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Autore: QueenVictoria    28/02/2021    12 recensioni
I Cavalieri d’Oro vengono richiamati al Santuario per una riunione straordinaria, questa volta partecipa anche Mu dell’Ariete che torna in Grecia di sua spontanea volontà per sondare la situazione. Ambientata due anni prima dell’inizio della serie classica, questa storia vedrà l’incontro tra i Cavalieri d’Oro in un momento in cui la situazione al Santuario è molto tesa; una breve missione li porterà in viaggio in Asia Centrale e li costringerà a interagire e confrontarsi tra loro.
Genere: Angst, Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aries Mu, Gold Saints, Leo Aiolia, Pisces Aphrodite, Virgo Shaka
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XI
 
 
Poco prima dell’alba, un enorme boato proveniente dalle montagne svegliò gli abitanti del villaggio. I Cavalieri uscirono dalla yurta e sgranarono gli occhi davanti allo spettacolo spaventoso che si mostrava ai loro occhi. Le nuvole violacee prodotte da Indra, persino più dense rispetto al pomeriggio precedente, si erano avvolte nuovamente attorno alle montagne più alte nascondendone le cime. Il loro profilo, illuminato continuamente da lunghissimi lampi, si stagliava nel cielo nero. Tuoni e fulmini si alternavano creando un gioco psichedelico di frastuono e luci che sembrava sgretolare la montagna stessa; pezzi di rocce rotolavano verso la pianura sottostante formando delle piccole frane.
 
Anche Erkut e Aleksandra erano usciti dalla loro tenda e parlavano animatamente con i vicini. Tutti erano molto spaventati.
 
I Cavalieri guardarono preoccupati i piccoli centri abitati sparsi sull’altopiano.
 
 “Il villaggio dove abitano i ragazzi è lì vicino, giusto?” chiese Aiolia indicando un punto a pochi chilometri dalle montagne.
 
Gli altri annuirono; quando avevano chiesto loro dove abitassero, Dimitri aveva indicato quel luogo.
 
“Se sono lì potrebbero essere in pericolo, vado a cercarli!” disse iniziando a correre in quella direzione.
 
“Aspetta, Aiolia!” gridò Shaka con tono secco e severo.
 
“Cosa c’è?” rispose il Leone dopo essersi fermato a pochi passi da loro. “Laggiù ci sono persone che hanno bisogno di noi!”
 
La Vergine rimase qualche momento in silenzio, come avesse bisogno di riflettere. “Sì, hai ragione. Noi siamo in parte responsabili del risveglio di Indra,” disse poco dopo come fosse questa l’unica ragione a convincerlo a combattere. “Andiamo!”
 
I Cavalieri in pochi minuti coprirono la distanza che li separava dalla loro destinazione.
 
 
 
Il villaggio era molto più piccolo di quello in cui abitava Aimira, era formato da una dozzina di yurte, altrettante costruzioni in mattoni di argilla e qualche piccola area recintata che raccoglieva delle pecore. Un ruscello, poco più di un rigagnolo di acqua, scorreva lentamente a poche centinaia di metri. Anche qui le persone erano molto spaventate; alcuni bambini piangevano, i pastori cercavano di calmare gli animali che scalpitavano all’interno dei recinti, molti se ne stavano semplicemente davanti all’ingresso della propria abitazione con lo sguardo rivolto verso quelle spaventose nuvole.
 
I Cavalieri si guardarono attorno cercando i ragazzini in mezzo alla confusione.
 
“Guardate là!” gridò Milo indicando tre figure lontane che correvano lungo la strada che risaliva lungo la montagna.
 
“Sì! Sono loro!” gridò Aiolia riconoscendo i tre allievi di Jaman e iniziò a correre in quella direzione subito imitato dagli altri.
 
Vedendosi inseguiti, i tre ragazzini si fermarono e attesero che i Cavalieri li raggiungessero.
 
“Non dovete salire sulla montagna! È pericoloso!” gridò Aiolia fermandosi a pochi metri da loro.
 
