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Autore: Moriko_    12/02/2021    1 recensioni
Due compleanni, due persone, un'unica data: 12 Marzo.
Lo straordinario cammino della vita dai primi passi alla maturità, verso più grandi ed importanti traguardi.
[Il titolo, che riassume il tema dell'intera opera, è ispirato a una citazione di Jean Paul, scrittore e pedagogista tedesco: "I compleanni sono piume sulle ampie ali del tempo."]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alan Croker/Yuzo Morisaki, Nuovo personaggio, Shingo Aoi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fanfiction
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Sguardo sul mondo.

{Dodici anni | Aoi's side}

 

 

BGM: HAVASI - The Road

 

 

 

[Un anno dopo - 12 Marzo. Nakahara, prefettura di Gifu.]

 

Con gli occhi ancora chiusi, Shingo era seduto sulla piccola panca di legno situata nell’ampio piazzale antistante la scuola elementare. Il ragazzino accavallò le gambe e si stiracchiò, godendosi il leggero venticello di inizio primavera che proveniva dalle montagne circostanti. Stava attendendo l’arrivo degli altri compagni di squadra, con i quali si sarebbe allenato presso il campo da calcio del centro sportivo di Nakahara, ormai pienamente operativo da un paio d’anni.

Shingo aprì gli occhi, rasserenandosi: non sembrava essere lo stesso bambino di qualche anno prima, che si sarebbe subito alzato per correre intorno alla scuola per ingannare quella piccola attesa che sarebbe stata interminabile; ora riusciva a stare seduto per molto tempo, approfittando di quell’attimo di silenzio per ricomporre i suoi pensieri che subito corsero al penultimo torneo nazionale tra scuole elementari, avvenuto nel corso dell’anno scolastico precedente. Era stato il primo torneo al quale la squadra di Shingo era riuscita a partecipare sin dalla fondazione del club, avvenuta solo un anno prima; nonostante tutti gli sforzi, alla fine i ragazzini non erano riusciti a superare nemmeno la fase delle eliminatorie, anche se poterono vantare di essere arrivati a Yomiuri Land come migliore squadra della prefettura di Gifu. Da allora tutti i ragazzi del club avevano iniziato ad allenarsi più del solito, riuscendo poi a partecipare al successivo campionato e, quella volta, ad arrivare agli ottavi di finale. In quell’occasione, però, Shingo e i suoi compagni erano stati definitivamente sconfitti dalla Nankatsu che, anche se priva degli elementi migliori che avevano partecipato nel precedente torneo, ancora una volta si dimostrò essere una squadra molto forte.

Per quanto la Nakahara FC fosse sulla buona strada, evidentemente ciò non era ancora sufficiente per aspirare alla vittoria. In quei due tornei giovanili avevano partecipato squadre con veri talenti del calcio: tra portieri imbattibili e attaccanti prodigio, i giocatori di Nakahara sembravano non avere nulla di così speciale per riuscire a superarli in qualche modo. Il loro punto di forza era il lavoro di squadra, e in effetti si erano sempre allenati su questo particolare, puntando ad un gioco dove nessuno predominasse sull’altro, trascorrendo insieme il resto della giornata anche quando non erano impegnati con le attività del club.

Shingo era stato il primo ad avere l’idea della fondazione di un club di calcio presso la scuola elementare Nakahara, due anni prima. Dal giorno in cui aveva rivisto quel Tanaka Yuito, che lui aveva preso in forte simpatia, si era messo in testa di iniziare una raccolta firme tra i suoi compagni di scuola, partendo proprio dai suoi amici più stretti che aveva finito per coinvolgere nel diffondere e promuovere tale proposta anche nel resto della scuola. Ma non solo: Shingo si era spinto anche oltre, chiedendo ai suoi genitori e a sua nonna di aiutarlo a trovare supporto anche al di fuori dell’ambiente scolastico; ben presto, il ragazzino e i suoi amici si erano presentati dal preside con interi fogli pieni di firme, dai loro coetanei agli adulti e anziani dell’intera città di Nakahara - nonostante questi ultimi fossero più interessati al mondo dell’artigianato che a quello dello sport.

Così, la proposta era stata accolta di buon grado dal preside, vista la grande attenzione che si stava sviluppando intorno al neonato centro sportivo della cittadina da parte dei ragazzi e la loro spontanea adesione al futuro club. A partire da quell’anno, anche le elementari avevano avuto un proprio club di calcio, affiancandosi al nascente club delle scuole medie e a quello delle superiori che era stato fondato l’anno precedente da Tanaka Yuito e i suoi compagni.

I club delle tre scuole si alternavano con gli allenamenti presso il campo da calcio del centro sportivo, in orari e giorni specifici: infatti, a differenza della vicina Takayama e della più grande Gifu, le tre scuole di Nakahara non avevano ancora un’area da gioco riservata esclusivamente ai vari club di calcio.

Ogni volta che a Shingo tornava alla memoria l’incontro con quel ragazzo di nome Tanaka Yuito, avvenuto tre anni prima presso l’area di accoglienza della cittadina, pensava di essere stato fortunato. Il gruppetto del suo senpai si era dovuto allenare per anni in una zona non attrezzata che loro avevano allestito come potevano per immaginarlo un campo da calcio, a differenza di lui e i suoi amici che invece avevano avuto a disposizione un intero centro sportivo.

Con un balzo, Shingo tornò in piedi e iniziò a stiracchiarsi. Non vedeva l’ora di tornare al campo da calcio per allenarsi insieme ai suoi amici: già si immaginava in quel luogo, a correre verso la porta avversaria, con il suo amato pallone tra i piedi che, di tanto in tanto, lanciava ai suoi compagni per poi farselo restituire e così segnare un gol...

All’improvviso, il ragazzino sentì che qualcuno aveva appoggiato il mento sulla sua spalla destra, mentre l’altra venne colpita da una cartellina nera, la sua.

«Allora, campione di palleggi! Prima hai avuto una bella scusa per non seguire la lezione fino alla fine, eh?» Mamoru Kouki gli passò la cartellina, sistemandosi gli occhiali dalle grandi lenti che scendevano sul naso.

«Dai, ammettilo: era noiosa!» replicò Shingo, e con un sorriso si portò una mano dietro la testa, scuotendo i capelli. «Non vedevo l’ora di uscire!»

«Dopo un po’ la maestra aveva capito il tuo “piano”. Preparati: il prossimo ad essere interrogato sulla lezione di oggi sarai proprio tu, e lo sai che vorrà sapere vita, morte e miracoli sui vulcani!»

Shingo scoppiò a ridere imbarazzato, e anche Mamoru sorrise nel vederlo così allegro.

«Beato te che sei sempre così allegro, Shingo. Al tuo posto io mi sarei già disperato!»

 

Lungo la strada che portava al campetto, il gruppetto del club di calcio delle elementari Nakahara stava parlando del più e del meno. Shingo guidava il gruppo con fierezza, portando a mano la sua adorata bicicletta: nonostante il calcio avesse ormai occupato buona parte delle sue giornate, il piccolo Aoi non aveva mai lasciato quella bici e continuava ad utilizzarla spesso per recarsi a scuola o alla bottega di suo padre.

