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Autore: Placebogirl_Black Stones    20/02/2021    3 recensioni
Dopo la sconfitta dell'Organizzazione, tutte le persone che sono state coinvolte nella battaglia dovranno finalmente fare i conti con i loro conflitti personali e con tutto ciò che hanno lasciato irrisolto fino ad ora. Questa sarà probabilmente la battaglia più difficile: un lungo viaggio dentro se stessi per liberarsi dai propri fantasmi e dalle proprie paure e riuscire così ad andare avanti con le loro vite. Ne usciranno vincitori o perderanno se stessi lungo la strada?
"There's a day when you realize that you're not just a survivor, you're a warrior. You're tougher than anything life throws your way."(Brooke Davis - One Tree Hill)
Pairing principale: Shuichi/Jodie
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Jodie Starling, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Shuichi Akai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Tomorrow (I'm with you)'
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Capitolo 28: Una scelta difficile
 
 
 
Nei giorni successivi aveva continuato a tenere d’occhio Jodie, osservando il suo comportamento e seguendola ogni volta che usciva con Clay. Il giorno dopo il loro primo appuntamento era arrivata al lavoro con il sorriso sulle labbra, segno che aveva dormito sonni tranquilli e che aveva iniziato bene la giornata, al contrario di lui che invece continuava a perdere ore di sonno e a tormentarsi. Più la vedeva felice e più si rendeva conto di quanto si stesse allontanando da lui. La sera del primo appuntamento, quando Clay l’aveva abbracciata e baciata sulla guancia, era stato un boccone amaro da mandare giù e ne sentiva ancora il sapore in bocca. Il venerdì del concerto era tornato anche lui al locale, confondendosi in mezzo alla folla, senza mai perderli d’occhio: per tutta la sera aveva dovuto assistere agli abbracci che Clay le dava, guardare come la stringeva a sé e come lei, piano piano, si lasciava andare e ricambiava, sempre col sorriso sulle labbra. Aveva dovuto pagare il biglietto per ascoltare una band a suo parere mediocre e per vedere fra le braccia di un altro la donna che si era reso conto (troppo tardi) di volere.
Il suo umore peggiorava sempre più, di pari passo con le sue occhiaie e le ore di sonno arretrate. Lo aveva notato anche Camel e soprattutto lo aveva notato la stessa Jodie, che non smetteva di chiedergli se andasse tutto bene e di preoccuparsi per lui.
Dopo la sera del concerto, Jodie era uscita con Clay altre due volte e lui ovviamente li aveva seguiti entrambe. Era stato proprio durante l’ultima uscita, avvenuta la sera prima, che aveva visto qualcosa che, egoisticamente, aveva sperato di non dover mai vedere: si erano salutati davanti al portone del palazzo di Jodie con un bacio sulle labbra. Clay l’aveva stretta a sé con un braccio, mentre con la mano dell’altro braccio le aveva accarezzato dolcemente una guancia; lei aveva posato le mani sul suo petto e si era lasciata baciare. Certo era stato lui a prendere l’iniziativa, ma lei non lo aveva respinto. Era lì che aveva capito di doversi fare da parte una volta per tutte, che il treno era passato e lui era arrivato alla stazione troppo tardi. Ora non gli restava che continuare a convivere con i suoi rimpianti, consapevole di averne appena aggiunto un altro alla collezione.
Quella mattina in ufficio era stato più silenzioso del solito e aveva mantenuto la conversazione a un semplice livello lavorativo. A pranzo aveva rifiutato l’invito di Camel ed era riuscito a sfuggire anche a Jodie, che come sempre aveva insistito nel fargli mangiare qualcosa e nell’uscire da lì. Si era rinchiuso in archivio, l’unico posto dove poteva stare da solo. Era il suo rifugio, a volte andava lì e pensava mentre l’odore della carta dei vecchi dossier gli pungeva le narici.
Stava controllando le notizie sul cellulare, nella speranza di distrarsi, quando un articolo catturò la sua attenzione. Parlava di una “pioggia di comete”, definita in gergo scientifico “sciame meteorico”, che avrebbe avuto luogo fra due giorni. In realtà era da due settimane che ne sentiva parlare, anche alla radio e in televisione, ma non vi aveva mai prestato attenzione fino a quando il giorno prima, mentre parlavano del più e del meno durante la pausa pranzo, Jodie aveva espresso il desiderio di vederla. Gli sarebbe piaciuto invitarla a guardare tutte quelle meteore brillare nel cielo solo per vederla sorridere, ma ora che tra lei e Clay le cose sembravano farsi serie non poteva intromettersi minacciando la sua felicità.
Posò il telefono e chiuse gli occhi, portandosi le mani dietro la nuca e tirando su le gambe, appoggiando i piedi sulla scrivania che si trovava all’interno dell’archivio. Cercò di rilassarsi, ma la pace interiore sembrava lontana dall’arrivare. Fu costretto a riaprire gli occhi quando sentì il cellulare vibrare sopra la scrivania: di nuovo una chiamata di Shiho, l’ennesima di una lunga serie che si protraeva dal giorno in cui Jodie le aveva detto di aver iniziato a uscire con Clay. Non aveva voglia di toccare di nuovo l’argomento, specie dopo quello che aveva visto la sera prima, ma non voleva nemmeno ignorare la telefonata della ragazza. Le voleva bene e sentiva di dover sopportare tutte le ramanzine che avrebbe voluto fargli per ripagare il debito che aveva nei suoi confronti.
 
