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Autore: Kim WinterNight    02/03/2021    4 recensioni
[Scritta per il compleanno del mio OC Martin ♥]
Martin ha solo diciotto anni e non ha mai avuto un appuntamento con un ragazzo.
È timido e insicuro e non sa come uscire dal suo guscio, così decide di dare ascolto al suo migliore amico Ben e si iscrive su un sito di incontri per gay.
Durante il primo periodo le cose non sembrano andare bene ed è quasi tentato di gettare la spugna, poi il profilo di un certo Natty313 attira la sua attenzione.
- Partecipa alla challenge "Seasons Die One After Another" organizzata da Laila_Dahl sul forum di EFP.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Martin&Joe'
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So sweet and shy






Non sapevo perché l’avessi fatto, eppure mi ero iscritto.
Mentre, con lo sguardo fisso sullo schermo del computer, cliccavo sul pulsante che mi avrebbe catapultato in quel mondo sconosciuto e spaventoso, le mani mi tremavano e il cuore mi batteva a mille.
Sudavo freddo, perfino. Come sarei potuto piacere a qualcuno in quelle condizioni disastrose?
Ormai c’ero dentro e non potevo più tirarmi indietro.
Avevo appena compiuto diciotto anni e ancora non ero mai uscito con un ragazzo. Una volta avevo accettato l’invito di una mia collega di nuoto, ma le cose non avevano funzionato fin dal primo istante, così avevo lasciato perdere prima di poterla ferire.
Anche perché sapevo da anni di essere attratto dagli uomini ed era diventato palese quando avevo conosciuto Ben, il mio migliore amico e primo ragazzo per cui avevo perso letteralmente la testa.
Ben che stava in Montana, distante da me, e che stava frequentando l’accademia militare.
Ben che mi aveva suggerito di iscrivermi su un sito di incontri per gay.
«Almeno conoscerai qualche bel maschione che ti porterà fuori a cena e ti farà uscire di casa» mi aveva detto al telefono. «Ti passo io un paio di link, c’è un mio collega che ne capisce veramente di queste cose» aveva aggiunto.
E io alla fine ci ero cascato e mi ero ritrovato a chattare con sconosciuti di ogni sesso ed età.
Ero stato contattato anche da ragazze lesbiche in cerca di un amico, da transessuali e uomini gay di mezz’età.
Mi ero sentito demoralizzato e demotivato, nessuna di quelle piccole immagini fatte di pixel aveva attirato davvero la mia attenzione. E se le fotografie erano vuote e piatte, le conversazioni non erano state migliori: tutti cercavano per lo più sesso occasionale – io ero del tutto inesperto in materia – oppure qualcuno con cui costruire relazioni serie e adottare dei figli.
Non c’erano vie di mezzo là dentro.
Stavo per arrendermi all’evidenza di poter trovare solamente delle sterili amicizie, quando lo vidi per la prima volta.
Il suo nickname sulla piattaforma era Natty313 e la foto del suo account mostrava un giovane ragazzo dai capelli ramati mossi dal vento, un sorriso genuino a increspare le labbra sottili e due enormi occhi nocciola che sembravano sprigionare gioia di vivere anche attraverso quello scatto sgranato.
Entrai nel suo profilo e lessi le informazioni: diceva di essere di Los Angeles, di avere venticinque anni e di essere del segno del Leone.
«Come Ben» mi ritrovai a mormorare, indeciso sul da farsi.
Eppure non tardai troppo a prendere la mia decisione: era la prima volta che qualcuno mi attirava davvero tra quella marea di sconosciuti e non volevo perdere l’occasione di conoscerlo.
Così sospirai e cominciai a digitare un messaggio.

