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Autore: DonnieTZ    15/02/2021    5 recensioni
[Destiel] [Human!AU]
Dean ha una vita semplice: un lavoro all'officina di Bobby, i venerdì sera al Roadhouse, una storia lunga un anno alle spalle e il desiderio (irrealizzabile?) di avere una famiglia tutta sua, un giorno.
Poi un certo Castiel Novak porta a riparare la sua macchina e "semplice" non è più la parola che Dean userebbe per descrivere la sua esistenza.
O forse sì?
Perché perfino la cosa più complicata, profonda e sconvolgente della vita può rivelarsi quella giusta.
***
Questa storia è fluffosa e spensierata. Insomma, è la family!fic di cui avevo bisogno, in questo periodo incerto.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Famiglia Winchester, Gabriel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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7





 
Dean scende dall’Impala e si avvia verso la veranda di Cain, alzando la polvere ocra del vialetto. Il ronzare dell’apiario può sentirsi fino a lì, anche se è solo un mormorio distante.
Dean sospira e suona il campanello.
Ha fatto una cazzata ed è pronto a rimediare. Gli sembra che la sua vita sia stata rivoltata come un calzino dall’arrivo di Cas e, anche se non è ancora pronto a soffermarsi sul significato di quella rivoluzione, di certo è pronto a supplicare perdono per la sua insensibilità.
O spiegarsi, almeno, prima che Cas decida di non aver bisogno di un amico come Dean nella sua vita.
«Dean?»
«Ehi, Cain! Disturbo?»
L’uomo si fa da parte, e Dean entra nella penombra dell’atrio, sollevato dall’aria condizionata che riporta la temperatura del suo corpo a un livello accettabile.
«Come mai da queste parti?»
Dean, come ogni volta che vede Cain, non può fare a meno di notare la luce triste dei suoi occhi e a riconoscerla come la stessa che ha vissuto nello sguardo di John per anni. Perdere qualcuno è difficile. Anche Cas ha mostrato quella stessa espressione, parlando della madre di Jack. È diverso, certo, ma non è più facile. 
«Sono qui per… un favore, diciamo.»
Cain gli fa strada verso la cucina e lo invita a sedersi con un gesto elegante della mano.
«Birra?»
«Sì, grazie.»
«La mia birra al miele?»
«Perfetto,» risponde Dean, pregustando la specialità di Cain.
Quando sono entrambi muniti di una bottiglia ghiacciata, Dean cerca di trovare le parole per spiegare di cos’ha bisogno. Sa bene che potrebbe semplicemente dire che si tratta di qualche acquisto fatto senza scopo, ma sa anche che Cain gli leggerebbe dentro le stronzate e non lo giudicherebbe in ogni caso. Tanto vale…
«Hai presente Cas? Uhm, Castiel Novak, quello che ha comprato la tua vecchia casa?»
«Sì, certo. Ci siamo parlati e gli ho regalato un po’ di miele per…»
I suoi occhi pallidi si spostano di lato, seguiti da un gesto eloquente della mano.
«Ha detto che lo aiuterai con il giardino.»
«È il minimo che posso fare. Vorrei non aver affidato tutto ad Alistair per la fretta di vendere, ma il danno è fatto.»
«Nah, non è niente di irreparabile. La casa è solida. Ha solo bisogno di un po’ d’amore.»
Dean fa un lungo sorso e poi si porta la mano libera alla nuca, per grattare i corti capelli e trovare le parole.
«Se qui per questo? I lavori del giardino?»
«No, no, ecco io…» Den sospira. «Potrei aver fatto una piccola cazzata e vorrei comprare qualcosa per Cas e suo figlio, sai, un’offerta di pace. Quei due amano il miele e le api e tutte queste cose. In più ho pensato che, non lo so, un giorno di questi potevamo metterci d’accordo per fargli vedere dove tieni le arnie, ecco.»
Cain lo osserva per qualche istante, poi si apre in un sorriso sotto la sua barba grigia.
«Ma certo, Dean. Nessun problema.»
«Oh.»
