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Autore: Flami151    14/03/2021    3 recensioni
Nessuno è fatto di sola luce o oscurità. In ognuno di noi alberga lo Spleen, un senso di noia, di disperazione, di male di vivere; e l’Ideale, la forza che ci spinge a sognare, lottare e amare.
Lo scopriranno insieme Hermione e Draco quando si troveranno a stringere un’inattesa alleanza, per svelare il mistero dietro la sparizione di Narcissa Malfoy.
Ancora una volta, sarà l'Amore a tenere le fila: amore per la vita, amore per la famiglia e amore di sé, spesso sottovalutato.
Dal testo:
«Narcissa, hai paura?» Le sussurrò Lord Voldemort.
Si era ripromessa che non si sarebbe lasciata piegare, che non avrebbe mai abbassato la testa se avesse dovuto difendere la sua famiglia. Ma il Signore Oscuro aveva ragione: lei aveva paura, talmente paura da non riuscire più a parlare.
«Eppure, non mi sembrava che avessi paura il giorno in cui mi hai pregato di risparmiare Draco dal Marchio Nero. Sapevi quali sarebbero state le conseguenze e ti sei fatta avanti comunque. Non dirmi che te ne sei pentita».
Lei scosse la testa. Non avrebbe mai rinnegato la sua scelta.
«Bene».
Genere: Avventura, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Narcissa Malfoy | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Capitoli:
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Spleen e Ideale ~

 

 

CAPITOLO X


3 Novembre 1996:
 
Aprendo gli occhi stamattina ringrazio di essermi ricordata di chiudere le cortine. Intorno a me c’è silenzio, non so se perché stanno ancora tutte dormendo o se perché sono già scese a fare colazione. Sta di fatto che non potrei desiderare niente di meglio che restarmene ancora a letto in silenzio. Solo io e i miei pensieri.
 
E di pensieri ne ho parecchi per la testa. Ma ce ne è uno che tra tutti svetta sugli altri: il ricordo del volo di ieri notte, quando io e Malfoy siamo diventati tutt’uno col vento, con l’acqua e con le stelle.
Io e Malfoy… Sembra assurdo solo pensarlo. Ma quello che è veramente assurdo è che non me ne importa niente: non mi importa se è figlio di un Mangiamorte, se lui stesso lo è, se odia i Nati Babbani. Non mi importa che sia Malfoy.
 
Non mi importa perché quello che è successo ieri non avrà mai alcuna ripercussione. Avevo sognato di fare una pazzia, qualcosa che mi facesse staccare dal grigiore della vita quotidiana, che mi facesse sentire viva, libera, felice e ce l’ho fatta. Nel grande libro della mia vita quella di ieri sarà al massimo una nota a piè di pagina che nessuno leggerà mai e di cui nessuno si ricorderà. Ho ottenuto quello che volevo, è stato bello, non ci saranno conseguenze e nessuno lo saprà mai.
 
O per lo meno io non lo dirò mai a nessuno, nemmeno sotto tortura confesserò di aver condiviso qualcosa con Malfoy. E lui che voleva pure lanciarmi un Incanto Oblivium, ma andiamo!
Nascosta dai drappeggi rosso-oro, sorrido divertita.
 
Faccio fatica però a non chiedermi cosa abbia spinto Malfoy ad avvicinarsi a me (o per essere sinceri, a lasciarsi avvicinare da me). Anche lui, come me, ha sentito il bisogno di evadere dal mondo reale? Cos’è che lo tormenta così tanto da spingerlo sempre a nascondersi dagli occhi di tutti? A rifugiarsi nella compagnia di una come me?
Avrà ragione Harry? Malfoy può davvero essere diventato un Mangiamorte o essere coinvolto nell’omicidio agli Scrivenshaft? E se così fosse, sarebbe per sua volontà o sarebbe stato costretto? E poi cos’era quella strana domanda? Quando la folla ti ha travolta, cosa hai provato?
 
Ovviamente non ho le risposte a queste domande. Non so cosa passi per la mente di Malfoy. Ma qualcosa la so. So che quella famosa sera, quella dell’attentato, Malfoy era a pezzi. So che di fronte al mio desiderio di volare non si è tirato indietro. So che qualunque fosse il motivo di quella domanda, era personale. Non so perché lo so, lo sento e basta, e sospetto che abbia a che fare con ciò che gli è accaduto ad Hogsmade.
 
Ma in fondo non ha senso starci a pensare troppo su. Fa svanire la magia.
 
È incredibile che da ieri sera non abbia più pensato nemmeno una volta a Ron e Lavanda. Mi basta però formulare questo pensiero per ritornare alla realtà e in un attimo torno a precipitare nel vuoto.
Ron ha baciato Lavanda. Lo ha fatto davanti a me. Perché mi ha fatto una cosa simile? Fino a poche ore prima mi teneva il muso per aver baciato Viktor e adesso…
Forse era questo il suo scopo, voleva farmi ingelosire. Ma davvero mi conosce così poco da non capire che certe cose con me non funzionano? I giochetti, gli inganni, i colpi bassi… non è questo che voglio, non lo vorrò mai. È troppo doloroso.
 
No, Ron mi conosce troppo bene per provare a conquistarmi con simili porcherie. Devo rassegnarmi alla realtà: io non c’entro niente col bacio di ieri, non sono la protagonista di questa storia. Lui non ha tentato di conquistarmi, di farmi ingelosire, di suscitare in me una reazione. Ha semplicemente baciato Lavanda. Quello di ieri era il loro film, non il mio.
 
