Dopo tanti anni, anche lei aveva conosociuto l’amore e, dentro di sé, sentì di aver perdonato Andromeda. Fu per lei che chiamò il bambino Draco, come la costellazione del Dragone, nella speranza che dalle stelle lui ricevesse la stessa forza, intelligenza e caparbietà che erano state donate a sua sorella.
 
Questo era il segreto di Narcissa, questo era il motivo per cui Lord Voldemort la stava punendo. Perché sapeva che Narcissa aveva smesso di essergli fedele il giorno in cui Draco venne al mondo.
 
Era talmente assorta nei suoi ricordi da non aver sentito la porta aprirsi.
 
«Cissy sono io!» Sua sorella Bellatrix era entrata senza troppi complimenti, sventolando una pergamena. «Si può sapere perché non rispondi al mio nipotino? È la seconda volta che ti scrive e sembra preoccupato!»
 
«Questo non ti rugarda». Rispose con freddezza.
 
«Andiamo Cissy, siamo in famiglia. Non ci sono segreti tra noi, dovresti saperlo».
 
Ma Narcissa sapeva che c’era altro dietro, che era stato Lui ad ordinarle di controllare la sua corrispondenza privata, forse temendo che potesse tradirli e mettersi in contatto con l’Ordine della Fenice. Non che non ci avesse mai pensato, ma era ancora troppo presto per prevedere l’esito della guerra e, se alla fine fosse stato il Signore Oscuro a vincere, non avrebbe riservato alcuna pietà a lei, Lucius e Draco.
 
«Dammi quella lettera». Bellatrix le passò la pergamenta, compiaciuta.
 
Cara mamma,
perdonami se ti scrivo una seconda volta, ma non avendo mai ricevuto alcuna risposta alla prima lettera, ho pensato di ritentare spedendoti un altro gufo.
So di essere stato meschino partendo per Hogwarts senza salutarti, ma non puoi ignorarmi per sempre: avermi costretto a tornare in questa scuola è già una punizione sufficiente. Trascorro le mie giornate aspettando che questo incubo finisca per potermi finalmente dedicare a qualcosa di utile. Quindi, per favore, fammi sapere se stai bene, perché non ti scriverò una terza volta.
A presto,
Draco
 
La sua lettera era eclettica, come se fosse stata scritta da tre persone differenti: a tratti il tono era premuroso, a tratti aggressivo e a tratti sconsolato. Narcissa provò tanta pena per il suo Draco, così confuso e frustrato.
 
«Hai bisogno che ti aiuti?» Le chiese Bellatrix, indicando la sua mano mutilata con un cenno del capo.
 
«No, ce la faccio da sola». E così dicendo, congedò la sorella.
 
Caro Draco,
mi spiace averti fatto attendere così a lungo, ma sono stata costretta a letto per diversi giorni e solo ora mi sono sentita in grado di aprire la posta. Mi dispiace che tu sia così abbattuto, ma fatti coraggio, vedrai che presto gli studi e le partite di Quidditch ti terranno talmente impegnato da non avere il tempo di pensare a tutto questo.
Ti voglio bene,
Mamma
 
Avrebbe voluto dirgli tante cose, spiegargli le ragioni dietro la sua scelta, essere sincera con lui, ma non poteva. Lui l’avrebbe saputo e forse Draco non era ancora pronto.
 
Chiuse la lettera in una busta con l’aiuto della magia, chiedendosi cosa le sarebbe stato protato via la prossima volta. Il Signore Oscuro avrebbe ridotto le sue mani a due inutili monconi o si sarebbe dilettato con altre parti del corpo?

 
 
27 Settembre 1996:
 
Ancora una volta mi ritrovo in giro per i giardini del castello, da solo.
Oggi non ho lezione e pensavo che mi sarei dedicato agli allenamenti di Quidditch, finchè non mi sono imbattuto in una conversazione che avrei preferito non ascoltare.
 
I Serpeverde del sesto e del settimo anno si erano radunti in Sala Comune stamattina, li ho trovati a discutere animatamente. Come uno scemo mi sono incuriosito e sono andato a sentire di che si trattava. Come al solito Pansy si era premurata di tenermi un posto libero.
 