I tre rimasero in silenzio a guardarli senza rispondere. Evidentemente non si fidavano ancora di loro.
 
“Tornate al villaggio” disse Milo.
 
I ragazzini si scambiarono uno sguardo, come incerti sul da farsi.
 
“Stiamo andando a cercare Malika” disse Dimitri “ieri sera diceva di voler convincere Indra ad aiutarci, non pensavamo lo avrebbe fatto sul serio… ma sua madre non riesce a trovarla… pensiamo sia salita…”
 
“Tornate al villaggio!” lo interruppe Aiolia “Andiamo a prenderla noi!”
 
Senza attendere risposta i Cavalieri ripartirono correndo lungo la strada che, facendosi sempre più ripida, si arrampicava con curve sinuose lungo la parete rocciosa.
 
Improvvisamente, un fulmine partì dalle nuvole e colpì la roccia poche centinaia di metri sopra di loro facendola franare sulla strada. I ragazzi si fermarono cercando di appiattirsi contro la parete per evitare di essere colpiti. Appena quella caduta di schegge e pietre sembrò terminare, ripresero a salire correndo lungo la strada.
 
Finalmente avvistarono Malika, era rannicchiata per terra, rivolta verso di loro, con un fianco appoggiato alla parete rocciosa. Sembrava molto spaventata.
 
“Malika! Stai bene?!” chiese Aiolia inginocchiandosi accanto a lei.
 
La ragazzina annuì.
 
“Volevo chiedergli di aiutarci…” disse con voce incerta “come aveva promesso il maestro…”
 
Un altro fulmine cadde a pochi metri di distanza facendo tremare il terreno sotto i loro piedi. Malika gridò riparandosi la testa con le mani.
 
“Devi andartene” disse il Leone aiutandola ad alzarsi, “parleremo noi con Indra. Ma voi dovete tornare al villaggio, qui ci sareste solo di intralcio.”
 
Malika cercò di parlare, ma le parole le morirono in gola. Cercò inutilmente di trattenere i singhiozzi.
 
Dall’ultima curva della strada spuntarono i tre ragazzini correndo. Milo sbuffò seccato nel vedere che non avevano obbedito.
 
 “I tuoi compagni sono venuti a cercarti,” disse Aiolia indicando i tre giovani “siete tutti in pericolo. Non avete le forze per contrastare Indra, lasciate che ce ne occupiamo noi. Piuttosto, cercate di proteggere il villaggio.”
 
Malika sembrò finalmente convincersi, si asciugò le lacrime con il dorso delle mani e si alzò in piedi, mormorò un “va bene” con voce rassegnata, e corse verso i suoi compagni.
 
Mu la guardò mentre scendeva lungo la strada. La vide raggiungere i suoi compagni e fermarsi per qualche minuto a parlare con loro. Dimitri le posò le mani sulle spalle e anche gli altri due quasi la abbracciarono, dovevano essere stati molto in pena per lei. L’Ariete sorrise tra sé; erano una squadra molto affiatata.
 
I quattro ragazzini si voltarono un momento verso di loro, poi cominciarono a correre scendendo verso il villaggio.
 
I cinque giovani li guardarono allontanarsi.
 
“Bene,” disse Milo guardando il cielo con aria preoccupata “adesso cosa facciamo?”
 
Bella domanda. I cavalieri si scambiarono un’occhiata incerta. Cosa potevano fare?
“Saliamo un altro po’” propose Aiolia, “quando saremo più vicini proveremo a comunicare con lui.”
 
Dopo poche centinaia di metri la strada si allargò formando una piccola zona pianeggiante, una sorte di sella tra le cime. I Cavalieri si fermarono un momento a riprendere fiato.
 
Le nubi create da Indra avevano ormai coperto completamente il cielo. Il sole doveva essere sorto dietro quella spessa coltre, ma di esso traspariva solo una debole luce diffusa che tingeva tutto di un colore rosato e uniforme.
 
Per lunghi minuti non si udì nessun rumore, eccetto quello del vento che soffiava leggero verso l’altipiano. I Cavalieri, tesi come corde di violino, stavano immobili e all’erta pronti a reagire a un eventuale attacco. Cosa stava facendo Indra? Si era accorto di loro? Li stava osservando dall’alto?
 