- Quali nuovi insulti hai riservato per me oggi?- le chiese, senza nemmeno dire “pronto?”.
- Credo che non esista ancora un insulto così grande e perfetto che ti si addica. Mi ha appena chiamata Jodie, ha detto che ieri sera si è baciata col biondino! Sei soddisfatto adesso?!-
- “Il biondino”- sorrise - Vedo che non ti sta simpatico nemmeno lui- si compiacque.
- Oh no, al contrario, mi piace molto. È un tipo sveglio, ha visto Jodie e se l’è presa mentre tu perdevi tempo-
 
Non disse nulla, strano a dirsi ma non sapeva cosa dire per controbattere. Non poteva negare la realtà dei fatti. Quella ragazza era l’unica che lo poteva battere a parole, era una campionessa nel tirare frecciate velenose alla gente.
 
- Non dici nulla? Sei davvero in pace con te stesso?- gli chiese, non sentendolo replicare.
- Per niente- ammise.
- Allora se la vuoi perché non te la vai a riprendere?-
- Perché è felice e io non ho nessun diritto di rovinare la sua felicità-
- Ma cosa diavolo dici?! Lei vuole essere felice con te!- alzò il tono della voce.
- Ha baciato un altro. Jodie non è una che bacia chiunque, se lo fa è perché quella persona le piace davvero-
- Veramente mi ha detto che è stato lui a baciarla-
- Ma lei non l’ha respinto-
- Non ha nemmeno realizzato cosa stava succedendo!-
- Ascolta, lo so che vorresti che facessi qualcosa e non ti nascondo che sto pensando da giorni di farlo- si fece serio - Ma che diritto ho di intromettermi? L’ho già privata una volta della sua felicità, se lo facessi di nuovo sarei davvero ingiusto. Non se lo merita, si merita di essere serena accanto a un uomo che la faccia ridere invece che spegnerla-
 
Sentì un lungo silenzio dall’altro capo del telefono: era riuscito per la prima volta a zittirla. Forse anche lei stava finalmente metabolizzando la realtà dei fatti.
 
- Lo dici sempre anche tu che sono un idiota e che riesco solo a farla soffrire. Cos’ho da offrirle che Clay non ha? Io non posso darle sorrisi e notti brave con band famose-
- Tu hai una cosa che lui non ha e che vale molto di più dei suoi sorrisi e del suo mondo fatato fatto di band famose- disse seria.
- E sarebbe?- chiese.
- Il suo cuore. Lei lo ha dato a te e non se lo è mai ripresa indietro. Se non la vuoi allora ridaglielo e fa in modo che lo dia ad un altro. Ma se la vuoi, allora usalo come arma vincente. È la tua unica chance-
 