In quel gruppetto vi erano i suoi amici di sempre, che due anni prima lo avevano aiutato nella fondazione di quel club di cui ora facevano parte. Mamoru Kouki, il ragazzo dagli occhiali grandi che anni addietro voleva iscriversi al club di judo, gli stava camminando fianco a fianco seguito da Takeo Hasegawa, che alla fine aveva rinunciato all’idea di entrare nel club di nuoto per restare accanto a Shingo, e Ke Hara, il loro amico di infanzia: come al solito i tre stavano discutendo sui vari giri da fare a Nakahara durante le brevi vacanze primaverili. Dietro agli amici di sempre di Shingo vi erano gli altri componenti della squadra, la maggior parte dei quali erano i kōhai e che, nel giro di poche settimane, sarebbero stati loro a prendere in mano le redini del club delle elementari.

I ragazzi del sesto anno, infatti, con la fine dell’anno scolastico avrebbero concluso il ciclo delle elementari, e ciò significava solo una cosa: passaggio da un club all’altro. Shingo, Mamoru, Takeo e Ke erano estremamente curiosi del come fosse strutturato il club calcistico delle scuole medie Nakahara, e non vedevano l’ora di poter farne parte e, così, dare una mano alla sua crescita.

A differenza delle elementari, quel club - così come quello delle superiori - sembrava essere di gran lunga più forte: non aveva ancora partecipato ad alcun torneo, né all’interno della prefettura di Gifu né a quello nazionale perché quei ragazzini avevano preso lo sport del calcio più come un passatempo che come un possibile trampolino di lancio per il futuro; tuttavia, ogni volta che quella squadra giocava qualche amichevole, riusciva sempre ad uscirne a testa alta, battendo gli avversari o mettendoli in seria difficoltà. Il loro punto di forza consisteva in una solida difesa, capace di rubare il pallone in pochissimo tempo per impedire all’altra squadra di compiere delle azioni che potessero portare ad un gol sicuro.

Quel club era uno degli argomenti più chiacchierati negli ultimi tempi tra i ragazzi delle elementari, e anche quel giorno non faceva eccezione. Infatti, ad un tratto, il gruppo tornò a parlarne - per l’ennesima volta - mentre di fronte ai ragazzi la sagoma del centro sportivo iniziò ad intravedersi. Come al solito, le reazioni erano tra le più disparate: se i kōhai non entravano molto nell’argomento perché meno ferrati dei loro senpai, viceversa la discussione divenne più animata proprio tra i ragazzi del sesto anno, che a breve avrebbero avuto l’onore e forse anche il piacere di conoscerli meglio di persona. Ke e Mamoru, dall’alto dei loro rispettivi ruoli di portiere e difensore, erano quelli più agitati e temevano di finire tra le riserve della squadra delle medie perché non si sentivano all’altezza di poter competere con la difesa compatta di quel club; Takeo, che era centrocampista, si preoccupava più di studiare i segreti della forza della squadra, per poter essere ancora più certo di diventare titolare già dal primo anno delle medie, mentre Shingo stringeva il manubrio della bicicletta e sorrideva sicuro di sé.

«Non vedo l'ora di affrontarli! Sono bravissimi!»

Tutti lo guardarono sorpresi, non solo per ciò che avevano appena udito, ma anche perché in realtà era la prima volta che avevano sentito Shingo parlare in quel modo. Sembrava che il loro amico fosse l’unico del gruppo a non essere minimamente preoccupato, anzi: per lui, quella situazione sembrava essere invece molto promettente ed entusiasmante.

Subito tra i ragazzi calò il silenzio, che Shingo ruppe con il suo gioioso grido di battaglia. «Dai, ragazzi: facciamolo!»

Mamoru mise su un’espressione di sbigottimento. «Fare... cosa, scusa?»

«Ma dai, Mamoru! Non fare quella faccia: lo sai benissimo!»

Shingo salì in sella alla sua bicicletta e iniziò a pedalare verso il campo, suonando ripetutamente il campanello posto sul manubrio. «Seguitemi tutti e alleniamoci fino a stancarci! Sono i nostri ultimi giorni insieme: approfittiamone!»

«A-Aspetta, Shingo!»

Mamoru iniziò a correre, seguito dagli altri del gruppo. Ke e Takeo si guardarono fugacemente negli occhi e trattenero le risate, rendendosi conto che stare dietro ad un tipo come Shingo non era un'impresa facile.

Anzi... non lo era mai.

 

 

Mentre attendevano che terminasse la partita d’allenamento in corso al campo di calcio, i ragazzi del club delle elementari si accomodarono sugli spalti. Ciascuno di loro - in modo particolare Shingo, Mamoru, Takeo e Ke - osservò con grande attenzione i movimenti dei giocatori presenti nell’area di gioco. Quelli della squadra delle medie giocavano in un modo così diverso dal loro, con movimenti più sicuri, diretti e anche più fluidi: in altre parole più colmi di esperienza.

Mamoru fece crollare la testa, e sospirò con tristezza. «Abbiamo già perso in partenza... non farò mai parte dei titolari! Quei difensori sono troppo bravi, non basteranno nemmeno tre anni per arrivare al loro livello...»

Mentre gli altri del gruppo iniziarono a commentare tra loro l’evolversi della partita, le orecchie di Mamoru captarono un sommesso risolino, che sembrava giungere dal lato destro dove - e ne era abbastanza certo - al loro arrivo non c’era ancora nessuno. Si voltò, e in quel momento vide seduto un ragazzino molto basso per la sua età, dai piccoli occhi neri che puntavano un bloc-notes che era scarabocchiato con schemi e brevi note; di tanto in tanto lo sguardo di quel ragazzo si rivolgeva verso il campo, appuntando come un forsennato qualcosa che Mamoru non riusciva a comprendere da quella distanza che li separava.

«Bene bene... si prospetta un anno davvero interessante!» commentò il ragazzo, sotto gli occhi curiosi di Mamoru al quale non era sfuggito un altro dettaglio: quel giovane assomigliava molto a Shingo non solo per il suo aspetto fisico, mingherlino e con un taglio di capelli identico, ma anche per il fatto che avesse un sorriso molto simile a quello del suo amico, lo stesso di quando aveva di fronte a sé qualcosa di interessante.

Continuando a tenere fisso lo sguardo su quel ragazzo, Mamoru richiamò l’attenzione di Shingo posando la mano sinistra sul suo braccio. «Shingo... quello laggiù è un tuo parente?»

Alla parola “parente” Shingo subito smise di osservare la partita e, piuttosto curioso per la domanda del suo compagno, si voltò nella sua stessa direzione. Non appena anche il piccolo Aoi vide quel ragazzo, non tardò nemmeno per un istante a diminuire subito le distanze che lo separava da lui: gli si pose di fronte all’improvviso, restando in piedi e scrutandolo da cima a fondo.

«Ma... tu...»

L'altro ragazzo, che di colpo nella sua visuale si era ritrovato il busto di uno strano tizio che di fatto gli stava impedendo di vedere la partita, iniziò a ondeggiare la testa a destra e a sinistra, senza alzare lo sguardo per vedere con chi avesse a che fare: in quel momento era troppo impegnato a prendere appunti per quella partita per scambiare due parole con qualsiasi persona si fosse presentata al suo cospetto.