Martin_02H
Ciao! 😊


§ § §


Da quel primo Ciao io e Natty avevamo cominciato a chattare molto spesso.
Avevo scoperto che era un ballerino e insegnante di danza moderna in una scuola di Los Angeles, che aveva lasciato gli studi in medicina per inseguire la sua vera passione e che questo aveva portato i suoi genitori ad allontanarsi da lui; avevano accettato che fosse bisessuale senza troppi problemi, ma alla condizione che intraprendesse la stessa carriera di suo padre e di suo fratello maggiore.
E quando Natty aveva capito che non era ciò che voleva, lo avevano buttato fuori di casa e si era ritrovato a vivere da alcuni amici per un po’, finché non aveva cominciato a lavorare nella scuola di danza.
Ero rimasto affascinato dal suo vissuto, lo avevo perfino ammirato un po’: io vivevo ancora con i miei genitori e sapevo che erano in crisi – temevo che prima o poi si sarebbero separati e non sapevo come affrontare la cosa – e il mio unico sogno era quello di continuare a nuotare e a vivere tranquillo.
Non avevo fatto domanda per qualche college prestigioso e non avevo cercato di ottenere una borsa di studio da almeno quattro zeri, e a dirla tutta ai miei sembrava non importare poi tanto.
Eppure mi sentivo oppresso e demotivato perché non potevo essere me stesso – mia madre sarebbe morta se avesse scoperto che mi piacevano i ragazzi e probabilmente mio padre mi avrebbe disconosciuto – e non sapevo assolutamente cosa fare della mia vita.
Natty invece era stato determinato e, nonostante tutti gli ostacoli che si era ritrovato in mezzo al cammino, si era realizzato e adesso era felice.
Ed era carino da impazzire.
Avevo sempre avuto un debole per i ragazzi con i capelli rossi, ramati e lunghi, era qualcosa che mi mandava completamente fuori di testa.
Una volta avevo pensato di chiedere a Natty se volesse incontrarmi, ma poi ci avevo ripensato: e se non fosse stato il bel ragazzo giovane che appariva nelle foto? E se si fosse trattato di un vecchio ultrasessantenne che voleva soltanto adescarmi e stuprarmi?
Dovevo ammettere che forse stavo un po’ esagerando, complici anche tutti i programmi tv che mia madre guardava ogni giorno e che trattavano di tragedie capitate a persone ingenue e indifese proprio come me.
Ma quando fu Natty a propormi di incontrarlo, circa un mese e mezzo dopo il nostro primo contatto online, non riuscii a trattenermi e mi ritrovai a dirgli immediatamente di sì – salvo poi pentirmene dopo soli due secondi.
Poteva capitarmi qualsiasi cosa, quel tizio forse mi avrebbe ucciso e il mio cadavere sarebbe stato ritrovato in un canale in via di decomposizione dopo giorni… come potevo essere certo che andasse tutto bene?
Chiamai Ben in preda al panico e per fortuna rispose.
«Stavo per uscire con una pollastra niente male, quindi sarà meglio per te se mi hai chiamato per un motivo valido» esordì il mio amico.
«Natty mi ha chiesto di uscire, di vederci!» sibilai, mantenendo la voce bassa per non farmi sentire dai miei.
«Oh wow, amico! Ricordati i preservativi alla frutta.»
«Che testa di cazzo!»
Ben sbuffò. «Gli hai detto di sì, spero…»
«Sì. Ma non so se ho fatto bene. E se volesse molestarmi con una mazza da baseball?»
Il mio migliore amico esplose in una fragorosa risata. «Sei troppo simpatico, Martin Harris! Te l’hanno mai detto?»
«Sono serio!»
«Senti un po’… sei grande e grosso, hai un fisico da nuotatore che io non avrò mai neanche se mi facessi di steroidi. Se questo tizio vuole farti qualcosa, gonfialo di botte e torna a casa come se niente fosse. No?»
Roteai gli occhi al cielo. «Ma sei scemo? Sono contrario alla violenza, lo sai!»
«Oh, certo, dimenticavo che abbiamo Gandhi al telefono. Fratello, sei una rottura di cazzo. Esci con questo Natty e vedi come va.» Fece una pausa e lo sentì accendersi una sigaretta – ormai il suono della pietrina che scattava era diventato tristemente familiare durante le nostre telefonate. «E se hai paura, scegli tu un posto che conosci bene. Un luogo pubblico e pieno di gente, ma non troppa. Insomma, fatti furbo, ma non perdere l’occasione di conoscere una persona che potrebbe essere quella giusta.»
Avrei voluto rimproverarlo perché non aveva ancora smesso di fumare, ma le sue parole erano state così dolci e rassicuranti – nonostante il modo brusco con cui erano state pronunciate – che non me la sentii di bacchettarlo.
Sorrisi. «Sei sicuro?»
«Certo! E se cerca di fare il furbo, ricordagli che hai un amico sbirro che potrebbe ficcargli qualcosa di ben poco piacevole su per il culo!» esclamò Ben, sghignazzando.
«Ben, tu non sei ancora uno sbirro» gli feci notare.
«Ma se prova a torcerti un capello, qualcosa di poco piacevole da piantargli tra le chiappe lo troverò!» replicò con ovvietà.
Lo adoravo e non trovavo mai le parole giuste per dirglielo.


