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Autore: VaniaMajor    03/03/2021    4 recensioni
Kagome possiede un portafortuna. Non avrebbe mai immaginato che a causa sua sarebbe stata portata in un altro mondo, coinvolta in una guerra orribile e legata misteriosamente a un demone dai capelli d'argento...Ma chi è il Principe dai capelli neri dei suoi sogni? Perchè la sua onee-chan deve soffrire tanto? E c'è speranza di tornare a casa...viva?! La ricerca delle Hoshisaki è iniziata. Una AU di Inuyasha e della saga di Cuore di Demone!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Author’s note: Che dite, lo facciamo tornare Sesshomaru? Non siete curiosi di vedere il primo, emozionante (ehm…) incontro tra i fratelli dopo cinquant’anni?
 
CAPITOLO 11
NOTIZIE DAL CONFINE
 
Kagome starnutì, poi sospirò, reprimendo un piccolo brivido. Quella mattina, l’aria era fresca e umida. Aveva piovuto per tutta la notte e lei era rimasta sveglia ad ascoltare il tamburellare delle gocce sul telaio della finestra, preda di pensieri e preoccupazioni che non le consentivano di dormire. Continuava a rivedere il viso di Inuyasha dormiente, poi la sua espressione piena d’odio. Ripensava al momento in cui era stata trascinata in quel mondo, al misterioso volto di ragazzo, rendendosi conto con una stretta al cuore di non riuscire a riportarlo alla mente con chiarezza. Dopotutto, lo aveva visto solo in quell’istante ed erano passate settimane…Avrebbe voluto chiudere gli occhi e sognarlo per cancellarsi di dosso la negatività che lo scontro con il Principe di En le aveva lasciato, ma il sonno non era venuto.
Alla fine, appena si era fatto giorno era sgattaiolata via dalla stanza che condivideva con Sango e si era inoltrata nei corridoi, perdendo quasi subito l’orientamento. Aveva superato grandi terrazze ingentilite da colonne dipinte di rosso, percorso altri corridoi in cui non aveva incontrato anima viva, poi era scesa per una scala di servizio, chiedendosi se quel palazzo fosse sempre così vuoto e silenzioso. Sbucò, per puro caso, in un giardino interno e la bellezza della natura in fiore le strappò un ansito di meraviglia. Tutto brillava di minuscole gocce, sotto il cielo ora limpido tinto dei colori dell’alba. Quella miriade di punti luce trasformava i fiori di alberi e cespugli in gioielli. L’aria era così tersa che respirarla sembrava avere il potere di schiarire i pensieri. Kagome si inoltrò tra quell’ordinata esplosione di vita, grata per quel momento inaspettato. Nonostante il suo cuore fosse pesante, doveva ricordare che al mondo c’era ancora bellezza. Questo significava anche che non doveva mai perdere la speranza. Strinse Shinsetsu tra le dita con un sospiro.
Doveva reagire. Stava così male perché si sentiva preda degli eventi, sballottata qua e là come una bambola. Doveva prendere in mano la situazione e affrontare le difficoltà. Voleva tornare a casa e rivedere la propria famiglia, giusto? Bene, avrebbe combattuto per questo! La faceva star male l’inimicizia tra lei e il Principe di En? Occorreva prenderlo di petto e fargli entrare in quella testaccia dura che lei non era Kikyo e che potevano aiutarsi a vicenda! Kagome era sempre andata d’accordo con tutti e non riusciva proprio a digerire di essere odiata senza alcun motivo da una persona a cui, a ben vedere, aveva salvato la vita!
“Gli parlerò di nuovo” si disse, battagliera. La confusione e il dolore che aveva intravisto dietro al fare aggressivo e maleducato l’avevano commossa, dopotutto. Inuyasha l’aveva evitata fino a quel momento, ma l’Imperatore di En stava tornando e il Principe non avrebbe potuto tenere quell’atteggiamento ancora a lungo.