«Erm... scusami, potresti spostarti? Non riesco a vedere la partita…»

Ma Shingo non si curò della sua richiesta. Ancora piuttosto incredulo si inginocchiò, lo guardò dritto negli occhi e iniziò a indicare prima il ragazzo che aveva di fronte e poi lui.

«Tu... io...» balbettò. «Non ti ho mai visto a Nakahara... però mi assomigli un sacco!»

E solo quando i due si trovarono occhi negli occhi, il ragazzino spalancò la bocca e diede un piccolo urlo per lo stupore.

Questo mi assomiglia una cifra! - pensò, mentre il resto del gruppo della squadra delle elementari, udendo quell'urlo, si voltò e subito accorse verso i due ragazzi.

«Wow!» esclamò Ke, cercando di trattenere le risate. «Che buffo: Shingo ha un sosia!»

«E se fosse il fratello gemello malvagio?» puntualizzò Takeo con un mormorio per cercare di non farsi sentire dall'interessato.

«Ma va!» rispose Mamoru nel suo orecchio. «Però è piuttosto curioso: ci assomiglia molto!»

Ma tutto il gruppo era incuriosito da quel ragazzo che nessuno di loro conosceva. Ciascuno di loro lo stava osservando con grande curiosità mista a stupore, mentre Shingo e quel ragazzo continuarono a fissarsi negli occhi.

 

Sembra di essere in uno specchio... pensò il primo. Solo che lui ha gli occhi più piccoli dei miei...

 

Che occhi grandi che ha! - rifletté il secondo. Abbiamo anche lo stesso taglio di capelli, caspita!

 

I due lentamente si alzarono, senza dire una parola e senza mai smettere di togliersi gli occhi di dosso. Poi, Mamoru decise di rompere quel silenzio imbarazzante che stava coinvolgendo anche il resto del gruppo battendo le mani un paio di volte: entrambi sobbalzarono all'unisono e subito si voltarono verso di lui, che sembrava essere divertito dalla loro incredibile somiglianza.

«Non ci sto capendo nulla...» iniziò grattandosi la nuca, per poi avvicinarsi al ragazzo misterioso e rivolgersi proprio a lui, «però sono certo di non averti mai visto qui, a Nakahara. Sei un turista?»

L’altro cercò di sciogliere il suo imbarazzo con un timido sorriso. «No... cioè: sono arrivato solo ieri, mi sono appena trasferito da Gifu...»

A Shingo si illuminarono gli occhi non appena le sue orecchie udirono il nome della capitale della prefettura. Non perse tempo: con prontezza afferrò le mani del ragazzo e le agitò con molta allegria, iniziando a parlare a raffica. «Fantastico! E dimmi, cosa pensi di questo centro sportivo? È come quello della tua città, oppure manca qualcosa? E se sei qui... vuol dire che ti piace il calcio? A noi piace tanto tanto!»

«Shingo!»

In coro gli amici richiamarono la sua attenzione: nell’escalation del loro vivace compagno che era felice di aver trovato qualcun altro probabilmente interessato al calcio, avevano visto l’altro ragazzo totalmente impassibile, che lo stava osservando quasi con grande spavento, come se i suoi piccoli occhi avessero voluto urlare “Qualcuno mi aiuti, vi scongiuro!”

«Uffa, sei sempre il solito...» mormorò Mamoru, portandosi una mano sul volto. Takeo si frappose tra i due, separando Shingo dall'altro ragazzo.

«Cerca di calmarti» sussurrò il centravanti con un sorriso. «Lo so che sei euforico, ma se fai così la gente si spaventa e fugge via a gambe levate, sai?»

Poi si rivolse al ragazzo, e gli disse: «Scusalo, è solo felice di conoscerti: non è roba da tutti i giorni qualcuno che si trasferisce qui da Gifu...»

«Ehi, Takeo: dovrei dirlo io!» protestò Shingo, incrociando le braccia e mettendo il broncio.

Il ragazzino dagli occhi piccoli si lasciò sfuggire una candida risata. «Siete molto simpatici, sapete? Però... però mai avrei immaginato di trovare un sosia proprio da queste parti: è davvero divertente!»

Shingo lo guardò ancora una volta. Non sapeva spiegarsi il perché, ma in qualche modo aveva capito che quel ragazzo stava dicendo quelle parole con molta schiettezza. Si avvicinò di nuovo a lui e gli porse la mano con il suo solito sorriso raggiante. «Scusami per prima, forse ti ho messo in imbarazzo...»

«Nessun problema, anzi: sei molto simpatico!»

Il ragazzo afferrò la sua mano e la strinse forte. «Mi chiamo Ide Tamotsu, e sono davvero felice di conoscerti!»

Il viso di Shingo si illuminò. «Io sono Aoi Shingo, e questi sono i miei amici: facciamo tutti parte della squadra delle elementari! Anche se... ecco, qualcuno di noi andrà alle medie il prossimo mese...»

«Davvero?»

Tamotsu rivolse lo sguardo prima verso il gruppo e poi sul campo, dove era ancora in corso la partita d’allenamento della squadra delle medie. «Sapete perché sono venuto qui? Perché ho saputo che oggi toccava a loro allenarsi qui... ho intenzione di entrare a far parte del loro club di calcio: andrò alle medie dal prossimo mese!»

L’espressione di tutto il gruppo fu colma di felicità. Shingo tornò accanto a Tamotsu, ma questa volta cercò di trattenersi dal toccarlo, senza però nascondere la sua euforia: il suo volto divenne raggiante, gli occhi completamente spalancati e un grande sorriso tra le labbra. «Dici sul serio? Davvero? Davvero davvero?»

«Certo! È anche per questo che stavo raccogliendo dei dati su di loro...»

Tamotsu recuperò il bloc-notes che aveva lasciato sul posto a sedere prima dell’incontro con Shingo. «Adoro giocare a calcio... però mi piace un sacco vedere i giocatori e scrivere tutto ciò che so su di loro: dall’altezza al peso, fino ad arrivare alle tecniche di gioco...»

«Quindi sei una sorta... di giornale gossip del calcio o una cosa del genere?» domandò Mamoru, inclinando leggermente la testa. Apparentemente, non aveva capito molto ciò che gli sembrava più essere un passatempo che qualcosa di utile.

Tamotsu fece una smorfia di orgoglio e iniziò a sfogliare le pagine del taccuino, mostrando a tutti ciò che aveva riportato. «Più o meno: raccolgo dati per elaborare la strategia vincente! I punti di forza, quelli deboli... tutto ciò che può essere utile per costruire la squadra perfetta! Perciò... perciò spero di riuscire a dare anche solo un piccolo contributo anche nella squadra di questa città!»

E questo ragazzo dall’anno prossimo verrà con noi a scuola... pensarono tutti.

Shingo rimase in silenzio, con la bocca semiaperta. I suoi occhi, brillanti di gioia, stavano parlando chiaro: a lui non importava se quel Tamotsu sapesse giocare o meno a calcio: avevano di fronte una sorta di analista dei dati del calcio, un’enciclopedia aggiornata sui giovani calciatori e sulle squadre delle quali facevano parte. E, dato che in quel momento lo stava facendo proprio osservando la squadra delle medie... quelle informazioni potevano tornare utili proprio a loro che sarebbero dovuti entrare in quel team!

D’istinto Shingo prese le mani di Tamotsu e gli sorrise raggiante, per poi rivolgersi ai suoi compagni. «Ragazzi: abbiamo appena trovato il nostro uomo partita per il prossimo semestre!»