“Attenti!”
 
All’improvviso, con un enorme schianto, un fulmine cadde a pochi metri da loro; una grossa porzione di roccia si staccò dalla montagna frantumandosi in diversi pezzi. I Cavalieri si coprirono gli occhi con le mani per evitare la polvere e le schegge di pietra di cui l’aria si era riempita. La frana passò vicina, rotolò verso la strada e continuò la sua discesa precipitando verso la pianura.
 
Mu si voltò guardando verso il basso. Dov’erano i ragazzini? Eccoli! Stavano ancora scendendo, correndo e scivolando sul terreno ripido. Alcuni massi stavano cadendo nella loro direzione, rotolando e rimbalzando sulla roccia.
 
Il più piccolo - come si chiamava? Rahmon? - inciampò e cadde disteso sul terreno. Abaj tornò indietro e lo aiutò a rialzarsi ma ormai la frana li aveva quasi raggiunti. Malika e Dimitri fermarono la loro corsa e tornarono indietro di alcuni passi. Poi, in piedi fianco a fianco, le mani rivolte verso l’alto, alzarono un muro di vento per proteggere i loro compagni.
 
L’Ariete li guardò stupito. Dimitri aveva evocato una corrente di aria fredda e Malika una di aria calda, i due flussi avevano creato una tempesta abbastanza forte da deviare la frana; in una frazione di secondo avevano preparato quell’attacco perfettamente coordinato. Era quella la loro forza. Presi singolarmente non erano molto potenti, ma unendo le loro capacità erano in grado di ottenere grandi risultati. Forse era per quel motivo che in combattimento attaccavano sempre tutti assieme; non si trattava di vigliaccheria, era l’unico modo che conoscevano per affrontare nemici più forti di loro. In ogni caso, era così che doveva lavorare una squadra.
 
Ad un tratto, la porzione di strada sotto i piedi dei ragazzini franò rovinosamente e questi, colti di sorpresa, non furono in grado di reagire.
 
Mu, istintivamente, alzò una mano verso di loro e con i suoi poteri telecinetici li sollevò tutti assieme per evitare finissero stritolati dalla frana, poi li depositò qualche centinaio di metri più in basso, dove la strada era ancora intatta. I ragazzini impiegarono qualche secondo per realizzare l’accaduto, guardarono per un momento in alto verso i Cavalieri e poi ripresero la loro discesa.
L’Ariete li osservava con apprensione. Ormai erano quasi arrivati alla fine della strada, una volta raggiunta la pianura sarebbero stati più al sicuro.
 
“Mmm… telecinesi?” la voce di Indra, profonda e metallica come nascesse direttamente da un tuono, risuonò sopra di loro.
 
I cavalieri sentirono gelare il sangue nelle vene, il dio li stava davvero guardando.
 
“Mmm … divertente…” continuò la voce.
 
Divertente? Cosa stava dicendo?
 
Seguì un lungo momento di silenzio; i cinque ragazzi rimanevano immobili e in attesa.
 
Un altro fulmine improvviso si schiantò a pochi metri sopra di loro sgretolando ancora la parete di roccia. I Cavalieri si spostarono e cominciarono a correre per evitare la frana che li avrebbe investiti in pieno, avanzarono di alcune decine di metri sperando di mettersi in salvo ma non fu sufficiente perché un altro fulmine era già pronto a cadere davanti a loro. Si spostarono di nuovo, tornando indietro. Altri fulmini caddero uno dopo l’altro staccando pezzi di roccia e danneggiando la piccola pianura, costringendoli a muoversi continuamente per evitare di essere colpiti.
 
La risata di Indra riecheggiava tra uno schianto e l’altro, il dio sembrava divertirsi.
 
Dopo pochi minuti l’attacco sembrò fermarsi. I Cavalieri, con molta prudenza, si guardarono attorno. Le frane causate dalla caduta di fulmini avevano aperto delle insenature nella parete di roccia e creato delle grandi crepe. Continuando così, il dio avrebbe distrutto completamente la montagna.
 