§ § §


Avevo indossato una t-shirt bianca e dei bermuda in jeans, infilato ai piedi delle sneakers nere e mi ero diretto alla stazione dei treni.
Avevo raccontato ai miei che sarei andato a Los Angeles con alcuni compagni di classe per festeggiare un qualche compleanno non meglio specificato e avevo accuratamente evitato di fornire troppi dettagli.
Faceva caldo per essere soltanto metà maggio, ma in California funzionava così e per me non era un problema. Le alte temperature significavano bagni in mare e domeniche trascorse in spiaggia con la mente libera e l’animo in pace.
Avevo scelto io il luogo in cui ci saremmo incontrati: si trattava di un locale in cui ero stato parecchie volte, situato all’interno di un piccolo parco. I tavolini erano sparsi su un’ampia porzione di prato e si poteva avere un po’ di privacy senza però risultare troppo isolati.
In ogni caso speravo che Natty fosse realmente come l’avevo conosciuto e che quella giornata in sua compagnia si rivelasse quantomeno piacevole.
Una volta sceso dal treno, dovetti camminare per una ventina di minuti prima di raggiungere la mia meta; mi sedetti a un tavolino e mi guardai attorno, anche se sapevo di essere arrivato con mezz’ora di anticipo rispetto all’ora dell’appuntamento.
Anche quello era stato un consiglio di Ben. «Gioco d’astuzia: piazzati lì e aspetta, anche se manca un po’ all’incontro. Osserva chi ti circonda e cerca di capire se qualcuno potrebbe essere Natty con un aspetto diverso. Un tizio potrebbe lanciarti occhiate insistenti, una ragazza potrebbe sfiorarti accidentalmente mentre ti passa vicino… insomma, cogli i segnali» aveva spiegato con fare perentorio – l’accademia militare sicuramente lo stava influenzando, dato che si comportava quasi come uno dei suoi superiori.
Feci scorrere gli occhi sui visi dei presenti e non notai niente di strano: qualche giovane coppia che tubava con i visi a pochi millimetri l’uno dall’altro, gruppi di amici scherzavano e chiacchieravano di fronte a drink colorati, qualcuno portava a passeggio il cane o rimproverava qualche figlio o nipote impertinente.
Niente lasciava presagire che fossi caduto in una trappola, almeno per il momento.
Una cameriera sorridente mi si accostò per chiedermi se volessi ordinare e le risposi che aspettavo qualcuno.
Non appena si allontanò, mi resi conto di ciò che avevo pronunciato: aspettavo qualcuno.
Ma non avevo la minima idea di chi mi sarei ritrovato di fronte. E se lui non si fosse presentato e avesse cambiato idea? E se si era trattato di uno scherzo di pessimo gusto?
Il mio cellulare vibrò nella tasca dei jeans e mi fece sobbalzare.
Era un SMS di Natty.