Sulla poltrona accanto alla mia, Blaise stava seduto a gambe larghe e parlava a gran voce “…Per questo studio Artimanzia” stava dicendo “Se non prendo almeno un Oltre Ogni Previsione ai M.A.G.O., la Gringott non mi assumerà mai come Spezzaincantesimi”.
 
E così Zabini vuole diventare uno Spezzaincantesimi? Che stupidaggine, quando l’Oscuro Signore sarà al potere, i Purosangue di buona famiglia come noi non avranno bisogno di darsi tanto da fare: avremo un posto assicurato nelle alte cariche del Ministero, con uno stipendio da re e un enorme prestigio.
 
Quando gliel’ho detto però mi ha riso in faccia, come se lo stessi prendendo in giro. Mi ha detto “Non ho alcuna intenzione di passare la mia intera vita seduto dietro ad una scrivania. Voglio girare il mondo e trovare antichi tesori. Il mio sogno è diventare ancora più famoso di Patricia Rakepick, è il mio idolo, dicono che nei suoi viaggi abbia ucciso una Sfinge a mani nude e che sia riuscita a strappare via la coda ad una Manticora”. Nei suoi occhi brillava la luce dell’ambizione.
 
Anche Montague aveva detto la sua “A me non frega niente dei M.A.G.O., una volta finito qui ad Hogwarts mi iscriverò agli incontri di Duello Sportivo. Me la cavo bene con gli Incantesimi Offensivi e in sette anni qua dentro nessuno è mai riuscito a sconfiggermi, sono certo che diventerò un campione nazionale”. Nei suoi occhi ho visto lo stesso luccichio.
 
Insomma, sono andati avanti così per un’ora. A quanto pare tutti hanno un sogno e dei programmi per il futuro. Tutti tranne me.
Certo, quest’anno sarei voluto diventare un Mangiamorte, ma non posso definirlo proprio un sogno. Diciamo piuttosto che da quando il Signore Oscuro è toranto l’ho dato per scontato, immagino che papà avrebbe voluto così. Mentre invece mia madre ha voluto il contrario. Nessuno ha mai voluto sapere cosa desiderassi io, e così non me lo sono mai chiesto.
 
A proposito.
 
Riapro la lettera arrivata stamattina in Sala Grande. Sono turbato, cosa può aver fatto stare mia madre così male da non permetterle nemmeno di aprire le mie lettere? Mi sento un verme per averla trattata così. Cercherò di farmi perdonare.
 
Rimetto la lettera in tasca e torno a chiedermi: chi sono, chi voglio essere?

 
 
Sono sdraiata sul mio letto e tengo le labbra serrate per non urlare.
Il coprifuoco è appena scattato e tutti gli altri Grifondoro sono rientrati in Sala Comune, posso sentirli parlare e ridere da qui. Non ho alcuna voglia di unirmi a loro anzi, è proprio per non sentire le loro stupide chiacchiere che ho finito la cena prima di tutti e mi sono nascosta in camera.
 
Ron, Harry e Ginny non fanno altro che parlare di Quidditch e del Principe Mezzosangue. Lavanda e Calì parlano di ragazzi e di appuntamenti. Mentre tutti gli altri chiacchierano solo di lezioni, di esami o dell’ultimo pezzo delle Sorelle Stravagarie.
Io proprio non riesco a capire. Con la guerra alle porte credevo che le cose sarebbero cambiate, che vedendo la morte avvicinarsi, le persone avrebbero vissuto diversamente: creando scompiglio, divertendosi di più, amando di più.
 
Invece sembrano tutti interessati a continuare le proprie vite banali. Forse perché tutti sono soddisfatti della propria vita. Tutti tranne me.
 
Mi scuoto. Non so neanche io cosa desidero dalla mia vita, ma sicuramente non voglio trascorrerla sdraiata senza fare niente. Mi serve aria, quindi mi alzo e mi copro con un mantello caldo, pronta per uscire.
Appunto la spilla da prefetto alla divisa, il mio lasciapassare notturno, e scendo in Sala Comune. Sono tutti talmente assorti nelle loro futilità da non accorgersi di me, che spingo il dipinto della Signora Grassa per lasciare la Torre di Grifondoro.
 