«Varrà davvero la pena di fare pace con quel buzzurro?» borbottò, raccogliendo un fiore di melo caduto al suolo e portandolo al naso, la bocca piegata in un broncio. Si fermò di botto. Il buzzurro era davanti ai suoi occhi, neanche lo avesse evocato. Era seduto sotto l’ampia fioritura di una magnolia viola, con la schiena contro il tronco e le mani intrecciate dietro la nuca. Aveva gli occhi chiusi e una ruga di preoccupazione o irrequietezza gli segnava la fronte tra le sopracciglia. Kagome, per un attimo, provò l’impulso di nascondersi dietro a un albero, poi si rimproverò e rimase dov’era, chiedendosi come attaccare bottone. Non poté fare a meno di notare di nuovo quanto fosse avvenente e quanto le orecchie canine aggiungessero al suo aspetto un non so che di tenero.
L’impressione venne cancellata nel momento in cui lui avvertì la sua presenza e spalancò gli occhi ambrati, fissandoli su di lei con una smorfia per poi alzarsi di scatto e accennare ad andarsene.
«Aspetta!» gridò Kagome, prima di potersi trattenere. Lui si fermò ma non si voltò. «Aspetta, per favore! – insistette lei, camminando in fretta verso di lui – Volevo…volevo chiederti scusa!»
La frase sorprese lei non meno di lui. Inuyasha si voltò con una strana espressione, tra l’incredulo e il sospettoso. Vedendola più vicina, fece qualche passo indietro, aumentando la distanza.
«Davvero, scusami. Ti ho detto delle cose terribili l’altra notte, senza tenere conto che ti eri appena svegliato dopo cinquant’anni e dovevi essere sconvolto! – continuò Kagome, mentre le parole le uscivano di bocca come un fiume nella speranza di trattenerlo – Ma vedi, mi hai spaventata! Ho avuto una paura tremenda che mi uccidessi davvero e…»
«Avrei dovuto farlo. Una seccatura in meno» disse lui, brusco.
«…ed è da quando sono in questa situazione che ho paura. Per favore, cerca di capire anche tu. Sono sola, lontana da casa, e vorrei soltanto andare d’accordo con…»
«Feh! – la interruppe lui, dandole di nuovo le spalle per incamminarsi – Se speri di andare d’accordo con me, ti sbagli di grosso.»
Kagome, piccata nel vedere respinto il suo approccio educato, si mise a correre e lo superò, parandoglisi davanti e costringendolo a fermarsi di botto.
«Insomma, vuoi starmi a sentire?! Sto cercando di essere gentile!» esclamò, le guance accese e gli occhi brillanti. Inuyasha si fermò, sbalordito nell’avvertire con chiarezza la forza del suo spirito nell’aria, un’aura accogliente ma ferma, potente, libera.
«Fiato sprecato, ragazzina!» le disse, evitando di guardarla negli occhi. Non riusciva a fare a meno di paragonarla a Kikyo.
«Lo vedo! – lo aggredì lei, arrabbiata – Ma chi ti credi di essere? Pensi di essere l’unica vittima di questa situazione?! Beh, apri gli occhi! Io sono stata strappata dal mio mondo per colpa tua! Ho rischiato la vita, sono stata quasi mangiata da un demone e schiacciata da un oni! Ho macinato un sacco di strada per venire a svegliarti e tu mi tratti come…come…»
«Cosa vuoi che m’importi dei tuoi problemi?! I miei sono già sufficienti, grazie tante!» sbottò Inuyasha. Non voleva provare alcun tipo di partecipazione per le sorti di quella ragazza!
«Mi avevano parlato bene del Principe di En, ma evidentemente si sbagliavano! Sei un egoista!»
«E tu una maleducata! È questo il modo di parlare al tuo Principe?!»
«Ma che Principe! Io non sono uno dei tuoi sudditi, ti parlo come mi pare! – gli fece presente lei, puntandogli un dito al petto e avvicinandosi – Hai un bel coraggio a dare della maleducata a me, quando tu…» La vista di Kagome si confuse, si sdoppiò. Il mondo davanti ai suoi occhi vacillò e per un attimo pensò di stare per svenire. Inuyasha la afferrò a metà della caduta in un gesto istintivo, tenendola in piedi.