«Cosa ti aspettavi? Che mi sarei opposto a far felice un bambino e suo padre?»
«No, no, solo… non lo so, io…»
Cain sospira e abbozza un sorriso.
«Mi ricordo quand’eri più piccolo, sai? I lavoretti che facevi in giro quando tuo padre vi portava da queste parti o quando ti fermavi da Bobby per qualche mese. E poi quando siete rimasti, tu e Samuel.»
Dean lo ascolta, ma non sa bene dove voglia arrivare.
«Eri efficiente, un po’ testardo e un po’ spaccone, però facevi il tuo a testa alta. Ma c’è sempre stato qualcosa… una certa irrequietezza. Sbaglio?»
Si stringe nelle spalle, Dean, e poi sorseggia la sua birra cercando di non far emergere in superficie l’ansia che quel discorso provoca.
«Essere figlio di John Winchester non deve aver aiutato, mh?» continua Cain.
«No, direi di no.»
«Non ci conosciamo bene, Dean, ma so bene quanto sia difficile parlare con le persone della nostra vita. Non che me ne siano rimaste molte, ma lo so. E a volte meno qualcuno ci conosce, più è facile parlare.»
«Ehi, senti, nessuna offesa ma sono qui solo per comprare del miele, magari uno dei tuoi pupazzi a forma d’ape o che ne so, e levarmi dalle scatole, niente di più.»
 Cain continua a fare la sua espressione neutra che sembra l’ombra di un sorriso, ma non aggiunge altro sull’argomento.
«D’accordo. Vieni in magazzino, vediamo cosa mi è rimasto dopo l’ultima fiera,» dice soltanto.
Così Dean lo segue fuori e poi in un capanno di legno sul retro. Qualche ape ribelle svolazza in giro e a Dean scappa un sorriso all’idea di portarci Jack e vedere la sua espressione meravigliata.
«Dunque, ho miele, ovviamente, ma anche candele e sapone e cera per lucidare…»
Dean si guarda attorno e studia i solidi scaffali in legno con i prodotti imballati ed etichettati. Seleziona un po’ di tutto e si fa riempire una scatola perché teme che un sacchetto possa cedere sotto il peso dei suoi acquisti.
«Di qua invece trovi tutto il resto,» continua Cain, guidandolo in un angolo con grossi contenitori in plastica. «Non sono cose che faccio io, queste, ma ho accordi con altre piccole attività.»
Dean scava fra le confezioni decorate e trova un pupazzetto fatto a maglia a forma di ape che sembra creato apposta per Jack. E poi, in una delle scatole più piccole, trova anche qualcosa che gli fa battere il cuore un po’ più in fretta dietro lo sterno.
«Quelli li fa un’associazione. Tutto il ricavato serve a preservare le api.»
Dean si limita ad annuire, cercando di far rallentare i battiti. Tiene nel palmo un braccialetto e cerca di convincersi che sarebbe stupido comprarlo per Cas. È un intreccio elaborato di finto cuoio, che si annoda agli estremi di tre esagoni – un alveare – da cui pende una minuscola ape metallica e dorata.
Sarebbe davvero stupido.
«Lo prendo.»

 
***

 Dean sta caricando tutto in macchina con l’aiuto di Cain, quando si rende conto che il cuore non ha rallentato i battiti da quando ha comprato il braccialetto. 
Ci sono stati momenti, nella sua storia con Lisa, in cui ha pensato di comprarle un anello, mettersi in ginocchio e farla finita.
Farla finita.
Come se chiedere a qualcuno di sposarlo fosse davvero un sacrificio.
Ma mai, neanche nei suoi sogni più utopistici, ha provato la sensazione che lo sta divorando in quel momento. L’aspettativa e l’ansia e il nodo allo stomaco, ma anche l’eccitazione e l’adrenalina e un’assurda, insensata felicità.
È una pacca di Cain a riportarlo alla realtà.
«Hai tutto?»
«S-sì, credo di sì.»
«Castiel ne sarà contento.»