Ma non ha senso che continui a stare qui ad affliggermi. Tanto vale alzarmi e andare in biblioteca, ho già perso abbastanza tempo ieri per bruciarmi anche un’intera domenica di studio.
Apro le tende con circospezione: sembra che in camera non ci sia nessuno, deve essere parecchio tardi. Mi vesto con calma e scendo in Sala Comune. Il primo sguardo che incontro è quello di Ginny, che spalanca gli occhi come se avesse appena avvistato un Ungaro Spinato. La rossa da una gomitata ad Harry, assorto nel libro del Principe Mezzosangue, che non appena mi vede si alza in fretta e mi corre incontro.
Non mi ci vuole molto per capire il motivo di quel teatrino: Ron e Lavanda sono seduti sulla poltrona davanti al camino, la stessa dove nemmeno due mesi fa credevo che io e lui ci saremmo…
Con uno scatto evito il maldestro tentativo di Harry di coprirmi la visuale e tiro dritto verso il buco del ritratto: non voglio restare qui un secondo di più.
 
«Hey Hermione!» È la voce di Ron. Io fingo di non sentirlo e proseguo per la mia strada, ma lui mi segue fin fuori dal dormitorio. «Hey quanta fretta! Si può sapere dove sei finita ieri?»
 
«Ah, quindi adesso mi parli?» Gli chiedo con più aggressività di quanto vorrei.
 
«Che intendi scusa?»
 
«Che intendo? Ieri, a colazione, sei stato davvero scortese. Mi hai trattata malissimo e dopo la partita te ne sei andato senza nemmeno aspettarmi».
 
«Mi dispiace Hermione, ma sono stato distratto dai festeggiamenti».
 
«Si ho visto come hai festeggiato». Mi mordo la lingua per averlo detto, ma è stato più forte di me.
 
«Lasciamo stare, ne parleremo quando smetterai di essere di cattivo umore».
 
Di cattivo umore? Lui pensa che io sia di cattivo umore? Davvero non si rende conto? Improvvisamente dentro di me sale una rabbia cieca ed un inspiegabile desiderio di ferirlo, di farlo stare male quanto lui ha fatto stare male me. «Sì, bravo, lasciamo stare. E già che ci siamo lascia perdere anche la festa di Lumacorno, non sei più il benvenuto».
 
Lui mi guarda per un istante con aria smarrita. Qualcosa, nel suo sguardo, mi suggerisce che ho fatto centro. «Benissimo, tanto non volevo venirci a quella stupida serata di lecchini!» Si volta di nuovo verso li ritratto della Signora Grassa. «Maltafinocchia!»
 
E così siamo di nuovo al punto di partenza. Ma perché con Ron deve essere sempre così difficile? Ogni volta che facciamo un passo avanti, ne facciamo due indietro. Chiudo gli occhi per un istante, concentrandomi per reprimere le lacrime.
 
«Hermione stai bene?» Apro gli occhi, è Harry, deve avermi seguita di nuovo.
 
«Sì, Harry. Sto bene grazie». Rispondo tirando su col naso.
 
«Ieri sera ti ho cercata ovunque. Pansy Parkinson mi ha beccato per i corridoi e mi ha portato dalla McGranitt, sperava di farmi beccare una punizione. Ma dopo la vittoria di ieri la prof non mi ha tolto nemmeno un punto! Tu piuttosto dov’eri finita?»
 
Penso in fretta ad una buona scusa. «In aula di Incantesimi. Volevo esercitarmi un po’».
 
Harry mi scruta apprensivo, poi mi poggia una mano sulla spalla. «Vedrai che le cose si sistemeranno molto presto».

 
 
3 Dicembre 1996:
 
È passato un mese e le cose tra me e Ron non si sono ancora sistemate. Anzi, se possibile sono addirittura peggiorate.
 
Con l’inizio di dicembre è arrivata la neve, che ha ricoperto l’intero castello come un candido mantello. Il Natale si sta avvicinando e Hogwarts si sta preparando a dovere: Hagrid ha tagliato i tradizionali dodici alberi per la Sala Grande, la professoressa Sprout ha personalmente coltivato nella sua serra le ghirlande di agrifoglio da disporre lungo le scalinate, il professor Vitious ha incantato le candele affinché brillassero senza consumarsi ed infine la professoressa McGranitt si è occupata delle armature, che adesso intonano canti natalizi al passaggio degli studenti. Anche Gazza non è rimasto con le mani in mano ed ha appeso enormi mazzi di vischio lungo tutti i corridori.
 
Onestamente, avrei preferito non lo avesse fatto. Ovunque mi giri vedo coppiette che si scambiano baci affettuosi o… passionali. Ron e Lavanda fanno parte di questa seconda categoria: sembrano quasi ritenere sprecato ogni momento trascorso senza esibirsi in pubblico con quel mostruoso spettacolino. Questo per me si traduce nell’impiegare il doppio del tempo per spostarmi da una parte all’altra del castello, nel tentativo di raggiungere le aule senza doverli incrociare.
Un destino simile è toccato ad Harry: lui non solo deve fare i conti con quella ridicola coppia di esibizionisti, ma da quest’anno sembra essere diventato una vera calamita per le ragazze, attirate da lui come uno Snaso è attirato dall’oro. Ovunque vada ampi gruppi di giovani streghe convergono sotto i rami di vischio, creando ingorghi per i corridoi e costringendolo a sfruttare tutti i passaggi segreti a lui noti per poterle evitare.
 