«Oi! Non hai nemmeno la forza di reggerti e vieni ad attaccare briga con me?!» ringhiò, sostenendola. Dovette guardarla per forza e notò quanto fosse pallida, come i suoi occhi fossero cerchiati dalla stanchezza e dai pensieri. Il peso di lei tra le braccia era irrisorio. Alle sue narici arrivò un profumo dolce, pulito. Avvertì un calore confortante all’altezza del petto, dove riposava la sua Hoshisaki. Lei sorrise, riaprendo gli occhi a fatica, e Inuyasha perse un battito pur non volendo. Era vero, quella ragazza somigliava terribilmente a Kikyo, ma al contempo era diversa. I sorrisi della miko che lo aveva maledetto erano sempre tristi, remoti, riluttanti. Quello che gli veniva indirizzato in quel momento era di una dolcezza non comune e lo lasciò privo di parole. Non ricordava che gli fosse mai stato rivolto un sorriso simile, prima d’allora.
«Allora sai essere anche gentile» mormorò lei.
Il suo sguardo e la sensazione che provava al petto lo inchiodarono dove stava. Avvertì Tessaiga pulsare al suo fianco, mentre la ragazza assumeva un’espressione perplessa.
«È tornato Sesshomaru-sama!»
La voce di Jaken, trionfante e ansimante per la corsa, li colse di sorpresa, tanto che Inuyasha lasciò andare Kagome come se scottasse e lei, barcollando, cadde a sedere tra i fiori con una buffa espressione di sorpresa sul viso.
«Cosa…Sesshomaru? È tornato?!» disse Inuyasha, dandole le spalle e tornando a ignorarla, sperando che Jaken non notasse che era avvampato per l’inaspettato senso di colpa dato dalle sensazioni appena provate e per averla lasciata cadere come un sacco di patate.
«Sì, finalmente! Dai, vieni…venite con me. – si corresse Jaken, notando la ragazza ancora seduta a terra – Sesshomaru-sama vuole vedervi immediatamente! Il monaco e la cacciatrice sono già a colloquio e sono sicuro che quel truffatore libertino si stia prendendo una bella strigliata!»
«Allora sbrighiamoci» disse Inuyasha, brusco, incamminandosi senza fare storie e lasciando che fosse Jaken ad aspettare Kagome, anche se in realtà la stava spronando ad alzarsi da terra senza molta gentilezza. Non aveva alcuna voglia di rivedere suo fratello, anzi ne paventava la reazione, ma in quel momento sentiva di dover mettere più distanza possibile tra se stesso e quella ragazza. Inuyasha aveva conosciuto il pericolo che poteva celarsi in una donna e non aveva alcuna intenzione di rimettersi nei guai, Shinsetsu o meno.
Kagome, ripresasi dal capogiro, si alzò e seguì Jaken, affrettandosi. Finalmente Sesshomaru era tornato e lei avrebbe potuto chiedergli di farla tornare a casa! Era dispiaciuta, però, di essere stata interrotta…Inuyasha aveva avuto un gesto gentile nei suoi confronti, ma l’arrivo di Jaken lo aveva fatto tornare immediatamente alle sue pessime maniere. Kagome sospirò, irritata.
“Prima di andarmene, riuscirò a farti cambiare idea su di me, fosse l’ultima cosa che faccio!“ pensò, fissando la schiena di Inuyasha con espressione cocciuta. Dovette quasi correre per stare dietro al Principe di En e perfino Jaken iniziò a perdere terreno, ansimando.
«È tornato un po’ troppo in fretta. Era vicino a casa?» chiese Inuyasha, brusco, senza voltarsi.
«No…non ha ricevuto il mio…messaggio. Era già…in viaggio! – ansimò Jaken, perdendo terreno – Ha avvertito…il risveglio delle…Hoshisaki! Degno di Sesshomaru-sama!»
Inuyasha emise un grugnito inintelligibile e continuò a camminare in silenzio. La linea della sua schiena era tesa e a Kagome parve più una persona che sta per andare in battaglia piuttosto che verso una riunione di famiglia. Sembrava, però, che sapesse perfettamente dove recarsi e la cosa non poteva sorprendere: per quanto tempo fosse trascorso, le abitudini di suo fratello non dovevano essere cambiate poi molto. Li condusse, infatti, all’ingresso di un’enorme sala dal pavimento di legno laccato, con tre serie di piattaforme ai lati, probabilmente tribune per far accomodare generali e consiglieri durante le riunioni di guerra. In fondo, si ergeva un trono d’avorio e argento ma Kagome non poté vederne i particolari perché davanti ad esso c’erano Sango, Miroku, Shippo e una persona alta e vestita di bianco, con addosso un’armatura. Kagome riuscì a udire una voce gelida, remota. Miroku sorrideva ma per la prima volta sembrava a disagio.