Tamotsu sobbalzò. «Ma se non mi avete visto nemmeno giocare, senza contare che dobbiamo ancora entrare nel club–»

«Shhh!»

Con aria divertita, Shingo posò un indice sulle sue labbra e, senza rendersene conto, si lasciò sfuggire un’idea che aveva appena illuminato la sua mente come un lampo. «Da oggi ti allenerai con noi... e non si accettano obiezioni!»

I suoi compagni lo guardarono piuttosto sorpresi, ma furono felici per la sua improvvisa proposta.

«In effetti... Shingo non ha tutti i torti!» esclamò Mamoru.

«Già!» aggiunse Ke. «Con uno come te in squadra, niente e nessuno potrà batterci!»

«E poi... non è detto che devi restare solo in panchina a prendere appunti: immagino che dopo un po’ sarà noioso stare seduto senza fare niente!» disse Takeo.

«Ma... veramente...» balbettò Tamotsu, che avrebbe voluto aggiungere un «Non è noioso: a me piace osservare i giocatori dalla panchina» ma non ebbe il tempo: dal gruppetto si levò un vociare sempre più crescente, e i ragazzi lo implorarono ad accettare la proposta del loro compagno di squadra.

D’altronde, ciascuno di loro avevano pensato che sarebbe stato utile vedere come quel ragazzo se la sarebbe cavata sul campo: se ci teneva a far parte del club di calcio, doveva dimostrare le sue qualità che lo rendevano unico e speciale. E, forse, un giorno anche lui avrebbe aspirato a diventare titolare come loro - nonché Shingo - che stavano per iniziare il nuovo percorso scolastico.

«Allora?» gli chiese Shingo, ancora con le mani ben strette nelle sue. «Ti piacerebbe essere dei nostri? Vedrai: ci divertiremo un sacco insieme! E non importa se non sei molto bravo a giocare a calcio: ci alleneremo insieme... perché siamo una squadra, e in una squadra ci aiutiamo a vicenda!»

L’altro sorrise commosso. Il suo primo giorno in quella cittadina era iniziato nel migliore dei modi: aveva incontrato alcuni suoi coetanei che gli sembravano essere simpatici, e con i quali sarebbe andato a scuola. Chissà: forse sarebbero potuti diventare anche grandi amici...

«Certo!»

 

 

Al ritorno dal campetto, Shingo si incamminò verso casa dopo aver salutato i suoi compagni; subito si accorse che a seguirlo c’era proprio quel Tamotsu Ide che aveva conosciuto tra gli spalti, e sul quale era molto entusiasta. Anche durante la partita di allenamento Tamotsu lo aveva impressionato: quel ragazzo sembrava essere bravo quanto lui, e nel gioco di squadra non era niente male.

A pelle, Shingo sentiva che con lui poteva fare grandi cose in un futuro non molto lontano.

«Ehi!» esclamò contento, voltandosi verso l’altro che nel frattempo lo aveva raggiunto con una piccola corsa. «Anche tu vieni da questa parte?»

«Sì, casa mia è più avanti! Se ti va, possiamo fare la strada insieme!»

Shingo annuì. «Perché no?»

I due tornarono ad incamminarsi verso le rispettive dimore, sorridendo allegramente. Durante il loro breve tragitto parlarono della loro comune passione per il calcio, e subito Shingo gli chiese tutti i dettagli sulle squadre delle quali Tamotsu aveva fatto parte: se rispetto a quella di Nakahara fossero più o meno forti, se c’era qualche giocatore che il ragazzino ammirava per le capacità che mostrava sul campo, e così via.

Man mano che il discorso tra i due stava andando avanti, Shingo arrivò a chiedergli come gli sembrasse la sua amata cittadina: Tamotsu si era trasferito solo da un giorno, però il piccolo calciatore voleva sapere se ci fosse stato qualcosa che avesse già attirato la sua attenzione.

La risposta fu molto chiara.

«Il club di calcio!» esclamò Tamotsu. «La squadra delle medie ha dei giocatori davvero bravi, mi chiedo perché non abbia mai partecipato a un torneo... è vero che è stato fondata da poco, però non l’ho mai vista nel torneo della prefettura. Tu sai perché?»

«Boh!» rispose Shingo, facendo spallucce. «Me lo chiedo anch’io, sai? Quei giocatori lo stanno prendendo come un passatempo, ma dall’anno prossimo sarà tutto diverso... perché ci saremo noi, e convinceremo tutti a partecipare a qualunque torneo organizzeranno, così anche il mister si ricrederà!»

«Hai ragione! E non solo parteciperemo... ma vinceremo!»

«Ben detto!»

Shingo osservò gli occhi di Tamotsu, che nel camminare stava stringendo saldamente i spallacci imbottiti del piccolo zaino che portava sulle spalle: quando il calcio era l’argomento principale quei piccoli occhi brillavano di gioia, proprio come i suoi.

Caspita... vuoi vedere che questo è il mio sosia per davvero? - pensò. Eppure mamma dice sempre che i sosia sono dall’altra parte del mondo: invece io l’ho trovato qui, vicino casa mia!

Nel guardarlo con grande curiosità, Shingo gli chiese: «Come mai vi siete trasferiti qui? Gifu non è molto lontana... non vi piaceva come città?»

Tamotsu si fermò di colpo, fissando il paesaggio all’orizzonte. Rimase in silenzio, assorto nel panorama che lo circondava: anche da Gifu vedeva quella valle circondata dall’imponente catena delle Alpi giapponesi, ma era così distante rispetto al fatto di esserci dentro, nel cuore della natura. Per lui, il trovarsi lì era tutta un’altra cosa: la valle era ancora più meravigliosa di quanto non lo sembrasse già, da lontano.

«Ide?» lo richiamò Shingo, chiedendosi in pensiero perché l’altro si fosse incantato nell’osservare quel panorama. Nel guardare i suoi occhi, si domandò se avesse detto qualcosa di inopportuno: quei piccoli occhi sembravano essere pregni di qualcosa che non riusciva bene a decifrare... forse nostalgia, oppure incertezza ma, di certo, la felicità che li dominava quando stavano parlando di calcio era svanita del tutto.

A quel punto Shingo si rese conto che, forse, era stato indiscreto a rivolgergli quella domanda. «Scusami... non volevo renderti triste...»

Ma l’altro sorrise, e rivolse lo sguardo verso di lui. «Non preoccuparti: non mi hai reso triste! Stavo pensando che è bello vivere qui, a due passi dalla natura! Sai, i miei genitori sono fotografi naturalisti, e lavorano per alcuni giornali. Fin da piccolo ho viaggiato insieme a loro, spostandomi qua e là per tutto il Giappone... e per ora ci siamo trasferiti qui perché scatteranno delle fotografie nel parco naturale e scriveranno qualche articolo, ma non so se resteremo oppure ripartiremo una volta che il loro lavoro sarà finito. Nakahara sembra essere una città molto bella, e voi siete molto simpatici: stavo già pensando che forse sarebbe bello abitare qui per sempre... ma non penso che sarà possibile... per ora vedremo come andrà!»

Shingo si intristì di fronte a quella notizia. La sua iniziale euforia di aver incontrato un altro appassionato di calcio si era attenuata di colpo. «Questo vorrà dire... che tu...»