“Si sta prendendo gioco di noi?” sussurrò Milo cercando di riprendere fiato, per evitare i fulmini si erano dovuti spostare alla velocità della luce e lo sforzo cominciava a farsi sentire.
 
“Sì, sembra si diverta a farci correre su e giù…” rispose Camus.
 
“Mmm…” La voce cavernosa di Indra risuonò di nuovo sopra di loro.
 
“Siete veloci per essere umani… interessante. Mmm...”
 
I cinque ragazzi rimasero in silenzio, di nuovo in attesa.
 
“Mmm… Ho già sentito questo cosmo… ci siamo già incontrati?” chiese dopo qualche istante.
 
I Cavalieri si guardarono tra loro indecisi su cosa fare, di cosa stava parlando il dio?
 
“Chi siete!?” tuonò la voce.
 
Shaka fece un passo avanti. “Siamo Cavalieri di Athena,” disse con tono solenne.
 
“Ohh, Athena! Brava ragazza...” rispose il dio con un tono che sembrava quasi cordiale “sì, mi ricordo bene di lei, ha ancora l’abitudine di reincarnarsi in una donna umana ogni… quanti erano? … duecento anni?”
 
“S… sì...” rispose la Vergine, un po’ infastidito dal fatto di vedere qualcosa che aveva ritenuto sacro considerato come una banale abitudine.
 
“E perché siete qui, cavalieri?”
 
“Siamo venuti qui per una missione ora conclusa…” rispose. Poi, vedendo che l’altro non replicava, continuò. “Vi prego divino Indra, comprendo la vostra ira, ma facendo a pezzi la montagna arrecherete danno al vostro popolo…”
 
“Il mio popolo? Dov’è? Dove sono i guerrieri Ari pronti alla conquista?” esclamò il dio quasi gridando.
 
“In quest’epoca non ci sono guerre, il vostro popolo ora è pacifico. Allevano animali e coltivano la terra.”
 
“Solo pastori e contadini? No… Allora il mio popolo non esiste più.”
 
Le nuvole sembrarono gonfiarsi, la voce si trasformò in un ruggito che culminò in un tuono.
 
“Sono stato svegliato senza motivo, allora?” La rabbia mostrata fino a quel momento sembrava essere stata sostituita da una sorta di frustrazione.
 
Seguirono degli strani versi, come se il dio stesse sbadigliando.
 
“Beh, potrei anche tornarmene a dormire… Però prima mi voglio divertire un po’.”
 
I cinque ragazzi si irrigidirono, pronti a ricevere un’altra scarica di fulmini.
 
“Siete forti,” continuò “vale la pena combattere con voi per divertirsi un po’.”
 
Le nuvole si mossero lentamente, dal gioco di chiaroscuri sembrò emergere qualcosa; una piccola porzione di quella fitta coltre si staccò dal resto e scese verso di loro. Quando raggiunse il terreno mutò la sua forma prendendo quella di un corpo umano.
 
I Cavalieri istintivamente indietreggiarono di qualche passo davanti a quello strano essere. Aveva la forma di un uomo alto e dalla corporatura massiccia dotato di quattro braccia, ma sembrava fatto di nuvole scure all’interno delle quali brillavano ancora piccoli lampi.
 
“Non mi sono reincarnato in un corpo umano,” disse la voce metallica “ne prenderò comunque le forme per rendervi le cose più facili, e per indossare la mia armatura.”
 
Alzò un braccio, le dita della mano protese verso l’alto e richiamò un fulmine che scagliò verso i Cavalieri.
I ragazzi si spostarono velocemente di lato, evitandolo di pochissimo; l’impatto del fulmine aprì una grossa crepa nella roccia e causò un’altra frana. Si era formato così una sorta di scalino alto meno di due metri che portava a una porzione di terreno piano, come una piccola terrazza scolpita nella parete rocciosa.
 