«…ti stavi comunque rendendo utile, pur giocando a fare lo stupido, altrimenti avresti avuto mie notizie già da tempo.» stava dicendogli l’Imperatore di En, poi il gruppo in arrivo attirò la sua attenzione ed egli aggirò i suoi interlocutori per andare loro incontro. Oltre la figura di Inuyasha, Kagome spiò le fattezze dell’Imperatore di En, fratello maggiore del Principe.
Era alto, di una bellezza sovrannaturale. Il volto perfetto era segnato da linee che parevano tatuaggi, lunghissimi capelli d’argento incorniciavano la sua figura come accadeva per Inuyaha, ma sulla sua testa non c’erano dolci orecchie canine. Anzi, non c’era proprio nulla nello yokai che facesse pensare in qualche modo alla dolcezza. I lineamenti perfetti sembravano scolpiti nel ghiaccio, gli occhi ambrati erano imperscrutabili. Sul suo viso non c’era traccia di sorpresa o gioia nel guardare il fratello minore che gli veniva incontro. Le fece venire i brividi, ma niente la preparò alla scena seguente.
L’Imperatore di En camminò fino a trovarsi a un passo da Inuyasha, che si era fermato di botto, e, invece di abbracciarlo o dargli il bentornato, lo colpì violentemente al viso con un pugno che avrebbe spaccato le ossa di un essere meno forte ma che comunque scagliò l’hanyo a terra. Kagome trattenne a fatica un grido e l’istinto di correre a mettersi in mezzo.
Inuyasha si massaggiò la guancia offesa, spostando a destra e a sinistra la mandibola per controllare che fosse ancora al suo posto.
«Cinquant’anni. – disse Sesshomaru, in un sussurro che condensava disprezzo e rancore – Per cinquant’anni ho desiderato farlo. Avrei voluto prenderti a calci fin dal momento in cui mi è stato detto che eri caduto in una trappola tanto stupida.»
«Feh! Non avevo dubbi. Anche per questo, non avevo una gran voglia di rivedere il tuo brutto muso» replicò Inuyasha, iniziando a rialzarsi.
«È tutto ciò che hai da dire?» disse Sesshomaru, alzando minacciosamente una mano le cui unghie erano troppo lunghe per essere solo una scelta estetica. Inuyasha ringhiò, balzando in piedi e affrontandolo di petto.
«Cosa vuoi che ti dica, che mi dispiace?! Delle scuse non te ne fai niente e sono il primo a essermi maledetto per aver dato troppa fiducia a quella miko!»
«Il tuo senso di colpa non significa niente per me.» lo gelò il fratello, per poi abbassare lo sguardo sulla spada che pendeva al fianco di Inuyasha. Corrugò le sottili sopracciglia, mentre Inuyasha si tratteneva dal fare un passo indietro. «Perché l’Hoshisaki di Tessaiga sembra morta? – mormorò, poi parve capire e sulle labbra gli comparve un sorriso tagliente, terribile – Oh…capisco. Era prevedibile che perfino il tuo cuore debole si indurisse. Ebbene, dopo tanto tempo siamo ritornati pari, Inuyasha.»
Il Principe di En strinse la mano sull’elsa, tirando indietro la spada come se volesse nasconderla alla vista del fratello. Nessuno dei presenti capì di cosa stessero parlando.
«Ora che sono sveglio, Tessaiga pian piano ricomincerà a rispondermi. Posso tornare a combattere anche subito e se hai voglia di continuare a picchiarmi sarà meglio che ti prepari, perché ho addosso cinquant’anni di rabbia da sfogare!» ringhiò l’hanyo.
«Andiamo, andiamo…vi sembra il caso di perdere tempo in questo modo? Non dovremmo invece fare il punto della situazione? È un momento epocale, abbiamo cinque Hoshisaki su sei in questa sala…» intervenne Miroku, cercando di porre fine a quella scena poco edificante.