Ma Tamotsu sorrise per rassicurarlo. «Non preoccuparti per il club di calcio: sicuramente resteremo a Nakahara per un anno intero. I miei andranno anche nei dintorni per altri lavori, per cui hanno deciso di prendere casa qui, così posso frequentare regolarmente il primo anno delle medie... poi si vedrà: non è detto che ce ne andremo via subito! Restare qui per sempre sarà forse impossibile, ma la nostra partenza potrebbe essere anche piuttosto lontana!»

Shingo puntò gli occhi sul manubrio della bicicletta che stava portando a mano, e mormorò: «Sarebbe un peccato se andassi via solo dopo un anno... proprio ora che abbiamo trovato uno come te che ci darà una mano con il club...»

«Lo pensi davvero?»

A quella frase, Shingo alzò nuovamente lo sguardo, incrociando quello di Tamotsu: ora il ragazzino lo stava guardando con ammirazione, e sembrava essere sparita di colpo quella malinconica luce che aveva prima negli occhi.

«Lo penso davvero, Ide» disse, appoggiandogli una mano sulla spalla. «Anzi... ti dispiace se ti chiamo Tamotsu? Non so perché, mi sei già molto simpatico!»

L’altro sussultò. Fino a quel momento nessuno gli aveva mai detto quelle parole: avendo cambiato spesso scuola per via del lavoro dei suoi genitori, quasi nessuno lo faceva giocare come titolare all’interno dei vari club di calcio ai quali aveva partecipato. Invece ora sembrava avvenire il contrario: nonostante avesse raccontato la verità, qualcuno lo stava considerando davvero per la persona che era.

Tamotsu annuì e sorrise di gioia. «Certo... Shingo!»

 

 

 

Quel giorno Yumi aveva deciso di dedicarsi alle pulizie della sua casa. Era da sola... o, meglio, in un certo senso lo era: la donna aveva deciso di adagiare l’orsacchiotto Riku sul divano del salotto, per avere l’impressione di essere “in compagnia”. Con suo marito al lavoro, Yukiko e Shingo a scuola e sua madre ancora a casa, Yumi era rimasta per diverse ore da sola; così la donna si era rimboccata le maniche e aveva iniziato dal piano terra per poi passare al piano superiore.

Giunta nella stanza di Yukiko e Shingo nel tardo pomeriggio Yumi rimise l’orsacchiotto al suo posto, sul seggiolone da pranzo in legno che un tempo aveva ospitato i suoi figli quando avevano solo pochi mesi.

«Ed eccoci qua!» esclamò contenta verso Riku. «Sei contento?»

«Aaah, finalmente un po’ di relax! Non ne potevo più di stare seduto su quella poltrona: mi veniva un sonno che non hai idea!»

Con un sorriso malinconico la donna fissò il peluche, con il quale aveva appena simulato quel breve dialogo che sembrava essere accaduto tra loro. Ogni tanto Yumi si esercitava ancora nell’arte del ventriloquo, quando si trovava da sola tra quelle quattro mura fatte di legno e mattoni; in quei momenti si sentiva meno sola, ma rispetto ai primi tempi, quando i suoi figli erano ancora dei fagottini che riusciva a tenere in braccio senza alcuna fatica, nel fare ciò la donna stava iniziando a sentirsi un po’ strana.

Il parlare con Riku, attraverso Riku, era decisamente diverso rispetto a tanti anni fa.

«Già. Senza Yukiko e Shingo non è la stessa cosa...» sussurrò con una carezza sulla testa dell’orsacchiotto.

I suoi due figli stavano crescendo, diventando grandi, pronti ad affrontare il mondo che li aveva sempre circondati in tutte le sue sfaccettature, verso una profonda maturità che li avrebbe portati a realizzare i loro obiettivi: Yukiko con il club di kyūdō, e Shingo con quello di calcio. Nonostante questa differenza entrambi amavano il mestiere del padre, e se avessero potuto avrebbero trascorso volentieri giornate intere al suo fianco, aiutandolo nella sua bottega dove tutte le loro fantasie diventavano realtà e si mettevano al servizio di chi aveva bisogno di qualcosa di utile e di carino. Entrambi amavano Riku, e da quando avevano scoperto il suo segreto facevano a gara a chi sapesse imitare il più possibile la sua voce senza muovere le labbra, sotto la guida vigile di nonna Atsuko.

Forse, se ci fosse stata la possibilità, entrambi avrebbero voluto fare tutto ciò che a loro piaceva: dedicarsi ai loro percorsi sportivi, alla bottega di famiglia, all’arte del ventriloquo... eppure Yumi sapeva molto bene che una cosa del genere sarebbe stata impossibile. Prima o poi i suoi figli si sarebbero trovati di fronte ad un bivio, e avrebbero dovuto scegliere.

Essere artigiani, oppure dedicarsi appieno allo sport.

Yumi sapeva che in entrambi i casi sia Yukiko che Shingo avrebbero continuato a dedicarsi anche alle loro altre passioni, seppure in misura minore rispetto a quello che avrebbero scelto come ragione di vita, ma da madre non voleva che nessuno dei due arrivasse a pentirsi delle loro decisioni. Voleva vederli felici, dedicandosi a ciò che amavano di più al mondo: a Yumi non importava se alla fine nessuno dei due si sarebbe dedicato all’artigianato, e per questo sia lei che suo marito Susumu non avevano mai imposto restrizioni sul loro futuro.

Ne era certa: qualsiasi cosa Yukiko e Shingo avessero deciso di fare, avrebbe avuto la sua benedizione.

«Bene, caro Riku!» disse la donna, portando i pugni chiusi sui fianchi. «Io ho finito, e ora vado giù per preparare la cena... tu aspettaci qui: vedrai che tra poco Yukiko e Shingo torneranno a casa. Ricordi? Oggi è il compleanno di Shingo, non devo farmi cogliere impreparata!»

Senza aggiungere altro o dare voce ai pensieri dell’orsacchiotto, Yumi si avvicinò alla porta d’ingresso e abbassò la maniglia. Diede un fugace sguardo verso il peluche che giaceva sul seggiolone, illuminato dai raggi del sole che stavano entrando dalla finestra a balcone posta alle sue spalle, e sorrise dolcemente prima di aprire la porta e incamminarsi verso le scale che l’avrebbero portata al piano terra.

«Sogni d’oro, Riku. A più tardi.»

 

 

Dei due figli di Yumi, Shingo fu il primo a rincasare. Come era solito fare, entrò spalancando di colpo la porta e si tolse le scarpe nel piccolo genkan prima di entrare in casa.

«Ciao, sono tornato!» esclamò con molto entusiasmo.

Il ragazzino posò la cartellina sul divanetto del soggiorno, correndo a salutare sua madre e aggiornandola su quanto accaduto, mentre lei preparava la cena. «Sai, mamma? Oggi abbiamo incontrato un ragazzino che si è appena trasferito da Gifu! I suoi genitori sono fotografi, ma lui è un grande appassionato di calcio!»

Yumi sorrise nell’ascoltare l’intero racconto di suo figlio: pur avendo gli occhi fissi sul piano cottura, le piaceva sentire in silenzio il suo resoconto della giornata, e se aveva qualche dubbio lo consigliava sul da farsi.