“Siete veloci, ma non vorrete scappare per sempre, vero?” ridacchiò il dio. “Su, avanti! Combattete! Non potete vincermi, naturalmente, ma se mi colpirete abbastanza forte mi dirò soddisfatto.”
 
I ragazzi si tolsero le gerle dalle spalle, gli scrigni in esse contenuti si aprirono da soli lasciando uscire le Sacre Armature che si sistemarono sul corpo dei rispettivi padroni.
 
“Dovremo attaccarlo davvero?” chiese Camus, aveva un’aria poco convinta.
 
“Lo farò io,” disse Shaka avanzando di qualche passo “voi state indietro”.
 
Congiunse le mani all’altezza del petto, rimase qualche secondo immobile mentre strane ombre si materializzavano dietro di lui; sembravano fantasmi, spiriti, ma erano anche avvolti dall’aura misteriosa che caratterizza i demoni. Aprì le braccia rivolgendo i palmi delle mani verso il nemico; come obbedendo a un ordine i fantasmi iniziarono a volteggiare qualche metro più in altro per poi scagliarsi contro il nemico riempiendo l’aria di grida assordanti. Infine spalancò gli occhi, dalle iridi azzurre vennero liberati due raggi luminosi intrisi di una carica di energia spaventosa che accompagnò l’assalto. I Cavalieri percepirono il suo cosmo bruciare fino al limite, raccogliendo la forza dagli estremi della sua costellazione.
 
Indra non si scompose, alzò le mani e raccolse quegli spiriti e quei fasci di luce trasformandoli in una sfera luminosa che lasciò fluttuare nell’aria.
 
“Mmm… niente male…” ridacchiò.
 
Shaka cadde in ginocchio ansimando. Aveva usato tutta la sua forza, scaricato il cosmo che aveva accumulato tenendo gli occhi chiusi in anni di addestramento, mentre Indra non aveva mostrato nessuna sofferenza e aveva raccolto quell’energia con tranquillità, come non fosse niente di speciale.
 
“Non… non è possibile…” sussurrò mentre cercava di riprendersi dallo sforzo.
 
Indra scoppiò in una fragorosa risata, riprese la sfera di luce come fosse una palla e la divise in due parti “intera ti farebbe troppo male” e ne lanciò una contro Shaka. Mu alzò il Crystal Wall per proteggerlo; la sfera colpì lo scudo scaricando la sua energia, questo si inarcò ma non si ruppe, facendola rimbalzare al mittente. Il dio la schivò con un rapido gesto della mano, e lasciò che si perdesse nel cielo.
 
“State bene?” Chiese Milo avvicinandosi.
 
I due annuirono, pallidi in viso per lo sforzo.
 
“Tutto qui?” la voce del dio adesso aveva un tono canzonatorio.
 
“Provo io!” gridò Aiolia
 
“Aspetta!” disse Mu.
 
Ma il Leone stava già caricando il suo attacco; un groviglio di fulmini uscì dal suo pugno chiuso diretto verso la sagoma di Indra.
 
Con un gesto repentino, il dio alzò entrambe le mani e richiamò a sé alcune nuvole, queste si gonfiarono e assorbirono i fulmini emessi da Aiolia per poi gettarli di nuovo verso i Cavalieri, accompagnati da una tempesta di pioggia e di vento. Mu questa volta non fece in tempo ad alzare il Crystal Wall, Camus riuscì a creare una barriera di ghiaccio che attutì il colpo, spezzandosi però subito dopo. I Cavalieri caddero sul terreno pietroso e vennero scaraventati alcuni metri più indietro.
 
 
“Non possiamo farcela così, dobbiamo unire le nostre forze,” disse Mu rialzandosi. “nessuno di noi può farcela da solo.”
 
“Sì, hai ragione. Dobbiamo attaccare tutti assieme,” rispose Camus.
 