Sto arrivando


§ § §


«Hai capito cosa ti ho detto?» sibilai, lanciando continue occhiate in tutte le direzioni – intanto i clienti del bar erano leggermente aumentati, ma non riuscivo più a prestarvi attenzione tant’ero agitato.
«Cristo, certo che ho capito! Il tuo bello sta arrivando, non credi che dovresti aspettarlo e rilassarti anziché stare al telefono con me?» blaterò Ben, la voce impastata dal sonno. «Per inciso, mi hai svegliato dopo poche ore di sonno. Sai com’è, non sei l’unico a uscire con qualcuno» aggiunse.
«Scusa, ma…»
«Era una bomba, amico! Mi ha lasciato in pace solo dopo il terzo round ed erano quasi le cinque…»
«Okay, okay, possiamo evitare i dettagli?» chiesi spazientito.
«Andiamo, ora non usare quel tono da innocente che non sei credibile!» mi sbeffeggiò.
«Sì, però non ti ho chiamato per questo! Me la sto facendo sotto!»
Ben ridacchiò. «Cristo, sei proprio un ragazzino. Senti, gli farai perdere la testa. Rilassati. Hai seguito i miei consigli? Notato qualcosa di sospetto?»
«No» ammisi.
Poi lo sguardo mi cadde su una figura che subito riconobbi e il cuore fece una spericolata capriola nel mio petto.
«Oh, mi stai ascoltando?» strillò Ben.
Sobbalzai e scostai il telefono dall’orecchio. «Che hai da gridare?!» sbraitai. «Ti chiamo dopo!» esclamai, buttando giù senza nemmeno salutarlo.
Forse ero stato un po’ brusco, ma Ben era il mio migliore amico e non se la sarebbe presa con me – o almeno lo speravo.
Natty era arrivato ed era proprio come nelle foto che avevo visto.
No, più si avvicinava e il suo sorriso si allargava, più sembrava dannatamente bello, troppo per essere reale.
Mi misi goffamente in piedi e rimasi fermo senza sapere cosa fare, mentre lui camminava a passo sicuro e faceva lo slalom tra i tavolini gremiti di avventori.
Quando mi fu di fronte, mi resi conto che eravamo più o meno alti uguali e che il corpo di Natty, magro e slanciato, era fasciato in abiti scuri che risaltavano con la sua pelle diafana.
Senza smettere di sorridermi, mi guardò negli occhi e un enorme calore mi avvolse, facendo sciogliere il mio cuore e inarcare le mie labbra all’insù.
«Martin, oddio, sei proprio tu?» esordì, investendomi con un timbro di voce profondo e caldo che non avrei mai associato al suo aspetto delicato.
«Sì» fu tutto ciò che riuscii a pronunciare.
Poi, quasi all’unisono, ci avvicinammo l’uno all’altro e ci stringemmo in un abbraccio fortissimo.
Avere quel ragazzo tra le braccia era elettrizzante, anche perché era la prima volta che un altro uomo – fatta eccezione per Ben – si faceva stringere così da me.
Non avevo mai provato niente di simile prima d’allora e, nonostante sentissi le guance in fiamme e avvertissi gli sguardi pungenti dei presenti su di noi, stavo dannatamente bene.
Natty sembrava non volermi più lasciar andare, mi accarezzava la schiena e continuava a ripetere il mio nome con una dolcezza che mai nessuno aveva utilizzato con me.
Poi ci separammo e tornammo a guardarci negli occhi, sorridendo come due ragazzini quali eravamo.
«Ci sediamo?» propose Natty, lasciando scivolare la mano affusolata sulla spalliera della sedia in plastica rossa.
Annuii e mi sistemai nuovamente al mio posto, continuando a fissarlo senza riuscire a proferire parola. Ero senza fiato, non sapevo come comportarmi e improvvisamente mi resi conto che quella era la prima vera volta che uscivo con qualcuno sul serio.
Natty sorrise e allungò le braccia sul tavolino, prendendo una delle mie mani tra le sue e cercando sempre di mantenere il contatto visivo con me.
Era tenero il modo che aveva di osservarmi con quegli occhioni nocciola colmi di dolcezza, erano rassicuranti le lievi carezze che lasciava sul dorso della mia mano con l’intento di calmarmi un po’.
«Sei così timido…» commentò Natty.
«Mi dispiace, è la prima volta che esco con qualcuno» ammisi imbarazzato.
«Lo so, me l’hai detto.» E sorrise ancora, illuminando il suo bel viso delicato e le sue iridi stupende.
Ero veramente stato fortunato: Natty non era uno stupratore di mezz’età con strane manie feticiste.
Certo, non potevo esserne del tutto sicuro, però mi dava l’impressione di essere uno a posto.
Mi guardai attorno in cerca della cameriera, ma subito scossi il capo. «Prendiamo qualcosa?» proposi.
«Se ti va.»
«Non tanto» ammisi. «Scusa, sembra da idioti, ma…»