Ad un tratto la donna si ricordò di una cosa che invece era capitata proprio a lei, e che riguardava suo figlio. «A proposito, Shingo: oggi è arrivato un altro pacco per te! L’ho lasciato dietro al divanetto del soggiorno... e non crederai mai chi è il mittente!»

Subito il ragazzo non se lo fece ripetere due volte: corse verso il luogo che gli aveva indicato sua madre e prese il pacco. Lo scartò, e fu felice di trovare al suo interno un pallone da calcio personalizzato con una dedica: aveva il logo del Renofa Yamaguchi FC, una squadra che militava nella seconda divisione della J.League.

 

[Al mio fan numero uno, Aoi Shingo. Buon compleanno! - Tanaka Yuito]

 

«Che bello, mamma! Un altro pallone, da parte del senpai

Come si sedette sul pavimento, Shingo ammirò il suo regalo: lo alzò in alto, osservandone attentamente ogni dettaglio. Ogni volta che i suoi piccoli occhi si posavano nei dettagli calligrafici di quella dedica, si ricordò di quel giovane ragazzo che aveva sempre sognato di portare la squadra del Nakahara sulla vetta del Giappone.

Tanaka Yuito era il giovane che Shingo aveva incontrato molti anni prima, presso il ruscello quando era solo un bambino che stava per varcare la soglia dell’adolescenza, e poi da ragazzo ormai cresciuto durante la partita d’allenamento che stava disputando insieme ai suoi compagni in un campetto improvvisato nell’area emergenze della cittadina, quando non esisteva ancora il centro sportivo. Dopo il diploma delle scuole superiori era subito partito alla ricerca di fortuna, in direzione della capitale del Giappone nonché del calcio nazionale, Tokyo.

Shingo si ricordò dell’ultima volta che l’aveva visto, proprio al primo campionato nazionale delle elementari dove aveva partecipato con la sua squadra: in quell’occasione Shingo aveva provato a partecipare ad una gara di palleggio che era stata indetta per le squadre che non avevano superato le fasi delle eliminatorie - tra le quali la sua - ed era riuscito a vincerla.

Dopo la consegna del premio, tra la folla era uscito proprio Yuito che subito era corso ad abbracciare il piccolo calciatore e lo aveva sollevato in alto, fino a farlo sedere sulle proprie spalle. I due erano contenti di rivedersi dopo tanto tempo: Yuito era entrato a far parte del circuito dei professionisti, trasferendosi a Tokyo con due dei suoi compagni e iniziando così la sua carriera, ma non mancava mai di seguire l’evoluzione del calcio nella sua città di origine, Nakahara. Trovandosi a quel campionato nazionale, come i suoi concittadini era felice che Shingo avesse vinto quella sfida, su una tecnica nella quale egli stesso ne aveva fatto il suo cavallo di battaglia dopo tanti anni di ostinazione.

Anche se la squadra delle elementari di Nakahara non aveva superato la fase delle eliminatorie, Yuito aveva visto in campo i suoi piccoli giocatori in azione e aveva notato in loro delle qualità eccezionali, soprattutto in Shingo, ragion per cui aveva avanzato una bella proposta al ragazzino.

«Tra qualche anno, se deciderai di diventare un professionista come me, vieni a Tokyo: ti aspetto!»

Shingo era stato molto contento di ricevere una notizia del genere: di fatto Yuito aveva invitato a casa sua proprio lui, che non aveva ancora vinto niente tranne quella piccola coppa che stringeva orgoglioso tra le mani. Proprio lui era stato invitato da un professionista suo compaesano, e che ammirava molto; per questo Shingo era molto felice di aver trovato in Yuito qualcuno a cui poteva affidarsi in caso di difficoltà.

Tuttavia, anche di fronte a lui il bambino non era riuscito a nascondere il suo cruccio. Aveva vinto una sfida, ma in quel torneo l’intera squadra non ce l’aveva fatta ad arrivare nemmeno agli ottavi di finale. Non riusciva a sforzarsi di sorridere, nemmeno di fronte al suo senpai che, però, in quell’occasione lo aveva rassicurato.

«Non devi essere così triste! Vedi, Shingo: quando avevo la tua età non esisteva una squadra di calcio a Nakahara, e nemmeno un campetto fatto come si deve! Però hai visto dove sono arrivato... è vero: ho ancora molta strada da fare, ma giocare come professionista non è roba da poco. Vedrai che un giorno anche tu vincerai qualche partita: sei molto bravo, non abbatterti solo perché avete perso alle eliminatorie!»

Da quel giorno Shingo aveva deciso di seguire il consiglio del suo senpai: si era allenato tutti i giorni nel cortile di casa sua, dopo cena, con un pallone creato degli stracci avvolti come poteva, mentre di giorno cercava sempre di coinvolgere i suoi compagni di squadra che a stento facevano fatica a seguirlo durante le attività del club scolastico. Il piccolo Aoi voleva essere come Yuito e tutti quei campioni di calcio dei quali stava ancora imparando a conoscere attraverso i libri o i documentari che prendeva in prestito dalla piccola biblioteca scolastica e che vedeva insieme ai suoi amici quando non erano impegnati con gli allenamenti.

Con il suo senpai era spesso in contatto: il ragazzo gli aveva lasciato un numero di telefono personale, al quale Shingo di tanto in tanto chiedeva consigli o solo qualche parola di conforto nei momenti di difficoltà. Yuito si era sempre dimostrato gentile e disponibile nei suoi confronti, e Shingo si stava affezionando sempre più a lui, al punto di chiedere ai suoi genitori di accompagnarlo a vedere qualche partita della squadra nella quale giocava quando si svolgevano nella prefettura di Gifu; ogni volta che riusciva ad incontrarsi con lui dopo quelle partite, il cuore del piccolo iniziava a battere più velocemente per l’euforia di trovarsi di fronte a quello che, partita dopo partita, sembrava avere tutte le carte in regola per diventare un grande campione: grande velocità e destrezza nel muoversi sul campo, un tiro sempre eccezionale. E quel ragazzo era proprio di Nakahara, la sua stessa città!

Era con Yuito che Shingo si era allenato prima della sua partenza verso Tokyo; era con lui - oltre ai suoi amici - che aveva trascorso parte del suo tempo libero in quel nuovo campetto della cittadina che da qualche anno era in piena e completa funzione.

Ora, nel giorno del suo compleanno, era stato proprio Yuito a regalargli quel pallone che stava stringendo tra le mani. Dal giorno di quel campionato nazionale non si erano più rivisti, ma in una fredda sera di settembre dell’anno precedente, quando Shingo era tornato a casa dopo gli allenamenti del club, si era improvvisamente bloccato sull’uscio non appena stava per entrare nel piccolo soggiorno per salutare la sua famiglia.

Là si erano radunati tutti: papà Susumu, mamma Yumi e sua sorella Yukiko, intenti a fissare un enorme pacco che era arrivato da Tokyo. Il pacco, accuratamente sigillato, proveniva dall’area di Futako-Tamagawa, una zona nota per l’omonima stazione, la presenza di diversi edifici residenziali e, soprattutto, per la presenza di un grande centro commerciale.

«Shingo, sai qualcosa di questo pacco?» gli aveva chiesto la mamma, indicando l’indirizzo del destinatario scritto in una grafia molto chiara e leggibile: “Per Aoi Shingo - Nakahara, Prefettura di Gifu.”