Rimase sorpreso da quelle parole, come se gli avesse appena fatto una rivelazione scioccante, ma in realtà a quella conclusione ci sarebbe potuto benissimo arrivare da solo, aveva tutti gli elementi per farlo: semplicemente non era riuscito a vederli perché lui stesso si era imposto di non farlo. Nascondendo i suoi sentimenti credeva di fare un favore sia a Jodie che a se stesso, ma non stava facendo nessuna delle due cose. Jodie non aveva baciato Clay per prima perché una parte di lei era ancora legata in qualche modo a lui e quella parte era proprio il suo stesso cuore. Sorrise al pensiero che non aveva avuto paura a fronteggiare un’intera organizzazione criminale, ma ora l’aveva al pensiero di dover fronteggiare i suoi sentimenti. L’essere umano è complicato, siamo sempre pronti a fare la guerra agli altri ma quando ci troviamo di fronte al nostro peggior avversario, ovvero noi stessi, battiamo in ritirata. Si era sempre ripetuto che se voleva vincere una battaglia doveva essere disposto anche a morire sul campo, eppure con Jodie non stava mettendo in pratica il suo stesso motto. Doveva fare qualcosa e doveva farlo subito.
 
- Sei ancora lì?- chiese Shiho, non sentendolo controbattere.
- Sì, stavo solo pensando-
- Pensa un po’ meno e agisci di più-
- Pensavo a come agire-
- Non c’è niente da pensare, vai da lei e le dici “Voglio che stiamo insieme”. Basterà per farla cadere ai tuoi piedi-
- Tu fai sempre tutto facile-
- Sei tu che complichi anche le cose elementari-
- Allora seguirò il tuo consiglio-
- Bene, vai e torna vincitore- lo incoraggiò ma a suo modo.
- Era un in bocca al lupo?-
- No era un “datti una mossa”!-
 
Rise di gusto, quella ragazzina era davvero un osso duro, l’esatto opposto di sua sorella maggiore. Con quel caratterino poteva sbranarsi vivo un intero esercito.
 
- Ti farò sapere come va a finire-
- Spero per te bene, altrimenti prendo il primo volo per New York e ti faccio ingoiare l’ultima pillola di APTX che è rimasta. Male che ti vada tornerai ad avere dieci anni e ti divertirai a pettinare la tua bambola come stai facendo ora-
- Mi stai minacciando?- ghignò divertito.
- No, è solo un avvertimento- finse indifferenza.
- A presto allora-
 
Quando terminò quella chiamata il suo umore era decisamente migliorato rispetto a quando aveva messo piede nell’archivio. Ora aveva una speranza che prima non riusciva a vedere e aveva a disposizione un’intera giornata per trasformarla in una realtà.
Terminata la pausa pranzo si riunì nuovamente con Jodie e Camel e continuarono a lavorare al caso che gli era stato assegnato. Si comportò come se nulla fosse, non voleva che le sue questioni personali interferissero con il lavoro; così attese che la giornata finisse e che arrivasse il momento di andare a casa. Fu allora che iniziò a mettere in atto il suo piano.
 
- Ti vedo meglio rispetto a stamattina Shu- gli fece notare Jodie mentre prendevano insieme l’ascensore per arrivare al piano terra e raggiungere le rispettive auto nel parcheggio.
- Sì, sono riuscito a dormire un po’ durante la pausa pranzo, ne avevo bisogno-
- Soffri di insonnia?-
- Qualche volta-
- Lo sai che se c’è qualcosa che non va puoi dirmelo-
- Sto bene, tranquilla. Piuttosto, ho notato che in questi giorni le notizie si stanno concentrando molto sulla pioggia di comete che ci sarà fra due giorni-
- Vero, ne parlano ovunque- annuì - Confesso che mi piacerebbe molto vederla- le si illuminarono gli occhi.
 
Ottimo, quella era esattamente la risposta che voleva sentire.
 
- Conosco un posto lontano dalle luci della città, dove si può vedere meglio il cielo stellato. Se ti va possiamo andarci, ammetto che anche io sono curioso di vedere questo fenomeno-
 
Si girò a guardarla per capire cosa pensasse di quella proposta e la trovò che lo stava fissando sorpresa, ma non sapeva se lo stesse facendo per via di ciò che le aveva appena proposto o perché era incredula riguardo al suo interesse per la cosa. Non ebbe il tempo di capirlo, poiché lo stupore sul suo volto lasciò presto spazio a un’espressione dispiaciuta, seguita da un sospiro. Qualcosa non andava.
 