Tra questo e Ginny completamente assorbita da Dean, dal Quidditch e dallo studio per i G.U.F.O., mi sento davvero molto sola. Trascorro la maggior parte del mio tempo in biblioteca in compagnia dei libri e, a volte, di qualche Corvonero del mio anno come Anthony Goldstein o Padma Patil. Loro non sono male, ma certo non potrei definirli miei amici. Non come sentivo amici Harry e Ron.
 
Il mio pensiero va a Malfoy. Dopo quel famoso incontro non ci siamo più rivolti la parola. Io non ho raccontato a nessuno dell’accaduto e lui nemmeno, come da accordi. Riuscire però e sradicare dalla mia mente il ricordo dell’odore salmastro del Lago Nero si è rivelato più difficile del previsto. A volte, quando sono sola e sovrappensiero, mi sorprendo a fantasticare su quella notte: mi sembra ancora di sentire il rumore del vento nelle orecchie e di accarezzare la superficie dell’acqua con le dita. In momenti come questi mi chiedo come abbia fatto Malfoy ad andare avanti tutti questi anni avendo come unici amici Tiger e Goyle. Forse anche lui si sente solo.
 
Nonostante le numerose deviazioni fatte durante il tragitto per evitare accuratamente ogni foglia di vischio di questa scuola, riesco ad arrivare all’aula di Difesa Contro le Arti Oscure giusto in tempo per l’inizio della lezione.
Ancora non mi sono del tutto abituata al nuovo aspetto di quest’aula. Da quando Piton ha assunto la cattedra, la classe sembra più buia del solito e sulla parete sono appesi quadri di maghi e streghe mutilati da sortilegi o creature oscure. Il primo giorno di lezione ci disse che le Arti Oscure sono molte, varie e mutevoli, e che il nostro stile di difesa dovrà essere altrettanto flessibile e versatile. È stato duro, ma molto di impatto. Mi ha ricordato un po’ Harry quando dava lezioni all’ES.
 
Dall’inizio dell’anno ci stiamo esercitando con gli incantesimi non verbali. Piton ci ha insegnato numerose fatture per difenderci dai maghi oscuri e, alla fine di ogni lezione, ci fa allenare in coppia. Solitamente accoppia noi Grifondoro con qualche Serpeverde, credo ci trovi gusto a vederci prenderle di santa ragione dagli studenti della sua Casa. Ma quelli che tra noi l’anno scorso hanno preso lezioni di difesa nella Stanza delle Necessità non si lasciano certo intimidire.
 
Oggi mi batterò con Theodore Nott, Harry duellerà con Pansy Parkinson, mentre Ron se la vedrà con Malfoy. Neville invece è stato assegnato a Millicent Bulstrode, c’è da chiedersi se almeno uno dei due riuscirà a centrare il bersaglio.
Io e Nott ci posizioniamo uno di fronte l’altro, ci esibiamo in un piccolo inchino, ci voltiamo e marciamo in avanti di cinque passi, poi torniamo a fronteggiarci, entrambi con la bacchetta sguainata. Il suo sguardo è serio e concentrato, non provocatorio come quello di tutti gli altri Serpeverde. Ho sempre pensato che fosse un po’ atipico rispetto agli altri membri della sua casa: sempre isolato o immerso in qualche libro della biblioteca.
 
Un movimento della sua bacchetta e un’onda d’urto mi sbalza via.
 
«Signorina Granger si concentri!» Mi richiama la voce severa di Piton.
 
Mi alzo in piedi e mi metto in posizione di difesa. Accidenti, come ho fatto a distrarmi in questo modo? Non riesco a portare a termine questo pensiero che Nott scaglia un altro incantesimo Depulso verso di me. Questa volta riesco a pararlo all’ultimo secondo, ma perdo comunque l’equilibrio e finisco per indietreggiare di qualche passo.
Bene, Nott è molto veloce e sta adottando una strategia offensiva, per respingerlo dovrò rallentare i suoi movimenti.
 
Impedimenta”. Penso intensamente facendo scattare la mia bacchetta. Nott prova a proteggersi ma il mio incantesimo lo colpisce per primo. Il suo braccio rallenta improvvisamente, impedendogli di lanciare un contro-incantesimo: è la mia occasione per attaccare. Lo colpisco con una Fattura Sgambetto, facendolo cadere a terra. Con i movimenti rallentati ci metterà un bel po’ a rialzarsi, mi basterà un ultimo incantesimo per finire il duello.
 
Ma la voce piagnucolosa di Lavanda Brown attira la mia attenzione. I suoi denti sono cresciuti a dismisura, fin sotto il mento. Zabini, in coppia con lei, deve averla colpita con Densaugeo, la stessa fattura che Malfoy lanciò su di me al quarto anno.
 
«VonVon! Vonald!» Lavanda prova a chiamare in aiuto il suo RonRon. Peccato che i dentoni da castoro che le sono spuntati fuori le impediscano di parlare come si deve, facendo sbellicare Zabini e tutti i Serpeverde nei dintorni. La parte più infima e scorretta di me gongola vedendo la Brown tentare di coprirsi la bocca con le mani, senza riuscire però a coprire interamente la lunghezza dei denti.
 