«Tu taci, monaco!» sbottarono all’unisono i due fratelli, facendolo sospirare d’impazienza e aumentando la preoccupazione di Sango, che con tutta evidenza non si aspettava di assistere a una scena simile. Kagome, incupendosi, superò un Jaken preda del nervosismo e si diresse senza esitazione verso i due fratelli. Si piazzò accanto a Inuyasha proprio mentre lui afferrava il fratello per una cinghia dell’armatura e Sesshomaru chiudeva le lunghe dita sulla gola del redivivo Principe, pose i pugni chiusi sui fianchi ed esclamò: «Volete smetterla?! È ridicolo!»
Entrambi si fermarono. Inuyasha la guardò con uno sbalordimento che sarebbe stato buffo se lo sguardo di Sesshomaru, spostatosi ora su di lei, non fosse stato tanto tremendo. E quegli occhi non avevano anche una sfumatura rossa che prima non c’era? Kagome si riempì il petto di fiato, si fece coraggio e continuò.
«Siete fratelli, non dovreste comportarvi così nemmeno in situazioni normali, figurarsi quando, come nel vostro caso, si ha la responsabilità di un Impero in guerra! – disse - Sesshomaru-sama, vostro fratello ha perso cinquant’anni legato a una maledizione. Non vi sembra sia stato punito abbastanza, sempre che quanto accaduto sia colpa sua e di Kikyo, cosa a cui non credo? E tu, Inuyasha, possibile che non pensi ad altro che a litigare e fare a botte?!»
«Chi saresti tu?» chiese Sesshomaru, sprezzante, lasciando andare Inuyasha e allungando la mano verso Kagome. Inuyasha la intercettò, afferrandolo per il polso prima che potesse sfiorarla. Fu un gesto inconscio, ma deciso.
«È la portatrice di Shinsetsu.- rispose per Kagome, ora serio e grave – Non la toccare. Ha solo la lingua lunga».
Sesshomaru strappò la propria mano alla sua presa, ma non fece un altro tentativo di toccare Kagome, che non aveva abbassato lo sguardo. Solo un leggero rossore tradiva quanto avesse apprezzato il gesto di Inuyasha.
«Quindi ora sei tu a portare la Gentilezza. Immagino En ti debba il risveglio di questo inutile hanyo» mormorò lo yokai, socchiudendo gli occhi in uno sguardo scrutatore. Forse aveva notato a sua volta la somiglianza con Kikyo. «Hai fegato a parlarmi con tale sfacciataggine».
«Non è fegato, è disperazione» disse Kagome, poi si sfilò dal collo il pendente rosa e lo tese a Sesshomaru, anche se il gesto le fece male al cuore. « Sono stata strappata dal mio mondo tramite quello che voi chiamate Honeido, sul confine. Grazie a Sango sono sfuggita a Naraku, il vostro nemico, e Miroku ci ha aiutate a incontrarvi. Ho una sola richiesta per voi: fatemi tornare a casa e io vi darò Shinsetsu. A quanto pare, serve più a voi che a me».
«Kagome…» mormorò Sango, impressionata dal suo coraggio incosciente. Purtroppo, la cacciatrice conosceva già la risposta dell’Imperatore di En.
«Non è così che deve andare» la gelò infatti Sesshomaru.
«Perché no, Sesshomaru? Alla fine, basta avere Shinsetsu. Che la ragazza torni al suo villaggio, o mondo, o da qualunque posto sia sbucata!» intervenne Inuyasha, cogliendo la palla al balzo e allungando la mano verso il pendente. Questo si illuminò di un bagliore rosa che di gentile non aveva nulla e l’hanyo tirò indietro la mano, avvertendo per istinto che ne sarebbe rimasto ferito. Sesshomaru sospirò con rassegnato disprezzo.
«Shinsetsu ha scelto la sua portatrice. O ammazziamo la ragazza e le rubiamo il pendente in punto di morte, rischiando di pervertirne la luce, oppure è destinata a portarlo finché le Hoshisaki non saranno riunite. Questa parte della storia avrebbe dovuto entrarti in quella noce chiamata cervello ormai decenni fa».
Inuyasha imprecò e Kagome abbassò il braccio, attonita.
«Ma…ma io non faccio nemmeno parte del vostro mondo! Mi era stato detto che voi avreste potuto aiutarmi a tornare a casa!» balbettò, avvertendo di nuovo il pungolo del panico montare dentro di lei.