Cammino a passo svelto per i corridoi del castello senza una meta, ho solo bisogno di distendere i nervi. Camminando incontro diversi Auror ma nessuno fa caso a me, non è loro compito occuparsi degli studenti fuori dal letto oltre il coprifuoco. Spero solo di non incrociare Tonks o qualche altro conoscente, non sono in vena di convenevoli.
 
Il tempo passa, ma io non riesco a calmarmi. Ho la mente affollata da talmente tanti pensieri che quasi non mi accorgo di esserer uscita dal castello.
Quello che trovo frustrante è che pur disprezzando gli altri ragazzi, che non capiscono quanto sia importante quest’anno godersi la vita, è che io non sto facendo nulla per godermi la mia. Sono sempre insofferente, arrabbiata e annoiata.
Ma, d’altra parte, non appena penso di fare qualcosa per me, mi sento in colpa, come se non stessi dedicando tutte le mie energie a quello che è davvero importante: studiare per diventare la migliore strega della mia età così da aiutare Harry a distruggere Voldemort.
 
Mi accorgo di star camminando in discesa, questo significa che sto andando in direzione del Lago Nero.
Tre parole sfiorano la mia mentre: sarebbe bello tuffarsi.
 
È una vera follia, lo so bene, il Lago è pieno di Avvincini e di Maridi, per non paralre del Calamaro Gigante. Inoltre è buio e se mi succedesse qualcosa nessuno potrebbe venire ad aiutarmi. Sarebbe un modo davvero stupido di morire.
 
Allora perché ho iniziato a correre?
 
Forse proprio perché è buio e nessuno può vedermi, nessuno può giudicarmi, nessuno potrà mai sapere. Forse è per questo che allargo le braccia e ululo al vento. Questa volta non mi tirerò indietro, non perderò quest’occasione, questa volta non sarò la solita Hermione Granger, questa volta sarò folle.
 
Mi butto completamente vestita.
L’acqua gelida si fa strada tra i miei vestiti, entrando in cottato con la mia pelle e causandomi un forte spasmo. Per un istante, un solo istante, rimango paralizzata per il freddo, la paura e il rimorso. Ma ormai quel che è fatto è fatto e allora mi immergo del tutto in questa infinita distesa d’acqua nera come la pece. Quando emergo ululo di nuovo: non provo più alcun freddo e mi sento più viva che mai.
 
«Cosa diavolo fai?»

 
 
La Granger mi guarda con la bocca semiaperta. Sembra quasi più stupefatta di me, proprio lei che sta nuotando nel Lago Nero nel cuore della notte. Non mi risponde, boccheggia e basta. Ma starà bene? Forse non mi ha sentito.
 
«Ti ho chiesto che diavolo stai facendo» ripeto, avvicinandomi alla riva del lago.
 
«Ti ho sentito» risponde lei dall’acqua. Io però continuo a fissarla, aspettando una risposta. «Sto nuotando».
 
Ora sì che sono sorpreso. Che cavolo significa che sta nuotando? Forse mi sono imbattuto in qualche strana missione da Trio dei Miracoli, ma ne dubito. No, la Granger è sola, l’ho vista correre verso il Lago, allargare le braccia e tuffarsi urlando a squarciagola.
 
«Questo lo vedo, ma perché?»
 
Lei non mi risponde neanche stavolta. Si limita ad uscire dal lago senza guardarmi in faccia. Sta morendo dalla vergogna. In effetti, penso proprio che Potter e Weasley non c’entrino questa volta: devo averla sorpresa in un momento privato.
La guardo mentre cerca la sua bacchetta tra i vestiti zuppi, ma tenendo sempre gli occhi puntati a terra. Non riesco a trattenere una risata.
 
«Si può sapere cosa ci trovi di tanto divertente?»
 
«Niente, ma credo che mi ricorderò di questa scena la prossima volta che un professore dirà che sei la strega più brillante della tua età». Adesso rido ancora più forte, anche al buio riesco a vedere il volto della Granger arrossire per la rabbia e l’imbarazzo.
 
«Malfoy falla finita, oppure ti assicuro che Piton, anzi Silente stesso, verrà a sapere che te ne vai in giro per il parco in piena notte e, prefetto o no, passerai un sacco di guai». Poverina, si sta proprio arrampicando sugli specchi.
 