«Forse, sì, penso di sì. Cioè, voglio dire, lo spero, sai… non… non sono stato molto… l’ultima volta che ci siamo visti…»
Ci vorrebbe Charlie a ricordargli di respirare. O Sam a prenderlo in giro. Invece se ne sta lì con un pensiero incastrato in gola e non è certo di riuscire a tenerselo dentro ancora per molto.
«Credo che Cas mi piaccia,» vomita fuori, infatti.
E a quelle parole segue il panico.
«Cioè, intendo, è una brava persona. Insomma, sembra una brava persona, no? Sai, per berci una birra e guardare la partita e altre… cose da… uomini?»
Cain non ha cambiato espressione da quando Dean ha iniziato a farfugliare i suoi deliri, ma all’ultima frase – che suona proprio come una domanda – gli sfugge un suono a metà fra il divertito e lo spazientito.
«Dean.»
«Cosa?!»
«Castiel può piacerti. In qualsiasi modo tu intenda. Come amico o come… qualcosa in più.»
Dean non sa bene come rispondere, perché non sapeva neanche che avrebbe detto quello che ha detto. Così si limita a un cenno del capo e a salire in fretta in macchina.
Mentre guida verso casa di Gabriel – pregando che quello specifico Novak non ci sia – la realizzazione di quello che ha appena confessato gli piomba addosso.
Lo ha ammesso con qualcuno.
Cas gli piace.
Si aspetta che arrivi altro panico, che la voce di John gli riempia la testa di regole e imposizioni, invece si sente leggero. Come se ammetterlo fosse il primo passo di un lungo percorso e lui fosse pronto a iniziare. Meglio, come se non vedesse l’ora di iniziare.
«Datti una calmata,» si dice, sentendosi stupido quando la sua voce rimbalza per l’abitacolo e copre il rumore della strada che arriva da fuori.
Per quanto emozionante sia la sua realizzazione, di certo non significa che Cas sia dello stesso parere. Sicuramente, dopo l’ultima volta in cui si sono visti, Dean ha molto altro da spiegare prima di parlare di quello.
Se mai gliene parlerà, certo.
Perché un conto è sentire – in modo così intenso che non crede di aver mai provato una sensazione simile –, tutt’altro è fare qualcosa in proposito.
È così immerso nei suoi pensieri che quasi non si accorge di essere arrivato a destinazione e di aver parcheggiato.
Prende il braccialetto e lo fa scivolare nella tasca dei jeans, la carta dorata che lo contiene che scricchiola e si stropiccia perché a Dean tremano le mani. Piazza il pupazzo per Jack in alto sulla scatola e scende dall’auto, ma resta vicino alla portiera per qualche istante, a prendere fiato. Poi si carica addosso la scatola e si avvicina alla porta dei Novak.
Ovviamente, quando posa la scatola vicino ai piedi e suona, è Gabriel ad aprirgli.
Niente “Dean-o” però, niente sorriso strafottente; Gabriel ha un’espressione minacciosa che farebbe ridere, se solo non fosse meritata. Tiene perfino la porta aperta solo lo stretto necessario a guardare fuori.
«Ehi. Sono qui per parlare con Cas.»
«Beh, il tuo Caaas non è qui.»
«Gabriel? Chi è?» chiede la voce di Cas da dentro la casa.
Dean fa un’espressione scocciata tutta per Gabriel, ma la sente trasformarsi appena il migliore dei Novak compare alla vista. Porta ancora una camicia bianca e i pantaloni del completo, ma è comunque una visione, con i suoi capelli spettinati e quegli occhi blu che perseguitano Dean dalla prima volta in cui li ha visti.
«Ehi, Cas.»
«Ciao, Dean.»
C’è una nota risentita nel saluto a cui Dean si è già abituato, ma con Gabriel fra di loro è difficile lavorare per farla sparire.
«Possiamo parlare un attimo? Anche qui fuori. Non ci metto molto.»
Castiel non esita neanche un istante e si muove per raggiungerlo, ma Gabriel non sembra intenzionato a spostarsi.
«Sì, sì, meglio che stiate fuori, nel caso tu abbia un’altra crisi isterica.»