Questa distrazione però mi costa cara: Nott mi scaglia contro un Incantesimo della Pastoia, immobilizzandomi dalla testa ai piedi e facendomi stramazzare a terra come un sacco di patate. Per fortuna non sono caduta faccia in avanti.
 
«Granger, ti fai sconfiggere davvero facilmente per una che si atteggia a salvatrice del mondo magico». Commenta Piton con disprezzo.
 
Non so cosa faccia più male, se la sconfitta, la caduta sulla schiena, il commento del professore o vedere Ron accorrere in aiuto di Lavanda, proprio come fece con me quando venni colpita dallo stesso incantesimo. Resto così, immobile, bloccata in questa spregevole posizione che mi costringe a guardare fisso in direzione dei due piccioncini. Li detesto. Detesto Lavanda, detesto Ron, detesto Nott, detesto Piton e…
 
Un lampo scaglia via Ron di molti metri.
 
«Il duello non è ancora finito, Weasley». Malfoy entra nel mio campo visivo, fiero e trionfante. Per un istante, lo vedo girarsi nella mia direzione e… sorridermi?

 
 
12 Dicembre 1996:
 
«Draco? Hey Draco?» Una voce mi sveglia con dolcezza. Pansy è seduta sulla sponda del letto, con la mano mi accarezza i capelli, come faceva mamma quando stavo male. È piacevole, è confortante. «Vieni in Sala Comune. Hai visite».
 
Mi alzo ed esco dal dormitorio in pigiama: non capita spesso di ricevere visite ad Hogwarts e sto morendo dalla curiosità. In Sala Comune vengo accolto da un familiare odore di Miele di Robinia. Non ho bisogno neanche di guardare la figura seduta sul sofà verde smeraldo, so già di chi si tratta. «Mamma!»
 
Lei mi rivolge un sorriso amorevole e mi fa cenno di sedersi accanto a lei sul divano. «Piccolo mio, quanto sei dimagrito». Mi abbraccia forte ed io ricambio con affetto. In circostanze normali non le avrei mai permesso di trattarmi come un poppante, tanto meno tra le mura di scuola, ma ora mi accorgo di quanto mi fosse mancato quel contatto.
 
«Mamma ti prego, perdonami per il modo in cui ho lasciato il Manor. Non ero in me. Ora so che volevi solo proteggermi. Non volevi che uccidessi Bertrand o il Signor Scrivenshaft, non è così? Per questo hai impedito che mi unissi a loro». Le lacrime iniziano a sgorgarmi senza freni, lavando via tutte le mie preoccupazioni. «Perché non hai risposto alle mie lettere?» Ma in realtà non mi interessa saperlo: lei è qui adesso. Quindi va tutto bene.
 
«Tesoro». Dice lei con tono rassicurante, accarezzandomi la schiena. «Hai ragione, volevo proteggerti. Pensavo non fossi all’altezza del suo Marchio. Ma le cose sono cambiate, adesso». La sua mano passa dalla mia schiena alla mia nuca, fino a raggiungere la guancia. Con il pollice mi asciuga le lacrime e scioglie il nostro abbraccio per guardarmi diritto negli occhi. «Adesso sei pronto».
 
Inizio a boccheggiare. «In che senso sono pronto? Per cosa?»
 
«Il Signore Oscuro ti ha scelto, Draco. Potrai compiere il suo volere, redimere la tua famiglia. È questo che vuoi, no?»
 
«Ma… io…» Non riesco a terminare la frase, che mia madre mi stringe la mano intorno al collo, togliendomi il respiro.
 
«Fallo. O ci ucciderà tutti».
 
Mi sveglio di soprassalto.
 
Intorno a me c’è solo il buio più nero, ma nell’oscurità riesco a distinguere i profili dei miei compagni di dormitorio, che sotto le coperte muovono il petto a ritmo regolare. Era solo un sogno.
 
Prendo tre bei respiri. Mi sembra di sentire ancora la fredda mano di mia madre chiusa sulla mia gola. Mi tocco il viso, è madido di sudore, o forse dalle lacrime. Allungo il braccio ancora tremante verso il comodino, in cerca della mia bacchetta.
 
«Lumos». Sussurro nell’oscurità. Una flebile luce si sprigiona dalla punta della mia bacchetta.
 
Mi alzo il più silenziosamente possibile e recupero la mia divisa e la biancheria. Mi vesto al buio, cercando di non svegliare i miei compagni. Per ultimo prendo i libri che ho lasciato sul comodino. Un foglio cade a terra, lo raccolgo e lo osservo sotto la fioca luce della bacchetta. È la lettera scritta da mia madre, l’unica che ho ricevuto da quando sono ad Hogwarts. La stavo rileggendo ieri sera prima di andare a dormire: ecco spiegati gli incubi.
Do un croccantino al micio prima di uscire dal dormitorio.
 
Una volta uscito dai sotterranei del castello, mi accorgo che è già mattina. Giù nella Sala Comune dei Serpeverde è difficile capire che ore siano guardando fuori dalla finestra, visto che tutto ciò che si vede sono le profondità del Lago Nero.
Decido di andare in Sala Grande per bere un the caldo e cercare di distendere i nervi. A quest’ora solo pochi studenti sono già in piedi e meno ancora vanno a fare colazione: la maggior parte di loro preferisce aspettare le 8, quando il vero banchetto si materializza in tavola. A chi invece non piace aspettare tocca solo qualche toast, delle uova, del the o del Succo di Zucca (dal quale ormai mi tengo alla larga).
 
