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Autore: Signorina Granger    02/03/2021    13 recensioni
INTERATTIVA || Iscrizioni Chiuse
21 Dicembre 2019.
Due Auror, a seguito di una missione in Germania, salgono su un treno che da Berlino li porterà a Nizza, in Francia. I loro piani e quelli degli altri passeggeri vengono però sventati completamente quando sul lussuoso Riviera Express viene rinvenuto il cadavere di una donna. Fermato il treno in mezzo ad una bufera, il Ministero tedesco, d’accordo con quello britannico, assegna ai due il compito di rivolvere il caso trovando il colpevole che, di certo, viaggia sui loro stessi vagoni.
[Storia liberamente e umilmente ispirata a “Assassinio sull’Orient Express” di Agatha Christie]
Genere: Comico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 6 – Qui qualcuno ci sta prendendo per il culo


 
“Siete assolutamente sicuri di aver chiuso la porta prima di uscire?”


Asriel stava in piedi al centro della cabina, Zorba in braccio e gli occhi puntati sui colleghi, entrambi seduti sul bordo del suo letto. James annuì, confermando di averlo fatto mentre Clodagh sbuffava piano, borbottando di essere stata un’idiota nello scordarsi di non sigillarla magicamente.
James allungò una mano per sfiorare il gomito dell’amica, assicurandole che era colpa di entrambi in egual misura mentre Asriel scuoteva il capo, deciso di risolvere in fretta la questione:
“Clo, non ha senso pensarci adesso, dobbiamo capire che cosa hanno fatto qui. Sembra tutto in ordine, ma potrebbero aver preso qualcosa.”
“Le bacchette?”
“Sono al loro posto. Per fortuna ho incantato la serratura, e siamo gli unici muniti di bacchetta in tutto il treno ormai. Penso che sia superfluo invitarvi a non perdere mai di vista le vostre.”
 
Clodagh annuì con scarsa convinzione, e James sorrise prima di accennare alla lavagna bianca ancora perfettamente immacolata:
“Per fortuna che su Geraldine non avevamo ancora scritto nulla!”
Asriel alzò gli occhi al cielo – il giorno in cui si sarebbe abbassato a chiamare una lavagna “Geraldine” avrebbe rassegnato le sue dimissioni a Potter – prima di rivolgersi a Zorba con un sorriso carico di sollievo, accarezzandogli la testa con due dita:
“Per fortuna che non ti hanno fatto niente, vero piccolo?”
 
James lo guardò aggrottando la fronte, leggermente perplesso dall’inflessione particolarmente zuccherosa che la voce di Asriel aveva preso. Anche il collega dovette rendersene conto, perché si affrettò a schiarirsi la voce prima di proporre ai due di aiutarlo a setacciare la cabina prima di passare all’interrogatorio successivo.
 
*
 
“Asriel, sei sicuro che delle tue cose non manchi nulla?”
“Sì, sicuro… la bacchetta della Sutton c’è?”
 
James annuì e Asriel sbuffò, guardandosi attorno mentre l’ex Tassorosso proponeva che magari l’intruso avesse cercato di recuperare la propria bacchetta senza successo.
“Sì, ma non avrebbe avuto molto senso prendere la propria, lo avremmo beccato subito. Clo, passami la valigia.”
Clodagh prese la Vuitton di Alexandra e la mise sul letto di Asriel, guardando il collega aprirla in silenzio prima di restare interdetta di fronte a ciò che vide.
“Che cos’è?”
Accigliato, James guardò Asriel allungare una mano verso una sorta di sfera di cristallo completamente nera, cambiando idea all’ultimo e prendendo la bacchetta per farla fluttuare a mezz’aria.
“Non ne ho idea. Ma di certo so che non c’era fino ad un’ora fa. Qui qualcuno ci sta prendendo per il culo.”
 
Clodagh non disse nulla per qualche istante, limitandosi ad osservare la sfera – le ricordava fastidiosamente quelle usate a Divinazione a scuola, ma il colore le conferiva una sorta di aria sinistra che quelle di Hogwarts di certo non avevano – prima di rivolgersi ai colleghi con decisione:
“Parliamo con De Aureo.”
“Ma volevamo interrogare Clara Picard, l’amica della francese.”
Asriel, continuando a tenere sospesa a mezz’aria la sfera – e consigliando vivamente a James di tenere a freno la curiosità e di non toccarla, per il momento – si voltò verso l’amica per guardare Clodagh annuire con decisione, più seria che mai:
“Lo so, solo cinque minuti. Sono piuttosto certa che quest’affare sia suo.”
“… D’accordo. Questa viene con noi.”
Asriel rimise la sfera al suo posto, chiuse la valigia e uscì dalla cabina portandosela appresso. Questa volta sigillando la porta prima di andare a chiamare l’uomo dalla reputazione più confusa di tutto il treno.
 