- Mi piacerebbe tanto Shu ma…purtroppo ho già preso un altro impegno- abbassò lo sguardo, come se si vergognasse di quella confessione.
 
Cercò di incassare il colpo ricevuto, non poteva farsi mettere al tappeto al primo round. Se doveva morire sul campo di battaglia, doveva farlo in grande stile com’era nel suo DNA.
 
- Oh, vai già da qualche parte a vederla?- chiese, fingendo di non sapere.
- No- scosse la testa - Non vedrò la pioggia di comete, sarò al locale dove siamo andati l’altra sera insieme a Camel. Suona una band che mi piace molto e…-
- Clay ti ha procurato un pass gratis- terminò la frase, senza nemmeno preoccuparsi troppo di nascondere il suo fastidio.
- Come lo sai?- si allarmò lei, come se non volesse essere scoperta.
- Beh, non è difficile: te lo aveva proposto anche la sera in cui ce l’hai presentato, quindi immagino che ti tenga informata sulle band che suonano e ti faccia entrare gratis-
- Mi dispiace Shu, io non sapevo come dirtelo…- continuò a tenere la testa bassa, torturandosi le mani.
 
Si sentiva in colpa, come se gli stesse confessando di aver fatto qualcosa di grave quando in realtà non aveva fatto nulla se non andare avanti con la sua vita. Non l’avrebbe mai rimproverata per questo, eppure lei aveva una paura tremenda di toccare questo argomento con lui.
 
- Cosa? Che esci con Clay? Non eri tenuta a dirmelo, sei una donna indipendente e libera, puoi fare quello che vuoi. Non sono nessuno per mettere becco nei tuoi affari- si accese una sigaretta, dal momento che erano ormai usciti dall’edificio e nel parcheggio non c’era alcun divieto.
 
Si rese conto solo dopo averla detta che quella frase poteva essere un’arma a doppio taglio. Quel “puoi fare quello che vuoi” poteva essere interpretato come un “Non mi interessa con chi esci perché non mi interessi tu”. Sperò di non aver peggiorato la situazione, ma il silenzio di Jodie e l’espressione sul suo volto sembravano dirgli l’esatto contrario. Così non andava bene, doveva essere più diretto e apparire meno disinteressato.
 
- Che band andrai a vedere?- cercò di ravvivare la conversazione.
- The Perisher- rispose a bassa voce, senza guardarlo negli occhi.
- Non ti offendi se ti dico che non li ho mai sentiti nominare?-
 
Di nuovo Jodie non rispose, era come se non volesse avere alcuna conversazione con lui in quel momento e non era difficile comprenderne il motivo.
 
- È un vero peccato però, così ti perderai la pioggia di comete-
- Lo so…-
 
Niente, non c’era verso di farla parlare. Aveva evidentemente sbagliato qualcosa nel suo piano (e sapeva anche cosa) e ora doveva cambiare di nuovo le carte in tavola per vincere la partita. Forse aveva ragione Shiho, forse avrebbe dovuto semplicemente andare da lei e dirle “Senti tu, mi piaci e voglio uscire con te”, ma Jodie si meritava molto di più. Lo aveva atteso per più di sei anni, organizzare una confessione decente era il minimo che poteva fare per lei. Per ora poteva solo ritirarsi, sarebbe rientrato in scena l’indomani con la sorpresa che aveva progettato.
 
- Buona serata Jodie- la salutò, aprendo la portiera della sua Mustang rossa.
- A domani Shu- lo guardò finalmente negli occhi, mostrandogli tutta la sua tristezza e facendolo sentire uno schifo.
 
Il dubbio si insinuò come una vipera velenosa nella sua mente, mentre la osservava salire in macchina guardando nello specchietto retrovisore: poteva davvero vincere il confronto con Clay o, come pensava, l’avrebbe solo fatta soffrire per l’ennesima volta?
 
 
………………………..
 