«Ehi.» Mi strinse la mano e cercò nuovamente il mio sguardo. «Tranquillo. Sai che c’è? Non va neanche a me» replicò.
Chinai il capo. «Okay.»
«Cosa vuoi fare?»
«Beh… potremmo fare due passi.»
Natty annuì e lasciò andare la mia mano per mettersi in piedi. Feci lo stesso e accostai la sedia al tavolino, assicurandomi che tutto fosse in ordine – se mia madre fosse stata presente, sarebbe stata orgogliosa di me.
«Fammi strada, non conosco bene questo parco» mi incoraggiò lui.
Annuii e, facendo lo slalom tra i tavolini, lo condussi verso una zona in cui potevamo passeggiare tranquillamente.
Prendemmo un grazioso vialetto ricoperto di ghiaia e costeggiato da un basso muretto in pietra, lanciandoci ogni tanto delle occhiate.
Poi Natty intrecciò le sue dita alle mie e io ricambiai la stretta senza pensarci due volte; non avevamo mai parlato come se avessimo una relazione, ma era stato chiaro fin da subito a entrambi che ci piacevamo.
Del resto su un sito d’incontri ci si iscriveva per un unico motivo.
Nei pressi di un piccolo laghetto, arrestai il passo e rimasi con lo sguardo perso nella distesa d’acqua che si muoveva appena, placida e tranquilla.
«Cavoli, non abbiamo praticamente parlato» commentò Natty. Poi si voltò a guardarmi e mi rivolse uno dei suoi enormi sorrisi. «Beh, ti ho detto che mi chiamo Nate, no? In realtà sarebbe Nathaniel, ma potrei ucciderti se tu mi chiamassi così.» Ridacchiò.
Ricambiai con il cuore un poco più leggero. «Hai un secondo nome?»
«Sì. Ed è ancora peggio. Te lo dico, ma che rimanga tra noi» scherzò, strizzandomi l’occhio.
Annuii.
«Lester. Nathaniel Lester Hamilton, per servirti!» esclamò, scuotendo appena il capo e facendo ondeggiare le ciocche ramate che gli circondavano il viso.
«Posso chiamarti Les?» mormorai.
«Niente affatto. Natty va benissimo. Tu invece sei Martin e basta?» mi interrogò.
«Martin Harris. Ma la cosa più buffa riguarda mio padre: lui si chiama Harry.»
Natty scoppiò a ridere – un suono profondo e capace di sfiorare le corde più nascoste del mio cuore. «Dio, Harry Harris, sul serio?»
«Giuro!»
«Terribile. Pover’uomo, la sua dev’essere una vita difficile!»
«Sopravvive» replicai, facendo spallucce.
Natty fece oscillare le nostre mani ancora unite e riprese a camminare. «Mi dispiace, davvero!» Ridacchiò e si arrestò nuovamente, chinandosi a cogliere una piccola margherita da un cespuglio.
Lo scrutai confuso, il cuore in subbuglio e una crescente ammirazione nei suoi confronti. «Che combini?»
«Un bel fiore per un bel ragazzo» sussurrò, porgendomelo con gli occhi che brillavano.
«Sei carino» bofonchiai, sentendomi avvampare per l’ennesima volta.
«Anche tu» replicò.
Ci fissammo per qualche istante.
Poi mi sporsi per afferrare la margherita e me la rigirai tra le dita, chinando il capo per esaminarla.
Fu allora che Natty mi baciò.
Fece un passo avanti e le sue labbra incontrarono le mie per un breve attimo.
Si tirò indietro e mi osservò attentamente, un sorriso incerto dipinto in volto. «Ho sbagliato?»
«N-no…» balbettai.
«Martin?»
Sollevai appena il capo e lo guardai con timore.
«Hai mai baciato qualcuno?»
Scossi la testa e le mie guance andarono a fuoco. Che stupido! Come avevo potuto iscrivermi su un sito d’incontri se non avevo la minima esperienza in campo sentimentale?
«Sei ancora più bello quando arrossisci così.» Natty lasciò andare la mia mano e mi scostò una ciocca di capelli dalla fronte. «Vuoi o no distruggere quella margherita e scoprire se ti amo?» scherzò.
Annuii e, tenendo il fiore con la sinistra, strappai il primo petalo con la destra. «M’ama…» Passai al secondo. «Non m’ama.»
Natty rise e mi tenne d’occhio. «Coraggio, sono curioso!»
Andai avanti e, tra una risata e l’altra, strappai l’ultimo brandello di corolla e pronunciai: «Non m’ama».
Ci scambiammo un’occhiata e prendemmo a sghignazzare.
«Non è destino tra noi» commentai in tono vagamente dispiaciuto.
Natty mi passò un braccio dietro la schiena e mi attirò a sé, abbracciandomi forte.
I nostri visi erano poco distanti e il mio cuore batteva forte, non osavo muovermi perché non sapevo assolutamente come comportarmi.
Lui carezzò nuovamente le mie labbra con le sue. «Non importa cosa dice la margherita. Io adesso sto bene.» Sorrise dolcemente. «Tu?»
«Sì» esalai. «Anch’io.»