I Cavalieri, con fatica, si rialzarono in piedi, si schierarono l’uno accanto all’altro e lanciarono il loro attacco tutti assieme; ognuno usò il colpo che riteneva più adatto, Indra venne così investito da un miscuglio caotico di forze: fulmini, veleno, ghiaccio, polvere di luce e di stelle, l’energia del cosmo di cinque persone bruciato al massimo. Alzò entrambe le braccia per ripararsi ma, ancora una volta, con un semplice gesto schivò l’attacco rimandandolo indietro. I cinque ragazzi non riuscirono a evitarlo e furono colpiti in pieno, l’impatto fu dolorosissimo, i ragazzi vennero colpiti dai loro stessi attacchi la forza dei quali era stata smorzata solo in minima parte; vennero sbalzati indietro e ruzzolarono sul terreno roccioso, Mu e Shaka caddero oltre lo scalino di roccia che si era formato con la frana di poco prima, gli altri si fermarono appena accanto al bordo.
 
Ci volle qualche minuto perché i Cavalieri si riprendessero. Quando Mu riuscì a riaprire gli occhi fu colto da una piccola vertigine; il corpo tremava per i brividi di freddo e le ultime scariche elettriche, qualcosa gli rallentava i movimenti, doveva essere il veleno di Milo. Si accorse di avere la vista leggermente appannata. L’ultima cosa che aveva visto erano alcune visioni che aveva prodotto Shaka, immagini di morte e demoni, sempre che fossero davvero soltanto visioni e non demoni veri evocati da lui. In quel momento non faceva differenza, era più importante riuscire a muovere gli arti intorpiditi dal veleno dello Scorpione.
Shaka si era già messo a sedere vicino a lui, la schiena appoggiata alla parete di roccia, la testa tra le mani. Aiolia, lo sguardo stravolto, li guardava dall’alto.
 
“Tutto bene”? chiese
 
L’Ariete annuì, quel salto di meno di due metri non era niente in confronto alla botta che avevano appena preso.
 
“Mettiamoci al riparo…” suggerì Milo e assieme a Camus e Aiolia si lasciò cadere raggiungendo gli altri.
 
Un’altra risata fragorosa riecheggiò nell’aria.
 
“Dove siete scappati, Cavalieri? Vi siete già arresi? Non volevate salvare la montagna? Coraggio, vi do un’altra possibilità. Vi concederò un po’ di tempo per rimettervi in sesto. Quando il sole sarà sorto completamente, mi attaccherete di nuovo.”
 
Poi la voce tacque e Indra o meglio, la figura umana fatta di nuvole sotto la cui forma si mostrava, rimase ferma e in silenzio.
 
“Maledetto…” ringhiò Milo “aspettate che riprenda le forze e gliela la faccio vedere io.”
 
La coltre di nuvole lasciava trasparire poca luce e in maniera uniforme ma i ragazzi erano in grado di capire che il sole era sorto solo per metà e avevano ancora un po’ di tempo per riprendersi.
 
“Abbiamo sbagliato tutto,” disse Camus.
 
“Cosa?” Milo e Aiolia risposero quasi all’unisono.
 
“Abbiamo disperso le nostre forze attaccando ognuno per conto proprio,” Continuò l’Aquario.
 
“È vero,” rispose Mu “avremmo dovuto unire le nostre forze coordinandoci tra noi…”
 
“No,” lo interruppe Shaka “avrebbe dovuto attaccare solo uno di noi, raccogliendo l’aiuto degli altri. Sarà solo unendo le forze dei nostri cosmi che riusciremo ad essere alla sua altezza.”
 
“In ogni caso non ce la faremo mai da soli, siamo troppo pochi,” disse l’Ariete.
 
“Sei in grado di trasportare qui gli altri?”
 
Mu annuì.
 
“Li chiamo,” concluse Shaka.
 

 
***
 
 
Il vecchio Mitsumasa Kido chiuse il giornale e lo posò sul basso tavolino accanto a lui. Si alzò e si avvicinò alla finestra che dava sul giardino della villa, un piccolo paradiso di fiori e piante scelti con cura per la loro bellezza. Nessuno avrebbe detto che oltre la fitta barriera di alberi scorresse l’intenso traffico della città di Tokyo.
Erano appena le otto, ma come tutti gli uomini d’affari del suo calibro, aveva già letto i principali quotidiani concedendosi solo la distrazione una tazza di caffè. Il vecchio Kido però non saltava mai la colazione, anzi per lui era il pasto più importante della giornata che consumava sempre in compagnia della nipotina Saori.
 