*
 
Prospero stava discutendo amabilmente con Delilah nella sua cabina, passando in rassegna tutte le teorie strampalate dell’amica, quando il bussare deciso alla porta portò il mago a sollevare una mano per zittire l’ex compagna di scuola, che si voltò verso la porta appena in tempo per guardarla aprirsi.
“Signor De Aureo, potrebbe venire con me? Solo per qualche minuto, non vogliamo interrogarla.”
Clodagh, ferma sulla soglia, si rivolse al mago priva della sua solita allegria contagiosa, osservandolo accigliata sorriderle prima di alzarsi e sistemarsi i vestiti con naturalezza.
“Certamente. Laila, riprendiamo dopo, ok? Kiki, non importunare Laila.”
Sfiorata la testa del gatto con una mano, Prospero seguì Clodagh fuori dalla cabina dopo aver rivolto un sorriso rassicurante a Delilah, che lo osservò senza dire nulla e con le braccia esili strette al petto.
Era sicura che il suo amico nascondesse qualcosa. Che gli Auror l’avessero scoperto?
Rimasta sola Delilah si morse il labbro, combattendo la tentazione di andare ad origliare avendo l’immagine di un Asriel furioso come monito.
“Kiki, che ha combinato Ro?”
Peccato che il gatto non potesse parlare, si disse la strega mentre allungava quasi timidamente una mano per accarezzarlo: di certo, viaggiando e vivendo con Ro, ne avrebbe avute parecchie di storie da raccontare. Non raccontava tutto nemmeno a lei, e anche se all’inizio la cosa l’aveva fatta un po’ soffrire, col tempo ci era scesa a patti e aveva smesso di fargli troppe domande dettagliate sul suo lavoro e sui suoi viaggi.
Fu con estremo stupore che vide Kiki sollevare la testa e farsi sfiorare senza soffiare o graffiarla, e Delilah quasi trattenne lacrime di commozione pentendosi di non avere la macchina fotografica a portata di mano: Ro e quel tonto di Cecil non ci avrebbero mai creduto.
 
*
 
“A cosa devo il piacere? La valigia? Oh, molto bella, ma non è mia, non amo le Vuitton, preferisco Prada.”
Prospero, seduto di fronte ad Asriel, Clodagh e James, sorrise amabilmente e con tutta la tranquillità di quei era capace, guardando la strega scuotere la testa e accennare alla costosa valigia prima di parlare con tono neutro:
“Non è qui per la valigia, sappiamo che non è sua. Questa valigia è della Signorina Sutton, e si trovava nella cabina del Signor Morgenstern. Poco fa, dopo che qualcuno è entrato nella cabina, abbiamo trovato qualcosa della valigia.”
Clodagh fece cenno ad Asriel di aprirla, e sollevata la parte superiore Prospero poté posare lo sguardo sulla sfera di cristallo nera adagiata su una pila di vestiti e che luccicava sotto la luce artificiale del vagone ristorante.
Prospero non disse nulla, limitandosi ad osservare brevemente il curioso oggetto – e mascherando la sorpresa – prima di rivolgersi a Clodagh come se nulla fosse, un sopracciglio inarcato e un sorriso amabile sul volto:
“E perché avete voluto parlare con me, se posso chiedere?”
“Perché sospetto che questa sfera, di qualsiasi cosa si tratti, sia sua, Signor De Aureo.”
 
*
 
“Renèe, ti dico che sta succedendo qualcosa di strano! Gli Auror sono nervosi, e James ha portato un passeggero nel vagone ristorante, ma non credo che l’abbiano interrogato perché è uscito poco dopo…”


May, che per calarsi nell’”aura natalizia” aveva indossato un maglione bianco con fiocchi di neve rossi ricamati sul davanti, si picchiettò il mento con l’indice della mano destra mentre Renèe, alzando gli occhi al cielo, alzava lo sguardo dalla rivista che stava leggendo per sconsigliare caldamente all’amica di curiosare:
“Penso che se ci mettessimo in mezzo alle indagini finiremmo defenestrate dal treno prima di darci il tempo di dire “Quidditch”.”
“Che barba, c’è stato un omicidio, succede qualcosa e non possiamo nemmeno metterci in mezzo… Lo sapevo, morirò senza aver vissuto niente di interessante e all’ora incolperò te!”
La maggiore si lasciò scivolare su una poltrona con fare drammatico, facendo sospirare l’amica: per quanto le volesse bene e le fosse affezionata, a volte Renèe si domandava dove trovasse tutto quell’entusiasmo per ogni singola situazione. E anche se talvolta un po’ la invidiava, in altre pregava che la viva curiosità dell’amica non la facesse finire nei guai.

“May, il fatto di trovarsi sullo stesso treno di un assassino dovrebbe intimorirti, non esaltarti!”
Sei troppo giovane e carina per far infuriare Asriel e pagarne le conseguenze… e poi chi baderebbe a Pearl?!
 
“Via, dubito che potrà esserci un altro omicidio. Non c’è da preoccuparsi.”
Le parole di Elaine – che fino a quel momento era stata così silenziosa da far quasi scordare alle due bionde la sua presenza nella stanza – attirarono immediatamente l’attenzione di May, che si mise a sedere ben diritta contro lo schienale foderato di velluto e guardò la rossa con sincera curiosità:
“Perché lo pensi Nel?”