§ § §


Seduti su una panchina, mano nella mano, io e Natty ci guardavamo negli occhi e chiacchieravamo.
Attorno a noi sfilavano un sacco di persone, ma io avevo l’impressione di trovarmi su un altro pianeta.
Parlare con quel ragazzo era piacevole e pian piano mi stavo sciogliendo, perché in fondo mi pareva di conoscerlo da tempo, complice anche il fatto che avessimo chattato parecchio nelle settimane precedenti.
«Mia madre pensa che il parere dei nostri vicini sia importante più di quello di mio padre o del mio. Beh, a dirla tutta il mio non conta niente» raccontai.
«Caspita, ma che mentalità ha? Cioè, non è che i miei genitori siano migliori, te l’ho detto, no? Però… cioè, tua madre sarebbe pronta a ripudiarti se sapesse che adesso sei qui mano nella mano con me?»
Scrollai le spalle. «Darebbe di matto.»
«E tuo padre? Il povero Harry Harris cosa direbbe?» domandò.
«Non ne ho idea. Mio padre è un uomo riservato, non è facile decifrarlo. A dirla tutta, molte volte si fa gli affari suoi e lascia parlare mia madre perché è inutile discutere con lei…» Sospirai. «Presto si separeranno, anche se lei preferirebbe bruciare viva piuttosto che far sapere in giro che la sua famiglia perfetta era solo un’illusione.»
«E tu vai a vivere con Harry, vero?»
Sospirai. «Non lo so. Ci sono tante cose che non so della mia vita.»
«Ehi» mormorò Natty, lasciando andare la mia mano per accarezzarmi il braccio. «Non preoccuparti, troverai anche tu la tua strada.»
«Tu dove hai trovato la forza per andare avanti?»
«Non avevo alternative. I miei mi hanno sfrattato quando ho mollato Medicina. Dio, è stato uno schifo per settimane: dormivo a casa di alcuni colleghi dell’università o da compagni di danza. Non avevo un soldo e non sapevo da dove ripartire. Poi mi hanno chiesto di insegnare ai bambini dell’istituto, sai, i piccoli ballerini alle prime armi. Avevo paura di non essere all’altezza, ma avevo bisogno di soldi e ci ho provato.» Sorrise. «È passato più di un anno e sono ancora qui. Le cose stanno andando meglio e presto potrò andare a vivere per conto mio.»
«Dove stai abitando?»
«Da mio cugino Adam. Si è trasferito in città per studiare e i suoi gli hanno affittato un appartamento. E indovina?»
Lo fissai confuso.
«Studia Medicina.»
Scoppiammo a ridere.
«Spero che almeno a lui piaccia» commentai.
«Ha sempre voluto fare il neurochirurgo.»
Ci scambiammo un’occhiata complice.
Mi sentivo decisamente più rilassato ed ero contento del tempo che stavamo trascorrendo insieme, ma c’era ancora qualcosa che avrei voluto sperimentare – la verità era che non ne avevo il coraggio.
«Che succede?» chiese dopo un po’.
«Niente, è solo che…»
Natty si mise a cavalcioni sulla panchina – era una semplice lastra di cemento senza schienale – e mi osservò. «Martin, senti…»
Non osai voltarmi e tenni lo sguardo basso, fisso sulle mie mani abbandonate in grembo.
Percepii le sue dita accarezzarmi il braccio. «Vuoi provarci?»
Mi voltai di scatto e lo fissai confuso. «Provarci?»
«A baciare qualcuno.» Un ampio sorriso illuminò ancora il suo bel viso. «A baciare me» aggiunse.
«L’abbiamo già fatto…» farfugliai.
«Quelli non erano veri e propri baci.» Natty mi prese gentilmente per un polso e mi trasse piano a sé.
Mi sporsi in avanti e lasciai che lui posasse una mano sul mio ginocchio, mentre le nostre labbra si incontravano ancora una volta.
Mi fu subito chiaro che quel contatto sarebbe stato diverso dai precedenti: la pressione della sua bocca era più decisa, durò più a lungo e anche la sua mano che correva tra i miei capelli per tenermi più vicino era qualcosa di inedito.
Poi la lingua di Natty si insinuò gentilmente tra le mie labbra e io le schiusi senza remore, permettendogli di guidarmi in quella nuova ed elettrizzante esperienza.
Il bacio durò alcuni istanti, poi Natty si tirò lentamente indietro e cercò il mio sguardo. «Tutto bene?»
Solo in quell’istante ripresi ad ascoltare il mio corpo: respiravo a fatica, il cuore mi batteva all’impazzata e i muscoli fremevano appena.
Tuttavia, decisi di non replicare: regalai un sorriso a Natty e mi sistemai a mia volta a cavalcioni di fronte a lui; presi lentamente il suo viso tra le mani e carezzai piano le guance, sentendole leggermente ispide sotto i polpastrelli. Tracciai il profilo del labbro inferiore con il pollice e arrossii – forse stavo sbagliando tutto e non era quello il modo di toccare un ragazzo.
Lui mi lasciò fare e appoggiò le mani sui miei fianchi, sfiorandoli con piccole carezze che mi facevano rabbrividire nonostante le temperature fossero elevate.
I nostri occhi erano gli uni negli altri, era bello poterlo osservare da vicino e provare a leggere nelle sue iridi enormi e calde – così dolci.
Fui io a baciarlo.
Appoggiai con cautela le labbra sulle sue e feci ciò che lui aveva fatto poco prima: esercitai una leggera pressione, poi guidai la mia timida lingua nella sua bocca.
Fu meraviglioso.
In un attimo ci ritrovammo coinvolti in un contatto lento e caldo, abbracciati con tenerezza; le dita di uno correvano tra i capelli dell’altro, i polpastrelli seguivano la curva della schiena e i muscoli delle braccia.
In quel momento mi resi conto che mai e poi mai avrei permesso a qualcuno di farmi provare vergogna per la persona che ero.
Forse intorno a noi c’era qualcuno che poteva provare disgusto per le nostre effusioni, ma io non volevo lasciarmi influenzare.
Così mi lasciai completamente andare al bacio e trassi Natty più vicino, accarezzandogli con più intensità i capelli e la schiena.
Poco dopo fummo costretti a separarci per riprendere fiato.
«Wow» mormorò lui con voce roca.
«Questo era un vero bacio?» chiesi con un pizzico di timore.
Natty sghignazzò e mi abbracciò, appoggiando il capo sulla mia spalla. «Ci sai fare, novellino» mi prese in giro con dolcezza.
Ripensai alla margherita che avevo distrutto quasi un’ora prima e sorrisi: non mi importava dell’esito di quello stupido gioco né di cosa sarebbe successo in futuro, in quel momento stavo bene e volevo godermi ogni singolo istante senza preoccuparmi.