 
Sospirò sonoramente e gettò sul letto anche quell’ennesimo vestito, che si posò insieme agli altri provati in precedenza sul mucchio che si era formato. Mancava un’ora al suo appuntamento con Clay al locale e non aveva ancora deciso cosa mettersi. Appena le sembrava di aver trovato il vestito perfetto, ecco che riusciva a vederci un difetto, poi un altro e un altro ancora. Probabilmente era il suo umore a non aiutarla nella scelta. Da quando aveva avuto quella conversazione con Shuichi il giorno prima, la tristezza che sembrava averla abbandonata era tornata a farle visita, persistente e indesiderata. Le cose con Clay stavano andando bene, gli aveva persino concesso un bacio e si sentiva serena quando stava con lui; aveva cercato di lasciarsi il passato alle spalle e di andare avanti senza quell’uomo che per anni era stato l’unico oggetto del suo desiderio, ma si rendeva conto solo in quel momento di quanto si sbagliasse. Non poteva chiudere il passato fuori dalla porta e pensare che se ne sarebbe andato semplicemente ignorandolo: avrebbe continuato a bussare per rientrare. Le era bastato parlare con Shuichi una sola, singola volta per rimettere in discussione ciò che stava costruendo con Clay. Quando l’aveva baciata la sera prima, non aveva saputo descrivere con certezza le sensazioni che aveva provato. Certo era stato molto piacevole, ma aveva avuto la sensazione che mancasse qualcosa per renderlo davvero perfetto. Invece, quando Shuichi le aveva chiesto di andare a vedere la pioggia di comete insieme, sapeva esattamente come si era sentita: il suo cuore si era riempito di gioia, ma come sempre l’aveva nascosta per non illudersi. Poi, dopo averla portata in paradiso, con una sola frase era riuscito a rigettarla all’inferno. “Sei una donna indipendente e libera, puoi fare quello che vuoi. Non sono nessuno per mettere becco nei tuoi affari”: così aveva detto, come se non gli importasse nulla del fatto che stesse uscendo con un altro uomo. Perché l’aveva invitata a guardare insieme la pioggia di comete se non aveva alcun interesse per lei? Perché ogni volta sembrava essere sul punto di fare un passo verso di lei e poi faceva marcia indietro? Questo atteggiamento la mandava in bestia tanto quanto la distruggeva. Non era giusto, non era giusto continuare a soffrire per qualcuno a cui non importava nulla di lei come donna quando dall’altra parte aveva un ragazzo meraviglioso che le stava facendo capire quanto fosse interessato a lei. Fino al giorno prima era stata così entusiasta all’idea di vedere i The Perisher dal vivo e aveva adorato Clay per quel regalo, nonostante significasse perdersi la pioggia di comete che avrebbe tanto voluto vedere; ora non sapeva nemmeno se voleva davvero uscire quella sera o se fosse stato meglio restare a casa a riempirsi di gelato nel tentativo di placare quel tormento interiore.
Alla fine, stanca anche di provarsi vestiti, ritornò all’outfit iniziale: leggins neri, scarpe nere con il tacco alto, un top rosso allacciato dietro la nuca e con un profondo scollo a V e un giubbino leggero di finta pelle. Voleva sentirsi sexy per una sera e voleva anche che Clay la guardasse, visto che qualcun altro non lo faceva. Doveva mettere la parola fine al dominio che Shuichi esercitava su di lei, doveva riprendere il controllo delle sue emozioni e doveva lasciarsi andare di più con Clay.
Mentre stendeva un velo di rossetto sulle labbra, sentì suonare il citofono. Si chiese chi fosse dal momento che non aspettava nessuno. Con Clay avevano deciso di incontrarsi direttamente al locale poiché lui doveva andare là prima per organizzare la serata. Si recò all’entrata e osservò l’inquadratura della telecamera sul monitor del citofono: sentì il cuore perdere qualche battito quando vide Shuichi che attendeva una sua risposta. Cos’era venuto a fare a casa sua? Proprio ieri gli aveva detto che sarebbe stata impegnata quella sera, ma lui sembrava essersene scordato o forse lo aveva semplicemente ignorato. Iniziò a guardarsi intorno, non sapendo cosa fare. Poteva aprire e togliersi il dubbio oppure poteva fingere di non essere in casa, così non avrebbe dovuto vederlo. Il citofono suonò un’altra volta, segno che Shuichi voleva davvero parlare con lei.
Alla fine rispose, convincendosi che era meglio così. Doveva togliersi ogni dubbio prima di andare da Clay, una volta per tutte.
 