Mi ritrovo a girovagare per i giardini del castello aspettando l’inizio delle lezioni. Il primo corso di oggi è Trasfigurazione. La McGranitt se ne sta in piedi di fronte alla cattedra, accogliendo con cipiglio i ritardatari. Gli ultimi ad arrivare sono Weasley e l’altra Grifondoro, quella che ora si porta sempre dietro. Non l’ho mai sopportata quella, ha l’aria troppo allegra. Non c’è da fidarsi di chi sembra sempre felice.
 
«Chi di voi sa dirmi chi sono i Metamorfomagi?» Il braccio della Granger scatta in alto, come al solito. «Grazie Signorina Granger, ma credo che sarebbe opportuno far rispondere qualcun altro stavolta. Potter?»
 
«Sono maghi o streghe in grado di cambiare il proprio aspetto a piacimento, senza l’uso di pozioni o incantesimi. Di solito è un potere ereditario».
 
«Eccellente! Come ha fatto presente il Signor Potter, un Metamorfomagus non deve fare uso della bacchetta per modificare le proprie sembianze, ciò implica che esistono degli incantesimi in grado di trasfigurare l’aspetto dei maghi comuni. Oggi vi introdurrò appunto al mondo della trasfigurazione umana». Sentir parlare di trasfigurazione umana mi fa accapponare la pelle, il ricordo del falso Moody che mi tramuta in furetto è ancora troppo vivido nella mia mente. «Affronteremo questo complesso argomento un passo alla volta: non vogliamo che nessuno dei presenti rimanga intrappolato sotto forma di lingerie».
 
«Perché? È successo?» Chiede quello scemo di Weasley, seguito da una risatina da parte dell’oca troppo felice.
 
La McGranitt finge di non aver sentito. «Oggi vi limiterete a cambiare il colore delle vostre sopracciglia. La formula è Crinus Muto». Dopo aver fatto pratica con la pronuncia ed il movimento della bacchetta, la prof fa apparire uno specchio di fronte ad ognuno di noi.
 
Come previsto, l’incantesimo non è affatto semplice, perfino peggio delle Trasfigurazioni Interspecie che abbiamo praticato finora. Però non mi lamento, concentrarmi sulla lezione mi aiuterà a distogliere la mente dall’incubo di stanotte. Dopo svariati tentativi riesco a portare le mie sopracciglia dal loro solito colore biondo platino ad un intenso castano scuro. Non male. Penso osservandomi allo specchio.
 
«Ottimo lavoro signor Malfoy». Guardo compiaciuto i miei compagni Serpeverde: nessuno di loro è ancora riuscito a portare a termine la trasfigurazione e mi osservano ammirati.
 
Dopo poco però mi accorgo di non aver più niente da fare, così torno a pensare a mia madre. In un primo momento la mancanza di risposte da parte sua mi aveva fatto arrabbiare, poi intristire. Adesso invece inizio ad essere preoccupato. Forse non mi sta ignorando, forse non può rispondermi. Capisco che l’unico modo per risolvere il mio dubbio è verificare di persona. Per fortuna le vacanze di Natale si stanno avvicinando ed io potrò rientrare al Manor dalla mia famiglia. E da Lui. Decido di sfruttare gli ultimi quindici minuti di lezione per scrivere l’ennesima lettera.
 
Cara mamma,
Ti scrivo per dirti che prevedo di rientrare a casa il 21, come sempre. Salvo imprevisti, il treno dovrebbe arrivare King’s Cross alle 19. Verrai a prendermi come lo scorso anno o mi farai disporre una Passaporta al Paiolo Magico?
Aspetto tue notizie e ti abbraccio,
Draco
 
Rileggo la missiva un paio di volte, ma vengo distratto dagli schiamazzi provenienti dal gruppetto dei Grifondoro in prima fila. Invece di trasfigurarsi le sopracciglia, Weasley si è fatto crescere un grosso paio di baffi a manubrio, davvero ridicolo. La Granger lo sta deridendo con insolenza, nello sguardo ha quello stesso luccichio malevolo che ha riservato a me quando eravamo sul treno per Hogwarts. Non mi dispiace quel luccichio.
Weasley però a quanto pare sa essere una bella carogna: adesso si sta esibendo in una feroce (anche se maledettamente fedele) imitazione della Granger che salta su e giù dalla sedia per rispondere alle domande della McGranitt. La Brown sta ridendo di gusto.
 
Improvvisamente vengo pervaso dallo stesso senso di irritazione che ho provato settimane fa a lezione di Difesa Contro le Arti Oscure. Non so da cosa dipenda, se da quel pagliaccio di Weasley o dalla fastidiosa risata della sua ragazza, però sento di doverli fermare. Mi guardo di nuovo allo specchio e stavolta provo l’incantesimo trasfigurante sui miei capelli, facendoli diventare rosso fuoco. Mi volto verso gli altri Serpeverde ed inizio a fare quello che mi riesce meglio: far infuriare i Grifondoro.
 
«Hey ragazzi guardatemi! Sono Weasley! Soldi non ne ho ma sono ricco di senso dell’umorismo! Che ne dite se mi trasfiguro in un asciugamano? Così potrei guardare le ragazze mentre si lavano e contemporaneamente pulirmi dalla bava di quel Vermicolo della mia ragazza!»
 