“Buongiorno nonnino! Hai finito di leggere i giornali?” la voce squillante della bambina riecheggiò nel corridoio.
 
“La colazione è pronta, c’è la nuova torta!” continuò la piccola affacciandosi alla porta dello studio.
 
“Come sarebbe a dire la nuova torta?” replicò Kido fingendosi stupito.
 
“Ho chiesto alla cuoca di farla perché la volevo assaggiare. Tra due settimane sarà il mio compleanno, se è buona la farà anche per la mia festa.”
 
Il vecchio sorrise mentre seguiva la nipotina nella sala da pranzo.
 
“Ti sei presa per tempo,” disse.
 
“Beh, undici anni sono una data importante. Voglio fare una grande festa!” ribadì Saori.
 
“Eh, sì. Ci vorrà una bellissima festa,” rispose lui continuando a sorridere.
 
 
 
Già. Erano trascorsi quasi undici anni da quando, durante un viaggio in Grecia, aveva trovato quella bambina. L’incontro con lei aveva cambiato radicalmente la sua vita.
 
Aveva ancora un ricordo ben nitido di quel giorno. Era mattina presto, il sole non era ancora sorto, e lui camminava solitario tra delle antiche rovine non lontane da Atene. Aveva scelto di farlo a quell’ora per tanti motivi; stare tranquillo senza altri turisti, utilizzare al meglio il poco tempo libero che aveva in quel viaggio di lavoro, la curiosità di vedere le prime luci dell’alba illuminare i resti di quegli edifici. Tante motivazioni e in fondo nemmeno una, il che più di una volta gli aveva fatto pensare di essere lì solo per il volere del destino. Vagava in quel luogo immerso in una quiete solenne, la luce della luna piena prossima al tramonto scivolava lungo la pietra bianca diffondendo un riverbero che rendeva tutto quasi irreale.
 
All’improvviso il silenzio era stato spezzato da uno strano verso, dapprima gli era sembrato quasi un miagolio, poi aveva riconosciuto un vagito. Era corso in quella direzione, più sorpreso che altro.
 
Un ragazzo giaceva a terra ferito, il corpo e gli abiti sporchi di sangue, stringendo tra le braccia una neonata. Accanto a lui c’era quello strano cubo dorato.
 
“La prego…” aveva mormorato il ragazzo con un filo di voce “porti in salvo questa bambina…”
 
Dalla sua bocca erano usciti discorsi confusi; la bambina era la reincarnazione della dea Athena, qualcuno la voleva uccidere, andava nascosta assieme a quello scrigno che conteneva un’armatura sacra.
 
Kido era stato colpito dalla limpidezza di quegli occhi, sui quali si leggeva ormai l’ombra della morte. C’era qualcosa di strano in lui che non sarebbe stato in grado di spiegare, ma aveva avuto la certezza che fosse sincero e che quelle informazioni, seppur apparentemente senza senso, fossero vere.
Aveva cercato di soccorrere il giovane, ma era ormai troppo tardi, la vita lo stava già abbandonando. Poi era stato assalito dalla paura: se qualcuno stava veramente cercando la bambina con l’intenzione di ucciderla, era in pericolo anche lui! Aveva preso in fretta la sua decisione e aveva portato via la piccola e l’armatura.
 
Non era stato difficile, data la sua posizione, adottare immediatamente la bambina per poi presentarla in pubblico come sua nipote.
 
Dopo le numerose ricerche che i suoi mezzi gli avevano permesso, investendo tempo e denaro della sua fondazione, era riuscito a scoprire che un ordine di Cavalieri di Athena esisteva davvero, seppur senza riuscire a identificare la gerarchia di tutta l’organizzazione aveva scoperto alcuni luoghi di addestramento sparsi in diversi Paesi del mondo.
 
 
“Allora? Ti piace la torta?” la voce di Saori lo distolse da quei ricordi.
 