“Non credo che sia stata una morte casuale… Dubito che sul treno ci sia un pazzo pronto ad ammazzarci tutti. Probabilmente qualcuno voleva la vittima morta. E poi, la presenza degli Auror farà sicuramente da monito per altri potenziali omicidi.”
“Quindi sarebbe stato un omicidio premeditato?”
Renèe aggrottò la fronte, dubbiosa, e guardò Elaine alzarsi e stiracchiarsi con grazia prima di piegare le labbra in un debole sorriso, sollevando le mani curate come a voler dire di non poterlo sapere:
“Non ne ho idea. Forse sì, o forse qualcuno è salito su questo treno, l’ha vista… e aveva qualcosa contro di lei a tal punto da portarlo a fare quello che ha fatto. Infondo era molto conosciuta, no? E aveva una posizione abbastanza scomoda. Merlino, è una vera seccatura che per questi interrogatori la cucina sia spesso chiusa, non so cosa darei per uno spuntino.”
 
 
Elaine accarezzò Ailuros, il suo enorme Maine Coon nero dagli occhi eterocromi, quasi invidiandolo per l’enorme quantità di croccantini che aveva portato con sé sul treno e che il gatto poteva gustare in ogni momento. In effetti, a volte si ritrovava a pensare che il suo amato gatto conducesse un’esistenza molto più comoda della sua.
 
*
 
“Sa perché sono qui, su questo treno, Signor De Aureo? Ho ricevuto indicazioni dai piani alti di seguirla, e lei mi ha condotto fin qui. Qualcuno pensa che il suo ultimo viaggio abbia avuto qualcosa di illecito, e questo singolare oggetto potrebbe confermarlo.”
“Pensate che sia mio e che l’abbia messo io nella valigia della vittima? Ridicolo. Perché avrei dovuto farlo?”
Seduto con le gambe accavallate e il gomito destro poggiato sul ginocchio, Prospero si rivolse a Clodagh senza smettere di sorridere placidamente, calmo e rilassato come nessuna delle altre persone che avevano occupato quella sedia.
“O magari qualcuno glie l’ha preso. E magari la nostra compianta vittima” – Clodagh lanciò un’occhiata di sbieco ad Asriel alle parole del collega, soprattutto quando l’uomo marcò particolarmente la parola “compianta” – “sapeva di che cosa si trattasse. Pare che sapesse troppe cose su molte persone, la Signorina Sutton.”
“Potete parlare con Delilah, sono rimasto con lei nella mia cabina fino ad ora. Non l’ho messa io nella valigia, Signor Morgenstern. E con questo non confermo che mi appartenga. Immagino che ne parleremo meglio quando vorrete interrogare anche me.”
Sorridendo pacato, Prospero si alzò senza aspettare di venire congedato, dirigendosi verso la porta prima di essere richiamato dalla voce di Asriel:
“Sa che cosa ha detto la sua amica? Che se fosse stato lei non avremmo mai trovato il suo corpo.”
Prospero si fermò udendo quelle parole, la mano a poco centimetri dalla maniglia della porta. Sorrise prima di voltarsi, sentendosi quasi orgoglioso della sua amica:
“Oh, Delilah a volte ha questa… vena drammatica, sì. L’ha presa da me.”
 
L’amabile sorriso di Prospero si spense non appena ebbe varcato la soglia del vagone ristorante, lasciandosi alle spalle le espressioni confuse e poco convinte di Asriel, Clodagh e James.  Il mago esitò per un istante prima di dirigersi a passo di marcia verso la propria cabina con le braccia abbandonate lungo i fianchi e i pugni serrati, chiedendosi accigliato chi fosse l’imbecille ad avergli sottratto la merce e messa nella valigia della vittima.  
La cosa peggiore era che di certo Alexandra l’avrebbe trovato estremamente divertente.
 
 
“Pensate che sia sincero?”
“Basterà chiederlo a Delilah Yaxley, se è davvero rimasto con lei allora non può aver messo questa… cosa nella valigia della Sutton. Ma appartiene a lui per forza, sono certa che scopriremo di che si tratta molto presto.”
Clodagh chiuse la valigia con delicatezza, appoggiandola cautamente sul pavimento prima che James si proponesse allegro di andare a chiamare Clara. Asriel annuì senza dire nulla, limitandosi a rivolgergli un cenno mentre fissava torvo la sedia che gli stava di fronte.
“A che pensi?”
Rimasti brevemente soli, Clodagh sedette sul bordo del tavolo in modo da rivolgersi ad Asriel, guardandolo inclinando leggermente la testa di lato come faceva sempre quando gli poneva quella domanda.
“Che non mi piace essere preso in giro. E qui qualcuno si fa beffe di noi. Se non fosse morta, giurerei che è opera della megera incipriata.”

*
 
“Ci vediamo dopo.”
Clara salutò Corinne con un cenno cupo prima di seguire James di nuovo all’interno del treno, chiedendosi se l’amica avesse fatto cenno ai suoi trascorsi con Alexandra durante il proprio interrogatorio.
Corinne non la seguì, limitandosi ad osservarla allontanarsi prima di gettare il mozzicone della sigaretta tra la neve, chiedendosi che cosa le avrebbero domandato. Se per lei parlare di Alexandra non era stata una passeggiata, di certo non lo sarebbe stato nemmeno per Clara.
“Anche lei la conosceva?”
 