Il risultato supera ogni mia aspettativa: i Serpeverde si sbellicano dalle risate, mentre lo straccione si alza di scatto urlandomi addosso. «Ti faccio nero Malfoy!» La minaccia gli costa una giornata di punizione con la McGranitt.
Istintivamente cerco lo sguardo della Granger. Sta sorridendo. Negli occhi quel malevolo luccichio.

 
 
15 Dicembre 1996:
 
Dopo lo spettacolino di Malfoy durante Trasfigurazione e la punizione della McGranitt ho capito una cosa: ci provo un gran gusto a vedere Ron fuori dai gangheri. Quindi mi sono chiesta cosa avrei potuto fare per mandare Ronald su tutte le furie. Dopo averci pensato un po’ su ho trovato la risposta.
 
«Ciao Cormac!» Cinguetto con finto entusiasmo.
 
«Oh. Ciao Granger, cioè Hermione». Chiaramente è in imbarazzo, ma fingo di non farci caso.
 
Decido di tagliare i convenevoli e di andare dritta al punto. «Mi dispiace se non abbiamo avuto più occasioni di parlare. Ma sai, dopo quello che è successo ad Hogsmade ho avuto bisogno di tempo per elaborare».
 
Non è una carta che sono felice di giocare, ma sembra avere effetto. «Oh si certo, certo. A proposito, mi dispiace tanto, non ti ho mai chiesto come stessi. Sai io…»
 
«Non importa Cormac». Gli poggio una mano sul braccio. «Ormai è acqua passata. Ora voglio solo guardarmi avanti e non pensarci più. È per questo che sono qui, mi chiedevo se avessi già una compagna per la festa di Natale di Lumacorno».

 
 
20 Dicembre 1996:
 
La seconda fase del mio piano prevede, ovviamente, che Ron venga a sapere dell’appuntamento tra me e il suo rivale sportivo. Non posso dirglielo direttamente, sembrerei disperatamente in cerca di attenzioni, ma non voglio che gli venga riferito da qualcuno, altrimenti non potrei godermi la sua reazione.
 
Dal momento che il ballo si terrà stasera, devo agire in fretta.
A pranzo mi ritrovo, come ormai d’abitudine, a mangiare da sola. Harry e Ron sono seduti molto più in là, parlottando tra loro e guardandomi di sottecchi, come se non me ne accorgessi. Vengono raggiunti da Calì e Lavanda che, come d’abitudine, si getta tra le braccia del suo RonRon. È arrivato il momento.
 
Mi alzo dal mio posto e mi dirigo verso l’uscita della Sala Grande, passando proprio accanto al quartetto.
 
«Oh, ciao Hermione!» Mi sorride Calì.
 
Io chiamo a raccolta tutte le mie abilità recitative per sorridere a mia volta. «Ciao Calì! Vai alla festa di Lumacorno stasera?»
 
«Non sono stata invitata… Mi piacerebbe andarci, pare che sarà proprio bello. Tu ci vai, vero?»
 
«Si, vedo Cormac alle otto e poi…» Un rumore di ventosa staccata da un lavandino otturato mi dice che ho fatto centro. Ho la completa attenzione di Ron. «…andiamo insieme alla festa».
 
«Cormac?» Domanda Calì. «Cormac McLaggen, vuoi dire? Allora stai con lui?»
 
«Oh… sì… non lo sapevi?»
 
«No!» Sembra elettrizzata dal pettegolezzo. «Ti piacciono i giocatori di Quidditch, eh? Prima Krum, poi McLaggen…»
 
«Mi piacciono i giocatori di Quidditch molto bravi». La correggo io sorridendo. «Beh, ci vediamo. Devo andare a preparami per la festa!»
 
Me ne vado senza guardarmi indietro. Non poteva andare meglio di così.

 
 
Lumacorno ha dato davvero il meglio di sé per questa serata. Il suo ufficio è molto più grande del solito, ampliato sicuramente con la magia. Le pareti ed il soffitto sono stati ricoperti da arazzi color smeraldo, cremisi ed oro. La sala è affollata, calda ed inondata dalla luce rossa di un elaborato lampadario appeso al soffitto.
Ho fatto bene a vestirmi elegante, temevo di aver esagerato. Ho scelto un vestito nero, con una generosa scollatura sulla schiena, che mi cingesse morbidamente la vita per poi ricadere dritto fino alle caviglie. Ho legato i capelli in uno chignon, lasciando poche ciocche libere di cadere studiatamente intorno al mio viso. Decisamente troppo per McLaggen.
 
Lui indossa un completo nero molto semplice ed elegante, privo dei tipici fronzoli degli abiti da cerimonia dei maghi. Molto bello, non c’è che dire, ma decisamente troppo stretto per un ragazzo della sua stazza. Ho il sospetto che abbia scelto una taglia più piccola per far sembrare le sue braccia ed il petto più grandi.
 
Davanti all’abbondante buffet cerco di intavolare una conversazione. «Allora Cormac, come proseguono gli studi?»
 
«I miei studi? Oh no io non sono una persona accademica, il mio futuro è il Quidditch! Sai, quest’estate sono stato notato da un talent scout». Mi risponde pieno d’orgoglio e facendo un passo verso di me.
 
«Ma non mi dire». Rispondo indietreggiando di un passo. Inizio a rendermi conto solo ora che invitare McLaggen alla festa significa dover trascorrere l’intera serata con lui.
 