«Non ho-»
Prima di mettersi a bisticciare con Gabriel, Dean fa un profondo respiro.
«Per favore?» dice, fra i denti, raccogliendo gli ultimi residui di calma che la ragionevolezza gli permette di avere.
Gabriel borbotta qualcosa che Dean non riesce a sentire, poi assicura a Cas che guarderà Jack e alla fine sparisce dentro casa e lascia il passaggio libero.
Così Cas esce, chiude la porta e aspetta.
«Uhm, ho portato un po’ di cose che… che so che vi piacciono. Miele e robe così.»
Dean si sta passando la mano sulla nuca in un riflesso istintivo, ma quasi esulta quando Cas abbassa lo sguardo e si fa scappare un sorriso. Dura solo un secondo, però, perché quando gli occhi blu si posano di nuovo su Dean, l’espressione è già tornata seria.
«Di cosa volevi parlare?»
«Di… di…»
Cazzo.
«Senti, Cas. Sono stato uno stronzo. Mi dispiace.» 
Dean rilassa le spalle, sentendosi un po’ più leggero. Ora deve solo convincere Cas a perdonarlo.
«Posso spiegare, non è davvero come pens-»
«Dean.» Cas ha uno dei suoi sguardi intensi in viso. «Accetto le tue scuse. Pensavo mi avresti contattato appena Gabriel mi ha detto che con Sam si era risolto ogni equivoco. Dev’essersi trattato di un malinteso, l’ho capito appena ci ho pensato con lucidità.»
«Uhm… come?»
«Se avessi avuto qualcosa contro le persone lgbt+, di certo avresti reagito diversamente la sera in cui ti ho detto di essere gay.»
«Oh, quello. Beh, sì. Cioè no, non ho niente contro… nessuno, ecco.»
Cas abbozza un sorriso e poi torna a guardare fra i piedi di Dean, dov’è abbandonata la scatola piena dei prodotti di Cain.
«Quelli sono per me?»
«Per voi, a dire il vero. Tu e Jack. Anche Gabriel, se ne vuole-»
«Ne voglio!» arriva la voce dell’altro Novak da dietro la porta.
Dean e Cas rimangono in silenzio un istante, poi condividono una risata complice.
«Che ne dici se andiamo un attimo in macchina a parlare? Vorrei davvero spiegarti cos’è successo. Prima però mi piacerebbe dare questo a Jack,» dice Dean, chinandosi per recuperare il pupazzetto a forma d’ape. «Se per te va bene.»
«Certo, Dean.»
Cas riapre la porta e Gabriel finge di non aver origliato fino a quel momento. A sua discolpa, però, Jack è seduto sui gradini dove poteva essere tenuto d’occhio. Sta costruendo qualcosa con piccoli blocchi di plastica.
«Beh, sono contento che tutto si sia risolto. Che dire, Dean-o? Ti perdono e ti assolvo da ogni peccato. Vai in pace,» dichiara Gabriel, recuperando la scatola come se fosse sua, prima di sparire in cucina.
Dean scuote la testa ma si sforza di ignorare il suo teatrino, preferendo avvicinarsi a Jack in compagnia del padre.
«Ehi, campione,» lo richiama, nascondendo il pupazzo dietro la schiena. «Che fai di bello?»
«Ciao.» Jack alza lo sguardo e fissa i suoi grandi occhi in quelli di Dean. «Costruisco un ponte.»
«Beh, sembra proprio un’impresa. Pensi che al tuo ponte possa piacere un’ape?»
«Ai ponti non piace niente,» valuta Jack, corrucciandosi in un’espressione pensierosa.
«Hai ragione, hai ragione. Allora cosa dici così: pensi che a quest’ape possa piacere il tuo ponte?»
Dean tiene finalmente l’ape davanti a sé, con un sorriso trionfante in viso. Jack sta praticamente vibrando dall’emozione, tutto sporto oltre il gradino verso l’ape.
«Sì, sì, le piace! È la tua ape?»
«Veramente è la tua ape. Le ho solo dato un passaggio fino a qui.»