Accigliato, Ruven si voltò verso la francese chiedendosi dubbioso se stesse effettivamente parlando con lui, ma considerando che erano soli e che Corinne aveva parlato in tedesco non c’era spazio per molti dubbi.
“Perché?”
“Sembra che la conoscessero tutti, su questo treno.”
Corinne strinse la presa sulla gelida ringhiera di ferro, osservando cupa e quasi amareggiata il paesaggio circostante mentre lo chef, dopo una breve esitazione, scuoteva il capo prima di distogliere a sua volta lo sguardo.
“No. Non la conoscevo.”
 
Corinne non disse altro, aspettando qualche altro secondo prima di tornare all’interno del treno. Ruven la seguì poco dopo, chiedendosi se la strega avesse intuito che mentiva.
 
*
 
Quando Clodagh gli aveva proposto di essere lui a fare le domande scambiandosi i ruoli – lanciando un’occhiata eloquente ad Asriel, portandolo a borbottare un assenso che aveva reso il giovane collega più entusiasta che mai – James si era dovuto trattenere dall’abbracciare lei e Asriel (che di certo non avrebbe gradito) davanti a Clara, che sedeva in silenzio e in attesa.
 
Un paio di minuti dopo James si schiarì la voce mentre Asriel incantava una penna affinché prendesse appunti da sola, preparandosi ad assistere in silenzio mentre i grandi occhi scuri contornati da lunghe ciglia di Clara si spostavano inquieti da un Auror all’altro.
“Allora, Signorina Picard… Il suo nome completo?”
“Clara Odette Picard.”
“E dove è nata?”
“A Parigi. Nel 1991. Vivo ancora lì.”


“La Signorina Leroux ci ha detto che vi siete conosciute a Beauxbatons e che siete amiche. È così?”
Clara annuì, seppur dopo una breve esitazione nel ricordare i mesi in cui non aveva voluto saperne di vedere Corinne, che ci aveva messo parecchio tempo a convincerla di incontrarla per riappacificarsi.
La penna rimase sospesa a mezz’aria non avendo nulla da riportare sulla pergamena, e Asriel le lanciò un’occhiata prima di chiedere garbatamente alla strega di rispondere verbalmente per avere un quadro completo del loro colloquio.
“Oui.”


“E sapeva che avrebbe viaggiato sul suo stesso treno?”
“No. È stata una sorpresa vederla.”
“E lei perché sta andando a Nizza, Signorina?”


“Per lo stesso motivo di Corinne, passare il Natale con la mia famiglia. I miei genitori vivono a Cannes da qualche anno, da quando mio padre è andato in pensione. Ero a Berlino per lavoro al Ministero tedesco, mi sono dovuta occupare di un caso di uova di drago non registrate e commerciate illegalmente.”
 
Clara si strinse nelle spalle, spiegando di lavorare all’Ufficio Regolazione e Controllo delle Creature Magiche del Ministero francese. Fu quando James le chiese se avesse sempre lavorato lì che la strega esitò, chinando il capo prima di mormorare un diniego stringendosi l’orlo del blazer color castagna che indossava.
“No. Una volta facevo la Spezzaincantesimi.”
 
*
 
Parigi, Opéra Garnier
 
Clara sedeva seminascosta su una delle centinaia di poltrone rosse che popolavano il teatro più famoso di Parigi, sgranocchiando le patatine che suo fratello le aveva dato di nascosto mentre assisteva alle prove dell’orchestra.
Per Clara i teatri erano ormai una sorta di seconda casa: suo padre era un direttore d’orchestra molto conosciuto e apprezzato, e quando sua madre era impegnata all’ospedale magico parigino capitava spesso che Antoine portasse con sé la figlia minore.
A Clara piaceva molto la musica, e anche assistere agli spettacoli dietro le quinte: ormai non c’era attore o cantante dell’Opéra che non la conoscesse, e i membri dell’orchestra l’adoravano e la coccolavano di continuo.
La bambina di sei anni si portò una patatina alle labbra, leccandosi distrattamente il sale dalla bocca mentre cercava di sollevarsi e vedere meglio: stavano suonando il pezzo della Fata Confetto dello Schiaccianoci, il suo preferito. Suo padre una volta le aveva detto di averla chiamata Clara Odette proprio per le opere di Tchaikovsky – nome che per quanto si sforzasse la bambina non riusciva a pronunciare correttamente, scatenando risate intenerite da parte di Antoine e anche dell’orchestra –, e sapere di chiamarsi come la bellissima protagonista l’aveva resa particolarmente orgogliosa.
 
“Non ci credo… te le sei pappate tutte!”
Voltandosi, Clara sfoderò un sorriso colpevole in direzione del fratello maggiore, guardandolo sospirare rassegnato prima di sedersi accanto a lei.
“Potevi sempre prenderne delle altre Georgie.”
“Certo, così poi ti saresti mangiata anche quelle. Per fortuna che Maman non c’è.”
Clara annuì senza smettere di sorridere, polendosi le mani sporche di sale su una salviettina prima di chiedere al fratello se dopo le prove avrebbero potuto prendere un gelato.
“Gelato e patatine? Va bene, lo chiediamo a papà, ma non diciamolo a Maman.”
George, a casa per le vacanze estive, sorrise complice alla sorellina prima di zittirsi di fronte all’occhiata eloquente che il padre lanciò loro, sfoderando un sorriso angelico identico a quello che si palesò sul visino di Clara.
 