«Ebbene sì. Ero nella mia città natale, Norwich, e giocavo un’amichevole contro un’altra squadra della contea: la più forte squadra giovanile di Quidditch di tutta il Norfolk! Non erano male, in effetti, tiri veloci e precisi. In più avevano due battitori che non lasciavano scampo. Ma nessuna Pluffa può sfuggire alla mia difesa».
 
«Immagino che per essere portiere sia necessaria…»
 
«Dovevi vedere i colpi che ho parato!» Lascio cadere la mia frase a metà. «Sembravo inarrestabile! Ovviamente sapevo che il talent scout era tra il pubblico, così ne ho approfittato per mostrargli qualche vecchio trucchetto di famiglia».
 
«Noi in famiglia invece…»
 
«Alla fine della partita il cercatore di talenti mi ha raggiunto nello spogliatoio». Io intanto abbandono l’idea di potermi inserire all’interno del suo monologo ed inizio a ingozzarmi di canapè. «Mi ha offerto un provino per i Tutshill Tornados! È fissato per la settimana prossima, questo potrebbe essere il mio trampolino di lancio!»
 
Quando Cormac sembra sazio di stuzzichini (ma non di racconti sulla sua carriera sportiva) ci spostiamo in un’ala della sala meno affollata.
 
«Certo che c’è molta gente qui!» Mi sorprendo di essere riuscita a portare a termine una frase senza essere bruscamente interrotta, così mi giro verso McLaggen, cercando di capire cosa lo abbia distratto: con orrore mi accorgo di trovarmi sotto ad un vischio.
 
Cormac mi tira a sé con le mani, ma io non ho intenzione di farmi rubare un altro bacio a tradimento. «Perdonami Cormac ma devo assentarmi un momento».
 
Mi allontano il più velocemente possibile, imbattendomi con gioia in Harry e… Luna? Giorni fa avevo suggerito ad Harry di stare in guardia da alcune ragazze di Grifondoro, come Romilda Vane, ma non credevo avrebbe portato Luna al ballo. È stato carino.
 
«Ciao Hermione!» Mi sorride lei con aria svampita.
 
«Ciao Luna! Ciao Harry! Grazie al cielo siete qui».
 
«Che ti è successo?»
 
«Cormac. È come una piovra. Prima mi sono dovuta sorbire le Cento Grandi Parate di Cormac McLaggen Non-Stop e dopo ha provato a…»
 
Ma non riesco a portare a termine la frase che la porta dell’ufficio di Lumacorno si spalanca di colpo. Malfoy fa il suo ingresso nella sala, affannato e più pallido del solido, sventolando nella mano destra una pergamena. I suoi occhi, normalmente scavati e neri, sono spalancati e traboccano panico.
 
«Devo parlare col professor Piton!»

 
 
Severus mi trascina fuori dall’ufficio di Lumacorno trattenendomi per il colletto della divisa. Credo di non averlo mai visto così arrabbiato prima d’ora, ma non m’interessa. Ciò che ho da dirgli ha la priorità.
 
«Dove stiamo andando?» Grido con tutte le mie forze. «Ho bisogno di parlarle!»
 
«Zitto moccioso! Seguimi e basta». Moccioso? Ma non capisce che è una cosa seria?
 
La testa inizia a vorticarmi mentre annaspo alla ricerca d’aria. Sento di poter svenire da un momento all’altro, ma Severus continua ad avanzare senza degnarmi di alcuna attenzione. Porto le mani al petto, come se questo potesse aiutare il mio cuore a rallentare i suoi battiti. Proseguiamo per un tempo che sembra infinito lungo il corridoio del sesto piano, fino a raggiungere l’aula di Rune Antiche. Il professore di Pozioni mi ci spinge dentro senza troppi convenevoli.
 
«Cosa ti è saltato in mente?» Ruggisce lui. «Non puoi metterti a gridare in questo modo per i corridoi e tantomeno fare irruzione nell’ufficio di Lumacorno chiedendo di me!» La sua voce è poco più di un sussurro, ma il suo tono è minaccioso ed il suo viso paonazzo.
 
«Severus è importante!»
 
Uno schiaffo mi colpisce in pieno volto costringendomi a tacere ma aumentando a dismisura il senso di panico.
 
«Ti ho detto di fare silenzio. E non chiamarmi più in questo modo: per te sono il professor Piton». Si avvicina a me di un passo, abbassando ulteriormente la voce. «Draco, quello che stai facendo è inaccettabile. Sei nervoso, isolato, sparisci per ore, salti gli allenamenti di Quidditch… Non capisci che così facendo attiri l’attenzione su di te? E dopo stasera anche su di me».
 
«Lei come sa queste cose?»
 
«Pansy Parkinson è venuta a parlarmi, è preoccupata per te». Dannazione Pansy.
 
«Stiamo perdendo tempo, io…»
 
«Draco, ascoltami bene, so che la Sua decisione ti ha sconvolto, è naturale, ma devi mantenere un profilo basso. Se mi dici cosa ti passa per la mente io posso aiutarti. Non sei solo».
 
«Le piacerebbe, vero? Che io le dicessi che sono in difficoltà, che ho bisogno di aiuto. Così potrebbe correre a riferirlo a loro, dire a tutti che non sono all’altezza della situazione. Non le basta essere il favorito, vero? O che mio padre sia in prigione. Vuole rovinarci del tutto!» Non so perché l’ho detto, le parole mi sono uscite fuori di getto.
 