- Sali Shu- gli disse semplicemente, aprendo la porta e riagganciando.
 
Dopo pochi minuti il campanello della sua porta suonò e lei aprì. Se lo trovò di fronte che la fissava, reggendo fra le mani un pacchetto decorato con un fiocco. Le domande che già si stavano arrovellando nella sua testa non fecero altro che aumentare: cosa ci faceva a casa sua con un regalo? Non era il suo compleanno e non c’era nulla da festeggiare.
 
- Cosa ci fai qui? Sto per uscire- tagliò corto.
- Mi fai entrare o devo parlare sulla porta?- chiese lui, forse un po’ offeso per quell’accoglienza non molto amichevole.
 
Sospirò, spostandosi e invitandolo ad entrare con un gesto della mano.
 
- Allora, cosa sei venuto a fare?- ripeté la domanda.
- Volevo darti questo- le allungò il pacchetto.
- Che cos’è?- chiese scettica, prendendo quel dono e rigirandoselo fra le mani, cercando di intuire cosa contenesse solo tastandolo.
- Aprilo-
 
Senza farselo dire due volte, scartò il pacchetto rivelandone il contenuto: un portafoto in argento di quelli doppi che si chiudevano come fossero un libro. L’argento era stato inciso con maestria dando vita a motivi floreali molto eleganti, che rendevano quell’oggetto davvero bellissimo. Ora sì che non aveva parole, ma in compenso aveva altre domande che si aggiungevano alla lista. Perché le aveva fatto un regalo del genere? Era stato un gesto totalmente disinteressato o voleva forse farsi perdonare qualcosa, come sempre?
 
- È stupendo Shu- disse, passando l’indice sulle incisioni senza riuscire a staccare gli occhi da quell’oggetto.
- Devi aprirlo però, non l’ho preso per la copertina- sorrise.
 
Girò il piccolo gancio che teneva chiuse le due metà e aprì il portafoto, rivelando le due immagini all’interno: la prima era una foto scattata anni prima, risalente al periodo in cui stavano insieme, durante uno dei loro appuntamenti in cui avevano incontrato un simpatico cagnolino mentre passeggiavano nel parco; la seconda era invece più recente e l’avevano scattata insieme a Mendel durante la festa di compleanno di Shiho. Sentiva le mani che tremavano mentre le lacrime premevano per uscire nonostante il suo sforzo di trattenerle. Maledette lacrime traditrici, rivelatrici dei sentimenti più intimi. Non seppe né cosa dire né cosa fare, riuscì solo a stringere forte quel portafoto e a fissare le due foto davanti a sé. Perché le stava facendo questo? Perché voleva vederla piangere e soffrire? Cosa aveva fatto per meritarlo?
 
- Non ti piace?- chiese lui, interrompendo i suoi silenziosi pensieri.
- Certo che mi piace- riuscì a rispondere, anche se la voce le tremava come le mani e dovette deglutire nel tentativo di sciogliere quel nodo che le si era formato nella gola.
- Non ero sicuro che avessi ancora la tua copia della prima foto, sono passati diversi anni, quindi ho pensato di rifarla nel dubbio-
- Ce l’ho- sussurrò, tenendo la testa bassa a tal punto che i capelli le ricadevano sulle guance coprendole il viso e non permettendo a Shuichi di vederla - Ho ancora tutto-
 
Ci furono alcuni secondi di silenzio, nessuno di loro disse nulla. Sentiva lo sguardo di Shuichi pesarle addosso, la fissava in attesa di una sua reazione che però non arrivava. Era come se non fosse più padrona di se stessa: il suo corpo era paralizzato e non riusciva a muoversi da quella posizione; la sua mente non riusciva a formulare pensieri che potesse trasformare in parole. L’unica cosa che ancora la rendeva consapevole di essere su questa terra era la morsa allo stomaco che quasi le impediva di respirare. Quelle foto le ricordavano solo quanto avesse amato quell’uomo e quanto ancora lo amasse, nonostante tutto. Le cicatrici del passato bruciavano e le vecchie ferite che credeva di aver addomesticato si riaprirono. Come poteva dubitare del fatto che avesse conservato le loro foto e tutti i loro ricordi? Forse lui poteva aver gettato tutto, sostituendolo con i ricordi di Akemi, ma lei non avrebbe mai potuto cancellare nulla del loro passato, nemmeno le cose materiali. Ci aveva provato, ma alla fine non ci era riuscita.
 