*
 
“Perché ha smesso?”
Clara esitò, mormorando che aveva dovuto farlo per “motivi personali”.
 
“Signorina Picard, è pregata di rispondere.”
“Che cosa c’entra il mio lavoro con l’omicidio, Monsieur?”


Clara si rivolse ad Asriel inarcando un sopracciglio, guardandolo stringersi nelle spalle e parlare con naturalezza mentre sosteneva il suo sguardo con fermezza:
“Niente, all’apparenza. Ma ci serve un quadro completo, anche vista la situazione poco consona in cui ci troviamo a dover condurre le indagini.”
La strega esitò, osservandolo per un istante – quanto ci avrebbero impiegato, una volta spiegato come e perché avesse cambiato lavoro, a trovare il collegamento con la vittima? – prima di annuire stringendo le labbra carnose:
Bien. Sono stata obbligata a lasciare il mio lavoro per motivi per lo più economici. Dovevo aiutare la mia famiglia, e quello che faccio ora è meglio retribuito.”
“E’ solo questo il motivo?”
Clara sospirò, scuotendo debolmente il capo prima di mormorare qualcosa che aveva sperato di non ritrovarsi a dover spiegare:
“… No. Mia madre insisteva perché lo facessi. Non voleva che continuassi quella strada, era preoccupata per me. Anche mio fratello faceva lo Spezzaincantesimi, e quattro anni fa ha avuto un incidente in Egitto.”
 
*
 
“Maman è fuori di sé, lo sai vero?”
“Lo so fin troppo bene.”
Seduta sul letto del fratello, Clara abbozzò un sorriso mentre la sua mano e quella di George giocavano l’una con l’altra, cercando di afferrarsi il pollice a vicenda come quando erano piccoli.
Anche George sorrise, ma dopo essere riuscito – come sempre – ad averla vinta le strinse la piccola mano nella sua e guardò la sorellina facendosi improvvisamente serio:
“Un po’ la capisco, Clara.”
“Stai dicendo che vorresti anche tu che lasciassi il lavoro? Non sono più una bambina, non trattarmi come tale.”
“Lo so che non sei una bambina, ma non voglio che tu finisca come me. O peggio.”
George distolse lo sguardo per lanciare un’occhiata cupa alle proprie gambe, immobili sul letto e destinate a non muoversi più per tutto il resto della sua vita.

“Non è stata colpa tua. Tu eri bravissimo, il migliore. È colpa di quel connard fils d‘un chien…”
“Clara, se Maman ti sentisse parlare così ti taglierebbe la lingua.”
George rise, e Clara lo imitò prima di abbracciarlo, appoggiando la testa sul petto del fratello e accoccolandosi su di lui come quando era piccola. Mentre il maggiore le accarezzava i capelli Clara chiuse gli occhi scuri, mormorando che avrebbe lasciato il lavoro anche solo per potersi prendere cura di lui.
 
*
 
 
“Che genere di incidente?”
“Non sono state seguite le procedure corrette. Come forse saprete, è un lavoro delicato. Sono state attivate delle maledizioni di protezione che hanno avuto ripercussioni su tutta la squadra incaricata, e mio fratello George ha subito gravi danni alla spina dorsale.”
“La responsabilità è stata di suo fratello?”
Clara non si mosse, seduta immobile e composta sulla sedia, ma il modo in cui le sue labbra carnose andarono ad incurvarsi verso il basso formando una smorfia risentita non passò inosservato né a James né ad Asriel, che osservava a sua volta la strega senza badare a ciò che la penna stava riportando.
“No. Del cliente.”
 
*
 
“Hai bisogno di qualcosa? Vuoi che ti prepari il pranzo?”
“Clara, sono un mago, posso fare da solo. Vai a casa a riposarti, sei qui da due giorni di fila.”
George fece leva sulle ruote della sedia a rotelle per girare su sé stesso e rivolgersi alla sorella minore, che però sorrise e affermò di non essere per niente stanca.
“Clara, hai 25 anni, ed è quasi un anno che mi fai da balia. Dovrei essere io a occuparmi di te, sono il fratello maggiore.”
Vedendo George rabbuiarsi Clara sorrise, avvicinandosi al fratello e mettendo le mani sui braccioli della sedia per inginocchiarsi davanti a lui:
“Lo hai fatto per 24 anni. Da chi correvo quando avevo gli incubi? O quando la mamma mi sgridava? O quando avevo problemi a scuola? Dal mio fratellone infallibile.”
Abbozzando un sorriso, George le diede una carezza prima di mormorare di volerla vedere vivere la sua vita, e non trascorrerla stando appresso a lui.
 
“Non poi tanto infallibile. Ho 32 anni, me la posso cavare da solo. Sei sempre la benvenuta quando vuoi venire a salutarmi, ma non voglio che continui a farmi da balia. Ok?”
“… Ok. Ma se cadi e non riesci a rialzarti?!”
“Ma chérie, parli come Maman.”
 