«Guai? Mi basterà dire che mentre facevo la mi ronda serale ti ho visto correre a braccia spalancate verso il Lago e sono venuto a salvarti!» Rido sempre di più. «E poi neanche tu dovresti essere qui. O temevi forse che una tremenda minaccia per il mondo magico si annidasse nel Lago? Se è così corri a dirlo a Silente, assegnerà almeno 500 punti a Grifondoro, più altri 50 per il tuffo carpiato con avvitamento».
 
«Ne ho abbastanza Malfoy! Aaspetta solo che trovi la mia bacchetta e…»
 
«E cosa? Mi vuoi Schiantare? Obliviare?»
 
Sto per ridere ancora, ma qualcosa mi ferma. Per un solo istante, davanti ai miei occhi scorre il ricordo della Guferia e delle scuse della Granger. Basta solo questo a far morire la mia risata.
Guardo la Grifondoro cercare la sua bacchetta freneticamente. Il suo corpo è scosso da forti spasmi per il freddo e i suoi capelli le cadono pesanti di fronte al viso, grondando acqua. Anche col volto coperto per metà, riesco a intravedere un ghigno arrabbiato e frustrato.
 
Inspiegabilmente, inizio a provare pena per lei. Se entrambi ci troviamo qui, in questo momento, è proprio per sfuggire da tutti, per ritagliarci un momento solo per noi stessi. Entrambi volevamo nasconderci e per sfortuna ci siamo incontrati.
Se questo è vero, allora sicuramente vorebbe farmi sparire in questo momento. Lo so perché anche io vorrei essere rimasto solo stasera.
 
Estraggo la mia bacchetta dal fodero.
 
«Mettila subito giù! Sei una sporca serpe sleale!» Urla la Granger alzando le braccia in segno di difesa.
 
Ma io non ho alcuna intenzione di colpirla. Punto la bacchetta verso il Lago e sussurro «Accio bacchetta».
Nel buio sento il rumore di qualcosa che emerge dall’acqua. Tendo la mano sinistra per afferrare la bacchetta. Pesa quasi quanto la mia, ma tenerla in mano mi da una sensazione spiacevole, sicuramente contiene Corde di Cuore di Drago. Gliela porgo dalla parte del manico.
 
La Granger la afferra titubante e mormora «Grazie» questa volta guardandomi negli occhi. Con un incantesimo si asciuga completamente e si incammina verso il castello.
Aspetto che la sua sagoma sia inghiottita dall’oscurità prima di avviarmi nella stessa direzione. Mi chiedo se lasciarla sola e zuppa sulla riva del Lago mi avrebbe in qualche modo appagato.
Probabilmente no.

 
 
 
Nota dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!
Allora? Che ne pensate di questo capitolo? Ce l’ho pronto da una settimana e non vedevo l’ora di farvelo leggere! Mi sono divertita tanto ad immaginare e scrivere la storia di Narcissa e soprattutto mi sono divertita ad immaginare una Andromeda un po’ diversa dal solito!
Mi piacerebbe molto avere un vostro riscontro. Vi piace come sto caratterizzando questi personaggi?
 
Ma soprattutto, vi sembrano troppo lunghi i capitoli? Perché nei prossimi potrei dilungarmi anche un pochino di più e vorrei sapere se vi vanno bene così o se preferite che li spezzi in due parti!
 
Inoltre vorrei salutare chi tra voi gioca come me ad Hogwarts Mistery e che ha riconosciuto la Patricia Rakepick di cui parlava Zabini. Mi affascina abbastanza il lavoro di Spezzaincantesimi, mi ha sempre fatto pensare ad un Indiana Jones del mondo magico!
 
Infine, una piccola considerazione: chi ha letto la nota dell’autore del primo capitolo sa che sto riscrivendo questa fanfiction per la seconda volta. La prima volta che avevo iniziato questa ff ero al liceo e mi trovavo in un periodo di forte ansia per la scelta universitaria e, forse per esorcizzare un po’ le mie paure, avevo caricato il povero Draco del mio stesso fardello.
Ammetto che riscrivere questo capitolo al giorno d’oggi mi ha fatto sorridere e anche tanta tenerezza!
 
Scusate per la nota infinita ma avevo voglia di comunicare un po’ con voi! Spero vogliate fare lo stesso con me nella sezione recensioni! Intanto, vi auguro una buona settimana e ci vediamo al prossimo capitolo!
 
Flami 151

 
  
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