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Autore: Shadow writer    12/02/2021    3 recensioni
Nate è un ventiquattrenne disilluso e pessimista. Ha un lavoro che odia, vive in una città che non sente sua ed è rimasto intrappolato in un passato che non riesce ad accettare.
Per aiutare un amico, partecipa a una corsa automobilistica, ma questo lo porterà a invischiarsi in qualcosa di più grande di lui.
"«Si dice che tu ti stia facendo un nome in città» commentò Alison, appoggiandosi al bancone di fronte a lui.
Il ragazzo alzò gli occhi dalla bistecca e incrociò quelli civettuoli di lei.
«È stata la mia prima e ultima gara» ribadì, «l'ho già detto a Richie.»
Lei fece schioccare la lingua contro il palato in segno di disappunto.
«Mi hanno riferito che ci sai fare con le auto.»
Nate rise e si sporse verso la ragazza.
«Me la cavo bene con molte cose, Alison» quando pronunciò il suo nome, le appoggiò le dita sotto il mento, costringendola a guardarlo negli occhi, «ma ciò non significa che io sia interessato a tutte queste.»"
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Ross & Alison

Dato che il tempo stringeva e Nate era ancora un principiante nel campo delle gare clandestine, Richie insistette per iniziare la preparazione il prima possibile. Nate lo aveva sempre visto in veste di amico a cui dare una mano, ma per la prima volta si trovava di fronte l’uomo d’affari preciso e preoccupato a mantenere i propri interessi. Lo aveva chiamato a casa e gli aveva dato appuntamento al Venus per quel sabato pomeriggio.

Jay era nel salotto a guardare la TV e Nate era uscito con la stessa furtività di un marito che sta andando a tradire la moglie in uno squallido motel. 

La reazione di Jay alla notizia della sua partecipazione al Devil Wheels era stata più mite del previsto. Troppo mite. Jay aveva sospirato con aria rassegnata, scuotendo il capo, come se ormai il suo parere non contasse più nulla e quindi si fosse deciso a non pronunciarlo neanche. Che il suo parere non contasse nulla, tecnicamente era vero, come neanche contava quello di Nate. Ed entrambi ne erano consapevoli.

Dato che era una giornata serena, decise di raggiungere il Venus in moto. Sfrecciare sulle strade con l’aria che rombava tutt’intorno gli dava un senso di libertà e gioia. Cercò di godersi quelle sensazioni per il poco tempo che gli era concesso.

Richie lo aspettava nel suo studio, insieme ad un uomo che Nate non aveva mai visto. Era di media altezza, dalle spalle strette e un fisico gracile. Nonostante non avesse ancora raggiunto la quarantina, i suoi capelli erano radi e due profonde occhiaie gli circondavano gli occhi facendolo apparire più vecchio di quanto dovesse essere in realtà. Quando si mosse in avanti per stringere la mano a Nate, il ragazzo si accorse che aveva una gamba finta e questo spiegò la presenza di una stampella appoggiata alla scrivania.

«Nate, ti presento Ross Howard, il più esperto ex pilota che potrai trovare in circolazione».

“Tra quelli rimasti vivi e liberi” pensò il ragazzo, ma si limitò a stringere la mano di Ross senza fare commenti.

Presero posto intorno alla scrivania e Nate notò che sul legno era stese diverse cartine stradali.

«Richie mi ha detto che sei nuovo del campo, quindi cercherò di non dare nulla per scontato. Fermami se hai qualche domanda» cominciò Ross. «Il Devil Wheels è una gara particolare, nonché la più importante dell’anno. I soldi che girano tra scommesse e mazzette alla polizia sono esorbitanti, per questo non devi mai pensare che si tratti di un gioco. È una cosa seria, con delle regole e consuetudini precise».

Nate fece un cenno di assenso con espressione grave. Perfino Richie aveva perso la sua solita aria bonaria e ascoltava con le braccia incrociate al petto e gli occhi fissi sul suo ospite.

«Una delle regole principali è che il percorso di ogni sfida viene rivelato solo due giorni prima. Si tratta in totale di sei sfide, ma il numero può variare in base alle risposte da parte delle autorità. Se sono particolarmente agguerrite, il numero cala. Nel momento in cui il percorso viene rivelato, gli organizzatori fanno il possibile perché i concorrenti non lo provino prima della sfida, quindi la preparazione sarà solo teorica. Nelle quarantott’ore precedenti alla corsa, ogni tuo pensiero, ogni tuo sforzo, tutta la tua concentrazione dovranno essere dedicate ad imparare il percorso».

Ross parlava in modo pacato, ma il modo in cui i suoi occhi brillavano, come se avesse un fuoco all’interno delle iridi, provocò a Nate una leggera tachicardia. 

«Richie mi ha detto che lavori durante il giorno e studi la sera».

Il ragazzo annuì.