Jack allunga le manine e la prende con delicatezza. Il materiale con cui è creata deve aver superato un test d’approvazione tattile, perché un attimo dopo se la sta stringendo al petto.
«Lo sapevi che un’ape può percorrere venti miglia all’ora se è alla ricerca di cibo?»
«No, proprio non lo sapevo.» Dean si rimette dritto e gli sorride. «Ehi, senti, io e papà andiamo un attimo fuori a parlare. Se hai bisogno c’è zio Gabriel, d’accordo?»
Jack sembra di nuovo concentrato sul ponte e si limita ad annuire, ma tiene l’ape in grembo – con grande soddisfazione di Dean.
Quando si volta, Dean si ritrova faccia a faccia con Cas e con un sorriso abbagliante in grado di annodargli lo stomaco e confondergli i pensieri.
«Usciamo?» chiede, più per non soffermarsi ad analizzare l’espressione dell’altro e il modo in cui lo fa sentire.
«Certo.»
Coprono la distanza che li separa dalla porta e poi dalla macchina. Restano in silenzio, ma non c’è tensione. O, almeno, Dean lo spera.
Dentro l’Impala fa ancora più caldo che sotto il sole, così Dean tira giù il finestrino e si volta verso Cas, seduto sul sedile al suo fianco.
«Quindi…»
Il silenzio che segue è esemplificativo del suo tentativo di trovare le parole giuste, ma anche del modo in cui non ha mai dovuto usarle con nessuno.
«Non voglio dirti cose che, beh, riguardano Sam e basta, magari Gabriel te ne ha parlato, in ogni caso giuro che avevo dei motivi per preoccuparmi. In passato ha attraversato dei brutti momenti e ho creduto che ti stessi riferendo a cose del genere, capisci? Quindi mi sono fatto prendere dalla situazione e non mi sono fermato a pensare. Non sapevo davvero di lui e Gabriel e non ho niente contro la cosa, davvero. Non è stato giusto reagire così, lo so, lo so. Né verso di lui, né verso di te. Cioè, ti ho mollato lì quando ti ho promesso-»
«Dean.»
La mano di Cas gli si posa sulla coscia, e il calore del palmo supera la barriera dei jeans e arriva dritto alla pelle che c’è sotto. 
«Non devi parlarmi di niente, se non te la senti.»
«No, è che… in verità sei l’unica persona a cui vorrei dire queste cose. Non chiedermi perché. Voglio che tu sappia di me e di Sam e di nostro padre.»
«Vostro padre?»
Dean fa scivolare la mano dietro la nuca, a grattarsi i corti capelli sopra il collo, e poi giù, in caduta libera, fino ad approdare sul dorso di quella di Cas.
Stanno così per qualche istante, con gli occhi di Cas pieni di sorpresa, a tenersi per mano in silenzio.
O quasi, almeno.
«Non è stato facile per lui. Non voglio che tu pensi male, per quello che ti dirò. Mamma è morta che Sam era piccolissimo e per tanto tempo siamo stati solo noi due e John e…» Dean si stringe nelle spalle. «Beveva parecchio. A volte restavamo da Bobby e quelli erano i momenti migliori. Ma altre volte lo seguivamo da un lavoro all’altro, sai, ovunque, e dovevo occuparmi io di Sam. È sempre stato in grado di cavarsela, eh, ma era un bambino ed era compito mio pensare a lui. Quando la situazione è diventata ingestibile, siamo rimasti da Bobby e basta. E quando John è morto, beh, ci è crollato tutto addosso. Tutti quegli anni con un padre che non c’è mai stato e che quando c’era pretendeva obbedienza assoluta non sono serviti a niente per il senso di colpa di averlo lasciato da solo…»
«Non sembra un buon padre.»
«No, no, Cas. Non è così. O forse sì, non lo so. Ci ha provato. Tutto quello che ha fatto – i lavori, lasciarci da Bobby, impegnarsi ogni volta – l’ha fatto per il nostro bene. E anche quando era uno stronzo, pensava davvero di farlo per noi. Per renderci uomini, capisci?»