“Sì. È molto buona,” rispose rendendosi conto suo malgrado di averla mangiata sovrappensiero senza neppure sentirne il sapore.
 
“Allora posso farne fare una grande per la mia festa?”
 
“Certo, cara.”
 
“Evviva! Adesso posso andare a leggere un po’ in giardino?”
 
“Vai pure, ti raggiungo dopo.”
 
“Accompagnami, Tatsumi!”
 
Kido sorrise, mentre guardava la nipotina prendere per mano il maggiordomo e trascinarlo con lei. A vederla così, sembrava una bambina come tutte le altre, allegra, vivace, assolutamente normale.
 
Non le aveva mai raccontato la verità sulle sue origini, la piccola era convinta di essere davvero sua nipote e non era al corrente del lavoro di ricerca della fondazione. Saori sapeva che il nonno possedeva un’armatura sacra e che la fondazione aveva raccolto un centinaio di orfanelli, che erano stati inviati i posti lontani per addestrarsi a diventare cavalieri, ma non se ne era mai chiesta il motivo. Aveva dato per scontato dovessero entrare a servizio del vecchio Kido o della fondazione stessa. Non sapeva che a quei bambini erano stati imposti degli allenamenti durissimi e che non tutti avevano accettato volentieri, alcuni erano stati costretti o ricattati.
 
Quando Kido si metteva in testa una cosa, doveva assolutamente ottenerla. Voleva fare di quei ragazzi dei veri guerrieri e metterli a servizio di Saori per la sua protezione. Un giorno, era sicuro, la dea che dormiva in lei si sarebbe risvegliata e i suoi Cavalieri dovevano essere pronti a difenderla.
 
Ora, a distanza di quattro anni dalla partenza, Kido aveva perso le tracce di gran parte di quei bambini. Alcuni erano probabilmente morti durante l’addestramento, altri sembravano spariti nel nulla, forse scappati. Ma almeno una decina stava facendo grandi progressi, tanto da sperare si sarebbero guadagnati presto un’armatura di bronzo.
 
Si alzò da tavola e si accostò alla finestra. Saori correva spensierata in giardino. Era davvero la reincarnazione di Athena? Sì, lui ne era convinto. E presto avrebbe avuto a fianco i suoi Cavalieri.
 

 
***
 
 
Aphrodite posò la tazza e si portò una mano sulla tempia.
 
“Lo sentite anche voi?” chiese.
 
“Sì, è Shaka che ci sta chiamando,” rispose Shura.
 
Death Mask sbuffò.
 
“Hanno bisogno di noi, come temevamo,” disse seccato il Cavaliere dei Pesci.
 
“Andiamo!” esclamò il Capricorno. Dobbiamo correre,” ricordò “l’appuntamento è nel piazzale sottostante la Prima Casa.”
 
“E proprio oggi dovevamo venire a fare colazione alla Dodicesima…” commentò Death Mask afferrando due focaccine dal vassoio prima di seguirli.
 
I tre Cavalieri iniziarono a scendere di corsa la lunga scalinata.
 
 


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Vi lascio un'immagine dei due personaggi nuovi e vi aspetto a fondo pagina. :)
 
 
Il vecchio Mitsumasa Kido


Saori
 
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Angolo di quella che scrive:
 
 
Innanzi tutto, grazie per essere arrivati fin qui. E soprattutto per continuare a seguire questa storia nonostante la lentezza con cui ho pubblicato gli ultimi capitoli.
Alla fine anche questo capitolo è uscito con enorme ritardo, quindi è bene che non faccia più promesse… XD
 
I nostri cavalieri si trovano finalmente faccia a faccia con Indra, il dio è stato svegliato dal suo sonno millenario e non sembra di ottimo umore. Ho sempre pensato che gli dèi possano considerare gli umani solo come essere inferiori dei quali disporre a loro piacimento, vedendo questi ragazzi decide di giocarci un po’. Poveri cavalieri, anche il dio capriccioso devono trovarsi. ^_-
 
A presto!
 
   
 
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