«Be’, dovrai dimenticare entrambe le cose prima di una sfida. Non puoi pensare di vincere se non riesci a fare il percorso anche ad occhi chiusi. Durante la corsa dovrai stare attento ai tuoi avversari e non avrai tempo di preoccuparti di guardare se la curva è a destra o a sinistra. Devi saperlo ancora prima di vederla, devi saperlo anche se c’è una nebbia del cazzo che ti impedisce di vedere fuori dal finestrino. Devi imparare i percorsi come il fottuto ABC, intesi?»

Nate avrebbe voluto diventare tutt’uno con la propria poltrona e non essere costretto ad annuire sotto lo sguardo infuocato di Ross. La situazione non gli piaceva per niente.

«Parlargli della strategia» intervenne Richie e l’altro uomo fece un cenno di assenso.

«Come ti ho detto, il Devil Wheels è una cosa maledettamente seria, ok? Nessuno degli altri concorrenti ci penserà due volte prima di sbatterti fuori strada per superarti, questo mettitelo bene in testa. In una corsa clandestina, nessuno gioca pulito».

Nate cercò di deglutire, ma gli si era fermato un nodo in gola. Si chiese che senso avesse avuto smettere di bere e fumare negli ultimi anni se comunque sarebbe morto in una gara clandestina del cazzo.

«La prima corsa sarà decisiva. Qualcuno dice che i risultati di questa saranno i risultati dell’intera sfida» Ross lo guardava dritto negli occhi, come per assicurarsi che non perdesse una parola.

«Questo è il motivo per cui tu dovrai perdere la prima corsa».

Nate sollevò le sopracciglia, perplesso. L’uomo si affrettò a spiegare. «Dovrai piazzarti a metà, tra coloro che non sono perdenti, ma neanche vincenti, nella massa degli anonimi. Alla fine di alcuni percorsi, l’ultimo arrivato viene eliminato, perdendo la possibilità di competere nel resto delle gare. Dovrai quindi evitare di essere eliminato, ma allo stesso tempo non puoi permetterti di attirare l’attenzione».

Il ragazzo si raddrizzò sulla poltrona, improvvisamente attento e interessato a quelle parole. Credeva che Richie gli avrebbe offerto una strategia basata su un’auto potente e nulla di più, ma Ross gli stava proponendo qualcosa che non tutti gli altri piloti sapevano mettere in atto: un piano intelligente.

L’uomo si inclinò verso di lui, calamitando la sua attenzione. «Se vedono che te la cavi, alla seconda corsa faranno di tutto per buttarti fuori, anche a rischio ammazzarti. Per questo devi tenere un profilo basso. Al Devil Wheels non vince chi colleziona più primi posti, ma chi ottiene una media di tempi migliori».

«Quindi tecnicamente potrei non arrivare mai primo e comunque vincere la gara?» 

«Esatto!» gli occhi di Ross si accesero ancora di più e le sue labbra sottili si tesero in un sorrisetto di soddisfazione.

«Però ho vinto una corsa poco tempo fa. Sanno che me la cavo» commentò Nate.

«Molti di loro sono montati che non concepiscono l’idea che qualcuno possa essere migliore. Crederanno che si sia trattato della fortuna del principiante e noi glielo lasceremo credere».

Nate annuì e, mentre il piano andava a sedimentarsi nella sua testa, cominciò a pensare che poteva davvero funzionare.

Rimasero ancora un po’ a discutere di questioni tecniche e si accordarono per quando andare a provare l’auto che Richie aveva procurato. Nate sapeva che avrebbe dovuto metterci le mani in prima persona, ma i soldi dell’uomo garantivano che avrebbe avuto un buon punto di partenza su cui lavorare.

Quando ebbero finito, il sole era ormai calato e, fuori dalla piccola finestra dello studio, il cielo era scuro. Ross si congedò e zoppicò fuori dalla stanza sorreggendosi con la sua stampella. Quando si fu allontanato, Nate si rivolse a Richie. 

«Come ha perso la gamba?» gli chiese.

Richie fece un sorrisetto. «Quello è un veterano, ragazzo». I suoi occhi caddero all’esterno e vide che era già buio, così gli propose: «Fermati pure a mangiare se ti va, sai che offro sempre io».

Nate lo ringraziò con un cenno, poi lo salutò e scese al piano di sotto. Al bancone, notò subito Alison, con i suoi capelli lunghi e lisci e il suo corpo che non passava inosservato. Indossava un top bianco e una gonna color pesca che la fasciava senza lasciare troppo all’immaginazione. Proprio in quel momento stava rispondendo con uno sguardo glaciale alle avance di un cliente decisamente ubriaco.

«Ehi». Nate si avvicinò al bancone e le diede un motivo per allontanarsi dall’uomo.

Alison colse al volo l’occasione e si mise a preparargli qualcosa da bere.

«Dio, fortuna che stacco tra poco» commentò mentre versava il contenuto di diverse bottiglie in un bicchiere, che poi passò a Nate sul bancone.

«Puoi sempre chiedere ai gorilla di accompagnarlo fuori» commentò lui prendendo un sorso dal drink che gli aveva servito.