«No,» ammette Cas, senza un attimo di esitazione. «Non capisco e non credo che il compito di un genitore sia indurire i figli per proteggerli dal mondo. Credo che il compito di un genitore sia amare i propri figli e insegnargli con l’esempio, oltre che con le parole, come navigare il mondo amando se stessi e rispettando gli altri.»
Dean resta senza parole. Non può quasi crederci che Cas dubiti delle sue capacità come padre: stanno tutte lì, in quelle frasi dette con sicurezza.
Gli scappa uno sbuffo divertito.
«Cosa c’è?»
«Niente, niente, è che hai ragione. Lo so che hai ragione. A volte lo odio per quello che ci ha costretti a passare e per le conseguenze che ha avuto su Sam, credimi.» Dean muove la mano e intreccia le loro dita. «Però è l’unico genitore che ho avuto.»
«Credo che tu abbia una famiglia molto bella, Dean. Non solo Sam, ma Bobby ed Ellen e Jo. E Charlie e tutti gli altri.»
La gola di Dean minaccia di chiudersi e gli occhi pizzicano in modo imbarazzante, così Dean si aggrappa all’unico diversivo che gli viene in mente.
«Ti ho preso una cosa,» dice, pur di non mettersi a piangere o – peggio – confessare quello che ha realizzato da Cain.
Cas inclina la testa di lato in quel modo adorabile che ha di farlo, così Dean districa le loro mani e pesca dalla tasca il braccialetto.
«È… non è niente, voglio dire… una cosa piccola, così…»
Cas lo prende con reverenza, l’incarto dorato che scricchiola sotto le sue dita. Lo apre piano, i grandi occhi blu fissi sul regalo, e quando lo tiene finalmente nel palmo, il suo sorriso sembra illuminare l’intera auto.
«È molto bello, Dean,» dichiara, alzando lo sguardo. «Grazie.»
Dean può sentire il calore risalirgli fino alla punta delle orecchie, e si schiarisce la voce, alla ricerca di una parvenza di controllo su tutte le emozioni che continua a provare.
«Mi aiuti a chiuderlo?» continua Cas.
E in risposta, Dean allunga le dita e assicura il gancio del braccialetto, sfiorando la pelle sottile del polso di Cas con i polpastrelli. È un momento intimo, tutto per loro, carico di indefinito. Un momento in bilico, in cui Dean continua a tenere la mano di Cas e tutto il mondo fuori non ha più importanza.
Vorrebbe baciarlo così tanto…
«Dean?»
«Sì?»
«Puoi contare su di me per qualsiasi cosa. Sempre, Dean.»
Cas lo dice senza esitazioni, guardandolo dritto negli occhi, e Dean vorrebbe davvero baciarlo, ma vuole anche fare le cose per bene. Per una volta – la volta che forse conta più di tutte le altre messe insieme – deve essere certo di quello che vuole e di come guadagnarselo. Deve fare tutto, passo per passo: appuntamenti, corteggiamenti, cuore aperto e tutte quelle assurdità, nessuna esclusa. E se l’universo gli deve qualcosa per tutto quello che ha passato, spera davvero che Cas sia interessato a lui allo stesso modo.
«Grazie, Cas,» risponde, dando un’ultima stretta alla sua mano prima di lasciarla andare.





 
Buonasera, buonasera!
Come state? Spero bene. 
Ho appena, APPENA, finito di scrivere questo capitolo, e sono troppo emozionata per aspettare domani. Prometto di rileggerlo e correggerlo per bene appena possibile. XD 
Per ora però, eccolo qui! Spero vi piaccia. Volevo tantissimo che si baciassero, giuro, ma Dean ha fatto di testa sua ed eccoci qua. Non riesco neanche a immaginare, per ora, la faccia che Cas farà appena Dean gli chiederà di uscire a cena per un appuntamento!!!
Grazie a tutte le persone che commentano, passo subito a lasciare qualche ringraziamento prima che la serata mi fagociti, ma sappiate che sono gratissima per tutti i feedback e le cose carine. 
❤❤❤
Come sempre, QUI trovate altro su di me!
   
 
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