«Non fatico a credere che Shinsetsu abbia cercato di proteggersi iniziando il suo nuovo percorso addirittura in un altro mondo, visto quanto è accaduto l’ultima volta. – disse Sesshomaru, a quanto pareva ben poco sorpreso da quel dettaglio – In ogni caso, ragazza, sei destinata a essere sotto la nostra protezione finché non avremo tutte le Hoshisaki. Vada a rassicurarti il fatto che ne manchi solo una all’appello. È segno che, di nuovo, il potere della Stella di En si è risvegliato e la nostra possibilità di concludere la guerra si fa concreta».
«Sesshomaru-sama, non c’è traccia di Junan?» chiese Sango, cogliendo la palla al balzo. Vi fu uno strano attimo di silenzio, rotto dall’improvvido richiamo di qualcuno che, fuori dalla sala, cercava Jaken-sama.
«Che c’è?! Un po’ di silenzio, l’Imperatore è in riunione!» gracchiò il demone rospo, affrettandosi a uscire per intercettare il seccatore prima che Sesshomaru-sama perdesse la pazienza. Era da un pezzo che non lo vedeva tanto arrabbiato! Sesshomaru attese che uscisse, seguendo i suoi movimenti con uno sguardo cupo e seccato, poi finalmente rispose: «Non ancora. È logico pensare che si paleserà, in ogni caso. Naraku ha trovato la sua ultima Hoshisaki…»
«Cosa?!» sbottò Inuyasha, allarmato.
«Sesshomaru-sama, quando è avvenuto?! Ha già riunito la Stella di Gake?!» ansimò Miroku, pallido, stringendo il proprio bastone.
«Ho detto che l’ha trovata, non che l’ha ottenuta. – specificò Sesshomaru, con un sospiro che era un insulto nemmeno troppo velato alla loro capacità di comprensione – L’okami-yokai che ne è il portatore non lavora per lui e gli sta dando del filo da torcere. Sto cercando di portarlo dalla nostra parte…»
«SESSHOMARU-SAMA!»
Il grido li fece sobbalzare tutti, o quasi. Jaken rientrò nella sala correndo a perdifiato e tenendo alto quello che sembrava un dispaccio. Caracollò, inciampò e cadde lungo disteso, perciò non vide lo sguardo assassino con cui il suo padrone accolse quell’ennesima interruzione. Inuyasha, suo malgrado impietosito, afferrò Jaken per la collottola e lo sollevò da terra prima che Sesshomaru decidesse di prenderlo a calci.
«Sesshomaru-sama…il gatto dorato…Junan…» balbettò il piccolo yokai, con gli occhi già normalmente grandi così strabuzzati da far temere volessero cascare.
«Che diamine stai blaterando, rospo?! – sbuffò Inuyasha, scrollandolo e togliendogli di mano il dispaccio – Che c’è scritto qui, per farti perdere quel poco di dignità che ti rimane?»
Kagome vide il suo volto farsi dapprima perplesso, poi pallido. Dalle labbra gli uscì una sonora imprecazione e Inuyasha mollò Jaken senza tante cerimonie, tendendo il foglio a Sesshomaru con impeto.
«Leggi! Leggi!» lo esortò, con espressione a metà tra il trionfante e il battagliero. L’Imperatore di En, circondato dalla curiosità degli umani presenti, srotolò il dispaccio e vi posò lo sguardo. Subito, una morsa d’acciaio si chiuse sulla sua mente e sul suo cuore, mentre la notizia che sperava e temeva ormai da cinquant’anni gli veniva comunicata da uno dei Sommi Monaci del suo esercito. Le cose si stavano muovendo veloci. Forse troppo…Tenseiga aveva dato i suoi segnali e lui li aveva ignorati, ma non c’era modo di fuggire. Quello era il suo destino.
Avvistato neko-youkai straniero dal pelo dorato. Inseguito da sgherri di Naraku, guidati dalla demone Kagura. Capace di governare le energie vitali, salvato dalla cattura dai nostri monaci. Tra la vita e la morte, in fase di guarigione. Sulla sua fronte, una fiamma racchiude Junan. Nessuna possibilità di errore. Restiamo in attesa al campo Ojohi.
   
 
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