Alison rivolse un’aria scocciata all’uomo, ma non disse nulla. Ormai lui sembrava più interessato alle ragazze che ballavano mezze nude poco distanti.

«Com’è andata con Ross?» chiese, riportando lo sguardo su Nate e trovandolo un poco spiazzato.

«Tu lo conosci?» 

Lei rise a quella domanda. «Ovvio. È mio cugino ed è stato lui a procurarmi questo fantastico lavoro».

Il suo sarcasmo fu accompagnato da un’espressione tagliente. 

«Be’, almeno tu hai ancora addosso tutti i vestiti» commentò Nate e la fece sorridere. Le disse che era andato tutto bene, poi decise di liberarsi da un dubbio che Richie non era riuscito a togliergli.

«Come ha perso la gamba?»

Alison sollevò un sopracciglio. «Non lo sai? È stato in una corsa d’auto. Si è schiantato ed è stata una fortuna che ci abbia rimesso solo la gamba».

Nate abbassò gli occhi sul proprio drink e decise di prenderne un sorso più abbondante. In effetti, Richie non gli aveva detto di che tipo di veterano si trattasse.

«Ehi», Alison attirò nuovamente la sua attenzione. «Hai impegni stasera?»

Lui scosse il capo e la ragazza si piegò in avanti, fino ad arrivare vicina al suo orecchio. Nate sentì il suo profumo di vaniglia invadergli le narici.

«Come ho detto» sussurrò. «Stacco tra poco».

Nate sorrise e le prese il mento tra le dita. La guardò per un istante negli occhi, poi, appoggiandosi contro al bancone, la baciò.

 

 

Alison si era raggomitolata sotto alla coperta e i capelli biondi le coprivano parte del volto.

«Ti dispiace se fumo?» domandò Nate mettendosi seduto. Dato che non si era ancora rivestito, cercò di tenere il lenzuolo fino alla vita. Non che la propria nudità lo scandalizzasse.

«Fai pure, ma apri la finestra» mormorò lei in tono stanco.

La stanza era così piccola che gli bastò allungare un braccio per raggiungere la finestra, poi raccolse i propri pantaloni da terra per estrarne il pacchetto di sigarette. Ne accese una, accostandosi al vetro nonostante l’aria fresca che gli solleticava il petto nudo.

«Non credevo fumassi».

Alison si era sollevata, sostenendo la testa con una mano e ora i capelli le cadevano davanti al petto.

Nate la fissò per un istante mentre espirava il fumo all’esterno.

«Ho ricominciato da poco» rispose laconico.

Gli occhi della ragazza, benché un poco assonnati, lo sondarono in modo attento.

«Cosa ti aveva spinto a smettere?» 

Nate prese un tiro, poi un altro, prima di rispondere. «Volevo darmi una ripulita. Essere una persona migliore».

«Per qualcuno?»

Lui spense la sigaretta sulla soglia esterna e poi lanciò il mozzicone in strada come aveva fatto con tutti i suoi buoni propositi.

Quando si voltò verso Alison, lei stava ancora attendendo una risposta, che non arrivò.

«Ho fame. Ti va di mangiare qualcosa?» le propose.

Sospirando, lei si raddrizzò. «Va bene, dovrei avere qualcosa in frigo». 

C’era un appendiabiti dall’altro lato del letto, così Alison afferrò una sorta di vestaglia con i bordi di pizzo e se la infilò, poi mise i piedi scalzi in un paio di pantofole e uscì dalla stanza.

Nate armeggiò per qualche istante con la finestra, poi si vestì a sua volta e la raggiunse.

Alison se ne stava davanti al frigorifero, illuminata dalla lucina flebile che proveniva dall’interno. La sua figura sinuosa pareva quasi in posa, perfetta perfino in quella vestaglia striminzita.

Gli disse cosa aveva nella dispensa e decisero di cucinarsi degli hamburger con delle patate surgelate da scaldare in forno. 

Mentre aspettavano che il cibo fosse pronto, Nate la aiutò ad apparecchiare il piccolo tavolo rotondo al centro della cucina e poi vi si sedettero, guardando il forno sbuffare e vibrare.

«Pensi che diventerà una cosa fissa?» domandò Alison, senza spostare gli occhi dalle patate che si scaldavano.

Nate la guardò, ma non riuscì a leggere nulla sul suo volto se non una concentrazione sproporzionata rispetto alla sua reale capacità di far scaldare le patate più in fretta con lo sguardo.

«Che cosa?»

Alison si morse un labbro, poi spostò gli occhi su di lui.

«Questo» gli disse e per lo sguardo che gli rivolse, Nate intuì che c’era un “noi” implicito.

Si strinse nelle spalle. «Tu vuoi che lo diventi?»

Alison si mordicchiò ancora il labbro. «Forse».

«Allora non vedo perché non possa accadere».

Le sue parole parvero rilassarla, perché sul suo volto si distese un sorriso.

 

 

   
 
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