Anche Shingo si era stupito per l’arrivo di quel pacco. Da quel che sapeva, nessuno di loro stava aspettando qualcosa che provenisse dalla capitale del Giappone, benché meno lui: non aveva mai provato ad ordinare qualcosa e, anche volendo, non sapeva nemmeno in che modo farlo dato che di solito se ne occupavano i genitori o sua sorella.

La famiglia Aoi aveva così deciso di aprire quel misterioso pacco, che subito aveva rivelato la presenza di un gigantesco peluche a forma di leone antropomorfo: il leoncino, interamente di colore arancione, indossava una maglietta con su scritto “Renofa Yamaguchi FC”.

«FC... “Football club”: è il nome di una squadra di calcio!» avevano esclamato in coro Shingo e suo padre.

Il piccolo aveva preso con sé il peluche e lo aveva stretto forte a sé, con gli occhi lucidi. Non aveva capito molto di ciò che stava succedendo, ma in quel momento era felice di avere tra le braccia quel morbido peluche che di certo avrebbe avuto un posto d’onore nella cameretta che condivideva con la sorella.

Chissà se Riku avrà paura di lui quando lo vedrà... di sicuro ne sarà sorpreso!

Nel frattempo Yukiko aveva notato sul pavimento la presenza di una busta bianca da lettere, probabilmente caduta quando avevano estratto il leoncino dalla scatola. L’aveva presa e, leggendo ciò che c’era scritto, subito aveva richiamato l’attenzione di Shingo.

«Fratellino, c’è posta per te!»

Shingo aveva aperto la lettera ed era rimasto senza parole di fronte al suo contenuto: in quelle righe il suo senpai aveva spiegato l’arcano che quel pacco aveva portato con sé.

 

 

Caro Shingo,

come stai? Ho saputo che anche quest’anno la vostra squadra ha partecipato al campionato nazionale giovanile di calcio! Purtroppo non sono riuscito a venire fino a Yomiuri Land, ma so che questa volta siete arrivati agli ottavi di finale. Sono davvero fiero di voi: siete stati bravi... e capisco che in questo momento siete un po’ tristi per questo risultato, ma non dovete abbattervi perché siete migliorati un sacco rispetto alla scorsa edizione!

Come lo so anche se non vi ho visti giocare, mi chiedi? Ecco... l’anno scorso non avete superato le eliminatorie ma questa volta sì, e ciò è un buon segno per la vostra generazione! In più ho sentito che la squadra contro la quale avete giocato l'ultima partita è stata la Nankatsu della prefettura di Shizuoka: vi avrà dato parecchio filo da torcere, scommetto...

Qui le cose vanno bene, ma volevo informarti che mi sono trasferito. Questo pacco ti arriverà da Tokyo, ma devi sapere che quando lo riceverai io sarò a Yamaguchi... un po' lontanuccio! Perciò mi dispiace, Shingo: non potrò mantenere la promessa di ospitarti a casa mia, però ci vedremo ancora: è una promessa!

Sai perché mi sono trasferito così lontano? Perché ho cambiato squadra: adesso gioco nella Renofa Yamaguchi, proprio qui a Yamaguchi! Qui il clima è un po’ più caldo di Nakahara e Tokyo, sembra di essere a primavera inoltrata... però cercherò di abituarmi!

A proposito: il peluche che troverai nel pacco si chiama Reno-maru. Spero che ti piaccia, non è stato facile trovare una cosa del genere a Tokyo... ma questa volta volevo stupirti!

Caro Shingo... concludo questa lettera con un consiglio che ti ho sempre dato. Se vuoi diventare un bravo calciatore, non mollare mai. Alla tua età non ero bravo come te, e non ho avuto i tuoi stessi strumenti, ma oggi gioco in un club di calcio di alto livello e lo devo grazie ai continui allenamenti che ho fatto in questi anni. Tu hai stoffa per diventare un grande campione, forse anche più di me: sei velocissimo e riesci sempre a cogliere di sorpresa il tuo avversario con contrasti improvvisi e quasi inaspettati, e anche con i passaggi non sei niente male.

Perciò continua così: allenati con i tuoi amici e vedrai che i risultati arriveranno quando meno te l’aspetti, prima del previsto. Avrai anche molti ostacoli... ma non fermarti mai.

Cerca di diventare un campione, so che puoi farcela. Ho fiducia in te! E mi raccomando, vienimi a trovare quando tornerò a Gifu: ti aspetto allo stadio!

A presto.

Tanaka Yuito

 

 

Quella sera Shingo aveva chiamato subito il suo senpai, ringraziandolo sia per il regalo che per le belle parole che gli aveva scritto nella lettera. E mesi dopo, nel giorno del suo compleanno, sempre da lui aveva ricevuto quel dono che sembrava così piccolo e semplice, ma che in realtà era così grande.

Shingo sollevò ancora una volta il pallone in alto, e la luce del sole al tramonto che illuminava la stanza sembrò renderlo più splendente ai suoi occhi. Poi lo posò accanto al divano, e guardò l’orologio a cucù che si trovava nel soggiorno: il pendolo oscillava senza mai fermarsi, mentre le lancette segnavano le ore diciotto e quarantacinque.

«Mamma, posso fare una telefonata al senpai? Dovrebbe essere a casa, così lo ringrazio per il regalo!»

Al cenno affermativo di sua madre, Shingo corse subito verso il telefono e alzò la cornetta. Ora aveva un altro buon motivo per proseguire il suo cammino nel mondo del calcio, e non vedeva l’ora di dirlo a Yuito.

 

Grazie mille, senpai. Mi impegnerò per diventare un grande calciatore... proprio come te!

 

 


 

[Angolo di una piccola pinguina nelle vesti di scrittrice.]

E, come di consueto, siamo tornati a Shingo! Anche questo bimbetto sta crescendo... forse troppo: ha già dodici anni, LOL!

Prima di iniziare l'angolo delle note, vi presento tutti i personaggi che sono comparsi in questa parte della storia. Beh... a dire il vero li conoscete un po' tutti: Tamotsu è noto e stranoto per chi sta seguendo il manga, così come chi ha letto il World Youth conosce bene alcuni dei personaggi che sono comparsi qui. Mamoru, Ke e Takeo - insieme a Kazu (che non ho inserito perché nella prima stesura di questa parte non ero ancora arrivata alla lettura del capitolo 54 del manga) - fanno ufficialmente la loro comparsa come ex compagni di squadra di Shingo che lo supportano dagli spalti nell'ultima parte del World Youth. E che, tecnicamente, compaiono già all'inizio della storia del minuto calciatore... ma lì erano senza nomi, ragione per la quale si potrebbe pensare che Takahashi abbia scelto dei nomi a caso. In effetti nel capitolo 54 non sappiamo chi è chi, LOL!

Perciò, cosa ho fatto? Semplice: ho provato a fare un'associazione, scegliendo un volto per quei nomi e affiancando un cognome che - per ora - ci è ignoto. Dunque...