*
 
“Posso chiederle una cosa su Corinne Leroux?”
“Oui.”
“Pensa che avrebbe potuto uccidere la sua ex fidanzata?”
Clodagh, seduta accanto a James, osservò la strega con curiosità, guardandola scuotere il capo e rispondere senza alcuna esitazione:
“No. Coco mi disse di non volerne più sapere di lei, ma non è una persona che porta rancore. E quando abbiamo saputo che era morta mi è sembrata sinceramente scossa. È una bonne personne.”


*
 
“Non devi rinunciare a fare ciò che ami, non è giusto! Non puoi abbandonare tutto per i soldi, dopo tutta la fatica che hai fatto per riuscire ad arrivare dove sei arrivata.”
Corinne, seduta di fronte all’amica al tavolino all’aperto del loro cafè parigino prediletto con un paio di costosi occhiali da sole sugli occhi e i capelli biondi perfettamente in ordine attorno al viso, parlò con fervore e sventolando con foga la sigaretta accesa che teneva in mano. Clara, dopo averle dolcemente consigliato di stare ferma per evitare di dar fuoco a qualcuno di passaggio, strappò un pezzo di croissant per portarselo alle labbra con un sorriso malinconico:
“Coco, je t’adore, ma non tutti hanno il lusso di poter fare esattamente ciò che desiderano.”
 
Corinne questo lo sapeva, sapeva quanto era stata fortunata a nascere e crescere in una famiglia benestante e che aveva assecondato più che volentieri i suoi desideri e le sue ambizioni.
Sospirando e portandosi gli occhiali sulla nuca, la bionda spense la sigaretta sul posacenere di vetro e si rivolse all’amica più seria che mai, guardandola con gli occhi chiari carichi di determinazione:
“Oui, je sais. Ma non per questo devi buttare tutto al vento. So che avete investito un sacco di denaro per le cure per George e per la causa, ma non devi rinunciare a niente. Basta chiedere, lo sai. Non me ne faccio niente di tutti questi occhiali Chanel.”
 
Corinne accennò ai proprio occhiali scuri con uno sbuffo, portando l’amica – scandalizzata – ad intimarle severamente di non insultare Santa Chanel prima di allungare una mano e prendere la sua sfoderando un sorriso gentile:
“Sei la persona più generosa che io conosca, ma non voglio che mi aiuti in alcun modo.”
“Ma…”

“Niente ma, Coco. Ce la farò da sola. Vorrà dire che andrò a lavorare con bestie di ogni genere. Ti direi di venirmi a trovare al lavoro, ma temo che i tuoi bei vestiti firmati sarebbero a serio rischio.”


All’improvviso Clara immaginò l’amica e i suoi vestiti eleganti alle prese con un piccolo di drago e scoppiò fragorosamente a ridere, certa che Corinne fosse fatta per graziosi cavalli alati e non per bestie sputafuoco.
 
“Sei testarda come un mulo, Clara. Fammi almeno offrire la colazione… Prendi pure quanti croissants vuoi.”
“Non tentarmi, o mi ritroverò con cinque kg in più!”
 
*
 
“E Alexandra Sutton, la conosceva?”
“… Non.”
 
*
 
George, seduto di fronte alla tavola apparecchiata e pronto per pranzare, guardò la sorella minore stracciare l’ennesima lettera e gettare i frammenti in un cestino prima di chiederle, preoccupato, se fosse ancora Corinne.
“Oui. E non ho voglia di sapere cos’ha da dire.”
“Clara, so che sei arrabbiata, ma tu e Corinne siete amiche da quando eravate piccole… è stata la tua prima amica a Beauxbatons. So che le vuoi bene.”
“Certo che le voglio bene, ma ne voglio di più a te. Ed è stata per due anni con quella brutta… non lo voglio dire.”
Clara prese posto di fronte al fratello e infilzò con odio una foglia di insalata, guardandolo sospirare e mormorare che un giorno se ne sarebbe pentita, se non avesse risolto le cose con Corinne.
“Le ho detto IO di farsela con quella stronza arrivista in tacchi a spillo?! Non. E infatti è finita tutto fuorché bene… magari se si fosse degnata di dirmelo avrei potuto convincerla a lasciarla subito evitandosi lo scandalo e le perdite finanziare, ma non, ha dovuto tenersi i suoi stupidi segreti.”


“Clara, aveva solo paura di sapere come l’avresti presa.”
“IO non sarei mai uscita con qualcuno che aveva contribuito a creare problemi alla sua famiglia, George. Mai.”

Clara sollevò la forchetta e la puntò minacciosa contro il fratello, che alzò gli occhi al cielo e si chiese come era finito a farsi zittire dalla sorellina a cui aveva insegnato ad andare in bicicletta.
 
*
 
“Che cosa volevano gli Auror? Dimmelo, Ro. Ti tartasserò finchè non cederai, sai che lo farò.”


Delilah, in piedi davanti all’amico con le braccia strette al petto, parlò con il tono più risoluto di cui era capace mentre guardava Prospero rigirarsi pensieroso l’anello che portava al dito.
Era vero, neanche lei era stata del tutto sincera con lui, ma era determinata a farsi dire la verità dall’amico: non era abituata a vedere Ro nasconderle le cose, ed era una novità che non gradiva per nulla.
 