- Ok, ammetto che questa non è esattamente la reazione che mi aspettavo- disse lui, avanzando qualche passo verso di lei - Guarda che se non hai gradito puoi dirlo-
- Perché?!- trovò finalmente la forza di alzare lo sguardo verso di lui.
 
Aveva gli occhi pieni di lacrime che le annebbiavano la vista, ma cercò comunque di trasmettergli la rabbia e il dolore che stava provando.
 
- Perché mi fai questo Shu?- chiese nuovamente.
- Perché se stasera non verrai con me a vedere la pioggia di comete farai il più grosso errore della tua vita e la tua reazione ne è la prova- rispose in tono pacato, come se cercasse di calmare anche lei.
- Ma come puoi?- posò il portafoto sul tavolo, passandosi una mano dalla fronte fin sopra la testa, spettinandosi il corto ciuffo - Come puoi presentarti a casa mia con delle foto di noi due e dirmi che dovrei uscire con te quando sai benissimo che sto frequentando un’altra persona! Ti da così tanto fastidio vedermi felice?! È così importante per te dimostrare di essere il migliore, al punto di farmi soffrire solo per dimostrare a Clay che tu puoi avermi e lui no?!-
 
Pronunciò quelle parole una dietro l’altra, gesticolando e alzando il tono della voce. Sentiva di doversi liberare di quel peso, di avere il diritto ad una spiegazione.
 
- Credi davvero che lo stia facendo per Clay?- le chiese, fissandola con un’espressione corrucciata - Se è così allora ti sbagli di grosso, non me ne importa niente di lui-
- Allora perché?! Perché adesso?!-
- Sono consapevole di non aver scelto il momento migliore, ho tardato troppo, ma sappi che avevo intenzione di farti quel regalo e di invitarti ad uscire prima che iniziassi la tua frequentazione con Clay. Aspettavo solo il momento giusto, il momento in cui fossi stato davvero certo di poterti dare ciò che meritavi-
- E questo momento è arrivato proprio quando ho iniziato ad uscire con un altro?! Quando ho deciso di andare avanti con la mia vita e di smettere di aspettare quell’invito a uscire che non mi hai mai fatto?!- gli rinfacciò, quasi gridandoglielo in faccia.
- Non è stato programmato, ma l’idea di te al fianco di un altro mi ha fatto capire che dovevo fare qualcosa se non volevo perderti-
 
Tutte quelle parole che le stava dicendo, quelle parole che aveva atteso per anni, in quel momento le sembravano solo un modo per tenerla sotto il suo dominio. Non riusciva ad afferrarne la sincerità, vedeva solo quel lato di lui che voleva sempre avere tutto sotto controllo e che voleva essere il migliore.
 
- Ieri mi hai detto che non ero tenuta a dirti di Clay e che ero libera di fare ciò che volevo. È stato un modo molto signorile di dirmi che non te ne fregava nulla se uscivo con qualcuno perché tanto non provavi nulla più di un semplice affetto nei miei confronti- gli rinfacciò, asciugandosi le lacrime con un gesto veloce del dorso della mano - E ora ti aspetti che io creda che sei venuto qui a dirmi quanto sei geloso di Clay, quanto mi vuoi e che dovrei uscire con te e mandare al diavolo un ragazzo che nelle ultime settimane mi ha fatta sentire come si dovrebbe sentire una donna: desiderata dal proprio uomo. Ti rendi conto di quanto sia egoista da parte tua?! Sapevi fin dall’inizio come avrei reagito vedendo quelle foto, sai benissimo quello che provo per te eppure ti diverti a tormentarmi per il gusto di sentirti invincibile! Io non me lo merito…- non riuscì a terminare il discorso, si coprì la bocca con una mano e ricominciò a piangere.
- E tu non sei egoista nell’uscire con un uomo solo perché ti fa sentire desiderata, quando in realtà sei innamorata di un altro? Non sei meglio di me in questo momento-
- IO CI STO PROVANDO!- urlò fra le lacrime.
- A fare cosa?-
- Ad amare Clay-
 
Shuichi annuì, senza più proferire parola. Il loro era un dialogo che non li avrebbe portati da nessuna parte, si stavano rinfacciando a vicenda i propri errori ma nessuno dei due pensava ad abbracciare l’altro o a sorridere come avevano fatto in quelle foto. Poteva l’amore essere al tempo stesso un inferno pieno di dolore?
 