«Parli come un bambino. Ti sto offrendo il mio aiuto, ma tu continui a respingermi. Non mi lasci altra scelta, Draco».
 
Senza alcun preavviso, il ricordo di mia madre il giorno in cui mi ha comunicato che non sarei diventato un Mangiamorte riaffiora alla mia mente, più vivido che mai. Quindi Piton sta cercando di leggermi la mente, eh? Bene, ha trovato pane per i suoi denti.
Chiudo gli occhi e provo a svuotare la testa da ogni pensiero, da ogni emozione. Ma l’ansia ed il panico emergono prepotenti ad ogni mio tentativo di domarli, e in un attimo un altro ricordo scorre davanti ai miei occhi: sono seduto da solo su un muretto a Diagon Alley, dopo aver visto Tiger e Goyle passeggiare per le strade con le loro madri. Sento un rumore, la Granger è lì, mi ha visto, mi guarda negli occhi prima di andarsene senza dire una parola.
 
No! Non posso lasciarlo entrare. Non può assolutamente vedere certe cose. Se solo scoprisse che… Prendo un respiro e mi rilasso, concentrandomi sui battiti del mio cuore, rapidi e frenetici. Respiro ancora, il battito rallenta, la mente si svuota, il panico si placa. Ce l’ho fatta.
 
«Ah… Zia Bellatrix ti insegna Occlumanzia, vedo. Quali pensieri stai cercando di nascondere al tuo signore, Draco?»
 
«Non sto cercando di nascondere niente a Lui, è lei che non voglio che si intrometta!» Mento spudoratamente. «Se solo mi lasciasse spiegare, non avrebbe bisogno di frugarmi nella mente come un ladro». Ora che ho riacquistato la calma, sento di poterlo convincere a darmi ascolto. Gli spingo contro il petto la pergamena che ho stretto finora nel pugno. Lui la apre senza aggiungere altro.
 
Caro Draco,
So che non vedevi l’ora di rientrare a casa, ma ritengo sia più saggio che tu trascorra le vacanze di Natale ad Hogwarts. Qui al Manor non potremmo comunque festeggiare e senza tuo padre non sarebbe lo stesso. Abbi cura di te.
Ti voglio bene,
Mamma
 
«Sarebbe questa l’emergenza?» Chiede accigliato il professor Piton.
 
«C’è qualcosa che non va, ne sono sicuro».
 
«Sai bene com’è la situazione al Manor, adesso. Perché ne sei sorpreso?»
 
«Non risponde mai alle mie lettere, professore. Questa è la prima che ricevo da mesi. Non sta bene, ne sono sicuro, per questo non vuole che rientri a casa». Evito di parlare dell’incubo di qualche notte fa, non mi prenderebbe sul serio.
 
«Draco stai vaneggiando. Narcissa sta bene, è a casa ed è al sicuro». Ma io non riesco a togliermi dalla mente il ricordo di lei in sogno che dice “ci ucciderà tutti”.
 
«Come fa a saperlo? Da quanto tempo non mette piede al Manor?»
 
«Sono ben informato sulle vicende del Manor, e se questo non basta a calmarti, sappi che mi recherò li, durante le vacanze».
 
«Mi porti con lei allora! Ho bisogno di vederla!»
 
«No!» Questa volta ha alzato il tono della voce, provocandomi un brivido di terrore. «Tu resterai qui, come desidera tua madre». Prende un respiro e si porta il pollice e l’indice all’intaccatura del naso, come se stesse meditando sul da farsi. «Quando tornerò inizieremo delle lezioni avanzate di Pozioni. Ho promesso a Narcissa che ti avrei tenuto d’occhio e sono certo che il tuo talento sia sprecato con quell’incompetente di Lumacorno».
 
«Lei ha promesso che…»
 
«La conversazione finisce qui». Apro la bocca, senza però sapere che altro aggiungere. «Ti farò avere sue notizie». Dice infine il professore di Pozioni prima di lasciare la stanza.
 
Io invece rimango lì. Immobile.

 
 
 
Nota dell’autore:
 
Ciao a tutti Potterheads!
Lo so, lo so. Questo capitolo è infinitamente lungo e con poca azione. Diciamo che da una parte sentivo la necessità di dare ai due protagonisti del tempo per riflettere con loro stessi sui recenti avvenimenti, dall’altra come ormai saprete mi piace da morire dedicare un po’ di tempo a raccontare della vita ad Hogwarts e delle lezioni.
Ad esempio, mi sono sempre chiesta… ma se il cibo si materializza sempre ad un orario preciso e gli studenti non possono uscire dal castello per andare a comprare da mangiare… che fanno se gli viene fame a metà giornata?
 
Comunque dalla prossima volta credo che ridurrò di molto la lunghezza dei capitoli… voi che ne pensate? Fatemelo sapere, è importante per me avere riscontri di questo tipo (ormai lo avrete notato, ho la tendenza ad esagerare)! Mi raccomando, non siate timidi… non mi offendo mica (ho la pellaccia più dura di un Ungaro Spinato)!
 
Infine voglio ringraziare tutte le persone che questa settimana hanno inserito la mia storia tra le seguite ed in particolare ringrazio Riccardo per i consigli e Beatrix che come me è pignola e precisina ed è fan dell’IC, mi fai sentire meno sola!


Ci vediamo domenica prossima!

Flami151


 
  
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