“Hanno trovato una cosa nella valigia della Sutton, qualcosa che prima a quanto pare non c’era. Mi hanno chiesto se è di mia proprietà e se ce l’ho messa io.”
“Se l’hanno trovata ora non ce l’hai messa tu, sei stato con me per tutta la mattina. Glie l’hai detto?”
“Certo, fogliolina. Ma non è questo il punto. Pare che Clodagh Garvey sia qui per tenere d’occhio me.”


Mentre Delilah si dimostrò sorpresa, spalancando colpita i grandi occhi nocciola, Prospero non si scompose e parlò limitandosi a guardare dubbioso fuori dal finestrino ripensando alle parole della strega e a ciò che era sparito dalla sua valigia per poi apparire in quella della vittima.
“Quindi ti seguiva? Porca Morgana Ro, che cazzo hai combinato?!”
“Non ho combinato un bel niente, Fogliolina. Sono qui solo per… consegnare un pacco. Come si dice, ambasciator non porta pena. L’oggetto in questione non mi appartiene, devo solo consegnarlo.”
“E dove lo hai preso? Scommetto che è illegale.”
 
Delilah si mise le mani sui fianchi, sentendosi improvvisamente sua madre quando rimproverava lei e Cecil per delle malefatte, e quasi segretamente compiaciuta: infondo per una volta era piacevole essere quella che faceva la predica, invece di subirla.
“Ad essere onesti viene dal Cile, e lì non è illegale. Il problema è averlo portato in Europa, ovviamente. Non sono uno stupido, Fogliolina, ho fatto ricerche molto accurate prima di accettare l’incarico. Considerando che l’oggetto non mi appartiene e che in teoria potrei non sapere di preciso di che cosa si tratti, se anche scoprissero che è arrivato su questo treno insieme a me le conseguenze per me sarebbero pressoché nulle. Certo, se qualcuno lo attivasse per sbaglio potrebbe essere un problema, sì.”
 
Sul volto pallido di Ro fece capolino un piccolo sorriso colpevole che Delilah conosceva molto bene, portandola a guardarlo inorridita e con preoccupazione crescente:
 
“Perché? Che diavoleria è?”
“Mh, diciamo che… contiene una piccolissima maledizione vecchia di un secolo e creata in Russia durante il regno Zarista… ma nulla di grave, no.”
“Mi prendi per il culo?! Vai dagli Auror e digli come maneggiarla, prima di farci uccidere tutti!”
 
Prospero scosse il capo, alzandosi in piedi e muovendosi pensieroso per la cabina tenendo le braccia strette al petto riflettendo sul da farsi: se avesse ammesso che la sfera era sua, anche se era impossibile dimostrare che l’aveva messa lui nella valigia di Alexandra, di certo lo avrebbero messo al primo posto della lista dei sospettati. Evidentemente qualcuno sul treno sapeva perché si trovava lì, e voleva che l’attenzione venisse concentrata su di lui.
“Fogliolina, qualcuno sapeva che avevo con me qualcosa di illecito, e quel qualcuno l’ha fatto sparire dalla mia valigia mettendolo in quella di Alexandra.”
“Non puoi avercela messa tu, però.”
“Certo, ma quando capiranno che è mia capiranno anche che avevo qualcosa da nascondere. Qualcosa di cui, per quel che ne sanno loro, forse Alexandra era a conoscenza. Un movente, in pratica.”
“… E Alexandra ne era a conoscenza, Ro?”


Prospero non rispose, limitandosi a mormorare che doveva scoprire chi aveva preso la sfera: il suo cliente non sarebbe stato molto soddisfatto se non l’avesse consegnato, e ora c’era il rischio che gli Auror lo sequestrassero. L’unica speranza era che non capissero di che cosa si trattasse, prendendolo solo come un cimelio qualsiasi.
E soprattutto, che non l’attivassero accidentalmente.
“C’è solo una cosa che non capisco… Perché hanno mandato l’Auror a seguirmi? Come facevano a saperlo?”
 
*
 
Corinne sedeva ad un tavolo vicino alle enormi finestre che ricoprivano l’intera parete, inondando la sala del ristorante di luce.
Era sempre stato il suo preferito a Nizza, e Clara non si era affatto sorpresa quando l’ex compagna di scuola le aveva scritto di volerla incontrare proprio lì.
 
Facendosi coraggio, Clara si fece avanti dirigendosi con passo deciso verso il tavolo quadrato, guardando Corinne voltarsi nella sua direzione udendo i passi avvicinarsi e sfoggiare un piccolo sorriso:
“Ciao. Non ero sicura che venissi.”
“Oui, neanche io.”


Clara sedette senza aspettare di ricevere un invito, evitando di guardarla in faccia finchè la bionda, sospirando, non le chiese scusa con un mormorio:
“Avrei dovuto almeno dirtelo. Mi dispiace. Non ne vado affatto fiera, Clara.”
“E a me dispiace per quello che ha fatto passare alla tua famiglia.”
“I paparazzi se ne sono andati, alla fine. Ma a tuo fratello nessuno ridarà l’uso delle gambe.”
Corinne parlò con una debole scrollata di spalle e Clara annuì, mormorando che era stato lui a convincerla ad accettare l’invito.
“Allora lo dovrò ringraziare. Pensi di potermi perdonare, Clara?”
 