- Sono venuto qui a portarti quelle foto nella speranza che ne fossi felice e che accettassi di uscire con me. Volevo una seconda possibilità di stare con te, credevo che avrebbe reso felice entrambi. Ma forse avrei dovuto ascoltare quella voce nella mia testa che mi diceva di non farlo, perché ti avrei solo resa infelice un’altra volta-
 
Avrebbe tanto voluto rispondergli, ma le mancava la lucidità per farlo e i singhiozzi le avrebbero impedito di parlare.
Sentì il suono dei passi di Shuichi che si avvicinavano a lei, fino a quando non se lo trovò davanti. La fissava con l’espressione più dispiaciuta che gli aveva mai visto fare da quando lo conosceva e in quel momento capì di aver sbagliato a trattarlo in quel modo. Non era lì per il gusto di dimostrare il suo predominio, voleva davvero stare con lei. Era lei ad aver sbagliato stavolta.
Sentì la sua mano accarezzarle la guancia, con il pollice cercava di cancellare quelle lacrime che lui stesso aveva generato. Appoggiò la fronte contro la sua e gli sussurrò quelle ultime parole.
 
- Andrò al Forest Park, nel Queens, dove avevo programmato. Ti aspetterò lì, davanti alla tribuna coperta, per vedere insieme la pioggia di comete. Se entro la mezzanotte non ti vedrò arrivare, rinuncerò a te e ti lascerò libera di stare con Clay-
 
Quando riuscì a riaprire gli occhi, Shuichi si era di nuovo allontanato da lei. Gli mancò la sensazione della sua mano che le accarezzava la guancia e il calore del suo respiro così vicino alle sue labbra. Bastava che la sfiorasse per darle brividi in tutto il corpo.
Lo seguì con lo sguardo mentre si avvicinava alla porta e lasciava il suo appartamento così come vi era entrato. Una parte di lei avrebbe voluto inseguirlo, abbracciarlo e andare con lui al Forest Park; l’altra le diceva di andare da Clay. Il cuore e la testa si stavano sfidando in un duello senza esclusione di colpi e solo lei avrebbe potuto mettervi fine. Shuichi l’aveva lasciata libera di decidere cosa fare, perché era giusto così. Ma qual era la cosa giusta da fare?
Prese di nuovo fra le mani quella meravigliosa cornice e ripensò ad entrambe le giornate in cui erano state scattate. Erano stati entrambi giorni felici a loro modo e i sentimenti che aveva provato erano rimasti gli stessi. Era strano pensare che nell’arco temporale trascorso tra una foto e l’altra ci fossero stati di mezzo un’organizzazione criminale, omicidi, dolore, il risentimento che aveva provato per lui quando l’aveva piantata in asso e un’altra donna che li aveva tenuti separati fino a quel momento.
Si lasciò scivolare lentamente a terra, le gambe non la reggevano più. Strinse forte al petto quelle fotografie e si lasciò andare ad un pianto silenzioso ma disperato.
 
 
 
ANGOLO DELL’AUTORE
In questo capitolo ho voluto di nuovo riprendere le fotografie che ci accompagnano dal compleanno di Shiho. I piani di Shuichi sono andati in fumo e Jodie deve rimettere in discussione ciò che ha fatto finora con Clay. Cosa deciderà di fare? La soluzione nel prossimo capitolo!
Una curiosità su questo capitolo: il Forest Park nel Queens esiste realmente, andate a vedere qualche immagine perché sembra davvero bello.
Preciso inoltre che per la “pioggia di comete” mi sono ispirata a un episodio in particolare di One Tree Hill (il mio telefilm preferito), ma in generale questi sciami meteorici non sono così rari da vedere nei cieli americani.
   
 
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