§ § §


«Partiamo per un tour estivo.»
Mi scostai da Natty per guardarlo meglio. «Come?»
«Io e i miei colleghi alla scuola di danza. Andremo a esibirci in lungo e in largo per gli Stati Uniti, almeno guadagneremo abbastanza per sopravvivere in questi mesi.»
Mi ritrovai a sorridere. «Che bello! Dove andrete?»
Lui si grattò il mento con fare pensoso. «Mmh, vediamo… San Francisco, Atlanta, Miami…»
«Wow, anche in Florida?»
Lui annuì. «Verresti con me?»
Risi. «Sarebbe fantastico, ma prima devo finire il liceo e quest’estate comincio il corso da bagnino.»
I suoi occhi si illuminarono di gioia. «Allora non è vero che non sai cosa fare della tua vita!» Si sporse per regalarmi l’ennesimo abbraccio. «Sono felice per te.»
«Anche io lo sono per te.»
Natty strinse le mie mani tra le sue, appoggiandole sulle proprie cosce – eravamo ancora a cavalcioni sulla panchina in pietra. «Quando torno, usciamo di nuovo insieme?»
«Certo.»
«Mi aspetterai?» domandò in tono speranzoso.
«Sì, e tu?»
«Ti penserò per tutto il tempo» affermò Natty, facendo nuovamente incontrare le nostre labbra per dar vita all’ennesimo dolce bacio.
E in quel momento, a quelle piccole e stupide promesse, ci credetti davvero.