 

- Tamotsu Ide 「井出保」 è l'unico del gruppo del quale conosciamo nome, cognome, aspetto fisico, indirizzo di casa con tanto di codice di avviamento postale. Ok, su questi ultimi due punti stavo scherzando (chiedo perdono ;D) Però è vero che dal manga sappiamo (quasi) tutto di lui: un amico fraterno di Shingo, compagno di squadra nelle medie dove ha sempre svolto il ruolo che noi ben conosciamo, quello di essere un analista dei dati delle varie squadre e giocatori e che, nonostante si sia allenato più volte con Shingo, è sempre stato una riserva... anzi, dalle parole dello stesso Shingo, pare che non abbia mai disputato una partita. Sappiamo poi che, a distanza di qualche anno, si trova nel territorio di Akita (un po' lontanuccio da Gifu, dicono dalla regia XD), luogo dove incontrerà i fratelli Tachibana e con loro tornerà sul campo d'allenamento della Nazionale giovanile; da lì il suo ruolo di analista dei dati sarà sempre più crescente.

Questo è il lato canonico che emerge dal manga: alla luce di tutto ciò, ho aggiunto che Tamotsu fosse figlio di fotografi naturalisti, che di anno in anno girano il Giappone per i loro servizi e articoli, per cui gli ho dato questa caratteristica di una persona che cambia spesso città di residenza.

Piccolo fun fact: Tamotsu compare già nel capitolo 1 del manga del World Youth, con un taglio di capelli molto più corto rispetto al resto di quella parte della serie. Però guardatelo attentamente in quel capitolo: è proprio lui, con quegli occhi piccoli e la famosa cartellina in mano! Altro piccolo fun fact: il fatto che assomigli incredibilmente a Shingo con lo stesso taglio di capelli non è di mia invenzione... ma io ho rincarato la dose. Date un'occhiata al capitolo 29, per esempio: è il suo sosia, anche nelle espressioni! :3

Il suo nome e cognome, che sono composti dai kanji di "supportare", "comunità/città" e "emergere", in realtà insieme formano un gioco di parole: infatti "ii deta motsu" in giapponese vuol dire "raccogliere ottime informazioni" - e non a caso questo personaggio viene soprannominato "Data-motsu" per la sua capacità di raccogliere informazioni sugli altri giocatori/squadre e creare strategie vincenti per la squadra.

- Mamoru Kouki 「高木守」 (cioè lui) è uno dei tre amici di Shingo alle scuole, nonché suo compagno di squadra come difensore. Da piccolo indossa un paio di occhiali dalle grandi lenti; da più grandicello porterà le lenti a contatto, mentre di solito porterà un paio di occhiali dalla montatura più snella. Inizialmente interessato ad entrare nel club di judo ma, come i suoi amici, cambierà idea quando Shingo deciderà di fondare il club di calcio alle elementari.

Il suo nome significa "protettore" mentre il suo cognome "albero alto".

- Ke Hara 「原恵」(cioè lui) è il portiere della squadra del Nakahara. Del trio di amici è quello più timido ma allo stesso tempo con un forte carattere, e dall'aspetto fisico... indovinate un po' a chi assomiglia? ;D Per questo io l'ho soprannominato "Yuzo 2.0"! :3

Il suo nome significa "benedetto/fortunato" mentre il suo cognome "prato".

- Takeo Hasegawa 「長谷川剛雄」 (cioè lui) è il centrocampista della squadra del Nakahara. Adora il nuoto e se non fosse stato per Shingo sarebbe entrato nel rispettivo club. Molto sicuro di sé, è in grado di trovare i lati positivi in qualsiasi situazione, anche quella più difficile.

Il suo nome significa "uomo valoroso" mentre il suo cognome "lunga valle del fiume".

 

Nota aggiuntiva: il loro essere un trio era dovuto al fatto che ai tempi nei quali ho creato gli amici di Shingo non avevo ancora letto la parte finale del World Youth, per cui all'inizio avevo preso tre nomi tratti da uno dei videogiochi di Captain Tsubasa. Prima del cambio di nomi, infatti, Mamoru si chiamava Jin Toda, Ke Goro Kawakami e Takeo Shunta Harukawa. Mentre, riguardo l’associazione del nome Mamoru a uno di quei personaggi comparsi nel mega gruppo di supporto di Shingo, siccome nella mia storia Mamoru "Jin Toda" diventerà il capitano della Nakahara delle medie (piccolo spoiler, ops!) ho immaginato essere lui. Che dirvi: un armadio rispetto a Shingo, beato lui (ed ecco perché inconsciamente gli ho fatto ricoprire il ruolo di difensore, perché è il Shingo Takasugi della Nakahara! XD)

 

Chiusa questa lunga nota sui nomi, come sempre passiamo agli approfondimenti e alle curiosità riguardanti questo capitolo. Rispetto a quelli di Yuzo sono pochi, ma altrettanto utili:

 

- Penso che la storia della Nakahara come squadra di calcio sia nota a chi ha seguito le vicende di Shingo raccontate in tutto il World Youth, però la riassumo per chi non la conosce o vuole avere un quadro generale della situazione. Alle elementari (capitolo 1, pagine 17 e 21) la squadra di Shingo - che in quel momento frequentava la quinta - non aveva vinto una singola partita, ma Shingo riesce a vincere un trofeo proprio grazie alle sue abilità nel palleggio. (Da notare la reazione dei fratelli Tachibana, che restano sbalorditi XD). La cosa, però, sembra non rendere il piccolo calciatore molto felice...

Qui ho inventato che, grazie al duro impegno di Shingo e dei suoi amici, la Nakahara FC è riuscita ad arrivare agli ottavi di finale nell'anno successivo, ma verrà eliminata proprio dalla Nankatsu SC - sì, dai: rendiamola la vera antagonista di questa storia fin dalle origini, LOL.

Alle medie la situazione si complica, ma su questo ci torneremo successivamente; per ora vi basti sapere che la Nakahara non è mai riuscita a partecipare in un torneo nazionale, subirà una pesante sconfitta durante una partita amichevole con la Nankatsu (complice anche l'atteggiamento che molti avranno nei confronti degli avversari che ammirano), e Shingo diventerà il capitano durante il terzo anno. A tal proposito, quando ho visto l'immagine di Shingo con la fascia da capitano nel capitolo 2, mi sono commossa: possiamo essere orgogliosi di lui! :')

- La Renofa Yamaguchi FC è una squadra che milita nella seconda divisione della J.League. A dire il vero la scelta della squadra nella quale gioca il nostro Yuito è stata casuale, però ha una carinissima mascotte: Reno-maru, un leoncino! Qui e qui troverete alcune immagini.

- La città nella quale si è trasferito Yuito (Yamaguchi) ha un clima decisamente più mite rispetto a Gifu - e a Tokyo. (Qui qualche informazione in più.) Ovviamente non stiamo parlando delle spiagge di Okinawa... ma date il tempo a Yuito di abituarsi a un ambiente decisamente più caldo rispetto alla sua città natale ;)

- La zona di Futako-Tamagawa è nota per essere un'area residenziale situata a Setagaya, uno dei ventitré quartieri speciali di Tokyo. Nella zona c'è un centro commerciale, Tamagawa Takashimaya, che è stato il primo centro suburbano giapponese a essere inaugurato (1969) e ancora oggi funzionante.

 

Come sempre vi ringrazio per essere giunti fino a qui; dal prossimo capitolo la storia di Shingo si intreccerà con le vicende narrate nel manga... cosa accadrà?

Al prossimo aggiornamento!

--- Moriko

 

 

   
 
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