La mora esitò, osservando l’amica brevemente prima di accennare un piccolo sorriso con le labbra, asserendo che l’avrebbe fatto solo se le avesse offerto una fetta gigantesca di Tarte Tatin per dessert.
“Una fetta? Te ne prendo una intera, se necessario.”
Anche Corinne sorrise, e la sua espressione si rilassò mentre allungava una mano per prendere quella dell’amica, promettendole che non le avrebbe più nascosto alcunché.
“Non ne dubito. Solo, magari la prossima volta scegliti una fidanzata più carina, che ne dici?”
 
*
 
“Com’è andata?”
“Bien.”


Clara si strinse debolmente nelle spalle mentre sedeva sul bordo del letto di Corinne, che la guardò dubbiosa – la sua espressione diceva tutt’altro che “bien” – prima di chiederle se avesse ammesso di aver conosciuto Alexandra.
 
“No. Infondo è vero che non la conoscevo di persona. L’ho vista solo un paio di volte in aula.”
“Lo so Clara, ma… se scopriranno di chi fosse l’avvocato potrebbero risalire all’incidente e a tutto il resto.”
La bionda le sedette accanto con un sospiro, allungando una mano per prendere quella dell’amica che invece non si scompose, parlando con un filo di voce mentre osservava il pavimento della cabina.
“Sai, mi hanno chiesto se pensassi che potessi essere stata tu. Ho detto di no, ovviamente. Coco, so che una volta eri innamorata di lei, ma non posso fare a meno di pensare che forse se l’è meritato. Credo che come alla mia famiglia abbia causato danni a molte altre persone… Magari anche peggiori.”
 
*
 
“Finchè non scopriremo di che si tratta voglio che nessuno tocchi quella roba. Capito, James?”
 
James, che stava guardando la piccola e lucente sfera nera con curiosità, sobbalzò e si affrettò a rivolgersi ad Asriel annuendo, assicurandogli che non l’avrebbe fatto mentre Clodagh la riponeva delicatamente in un cofanetto di legno che aveva appena fatto apparire, sigillandolo con un incantesimo.
“Clodagh, non ci hai detto perché Potter ti ha mandata a seguire De Aureo. Come faceva a saperlo?”
“Tengono d’occhio la sua famiglia da qualche tempo, e pare che abbiano ricevuto alcune informazioni un paio di settimane fa. Non so altro.”
Asriel aggrottò la fronte, chiedendosi da chi il Dipartimento avesse avuto la soffiata mentre James, sorridendo allegro, impugnava un pennarello blu per iniziare a completare la lavagna:
 
“Intanto possiamo annotare le informazioni più imputanti delle persone con cui abbiamo parlato. Peccato non poter avere delle foto… beh, faremo dei disegnini!”
Disegnini?! Che nessuno ne faccia parola quando torneremo a Londra, o nessuno mi prenderà più sul serio.”
 
 
*
 
 
“Nel?”
“Sì May?”


“Se pensi che qualcuno abbia ucciso Alexandra perché la odiava… Chi pensi che possa essere stato?”
“Mi piacerebbe avere tutte le risposte, ma lascerò che ci pensino gli Auror a scoprirlo. Dopotutto, non possiamo sapere chi la conosceva bene o chi aveva motivi per odiarla. Di certo non tu o Renèe, siete troppo adorabili per fare qualcosa del genere.”
Elaine parlò stringendosi nelle spalle mentre accarezzava dolcemente il lungo pelo nero di Ailuros, e May le sorrise – quasi sollevata che l’ex compagna di scuola non la ritenesse capace di uccidere qualcuno – prima di mormorare che Pearl non le avrebbe mai creduto quando le avrebbe raccontato per bene perché ci aveva messo tanto a tornare a casa.
 
“Ti manca?”
“Sì, molto. Spero che non sia troppo arrabbiata per il Natale, ma cercherò di farmi perdonare.”
“Quando Adele era arrabbiata con me chiedevo a Wonky, la mia Elfa, di farci vedere come fare i biscotti.”
Elaine parlò abbozzando un sorriso e senza smettere di coccolare Ailuros, acciambellato sulle sue ginocchia. Sentendo nominare la bambina May esitò – Elaine non la menzionava mai –, deglutendo prima di chiederle timidamente quanti anni avesse.
“Quattro. Goditi Pearl quando torni a casa, May. Io se potessi lo farei.”
 
 
 
 
 
 
 
…………………………………………………………………………………………………..
Buongiorno!
Sì, il capitolo è abbastanza breve e sono in ritardo anche questa volta, scusate, il semestre è iniziato ieri e sono già sommersa da lezioni, lavori extra, laboratori e professori molto meno simpatici e carini di quelli della storia del Camp -.-
Spero che il capitolo non sia quantomeno pieno di errori, avrei voluto rileggerlo meglio ma sono a lezione fino alle 18 e non volevo farvi aspettare ulteriormente fino a stasera, quindi sto pubblicando adesso abusivamente.
Ecco la lista per il prossimo capitolo:
 
Finn
May
Renèe
 
 
Ci vediamo il 12 marzo con il prossimo, e auguri a chi come me è tornato a farsi risucchiare l’anima dalle lezioni universitarie.
Byeee *corre via*
 
 
 
 
 
   
 
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