§ § §


«È stato bello?» chiede Joe, il capo abbandonato sul mio petto nudo.
Lo tengo stretto a me e gli accarezzo delicatamente i capelli ricci e scompigliati, godendomi il suo calore.
«Baciare Natty? Bellissimo» ammetto con un velo di ironia.
Ma Joe non è tipo da cedere alle provocazioni, riesce a leggere nella mia voce ogni vena d’emozione.
«Allora baciare me dev’essere da sballo!» esclama, mordicchiandomi sulla clavicola per dispetto.
Rabbrividisco. «Ehi, vacci piano.»
«E com’è finita?» domanda curioso.
«Abbiamo ripreso a chattare per un po’, ma tra i suoi e i miei impegni pian piano ci siamo allontanati.»
Joe sospira e il suo fiato caldo si infrange sulla mia pelle, facendola increspare in un nuovo brivido. «E scommetto che non vi siete rivisti.»
«Indovinato. Però rimane pur sempre un bel ricordo.» Scendo con la mano sotto il suo mento e gli sollevo piano il capo per poterlo guardare. «Se con lui avesse funzionato, non avrei conosciuto te» mormoro.
«Già, che grande perdita!» si schernisce. «E comunque quella stronzata della margherita in fondo aveva ragione.»
Sorrido. «E io che non ci credevo!»
Joe torna a rannicchiarsi contro il mio petto e mi abbraccia forte, riempiendo la mia pelle di soffici baci. «Troppo tardi, Natty: Martin è tutto mio» afferma con fare altezzoso. «Anche questi sono miei» prosegue, chiudendo piano tra le labbra i miei capezzoli.
«Ehi…» sussurro, portando una mano tra i suoi capelli.
Le dita di Joe corrono lungo i miei fianchi e li solleticano. «E questi.»
«Joe…»
Poi risale piano lungo le braccia e ne segue il profilo per raggiungere il viso. Si solleva e, dopo aver posato i polpastrelli sulle mie labbra, li sostituisce con le proprie e mi cattura in un bacio pieno di emozioni, brividi, amore e desiderio.
«Tutto mio» sussurra poi, scostandosi appena.
Lo guardo in viso e mi sorprendo di quanto sia bello anche se i suoi occhi non possono mettermi a fuoco e guizzano senza meta; i lineamenti delicati, le sopracciglia perfette, i ricci castano chiaro che scendono morbidi sulle sue spalle nude…
Sono così felice e lo amo da impazzire.
Non so come dirglielo, così mi limito a dimostrarglielo con baci e carezze, con abbracci e piccoli gesti che spero gli facciano capire che i momenti migliori della mia vita li ho vissuti con lui e continuerà a essere così.
E stavolta le promesse non le pronuncerò a voce alta, le farò a me stesso e non saranno stupide o vane.
Perché adesso il mio cuore sa dove vuole stare e a chi vuole appartenere, non c’è neanche un dubbio a offuscare la mia mente.
E quando Joe, mentre mi regala l’ennesimo intenso bacio, mi pone quella domanda, non esito a rispondere perché è tutto fin troppo chiaro.
«Sei mio?»
«Sì.»






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Pacchetto per la challenge di Laila: [Primavera] Margherita – Romantico / Laghetto


AUGURI TENERISSIMO MARTIN *_______________*
Lettori carissimi, ecco, non vedevo l’ora di raccontarvi qualche aneddoto riguardante il periodo pre-Joe (XD) di Martin! E quale occasione migliore del ventinovesimo compleanno di questo mio bimbo per farvi scoprire com’è andato il suo primo appuntamento e primo bacio con un ragazzo?
E che ragazzo! Il personaggio di Natty mi è piaciuto molto, devo ammetterlo. Era la spinta necessaria per aiutare Martin a uscire dal suo guscio, per prepararlo un minimo a quell’uragano di Joe XDD sì, in realtà poi si scoprirà che Natty è un veggente e sapeva che Martin&Joe si sarebbero incontrati (???????)
Ma cosa sto scrivendo? ^^”””
Ovviamente il supporto morale di quel cretino adorabile di Ben non poteva mancare *-*
Ben che, come ho accennato nella storia, è stato il primissimo amore di Martin, perché è grazie a lui e all’attrazione che provava che ha accettato la sua omosessualità! E Ben è stato un tesoro con lui e da allora non si sono mai persi, anche se abitano uno in California e uno nel Montana!
Spero che tutti i riferimenti che ho fatto nel testo siano chiari, anche perché ho cercato di spiegare tutto al meglio! ^^
Mi auguro che le mirabolanti avventure di Martin che si iscrive su Meetic (???) vi siano piaciute, ma scommetto che non ve lo sareste mai aspettato da lui, eh? :P
Ringraziò chiunque leggerà e chi lascerà un commento e faccio ancora tantissimi auguri di buon compleanno al mio dolcissimo Martin ♥
  
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